Capitolo
17: FACCENDE PRIVATE
«Bel posticino»
commentò Dreamer, mentre lui e
Rachel entravano nel magazzino. «Certo, avreste potuto
scegliere un luogo in un
distretto che non fosse il più pattugliato dagli Underdog,
però non c’è male.»
Corvina fece una smorfia, ma evitò di
rispondere. «Da questa parte» disse invece,
facendogli strada tra gli scaffali
ancora rovesciati.
Il Visionario la seguì obbediente. La
ragazza
per tutto il tempo cercò di mantenere un aspetto serio e
determinato, ma si
sentiva comunque parecchio a disagio in sua presenza. Riusciva
perfettamente a
sentire gli occhi di lui posati sulle sue spalle, percepiva il suo
piccolo
sorrisetto, riusciva quasi ad immaginarsi i suoi pensieri.
Sicuramente se la rideva sotto i baffi. Lui
aveva vinto, aveva ottenuto ciò che desiderava. Rachel era
tornata ad implorare
il suo aiuto, come egli aveva pronosticato. Giurò a
sé stessa che, una volta
salvata Tara, non avrebbe mai più avuto nulla a che fare con
lui.
Ma allo stesso tempo, sapeva che, insieme a
Dominick e Kevin, Dreamer era un altro ad appartenere alla schiera di
individui
che non doveva assolutamente prendere sottogamba. L’idea di
averlo condotto
fino al loro rifugio continuava a suonarle errata, ma se non altro
aveva
accettato di venire da solo. E comunque, quello era l’unico
modo per
permettergli di parlare a quattr’occhi con Ravager.
Ora che ci pensava, non appena aveva tirato in
ballo la soldatessa, il Visionario era sembrato dieci volte
più entusiasta, nei
suoi standard, all’idea di cooperare con loro.
Raggiunsero l’ingresso della sala relax.
Rachel
inspirò profondamente, preparandosi a ciò che
sarebbe accaduto dopo, ma non
appena si avvicinò alla maniglia, questa fu abbassata
dall’altra parte.
Lucas uscì dalla stanza, richiudendosi
immediatamente
la porta alle sue spalle. Osservò prima Rachel, poi Dreamer.
Il suo sguardo si
indurì quando guardò quest’ultimo.
«Così... l’hai fatto
per davvero...» osservò,
riportando lentamente gli occhi sulla partner.
«Non avevamo altra scelta»
rispose Rachel,
cauta.
Un grugnito provenne dal moro. «Lo so. E
tu...»
Le sue iridi blu caddero di nuovo sul Visionario. «... prova
a fare un solo
passo falso, e ti assicuro che il naso rotto dell’ultima
volta sarà un regalo
in confronto a ciò che ti farò.»
Dreamer ridacchiò, cosa che non sorprese
per
nulla la corvina. «Ricevuto.»
Red X serrò la mascella, naturalmente
non
gradendo quel tipo di risposta. Fissò intensamente negli
occhi il suo
interlocutore. Rachel, esattamente in mezzo a loro, osservava prima
l’uno e poi
l’altro. Lucas contraeva ripetutamente la mano, mentre
l’enigmatico sorriso di
Jeff non accennava a svanire dal suo volto.
«Lucas, tranquillo»
mormorò infine la corvina,
avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla spalla.
«Abbiamo stretto un
patto, non ha cattive intenzioni.»
Il partner non sembrò ascoltarla.
Continuò ad
osservare il Visionario, con aria diffidente. Rachel non lo aveva mai
visto
così, era chiaro che fosse parecchio combattuto. Una parte
di lui probabilmente
voleva dare fiducia alla ragazza e alla sua idea di collaborare con
Dreamer, ma
un’altra invece gli diceva di non fidarsi.
E Corvina di certo non poteva biasimarlo.
Dopo diversi istanti, Lucas annuì
lentamente. «Va
bene. Tanto, ormai, non si può più tornare
indietro.» Indicò con un cenno del
capo la porta al Visionario. «È qui dentro. Buona
fortuna.»
«Ti ringrazio, ma non ne ho
bisogno.» Dreamer si
avviò verso la porta, appoggiando il suo bastone.
«So quello che faccio.»
Lucas fece una smorfia. Mentre Jeff gli passava
accanto, piegò il capo a causa di alcuni secchi colpi di
tosse.
«Ma che brutta tosse...»
commentò Dreamer,
fermandosi, accentuando il suo sorrisetto.
«Sopravvivrò»
mugugnò Lucas, placandosi ed
osservandolo con odio.
«Non ne dubito.»
Il Visionario spalancò la porta, seguito
dai due
partner.
Ryan e Amalia erano seduti su due sedie,
quest’ultima
aveva le nocche fasciate da una garza insanguinata.
Ravager invece era in uno stato di semi
incoscienza, con il capo rivolto verso il basso. Chiazze di sangue
ormai secco
erano incrostate su parte delle sue guancie, del naso e delle labbra.
Era
chiaro che Komand’r avesse ancora cercato di farla parlare,
in loro assenza.
Non appena si accorsero di Dreamer, i due
fratelli si alzarono di scatto. Ryan sembrava intimorito, Amalia,
invece,
solamente arrabbiata.
«Che gioia rivedervi.» Il
Visionario si sollevò
il copricapo, in cenno di saluto.
Per tutta risposta, Komi estrasse la pistola
dalla tasca del cappotto e gliela puntò.
«Non possiamo dialogare tu ed io senza
che io
abbia puntata un’arma alla testa, giusto?»
«Fa quello che devi fare e
basta» tagliò corto
Amalia, accennando con la pistola all’albina.
Dreamer si rimise il cappello in testa.
«Ma
certo.»
Il Visionario si avvicinò alla sedia di
Ravager,
tenuto sotto tiro da Amalia per tutto il tempo. Non appena fu a pochi
passi
dalla soldatessa, questa alzò lo sguardo di scatto.
«Chi diavolo...» Si
interruppe di colpo, sgranando il suo unico occhio quando si accorse di
Jeff. «Tu...»
«Ciao Rose» disse Dreamer,
cordiale. «Ti trovo
in gran forma.»
Ravager diede diversi strattoni ai legacci di
nastro isolante, cercando di liberarsi. Il suo carattere
mutò radicalmente
quando vide il Visionario. I suoi occhi trasudavano di stupore,
sorpresa,
incredulità... e anche paura. «Tu che ci fai
qui?!»
«È questo il tuo modo di
salutarmi, Rose?»
domandò lui in risposta, quasi deluso.
«Così mi offendi...»
Rose. Era già la
seconda volta che la chiamava così, osservò
Rachel.
«Dovresti essere morto!»
esclamò la prigioniera,
con la voce quasi incrinata.
«Sul serio? A me sembra di essere
più vivo che
mai» replicò il ragazzo, osservandosi le mani.
«Sei sparito per anni!»
gridò ancora Ravager.
«Il tempo di mettere a posto un paio di
cose, e
creare i miei Visionari.»
Rose dischiuse le labbra, chiaramente scossa.
«Tu...
tu sei il loro capo?!»
«Davvero sei così sorpresa di
saperlo? Ammettilo
che una parte di te già lo sospettava.»
Ravager esitò. Osservò per un
breve attimo
Dreamer, incapace di fare altro, finché Lucas non si
intromise. «Un momento!»
esclamò, rivolgendosi al Visionario. «Voi due vi
conoscete?»
«Per favore» ribatté
Jeff, quasi infastidito. «Non
interrompeteci. Le spiegazioni a dopo, se non vi dispiace.»
«Sei... sei in combutta con
loro?!» domandò a
quel punto Ravager, mettendo insieme i pezzi e osservando prima Red X,
poi Dreamer.
«Con questi perdenti?!»
Il Visionario sospirò. «Loro
vedono il mondo
dalla mia stessa prospettiva, Rose. E anche tu avresti potuto farlo, se
solo
non fossi stata così cieca.»
«Cieca?! Perché credi che
avessi altra scelta?!»
«Certo che ce l’avevi. Ma tu,
anziché
combattere, hai semplicemente cercato di colmare il vuoto lasciato nel
tuo
cuore da quella stessa persona per cui lavori adesso, e che
tutt’ora ignora la
tua importanza. Non è vero, Wilson?»
«Wilson?» domandò
Rachel, d’istinto. «Ma... ma
cosa...»
«Avanti, perché non lo
ammetti? Perché non
ammetti che tutto quello che fai, lo fai per perseguire un unico folle
ed
irraggiungibile scopo?!»
«Non è un folle
scopo!» si difese la giovane
donna, gridando in faccia al suo interlocutore, la maschera da
guerriera priva
di scrupoli da lei avuta fino a quel momento che cadeva infrangendosi
sul
suolo.
«Davvero ne sei convinta? Per tutto
questo tempo
non hai fatto altro che seguire ciecamente qualsiasi ordine di
Deathstroke,
sperando di entrare nelle sue grazie, quando nelle sue grazie avresti
dovuto
sempre esserci stata, tuttavia non come soldatessa, ma come
figlia!» Ora
Dreamer quasi urlava, di fronte al volto sconvolto di Rose.
«E credi che questo
scopo non sia folle?!»
Corvina sgranò gli occhi, imitata ben
presto da
tutti gli altri.
«A lui di te non è mai
importato niente! Che
cos’è un figlio, per uno come Wilson Slade? Nulla!
Zero!»
Ravager...
è la figlia... di Deathstroke...
«No! Non è vero!»
esclamò nel frattempo Ravager.
«Lui mi vuole bene!»
«Davvero? Te ne vuole a tal punto da
farti
combattere nel suo esercito di mercenari privi di scrupoli, a tal punto
da
darti il nome e la divisa di tuo fratello maggiore, da usarti come suo
rimpiazzo?!»
«Che... che cosa?»
domandò Rose, ammutolendo
tutto ad un tratto.
Jeff annuì lentamente.
«Esattamente. Paparino
non te lo ha mai detto? Anche Grant si chiamava Ravager quando
è entrato a far
parte dell’impresa di famiglia. E quando è morto,
Wilson che cos’ha fatto? Si è
forse sentito in colpa per avergli ordinato di partecipare a quella
missione
suicida? Ha pianto la sua morte, insieme ai suoi famigliari? Ha almeno
chiesto
scusa?! No, non l’ha fatto. Si è dimenticato di
lui, come presto farà anche con
te.»
«G-Grant...»
balbettò Rose, quasi in lacrime.
«Avresti potuto venire con me,
Rose...» Jeff
strinse i pugni, severo, e forse anche un po’ triste.
«Avremmo potuto avere una
vita serena, esserne padroni, e un luogo da poter chiamare casa senza
avere
l’amaro in bocca. E invece tu hai preferito rimanere con quel
folle, che da sempre
ha anteposto il suo lavoro di killer alle persone che lo amavano. Che
ha
anteposto anche a te.»
«S-Smettila...» gemette Rose,
chinando il capo. «Ti
prego, smettila...»
«Lui ti odia!»
«Smettila!»
«Per lui sei solo un peso! Non ti ha mai
voluta!»
«NO! Lui mi ama!»
ripeté Ravager, singhiozzando.
Sembrava che ormai non stesse nemmeno più cercando di
convincere Dreamer, ma di
convincere solamente sé stessa.
«Combatti per lui, obbedisci ai suoi
ordini,
uccidi persone innocenti solamente per compiacerlo, e lui per
ringraziarti di
tratta come uno straccio! Ormai non hai nemmeno più il
coraggio di rivolgerti a
lui chiamandolo "padre"! Lui ormai è Deathstroke perfino per
te! Un
mercenario sadico e crudele che non conosce il vero significato di
parole come
"affetto" e "amore"!»
Ravager continuava a scuotere la testa, ma
sempre con meno convinzione. Più i minuti passavano,
più Rachel faticava a
credere a cosa stava vedendo; Dreamer ci stava riuscendo. Aveva
spezzato la
luogotenente, trovando il suo punto debole: il suo rapporto con il
padre.
Ma c’era di più: Jeff la
conosceva, per davvero.
Probabilmente da prima che Sub City divenisse territorio degli
Underdog. Il
rapporto tra loro era molto più intimo di quanto Corvina
avrebbe mai potuto
immaginare. Forse era questa la chiave del suo trionfo. Lui conosceva
meglio
Rose, conosceva il suo lato nascosto grazie ai ricordi che aveva di lei.
Improvvisamente, Rachel sentì che la sua
idea di
rivolgersi a lui non era più tanto errata.
Il Visionario nel frattempo si chinò,
per poi
ritrovarsi faccia a faccia con Rose. «Aprì
l’occhio.»
«C-Cosa?» chiese Ravager,
tirando su con il
naso.
«Apri l’occhio»
ripeté pazientemente Dreamer.
«Ma... non posso...»
Jeff afferrò Rose per il mento,
costringendola a
fissarlo dritto nelle pupille. «Sì che puoi. Tu
non sei come tuo padre. Aprilo.»
Ravager sembrava titubante. Il ragazzo le
lasciò
andare il mento e lei chinò il capo con un gemito. Ma, poco
dopo, le palpebre
del suo occhio destro, dapprima sigillate, cominciarono a tremolare. E
poi si dischiusero,
rivelando alla luce della stanza il suo altro occhio azzurro, sotto gli
sguardi
increduli di Rachel e della sua compagnia.
«Puoi vestirti come lui, comportarti come
lui,
fingerti spietata come lui... ma non sarai mai, come Deathstroke. E per
questo
lui non ti amerà mai. E quando te ne andrai...»
Dreamer schioccò le dita. «Sarai
dimenticata. Per sempre. Com’ è successo a
Grant.»
Altre lacrime scesero dall’occhio di
Rose, ma
questa volta da quello aperto. Era fatta. Dreamer l’aveva in
pugno.
«Per tutto questo tempo non hai fatto
altro che
crearti dei castelli in aria, pensando che una persona orribile come
tuo padre
potesse davvero realizzare quanto sua figlia sia importante per lui. Ma
la
realtà è molto diversa. Tuttavia, puoi ancora
cambiare le cose.» Dreamer posò
una mano sulla guancia di Rose. Percorse con il pollice il profilo
soffice
della gote, cercando anche di ripulirla dal sangue. «Dove si
trova adesso
Wilson? Dove ha portato la ragazza che ha rapito?»
Ravager alzò il capo. Osservò
Dreamer con
un’espressione devastata. Non c’era più
nessuna traccia della sadica
luogotenente che Rachel aveva incontrato. Ora c’era una
ragazza sola,
abbattuta, che aveva appena realizzato quanto il mondo fosse crudele.
Paura,
disperazione e una gigantesca richiesta di affetto trapelavano dai suoi
occhi
azzurri e lucidi. «Perché... fai tutto questo?
Perché... anche tu...»
«Non potevo restarmene in disparte per
sempre,
mentre Wilson conduceva questa città, e te, alla rovina. Il
tempo, Rose, il
tempo è più forte di qualsiasi cosa, anche della
più ferrea volontà di un uomo.
E il tempo che ho passato attendendo che le cose migliorassero, ha
cambiato
anche me.»
Rose si pizzicò un labbro, continuando
ad
osservare il suo interlocutore. Infine, piegò il capo.
«Papà è al Whiskey Hotel...
nella High Sub... ha chiuso Tara nel laboratorio nel secondo piano del
seminterrato...
lui, invece, lo troverete nel primo, nei suoi uffici...»
Dreamer annuì lentamente, allontanando
la mano
dal volto della giovane donna. Si rialzò in piedi, poi si
voltò verso Rachel.
La ragazza trasalì quando il suo sguardo cadde su di lei. Il
Visionario le
rivolse un piccolo cenno d’intesa con il capo. La corvina
esitò per qualche
istante, poi ricambiò. Dreamer si avviò poi alla
porta. «Ora avete ciò che vi
serve. Il mio lavoro qui è concluso.»
Nessuno dei ragazzi riuscì a dire
qualcosa. Ryan
e Rachel erano senza parole, perfino Amalia sembrava non riuscire
ancora a
credere a ciò che aveva appena visto ed udito.
L’unico che trovò il coraggio
di parlare, fu Lucas.
Il moro si portò accanto al Visionario, afferrandolo per un
braccio. «Un
momento, Jeff. E le spiegazioni? Che cosa sai di Deathstroke che noi
non
sappiamo?»
Jeff sospirò, rabbuiandosi.
«Se ce ne sarà il
bisogno, vi metterò al corrente di tutto ciò che
avrete necessità di sapere. Ma
adesso, più il tempo passa, più il confine tra la
vita e la morte della vostra
amica si assottiglia. Volete davvero sprecare ulteriori minuti preziosi
per
sapere cose che nemmeno vi riguardano?»
Red X ammutolì. Il silenzio che scese
nel giro
di poco tempo, fece intuire al Visionario che le sue parole, ancora una
volta,
erano state efficaci. «Lo immaginavo.» Si
liberò dalla presa del moro e passò accanto
a lui. Spalancò la porta, per poi fermarsi
sull’uscio.
«Io e i miei uomini vi rivedremo di
fronte al
Whiskey Hotel tra un’ora, dall’altro lato della
strada. Noi vi aiuteremo a
salvare la vostra amica, Rachel aiuterà me ad uccidere
Deathstroke. Dopodiché,
sarete liberi di fare ciò che più vi
aggrada.» Si voltò un’ultima volta,
accennando con il mento a Rose. «Lei non liberatela ancora.
In questo momento è
emotivamente instabile. Datele qualcosa da mangiare, poi quando tutto
questo
sarà finito, di lei me ne occuperò io
personalmente.» E detto quello abbandonò
la sala, smarrendosi nei meandri del magazzino.
I quattro compagni si osservarono tra loro,
ognuno più perplesso dell’altro, mentre Ravager
continuava a tenere il capo
chinato e a gemere sommessamente.
***
Lucas ordinò di prendere tutto quello
che
sarebbe potuto servire in vista della missione imminente. Quello che
non poteva
aspettarsi, era che Amalia avrebbe preso alla lettera le sue parole.
La mora era nella sala relax, intenta a caricare
ben due fucili, uno d’assalto e uno a pompa, e altrettante
pistole.
«Ti serve davvero tutta quella
roba?» domandò lo
stesso Red X, guardandola perplesso.
Komand’r grugnì
d’assenso, mentre afferrava il
borsone che aveva ai suoi piedi e lo posava sul tavolo. Lo
aprì, rivelando al
suo contenuto una quantità industriale di caricatori,
cartucce e anche coltelli
a serramanico, probabilmente di gentile concessione del furgone degli
Underdog
che avevano svaligiato. Evidentemente non si erano ripresi proprio
tutto, dopo
il loro attacco ai danni della stessa Amalia e di Tara.
Dopo essersi assicurata di avere con sé
abbastanza potenza di fuoco, la mora richiuse la zip, si
infilò le due pistole
nelle tasche del cappotto, mise a tracolla il borsone e il fucile a
pompa e
afferrò quello d’assalto. «Possiamo
andare» disse, volgendo uno sguardo di
intesa sia a Lucas che a Rachel.
I due annuirono, e insieme si diressero verso la
porta. Uscirono e cominciarono ad allontanarsi.
«Komi, aspetta!»
esclamò Ryan, inseguendoli.
«No, Ryan» sbottò la
mora, prima ancora che lui
potesse parlare. «Tu non vieni.»
«Ma...»
«Ora basta, Ryan!»
esclamò la sorella,
accigliandosi. «Non è un gioco, lo vuoi capire o
no?! Gli Underdog e i
Visionari si scontreranno frontalmente, si scatenerà il
putiferio! Ti rendi
conto di quanto sarà pericoloso? Noi tutti rischieremo la
vita!»
«Io voglio salvare Tara!»
ribatté il rosso,
stringendo i pugni. «Non mi interessa se sarà
pericoloso o no, ma questa volta
voglio esserci anch’io! Lei è anche mia
amica!»
«E io sono tua sorella maggiore, e ti
ordino di
rimanere qui, al sicuro!»
Ryan si zittì. Spostò lo
sguardo su Rachel,
rivolgendole una muta richiesta di aiuto. La corvina si
irrigidì, non avendo la
minima idea su come comportarsi. Lei in certe cose era negata, voleva
semplicemente tenersene alla larga.
Fu con immensa amarezza che decise di distogliere
lo sguardo dal ragazzino. Si sentì una persona orribile,
anche se in parte già
lo era. Il rosso voleva solamente aiutarli, rendersi utile e
soprattutto
salvare Tara, per quello stesso motivo che solamente Rachel e lui
conoscevano.
Ma Amalia aveva ragione; stava per scoppiare una
guerra, nel vero senso della parola. Soldati privi di scrupoli,
Deathstroke, i
Visionari e il loro imprevedibile leader, sarebbe stato non poco
rischioso
prendere parte a quella spedizione. E se c’era uno che
avrebbe rischiato la
vita, quello era Ryan. Il fratello di Komi non aveva nemmeno mai dato
prova
delle sue vere capacità, probabilmente non sapeva nemmeno
combattere, si
sarebbe rivelato semplicemente un peso se fosse venuto con loro.
Ognuno di questi pensieri era un macigno che
cadeva nello stomaco di Corvina, ma purtroppo erano la
verità. Si sentiva
davvero in colpa a riporre così poca fiducia in lui.
Cercò lo sguardo di Lucas,
sperando che, magari, fosse lui a prendere le difese del rosso, ma
anche il
moro sembrava concordare con i suoi pensieri.
Red X teneva le braccia conserte ed osservava il
ragazzino con espressione indecifrabile. Non sembrava in procinto di
intervenire, e molto probabilmente non lo avrebbe mai fatto.
«È per il tuo bene,
Ryan» disse ancora Amalia,
probabilmente per convincerlo del tutto.
Il minore rimase ancora un attimo in silenzio.
Chinò
il capo e strinse i pugni. «Per il mio bene?»
domandò, con tono di voce
improvvisamente duro. «Tu che parli
del mio bene? Tu?!»
Drizzò la testa e osservò la
sorella dritto
negli occhi. «Non ti pare un po’ tardi per
preoccuparti di cosa possa essere o
meno per il mio bene?!»
Amalia ammutolì, colpita dal repentino
cambio di
umore del fratello. Anche Rachel rimase di sasso di fronte a quella
scena.
«Hai passato la vita rendendo quella di
Kori, e
anche la mia, un inferno, e ora credi di potermi dire cosa posso o non
posso
fare solo perché sei mia sorella maggiore?!»
Komand’r dischiuse le labbra.
«R-Ryan...»
«Cos’è, speri per
caso che questo tuo falso
comportamento perbenista possa cancellare quello che hai fatto in
passato? Hai
davvero la faccia tosta di poter anche solo credere di poterti
comportare in
questo modo con me, e pensare che io abbia dimenticato che
cos’hai fatto per
tutti questi anni?!»
Il ragazzino le puntò contro
l’indice, con
un’espressione che mai aveva fatto prima di allora. Rabbia,
frustrazione, quasi
esasperazione. «Tu sei la persona più schifosa che
io abbia mai visto! E non
dovrei nemmeno dirti queste cose perché ho promesso a Kori
che non lo avrei mai
fatto, perché, come diceva lei, con te "ci vuole solo
pazienza"! Beh,
sappi una cosa, io non sono Kori, io non porgo l’altra
guancia, e la mia
pazienza si è esaurita già da un pezzo!
«Ho continuato a seguirti, ad obbedire ad
ogni
tuo ordine come un cane addestrato, perfino a subire le tue sceneggiate
isteriche, solamente perché avevo in mente il ricordo di
Kori che mi chiedeva,
anzi, mi implorava di non mandarti a quel paese per tutte le porcherie
che
facevi, ma ora basta!
«A te non è mai importato
niente di me! Né di
Kori, né di nostra madre, né di nostro padre! Il
tuo unico pensiero era
divertirti, stare fuori casa la notte, andare in discoteca e scopare
qualunque
cosa respirasse! E adesso, visto che Kori non c’è
più, ti senti in colpa per
quello che hai fatto, ma sappi che ormai è tardi!
«Non potrai mai, MAI, rimediare a quello
che hai
fatto! Ci hai trattati come degli zerbini per tutta la vita, facevi
piangere nostra
madre, facevi disperare nostro padre, ti mettevi nei guai coinvolgendo
anche noi
altri, e per tutto questo non hai mai chiesto scusa, neanche una volta!
Tu eri
quella che aveva sempre ragione, nel bene e nel male, e gli altri non
erano
altro che un branco di idioti che volevano solo rovinarti il
divertimento!
«Tu non c’eri quando avevo
davvero bisogno di
aiuto! Tu non c’eri quando mi serviva l’affetto che
solo una sorella può dare,
c’era Kori! Kori era quella che badava a me, Kori era quella
che mi voleva
bene, Kori era mia sorella maggiore. Quella
su cui potevo contare nei momenti difficili. Non tu. Tu non lo sei mai
stata.
«E ora vorresti davvero farmi credere che
tutto
quello che fai è per il mio bene? Il
mio
bene?! Di idiozie ne hai dette nell’arco di questi
mesi, ma questa...» Ryan
si lasciò scappare un sorriso amaro. «Questa le
batte tutte.»
«Ryan... io...»
«Vuoi sapere...» la interruppe
ancora lui,
distogliendo da lei lo sguardo, divenuto all’improvviso
triste. «... quando ho
finalmente aperto gli occhi?»
Amalia rimase in silenzio, impotente. Ryan
proseguì.
«Il giorno in cui la polizia è
arrivata a casa
nostra. Il giorno dell’incidente. Kori era distrutta.
Completamente. E anche io
lo ero. Ma Kori non poteva consolarmi, lei era la prima che aveva
bisogno di
una spalla su cui piangere. L’unica persona che, per una
volta, una sola,
avrebbe potuto aiutarci a superare quel momento, l’unica
persona che avrebbe
davvero potuto dimostrare di volerci un briciolo di bene, infondo...
è tornata
a casa a mezzogiorno del giorno dopo. E nemmeno sapeva che i suoi
genitori
erano morti.»
Ryan riportò lo sguardo sulla sorella.
Una
lacrima solcava la sua guancia. «Quello è stato il
culmine, per me. Tu, Amalia,
non sei mia sorella. Kori lo era. Lei era l’unica famiglia
che mi era rimasta.
E ora non c’è più. Nemmeno lo zio
c’è più. Sono solo.»
Il
rosso
strinse con forza i pugni, voltandosi. «Torno a controllare
Rose. Rachel,
Lucas, conto su di voi. Salvate Tara.»
E detto quello si allontanò, fino a
svanire nella
stanza in cui Ravager era ancora imprigionata.
Un silenzio tombale scese quando la porta si
richiuse alle spalle del ragazzino. Rachel era interdetta. Non avrebbe
mai
immaginato che Ryan potesse tirare fuori un simile lato di
sé.
Ma quella che sicuramente si sentiva peggio di
tutti doveva essere Amalia. La mora era pietrificata, osservava con
sguardo
scioccato la porta della sala relax.
Rachel non poteva certo sapere a cosa si fosse
riferito Ryan poco prima, a ciò che Komand’r aveva
fatto a lui e Kori, sapeva
solo che quelle parole erano un qualcosa che il ragazzino doveva
tenersi dentro
da anni. E, infine, aveva tirato fuori tutto quanto, infrangendo
perfino la
promessa che aveva fatto alla defunta sorella maggiore.
Era esploso, cosa che mai doveva aver fatto in
vita sua. Forse, vedersi portare via l’occasione di salvare
Tara lo aveva fatto
ammattire più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare,
perfino per Rachel che
credeva di conoscere i suoi sentimenti per la ragazza bionda.
Spostò lo sguardo su Amalia, la quale
era ancora
ferma, immobile, interdetta. Non sapeva quale fosse davvero la
verità, ma di
sicuro sapeva che, di qualunque cosa si trattasse, ora
Komand’r ne era
profondamente pentita. Ma ciò non era comunque stato
sufficiente a placare la
rabbia di Ryan.
«Amalia...» cominciò
Lucas, cauto. «... vuoi...
vuoi andare a parlargli?»
Perfino Red X sembrava scosso
dall’accaduto,
anche se non lo dava troppo a vedere. La mora rimase in silenzio per
qualche
altro istante, indecifrabile, poi sospirò e scosse
lentamente la testa. «No...
ha... ha ragione. Tutto quello che ha detto... ha ragione.»
Si voltò,
bracciando il fucile e cominciando ad incamminarsi a testa bassa verso
l’uscita
del magazzino. «Andiamo...»
Lucas dischiuse le labbra. Spostò lo
sguardo su
Rachel, la quale ne sapeva tanto quanto lui su quella faccenda. Si
osservarono
perplessi per un breve istante, poi lui sospirò e si mise a
seguire la mora.
A quel punto, a Rachel non restò che
imitarlo.
***
Non fu facile raggiungere nuovamente la High Sub
evitando tutte le pattuglie, così come non lo fu trovare il
Whiskey Hotel.
Più il tempo passava, più
Rachel temeva che gli
Underdog trovassero Ryan e Ravager al magazzino, per questo voleva
arrivare il
più in fretta possibile alla destinazione; prima avrebbero
cominciato l’attacco
all’hotel, prima avrebbero spostato l’attenzione
degli UDG da quel magazzino a
loro. Ma, in ogni caso, Ryan sapeva cosa fare nel caso lo avessero
trovato. Non
lo avrebbero preso con tanta facilità, Rachel ne era sicura.
Per tutto il tempo che passò a volare e
a
correre in alternanza, né Lucas né Amalia
proferirono parola. Piuttosto
prevedibile dopo quello che era appena successo, ma comunque snervante
per la
corvina. Ma soprattutto era in pensiero per Komand’r. Le
parole di suo fratello
l’avevano scossa, di sicuro anche in quel momento doveva
essere non poco
turbata.
Rachel non le fece domande a riguardo, per paura
di irritarla o di peggiorare solamente la sua situazione, ma si
augurò che
fosse nelle condizioni psicologiche di poter davvero prendere parte a
quella
missione, perché se così non fosse stato, sarebbe
stato un pericolo non solo
per gli altri, ma soprattutto per sé stessa.
Infine, l’imponente costruzione
dell’hotel
giunse dinnanzi ai loro occhi. Un grosso, enorme, fatiscente palazzo,
che
ricopriva quasi un intero angolo di quel quartiere. Non arrivava ai
livelli
della baraccopoli degli Spazzini, ma poco ci mancava.
Si infilarono nella rete di vicoli ed arrivarono
dunque al luogo dell’incontro. Trovarono ad attenderli una
ventina di Visionari
e, naturalmente, il loro leader.
«Ce ne avete messo di tempo»
osservò Dreamer,
con tono apatico, quando li vide arrivare.
«Abbiamo avuto dei problemi con le
pattuglie»
spiegò Rachel.
«Tu piuttosto...» si intromise
Lucas, volgendo
diverse occhiatacce ai Visionari armati. «... come pensi di
essere d’aiuto con
così pochi uomini?»
«Non ci sono solo loro» rispose
Dreamer, per poi
dargli le spalle ed indicare l’hotel con la punta del suo
bastone da passeggio.
Qui, Rachel notò quello che in teoria avrebbe dovuto essere
l’ingresso, al
posto del quale, invece, si trovava una spessa saracinesca di ferro
abbassata.
«I Visionari che vedete qui presenti
sferreranno
un attacco frontale. Cercheranno di abbattere la barricata,
costringendo gli
Underdog di guardia ad intervenire. Con l’attenzione dei
nostri nemici
focalizzata sull’ingresso, tre diverse squadre di Visionari
si introdurranno
nella struttura passando per le uscite di emergenza. Voi
due...» Si voltò,
accennando a Lucas ed Amalia. «... andrete con la mia
luogotenente e vi
introdurrete insieme alle squadre.»
La luogotenente in questione si staccò
dal
gruppo di Visionari e si mise accanto a Dreamer. Indossava un happi
chiuso e
dei pantaloni neri, ma non aveva nessun copricapo e la sua maschera
bianca e
rossa raffigurava una specie di felino che sogghignava in maniera
crudele. Oltre
i fori per gli occhi si potevano scorgere due iridi di un color
talmente scuro
da sembrare quasi quello del carbone. I capelli mori erano lunghi e
scompigliati, l’incubo di qualsiasi pettinatrice. Per finire,
teneva appesi due
sai alla cintura che aveva intorno alla vita.
Si sollevò poi il copri volto. Il viso
era
grazioso, il naso piccolo, le labbra color rosso ciliegia, carnose e
sensuali,
ma la sua espressione severa gravava su quella sua particolare
bellezza, quasi
cancellandola completamente. Il suo aspetto era quasi paragonabile a
quello di
Amalia, o di Rose; una ragazza come tante altre, particolarmente bella
ma
costretta a rinnegare questo lato di sé a causa del mondo in
cui viveva.
Sorrise freddamente ai due che avrebbe dovuto
accompagnare. «Vi avverto, ci sarà da
sudare.»
«Non vediamo l’ora»
borbottò Lucas, incrociando
le braccia.
«Sii gentile con loro, Jade.»
Jeff mise in
guardia la sottoposta, per poi rivolgersi a Rachel. «Infine,
tu ed io saliremo
sul tetto grazie ai tuoi poteri, elimineremo quante più
sentinelle possibili e
cercheremo l’ascensore. Quando i miei Visionari cominceranno
l’attacco noi
scenderemo nel primo piano del seminterrato e cercheremo Wilson, mentre
i tuoi
amici scenderanno nel secondo per cercare la tua compagna. Tutto
chiaro?»
«Ehm... sì» rispose
Rachel dopo un attimo di
incertezza. L’idea di procedere privata dei propri compagni e
con la sola
presenza del leader dei Visionari la metteva non poco a disagio, ma se
volevano
davvero salvare Tara, allora avrebbe dovuto adattarsi e in fretta anche.
«Bene, andiamo.»
Dreamer cominciò ad incamminarsi,
aiutandosi
come sempre con il proprio scettro. Rachel fece per seguirlo, ma
qualcuno la
afferrò all’improvviso per un braccio. Era Lucas,
che avvicinò le labbra
all’orecchio della ragazza. «Fai
attenzione» sussurrò, probabilmente per farsi
sentire solo da lei.
Peccato che lei a malapena lo sentì, a
causa
dell’enorme brivido che la percorse quando percepì
il suo fiato caldo sul suo
volto. Annuì goffamente. «O-Ok. Anche... anche
tu...»
Lucas annuì a sua volta, poi si
allontanò da
lei.
«Rachel» la chiamò
Dreamer all’improvviso, dal
fondo del vicolo. «Sbrigati.»
Corvina non se lo fece ripetere. Si calò il cappuccio sul volto e andò dietro al Visionario. Mentre camminava, rivolse un ultimo sguardo a Lucas, più un cenno di intesa, uno di quelli che spesso si erano fatti durante le loro operazioni di ricerca ad Empire e che lui ricambiò. E fu proprio mentre gli rivolgeva quel cenno, che si rese conto che quella che stava per arrivare era la prima vera e propria missione che svolgeva in sua assenza.
Sì, Ravager (aka Rose) è la figlia di Slade, ma non lo dico io, lo dice la DC comics. Guardare per credere. E sì, Rose ha (aveva, anzi) un fratello di nome Grant, che è stato, per l'appunto, il primo Ravager.
E quindi niente, a Dreamer è bastato premere sulla sua ossessione per il padre per romperla. E sì, Dreamer e Rose si conoscono bene, da mooolto prima del declino del mondo.
Ecco, questo particolare qui, ho paura che non possa essere piaciuto a qualcuno che magari sperava di vedere un'accesa discussione tra Dreamer e Rose, una battaglia a botta e risposta, in cui avrebbe vinto il primo che sarebbe riuscito a scovare una debolezza nell'altro. Insomma, è facile far sbucare un personaggio fuori dal nulla all'improvviso, far sì che conosca bene quello che deve interrogare, e sfruttare questa sua conoscenza per spezzarlo.
Ma, c'è sempre un ma, questo rapporto tra loro non passerà di certo in sordina. Avrà una sua rilevanza, in futuro, credetemi. Nulla è lasciato al caso.
Poi, un'altra cosa, è lo sclero di Ryan. Spero che non sia stato troppo forzato nemmeno questo. Era necessario, ai fini della storia, per rendere più solido il background di Amalia al momento del suo chiarimento (in futuro). La scusa della cotta per Tara potrebbe essere un po' deboluccia, ma possiamo considerarla la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
... ecco, vi ho di nuovo fatti addormentare. Chiedo umilmente venia, spero di non aver fatto nessun orrore ortografico, e vi do appuntamento alla prossima, dove, finalmente, cominceremo a scorgere alcuni sprazzi di luce in mezzo a tutte queste tenebre (nel senso, ci saranno alcune risposte alle miriadi di quesiti che spero di aver generato).
A presto cari lettori, grazie per il supporto!
p.s. Comunque, Ravager l'occhio se lo cava per davvero per assomigliare a Slade, ma lo fa nel fumetto, o almeno, così dice la cara Wikipedia. In questa storia, invece, lo teneva semplicemente chiuso, come avrete ben potuto capire.
E sì, non sapevo che nome dare all'hotel, così ho fatto che chiamarlo come quello che c'è in una missione di MW2.