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Autore: Ode To Joy    03/05/2016    3 recensioni
(Miyuki x Sawamura)
"Stavo ripensando a quella sera nel dogout. Io imbottito di antidolorifici e tu che, prima, non la smettevi di parlare e, dopo, non la smettevi di piangere. Ricordo che ti guardavo e pensavo: adesso lo bacio, adesso lo bacio..."
Dopo una stagione sportiva vincente da giocatori professionisti e la convocazione per i mondiali di baseball, Miyuki Kazuya e Sawamura Eijun sono due stelle appena nate, fisse e splendenti in un infinito cielo di possibilità.
Hanno, però, commesso l'errore di considerarle tutte, meno che una.
"Tu sei la mia imprudenza più grande, Eijun."
E nella partita della vita non ci sono time-out.
Si può vincere o perdere ma bisogna comunque giocare.
(Sequel di "The start of something good" e "You are like a roller coaster, con KuraRyou, FuruHaru, ItsuMei sullo sfondo)
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eijun Sawamura, Haruichi Kominato, Kazuya Miyuki, Mei Narumiya, Youichi Kuramochi
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Mpreg
- Questa storia fa parte della serie 'Aim For The Stars And Shine Like A Diamond'
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b>Note introduttive

 

Storia sequel delle due one-shot

The star of something good

You are like a roller coaster

E’ collocata qualche anno dopo gli eventi di quest’ultima e, come nelle parti precedenti, sono presenti elementi dello schema Alpha/Beta/Omega con conseguente accenno a tematiche Mpreg. Sarà l’ultimo aggiornamento per questa serie per un po’ di tempo, l’esperimento finale.

Mi auguro sia di vostro gradimento.

Buona lettura!

 

 

Once I Was Twenty Years Old

 

- Oggi -

 

 

 

“Once I was seven years old, my mama told me,

"Go make yourself some friends or you'll be lonely."

Once I was seven years old”

 

Seduto nella sala d’aspetto della stazione centrale di Tokyo, Eijun si sarebbe anche potuto addormentare, cullato dalla canzone che udiva appena in sottofondo e avvolto nel cappotto invernale di Kazuya. Era un po’ troppo grande per lui ma lo teneva al caldo più di quanto il suo riuscisse a fare ed il freddo e la neve potevano solo peggiorare fuori dalla capitale.

Una mano tra i suoi capelli lo riscosse e sollevò lo sguardo per trovarsi davanti un sorridente Miyuki Kazuya vestito col suo cappotto elegante da giocatore di baseball professionista. Eijun ricambiò il sorriso. Era strano trovarsi davanti alla versione adulta del ragazzino di quindici anni che, ricevendo per lui, aveva mandato a monte tutti i suoi piani.

“Sono riuscito a prendere due biglietti per il prossimo treno. Non viaggiano molte persone con questa neve e... Eijun, stai bene?”

Il lanciatore annuì con un sorriso rassicurante ma stanco. “Troppe notti di pensieri...”

Kazuya si sedette accanto a lui. “Ti avevo detto che potevo andare da solo,” disse, “che non mi piaceva farti viaggiare con questo tempo.”

Eijun rise. “Sto bene, Kazuya. Riposerò durante il viaggio,” rispose. “Inoltre, per questo genere di cose, bisogna concedere alla famiglia la possibilità di riprendersi il proprio figlio, nel caso in cui la proposta non sia gradita. Quindi, la mia presenza è necessaria!”

“Nel caso in cui la proposta non sia gradita...” Ripetè Kazuya con un sorrisetto irritato. Sapeva che Eijun godeva intimamente del vederlo giacere in quello stato miserabile e non perdeva occasione per metterci il carico. “La tua famiglia sa che viviamo insieme, vero?”

Eijun lo guardò confuso. “Li abbiamo invitati subito dopo il trasloco...”

“E hanno notato il letto matrimoniale nella camera principale, immagino.” Aggiunse Kazuya sarcastico ed Eijun gli rivolse un sorriso tanto dolce ed intimo che il ricevitore sentì le guance farsi calde. “Basterà aspettare l'estate e non avranno più ragione di avere alcun dubbio,” replicò Eijun.

L’espressione di Kazuya si addolcì immediatamente. Eijun non aveva mai avuto un simile potere su di lui, nemmeno quando erano due ragazzini del liceo ma tutto stava cambiando... Tutto era già cambiato, in un certo senso, e non sarebbero mai più potuti tornare ad essere quelli che erano un tempo.

“Il treno per la prefettura di Nagano è in arrivo sul binario...”

“È il nostro!” Esclamò Eijun con allegria. Sì alzò in piedi e fece per sollevare l'unica valigia che erano riusciti a preparare in fretta e furia.

“Eijun,” lo richiamò Kazuya con aria seria.

Eijun lo guardò, poi riadagiò il braccio lungo il fianco. Kazuya si tirò in piedi a sua volta e sollevò la valigia con la mancina. “Andiamo...” Disse porgendo la destra al compagno.

Eijun sorrise ed intrecciò le loro dita. “Sì!”

 

- 25 giorni prima -

 

A poco più di vent’anni, Miyuki Kazuya e Sawamura Eijun erano due stelle appena nate salde e brillanti in un cielo pieno di possibilità. Campioni nazionali, il primo con già due stagioni alle spalle in cui si era guadagnato il titolo di prodigio della nuova generazione di giocatori di baseball ed il secondo forte di un debutto sorprendente e del tutto inaspettato.

Giovanissimi e precoci. Una carriera sportiva appena avviata ma carica di aspettative ed un successo di pubblico che li aveva portati a diventare la coppia dei sogni non solo dei più giovani. Miyuki Kazuya poteva essere uno dei ragazzi più belli di quella generazione di giovani talenti sportivi ma, se possibile, Sawamura Eijun aveva reso quel successo ancor più splendente.

Il nuovo, geniale ricevitore dei Tokyo Giants poteva essere il giovane uomo più desiderato della capitale ma era impossibile non innamorarsi dell’adorabile e vivace compagno che riusciva ad illuminare tutto il campo da gioco anche mentre non giocava. Dopotutto, un Alpha ed un Omega così erano una delizia per gli occhi come solo una fiaba vera poteva essere ed i giornali e fotografi andavano a nozze con questo genere di storie.

Se fosse stato per Kazuya, il loro nome non avrebbe mai lasciato gli articoli sportivi ma Eijun provava una certa euforia a trovarsi investito del ruolo di Cenerentola del baseball e Mei ci aveva messo il carico da novanta sostenendo che uno sportivo doveva saper vivere anche di questo.

Così, alle interviste sportive erano seguite quelle di gossip. Alla foto dei Tokyo Giants vittoriosi alla fine dell’ultima stagione di campionato, era seguita quella di un bacio che Kazuya aveva dato ad Eijun nella totale certezza che nessuno lo avrebbe mai notato. Una leggerezza che aveva invaso la rete ed i giornali per settimane e che aveva impartito al ricevitore una lezione che nessuno gli aveva fatto la cortesia di spiegargli in anticipo: mai sottovalutare un obbiettivo fotografico.

La convocazione per i mondiali era qualcosa che Eijun si era aspettato per Kazuya, non per lui.

La telefonata era arrivata con la prima neve di gennaio ed era stato proprio Eijun a rispondere ma Kazuya era dovuto intervenire perchè il compagno era crollato sul divano non appena aveva udito la notizia e, a quel punto, parlare lucidamente gli era stato impossibile.

Kazuya aveva mandato avanti la conversazione con estrema professionalità. Quindici minuti dopo, aveva appoggiato il telefono sul basso tavolinetto del soggiorno ed aveva alzato lo sguardo per incorciare gli occhi dorati di Eijun. Se lo era ritrovato tra le braccia in meno di un battito di ciglia, vivace ed allegro come suo solito.

Arrivare alla camera era stato impossibile.

Avevano fatto l’amore sul divano tra le risate di Eijun, divenute sospiri di piacere non appena Kazuya gli aveva afferrato i fianchi con fermezza invitandolo a muoversi su di lui come desiderava e concedendosi uno spettacolo degno di una grande vittoria.

“I mondiali...” Mormorò Eijun con aria sognante, le dita occupate a vagare sul petto forte del suo ricevitore. Per entrare comodamente sul divano dovevano starsene stesi faccia a faccia, con le gambe intrecciate e questo permetteva a Kazuya di far scorrere distrattamente le dita tra il fianco e la coscia di Eijun.

“I mondiali, Kazuya!” I loro nasi si sfiorarono ed il sorriso di Eijun sembrò avere il potere d’illuminare la stanza.

Kazuya gli circondò la vita con un braccio tirandolo più vicino a sè. “Sai che non potrai stare lì e pretendere di fare di testa tua, vero?”

Eijun s’imbronciò immediatamente. “Satoru so come gestirlo e Mei non ci sarà per via della bambina, così...”

Kazuya inarcò le sopracciglia. “La bambina?”

“Sì!” Esclamò Eijun. “È una bambina! Pensavo lo avesse detto anche a te. Ha poi aggiunto che ha un nuovo piano per il futuro di cui deve assolutamente parlarti ma non mi ha spiegato di cosa si tratta.”

Il ricevitore forzò un sorriso irritato e si trattenne dallo sbuffare: quando Mei si metteva in testa qualcosa e decideva di condividerla col mondo, evitarlo era come tentare di salvarsi da una bomba atomica sganciata sulla propria testa. Sollevò la testa e fu felice di vedere che la neve si stava facendo sempre più alta: forse, avevano ancora qualche giorno di pace.

Eijun fece scivolare la mano sul retro del suo collo e prese a giocare con i capelli più lunghi sulla sua nuca. “Che cosa c’è di così divertente?”

Kazuya si spostò in modo da costringerlo sotto di sè. “Fuori continua a nevicare,” disse con un sorriso malizioso. “Dovremo impegnarci a restare caldi. Non possiamo permetterci di prendere un raffreddore.”

Il sorriso che Eijun gli rivolse fu ancor più luminoso del precedente. Gli circondò il collo con le braccia e lo tirò verso di sè. Fu un bacio lento, caldo ma Kazuya abbandonò presto la bocca di Eijun per scendere a vezzeggiargli il collo. Il lanciatore reclinò la testa di lato, si aggrappò alle spalle del compagno e chiuse gli occhi lasciando completamente le redini nelle sue mani questa volta.

Un spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco interruppe ogni cosa.

Eijun strinse le labbra e spinse Kazuya via da sè con gentilezza. “Kazuya, aspetta...”

Il ricevitore sollevò immediatamente la testa. “Che cosa c’è, Eijun?”

Eijun non rispose e tentò di sollevarsi a sedere. Kazuya si spostò per rendergli la cosa più facile e gli strinse un ginocchio con gentilezza. “Ehi, stai bene?”

Eijun si portò una mano alla bocca e chiuse gli occhi per alcuni istanti. Quando lì riaprì, prese un respiro profondo e si abbandonò contro lo schienale del divano. “Va bene, ci sono!” Esclamò con un gran sorriso. “Ho distrutto l’atmosfera, vero?” Domandò dispiaciuto.

Kazuya ridacchiò e si chinò per raccogliere i vestiti di entrambi. “Adesso abbiamo una casa, non dobbiamo più impegnarci per creare delle occasioni, ci basta andare in camera.” Porse ad Eijun la sua felpa ed i suoi boxer ed il lanciatore li infilò immediatamente. “Forse, è la fame...” Riflettè. Kazuya s’infilò la maglietta, poi recuperò gli occhiali dal basso tavolinetto davanti al divano. “Abbiamo fatto colazione tardi,” gli ricordò.

“Forse non mi è bastata!” Esclamò Eijun. “Vado a preparare il pranzo. Vuoi qualcosa in particolare?”

Kazuya lo guardò come se gli avesse chiesto il permesso per andare a fare una strage.

“Cosa c’è?” Domandò il lanciatore imbronciato. “Mi hai insegnato, so cavarmela da solo, ormai!”

“Diciamo che ho tentato,” replicò Kazuya.

“Devo ricordarti il tuo gioco suicida durante il tuo primo torneo da capitano? Quello autunnale...”

“Abbiamo vinto, però!”

“Appunto! Puoi accettare il rischio di venir avvelenato da me... Ma non accadrà!” Eijun si alzò con un saltello. “Abbi fidu...” Il fiato gli morì in gola e fu come se lo forze lo abbandonassero di colpo.

“Eijun!”

Kazuya fu in piedi prima che Eijun collassasse a terra. Si ritrovarono entrambi seduti sul pavimento, la schiena di Eijun premuta contro il petto di Kazuya. Gli occhi dorati del primo erano spalancati, spaventati e fissi sul vuoto.

“Non mi pare tu abbia la febbre,” disse Kazuya passandogli una mano sul viso.

“No...” Rispose Eijun con voce lontana. I suoi occhi, di sicuro, lo erano.

“Avanti,” Kazuya lo aiutò a sedersi di nuovo sul divano, poi afferrò la coperta appoggiata sul bracciolo e vi coprì le gambe nude del lanciatore in modo che stesse caldo. “Preparo qualcosa di veloce per tutti e due e ce lo mangiamo insieme davanti ad uno dei tuoi film melensi.”

Eijun gli sorrise. “Sì, grazie...” Disse con fare fin troppo quieto.

Non ci voleva un genio per capire quanto fosse forzata quell’espressione ma Kazuya decise di aspettare, di concedergli il tempo di riprendersi. “Starai bene, Eijun.” Si chinò su di lui concedendogli un bacio veloce sulle labbra.

Eijun annuì con convinzione ma i suoi occhi non brillavano più come poco prima. “Certo che starò bene, Kazuya.”

 

- Oggi -  

 

“Once I was eleven years old, my daddy told me,

"Go get yourself a wife or you'll be lonely."

Once I was eleven years old.”

 

Kazuya si cacciò una mano in tasca e lanciò un’occhiata stranita all’mp3 che aveva sottratto al suo compagno di viaggio per intrattenersi mentre l’altro riposava. Cambiò la traccia immediatamente, poi appoggiò la nuca allo schienale del sedile con un sospiro: quella canzone gli dava il tormento da settimane e, sebbene non si sorprendesse affatto di trovarla nell’mp3 del ragazzo che dormiva appoggiato a lui, non intendeva sottoporsi ad una simile tortura senza una seria motivazione. Le canzoni che seguirono non furono meno dolci e romantiche di quanto non fosse quella che aveva evitato con tanta urgenza. Alzò gli occhi al cielo e liberò le orecchie dai piccoli auricolari: cos’altro si doveva aspettare dalla playlist di Sawamura Eijun, in fin dei conti?

Si riteneva abbastanza fortunato per non essere inciampato nella sigla melensa di qualche anime tratto dall’ultimo shoujo manga per cui Eijun aveva versato fiumi di lacrime. Quello sì che sarebbe stato un trauma e non era davvero l’occasione giusta per shock emotivi di qualsiasi genere!

La testa di capelli castani sulla sua spalla si mosse e premette in un punto che fece male ma Kazuya sopportò in silenzi. Se fossero stati ancora al liceo, lo avrebbe preso per le guance e lo avrebbe spostato come un bambolotto fino a trovare la posizione ideale. In quel momento, però, decise di aspettare pazientemente che quei due occhi dorati si aprissero di nuovo sul mondo ed incrociassero i suoi.

Le labbra di Eijun si piegarono immediatamente in un sorriso, sebbene ancora assonnato. “Ciao...” Si stiracchiò contro di lui e Kazuya decise che si sarebbe preoccupato delle pieghe che erano sicuramente comparse sulla sua giacca solo dopo essere arrivati a destinazione.

“Ciao,” rispose Kazuya con un sorriso appena accennato. “Stai bene? Sei riuscito a riposare un po’?”

Eijun si limitò ad unnuire nascondendo uno sbadiglio dietro la mano sinistra. “A che punto siamo?” Domandò guardando fuori dal finestrino.

“Non vedo più alti palazzi da un po’,” rispose Kazuya posandogli un bacio veloce sulla fronte. “Che, per un ragazzo di città come me, vuol dire che dobbiamo essere quasi arrivati.”

Eijun rise. Fu una risata soffice, discreta, così poco da lui ma non per questo meno sincera.

Kazuya non era ancora abituato a quel cambiamento ma, gradulmente, vi si stava adattando come una cosa completamente naturale. “Hai fame?” Domandò. “Vuoi dell’acqua?”

“Non ho sete,” rispose Eijun appoggiando meglio la guancia contro la sua spalla, gli occhi dorati ancora rivolti al paesaggio che correva velocemente fuori dal finestrino. “Se per te non è un problema, vorrei mangiare direttamente a casa dei mie, tanto per esser sicuro di non metter sotto i denti qualcosa vecchio di secoli.”

Kazuya annuì distrattamente, poi riportò gli occhi fuori dal finestrino a sua volta.

Stava quasi per addormentarsi quando avvertì Eijun giocare con il nodo della sua cravatta. “Che stai facendo?” Domandò abbassando lo sguardo.

“Lo allentò un po’.”

Kazuya scostò quella mano gentilmente e riaggiustò la cravatta in modo che fosse perfetta. Eijun sospirò e si mise a sedere in modo da poterlo guardare dritto in faccia, una smorfia un poco divertita sul volto. Kazuya accennò un sorriso. “Che cosa c’è?”

“I miei genitori ti conoscono già.”

“Lo so.”

“Non sei costretto a fare una bella impressione su di loro,” concluse Eijun osservando ancora una volta il completo elegante che Kazuya aveva voluto indossare ad ogni costo. “E se volessi farla basterà ricordare loro che eri quello che mi teneva sollevato in aria dopo che ho eseguito quell’ultimo lancio che ha fatto dei Tokyo Giants i campioni dell’ultima stagione di baseball.”

Kazuya non si perse l’occasione di sfoderare il suo sorrisetto sarcastico. “Vuoi che gli dica anche che ho approfittato dell’occasione per graziare con le mie mani una parte di te particolarmente morbida e piacevole da toccare?”

Le guance di Eijun si colorarono e Kazuya rise quando gli diede un pugno sul braccio, anche se dovette massaggiarselo subito dopo. “Ascolta,” disse quando si fu calmato, “oltre al motivo principale della nostra visita, vuoi parlare ai tuoi genitori e a tuo nonno anche dell’altra cosa?”

Eijun si fece serio di colpo. Dischiuse le labbra ma non rispose subito. Forzò un sorriso. “No,” scosse appena la testa. “Aspettiamo.”

Fu il turno di Kazuya di farsi serio. “Ne sei sicuro?”

“Sono solo sei o sette settimane, Kazuya,” replicò Eijun. “Aspettiamo che escano le prime notizie ufficiali sui giocatori che faranno parte della squadra nazionale che parteciperà ai prossimi mondiali di baseball. Volevo dare la notizia con te davanti a tutti il nostro giorno.”

Kazuya inarcò un sopracciglio e sorrise, più dolcemente questa volta. “Vogliamo chiamarlo così? Il nostro giorno...” Provò a ripeterlo per testarne il suono.

Eijun scrollò le spalle con un sorrisetto. “Se i miei genitori ne saranno felici, lo sarà.”

Kazuya smise subito di sorridere e fece una smorfia, come se stesse per vomitare. “Se ne saranno felici...”

Eijun lo guardò sospettoso. “Sei per caso nervoso, Miyuki Kazuya?”

L’altro lo guardò con un mezzo broncio. “Sono praticamente un personaggio pubblico. Se ho mai saputo cos’è il nervosismo, l’ho dimenticato.”

“Ti ricordo che non ti ho chiesto di fare ciò che stiamo per fare.”

“Lo voglio fare io, va bene?” Kazuya si ostinò a guardare fuori dal finestrino per impedire ad Eijun di guardarlo in faccia. “Non è una notizia che si possa dare così per telefono, comunque.”

Eijun non smise di sorridere. “A tuo padre hai telefonato.”

“Solo perchè siamo partiti in fretta e furia. Lo andrò a trovare quando torneremo a Tokyo.”

“Lo andremo a trovare, vorrai dire...”

“Come vuoi tu, Eijun.”

“Molto bene, è deciso!” Eijun si alzò con un saltello e Kazuya gli rivolse immediatamente tutta la sua attenzione. “Dove vai?”

“Al bagno.”

Kazuya si alzò in piedi in un gesto automatico. Eijun inarcò le sopracciglia. “Aspetta che torni, prima di andare anche tu.”

“Io non devo andare.”

“Allora perchè ti sei alzato?”

“Ti accompagno,” rispose Kazuya come se fosse una cosa completamente naturale.

Eijun sbattè le palpebre un paio di volte, poi scoppiò a ridere. “Kazuya, sto bene!” Esclamò allegro e, per un attimo, fu di nuovo il vecchio, rumoroso se stesso. “Aspettami qui e prova a rilassarti.”

“Io sono rilassato.”

Non suonò molto convincente.

Per l’ennesima volta nelle ultime due settimane e mezzo, Miyuki Kazuya si ritrovò a chiedersi dove fosse finito quel suo proverbiale talento a nascondere qualsiasi emozione e qualsiasi pensiero.

Concluse che una lunga esposizione a Sawamura Eijun doveva, infine, avergli fatto davvero male.

 

- 18 giorni prima -

 

“Eijun ha qualcosa di strano.”

Youichi arrivò a quella conclusione un pomeriggio di gennaio, mentre fuori nevicava.

“Tu, però, che ricami sulla palle da baseball, non so veramente come definirti.”

Kazuya sollevò lo sguardo dal suo lavoro sorridendogli come suo solito. “Non sono io quello che va in giro con un fagotto rosa tra le braccia a tutte le ore del giorno e della notte.” E quando diceva rosa, intendeva rosa Kominato di ultima generazione.

Youichi arrossì fino alla punta delle orecchie ma non disse nulla per non disturbare la bambina. Tra le sue braccia, la piccola Haru continuò a dormire, una manina minuscola stretta intorno all’indice del suo papà e la testolina ricoperta di capelli rosati appoggiata al suo petto. Youichi sembrava fungere da culla umana accomodato sul divano di un salotto che non era nemmeno di casa sua ma, oramai, Kazuya aveva fatto pace con se stesso e si era arreso all’inevitabile destino: al liceo, la sua stanza era stata la sala giochi di tutti fin dal suo primissimo giorno al Seido; all’università, era toccato al suo appartamento subire la stessa sorte e, da quasi sei mesi, il salotto della casetta che aveva comprato per lui ed Eijun non era stata uno strappo alla regola. Il fatto che i fratelli Kominato, insieme ai rispettivi compagni, fossero i loro vicini di casa rendeva impossibile vedere anche la neve di gennaio come un impedimento.

Youichi non si era fatto problemi ad attraversare la strada ricoperta di ghiaccio con una bambina di appena dieci giorni di vita in braccio e Satoru ed Haruichi avevano bussato a quella porta appena dopo pranzo chiedendo ad Eijun se potevano badare al piccolo Ryouji per il pomeriggio, mentre loro trovavano un modo per arrivare alla stazione centrale e valutare la situazione dei treni che portavano fuori città. I signori Kominato non erano ancora riusciti a vedere di persona la loro seconda nipotina e se avesse continuato a nevicare non sarebbero riusciti ad essere a Tokyo nemmeno per il secondo compleanno di Ryouji.

Kazuya smise di fare quello che stava facendo per osservare il bambino seduto accanto a lui sul tappeto. Eijun gli aveva appuntato la frangia di capelli corvini all’indietro con una piccola pinza per capelli di cui gli sarebbe tanto piaciuto sapere la provenienza e gli occhi chiari di Ryouji non si erano sollevati dal suo foglio da disegno da quando la sua euforica tata era uscita dicendo che sarebbe andato a recuperare qualcosa da mangiare al piccolo supermercato di quartiere in fondo alla strada. Kazuya si chiedeva se un bambino tanto silenzioso a due anni potesse definirsi umano.

“Ryou non può tenerla, sta dormendo,” tentò di giustificarsi Youichi.

Kazuya recuperò l’ago con il filo rosso e la palla da baseball su cui stava facendo pratica. Aveva perso il conto di quelle che aveva già dovuto buttare ma il ricamo stava divendo velocemente più comprensibile. “Anche lei sta dormendo, mi pare.”

“Appunto, qualcuno deve tenerla in braccio.”

Kazuya inarcò le sopracciglia. “Hanno inventato le culle in un qualche periodo preistorico...”

Youichi sbuffò. “Le culle! Io ho bisogno di sentirmela addosso quando non la vedo muoversi o non la sento emettere qualche suono.”

Kazuya provò a pensare ad una scena degli ultimi dieci giorni in cui aveva parlato con Youichi senza che Haru fosse tra loro. Se si escludeva il giorno in cui era nata ed in cui Kuramochi Youichi aveva pianto sulla spalla di Miyuki Kazuya come se fosse il primo padre sulla faccia della terra, il lanciatore non ne ricordava nessuna.

“Che cosa vuoi che le succeda nella sua culla?” Domandò Kazuya senza staccare gli occhi dalla palla da baseball tra le sue mani, mentre cercava d’infilare l’ago nel modo giusto.

“Mai sentito parlare di morte in culla?”

A quel punto, il lanciatore non poté evitare di guardare il compagno di squadra con espressione stranita. “Parli sul serio?”

“Non me la sento di correre il rischio,” rispose Youichi talmente serio che Kazuya si chiese se la paternità non provocasse qualche danno neurologico a chiunque la vivesse. Nel caso di Satoru era stato un bene ma Kazuya dubitava lo si potesse danneggiare più di quanto già non fosse, così non aveva potuto che migliorare. Aveva sorpreso tutti il modo in cui lo aveva fatto.

“Ryou che cosa dice?” Domandò Kazuya curioso.

Il viso di Youichi s’illuminò di colpo. “Non hai idea di quanto mi dia forza avere Haru qui!” Esclamò. “Adesso, posso ascoltare Ryou minacciarmi almeno dieci volte al giorno ma non temo nulla!”

“È un buon segno se ti minaccia,” commentò Kazuya. “Almeno lui è rimasto normale. Come funziona? Lui fa tutto il lavoro ma tu ti prendi gli squilibri ormonali?”

Youichi gli sorrise minaccioso. “Prendi in giro quanto vuoi. Io ti aspetto al varco, sappilo.”

Kazuya inarcò un sopracciglio confuso. “Che varco?”

“Quello del nido dell’ospedale centrale,” rispose l’intercampo. “Hai presente quella vetrata davanti a cui tutti i parenti ed amici si mettono a fare facce idiote a tutti i mocciosi appena arrivati e...”

“... E qualche papà piange.”

“Quel che accade in quel reparto, rimane in quel reparto.”

“Oh, questa è una regola che non conoscevo!”

“Piantala!”

Si zittirono entrambi immediatamente, non appena il fagotto rosa tra le braccia di Youichi prese a muoversi emettendo qualche versetto che annunciava un imminente risveglio. Tanto bastò ad attirare l’attenzione del piccolo Ryouji che, mollato il suo pennarello colorato, si arrampicò sul divano e si sedette sulle ginocchia per osservare la neonata aprire gli occhi lentamente.

Youichi gli sorrise. “Ryou-chan vuole dare il buongiorno alla cuginetta!”

Ryouji annuì sporgendosi un poco di più. Youichi gli spettinò i capelli neri con tenerezza storcendo un poco la bocca. “Assurdo...”

“Che cosa?” Domandò Kazuya con tono automatico, osservando come il ricamo sulla palla da baseball stava prendendo forma meglio di quanto si aspettasse.

“Due bambini, un maschio ed una femmina ma sono tutti e due la copia di Haruichi!”

Kazuya sollevò lo sguardo a quell’affermazione. Onestamente, non poteva dire ancora nulla sulla piccola Haru, a parte il fatto che i capelli rosati rendessero un grande onore alla famiglia di Ryou e Haruichi. Il resto, era tutta una miniatura che poteva far impazzire tutti di tenerezza ma Kazuya non riusciva ancora a vederci nessuno.

Per Ryouji, era diverso. Era impressionante come potesse sfoggiare i colori di Satoru ma avere gli stessi, identici lineamenti di Haruichi.

“Chissà che effetto fa?” Kazuya non si rese conto di averlo detto. Quello di pensare ad alta voce era un vizio che gli era venuto stando a stretto contatto con Eijun.

“Cosa?” Domandò Youichi mettendo a sedere Haru contro il suo petto, in modo che potesse guardarsi intorno ed intrattenersi da sola. Ryouji fece leva sulla gamba di Youichi e si chinò per baciare una delle guance della neonata che gli rivolse immediatamente tutta l’attenzione dei suoi occhi incolori.

“Vedere i tuoi occhi sul viso di un altro,” rispose Kazuya osservando i due bambini interagire in modo soffice, fatto di smorfiette e suoni privi di significato.

Solo dopo si accorse del sorrisetto che Youichi gli stava rivolgendo.

“Cosa c’è?” Domandò il lanciatore.

“Ti aspetto al varco, Miyuki Kazuya. Eccome se ti aspetto!”

Quell’esclamazione fu abbastanza perchè Haru si spaventasse e scoppiasse a piangere. Youichi assunse l’espressione di chi sta per avere una crisi di panico, poi si sollevò in piedi lasciando un confusissimo Ryouji sul divano. “No, piccola,” disse vagando per il salotto. “Papà è qui. Va tutto bene.”

Kazuya aveva sempre saputo che Youichi era bravo a prendersi cura degli altri, a modo suo. Con lui aveva saputo dimostrarlo ed anche con Eijun e Haruichi in più di un’occasione ma vederlo fare il papà amorevole, dopo tutti i calci che il suo povero lanciatore si era preso e le strigliate che lui stesso aveva incassato, aveva ancora qualcosa di comico.

Senza contare che era anche particolarmente bravo. A prova di ciò, Haru si calmò dopo pochi istanti prendendo a succhiarsi un pugnetto incurante del fatto che avrebbe inumidito tutta la spalla di Youichi nel processo.

Kazuya rise sotto i baffi, poi si accorse che Ryouji era sceso dal divano ed era tornato accanto a lui e lo guardava con una certa curiosità. Il lanciatore ricambiò lo sguardo confuso e le guance del bambino si accesero senza ragione apparente.

“Vuole sapere che cosa stai facendo,” intervenne Youichi passando il peso del corpo da un piede all’altro per finire di rassicurare la piccola Haru.

“Ah...” Kazuya accennò un sorriso. “È un segreto,” disse facendo l’occhiolino al bambino.

“Segreto...” Ripetè Ryouji.

“Esatto,” confermò Kazuya.

La manine del bambino presero a torturare l’orlo della felpa. “Eijun?” Domandò quasi timoroso.

“Sì, è per Eijun.” Kazuya dubitava che un bambino di due anni potesse essere una minaccia per il piano che stava mandando avanti in tutta segretezza. Ryouji sembrava aver ereditato la timidezza di Haruichi e le capacità di dialogare di Satoru e questo lo rendeva il custode perfetto di qualsiasi segreto.

“Nemmeno lo zio è riuscito a sapere di più, Ryouji,” intervenne Youichi. “Ma che io sia maledetto se mi arrendo così facilmente!”

Kazuya gli rivolse un sorriso totalmente innocente.

Un istante dopo, la porta d’ingresso si aprì e la voce di Eijun animò di colpo tutta la casa. “Ah, la neve non accenna a smettere!”

Kazuya infilzò l’ago nella palla da baseball nella sua mano e nascose il tutto sotto il basso tavolinetto del salotto. Youichi lo giudicò in silenzio ma il ricevitore scrollò le spalle e continuò a sorridere a modo suo. Eijun entrò nel salotto un istante più tardi, due buste della spesa alle mani, la cuffia tirata fin quasi agli occhi e la sciarpa avvolta al punto da coprirgli il naso.

“Sei il ritratto della primavera,” commentò Kazuya sarcastico.

Eijun lo guardò storto, poi appoggiò le due buste sul pavimento e si liberò dell’armatura invernale con cui si era deciso ad affrontare la bufera di neve in corso. “Metti a posto tu,” disse indicando le buste con fare imperativo ed avvicinandosi a Ryouji che aveva sollevato immediatamente le braccia in una chiara richiesta. “Ciao, piccolo!”

Kazuya rimase a guardare imbronciato mentre Eijun prendeva in braccio il figlio di Satoru e Haruichi e passava a salutare Youichi senza neanche rivolgergli un gesto affettuoso degno di nota. Ufficialmente, Miyuki Kuzuya non viveva di tenerezze e c’era voluta tutta l’irrompente emotività di Eijun a convincerlo che non gli avrebbe fatto alcun male farsi sfiorare senza nessuna ragione se non il piacere del più semplice e spontaneo contatto fisico. Tuttavia, quando Eijun mancava d’invadere ogni suo spazio con la sua calorosa presenza, Kazuya ne era segretamente irritato.

Sawamura Eijun era vivace, solare al punto da essere abbagliante e definirlo espansivo non avrebbe reso neanche lontanamente l’idea di come era di fatto. Per tanto, quando calava un poco di gelo, seppur millesimale, tra di loro, Kazuya non poteva evitare di guardarlo con occhi di riguardo in più rispetto all’ordinario.

Da parte sua, Youichi non si perse l’occasione per buttare benzina sul fuoco. “Tu hai qualcosa...”

Kazuya guardò immediatamente Eijun ma il lanciatore si limitò a sgranare gli occhi confuso. “Che intendi dire, senpai?”

“Non lo so,” ammise Youichi. “Ma tu hai qualcosa. Io lo so che hai qualcosa.”

Kazuya cercò di minimizzare la cosa. “Disse l’uomo che guardava la culla di sua figlia come un pericolo mortale.”

“Taci tu!” Esclamò Youichi.

Ryouji capì quel discorso a modo suo e poggiò una manina sulla guancia del lanciatore con fare preoccupato. “Eijun, bua?”

Eijun gli rivolse un sorriso rassicurante. “No, Ryou-chan, io sto bene. Il senpai ha sempre fatto da fratello maggiore a tutti, si preoccupa per noi.”

“Tra poco passerà da fratello maggiore a mamma,” intervenne Kazuya con chiari intenti derisori. “La piccola Haru starà in braccio a papà almeno quanto è stata nella pancia di mamma.”

Youichi, però, ignorò volutamente tutte le sue stupidaggini. “Lui ha qualcosa di strano!” Esclamò come se Eijun non fosse lì.

Kazuya si alzò in piedi. “Vado a mettere a posto la spesa.”

“Sì, grazie,” disse Eijun. Neutro, educato... Neanche fosse un passante che si offriva di dargli una mano. Youichi, ovviamente, colse subito l’occasione al volo: tornò al divano e tirò fuori dal borsone con cui si era presentato un piccolo biberon. Ovviamente, era rosa anche quello.

“Posso? Haru comincerà a pretendere di essere sfamata, tra poco.”

Kazuya sollevò le due buste della spesa che Eijun aveva lasciato dietro il divano ed annuì. “Seguimi, ti do un pentolino per riscaldarlo.”

“Noi, intanto, continuiamo a disegnare, vero?” Eijun si sedette accanto al basso tavolinetto al centro della stanza, davanti al disegno che il piccolo Ryouji aveva fatto in sua assenza. Kazuya gli lanciò un’ultima occhiata, l’altro non ricambiò lo sguardo.

 
 

“Arriviamo subito al punto. Che cosa è successo?” Domandò Youichi subito dopo aver acceso il fornello per riscaldare il biberon.

Kazuya aprì il frigo per valutare su quale ripiano ci fosse più spazio, poi prese a tirar fuori ciò che era nelle buste di plastica. “Niente,” rispose con fare distratto, come se non fosse una discussione importante.

Youichi alzò gli occhi al cielo e fece appello a tutta la sua pazienza. “Miyuki...”

“Oh, siamo tornati ai cognomi!”

“Kazuya!” Sibilò l’intercampo per nulla in vena di farsi prendere in giro.

Il ricevitore riemerse dal frigo per un istante. “Eh?”

“Eijun ha qualcosa,” disse Youichi per l’ennesima volta. “Tu fai ricami sulle palle da baseball. La conclusione più logica a cui sono arrivato è che lui ti abbia spaccato una mazza in testa rendendo completamente rincitrullito te e pieno di sensi di colpa lui!”

“Te l’ho detto perchè ricamo sulle palle da baseball,” replicò Kazuya continuando a mettere a posto il frigo. “E parla a bassa voce, Eijun è nella stanza accanto.”

“Mi hai detto che è una cosa per lui ma anche tutti i dispetti che siano mai stati partoriti dalla tua mente demoniaca lo erano.”

Kazuya lo guardò esasperato e si arrese al fatto che avrebbe dovuto vuotare il sacco su qualcosa o Youichi non lo avrebbe lasciato vivere. “Ha avuto un malore,” spiegò. “La settimana scorsa, dopo la convocazione per i mondiali.”

Youichi storse la bocca. “Lo sai come è fatto Eijun. Gli sarà venuto un mezzo colpo per l’emozione... È venuto a me.”

“È di umore strano da quel gionro, comunque.”

“E il sesso come va?”

Kazuya richiuse il frigo e guardò l’amico come se non avesse capito di cosa stesse parlando. Youichi gli lanciò un’occhiata molto eloquente. “Allora?” Domandò. “Cos’è questo silenzio? Io, te, Eijun e Satoru ai mondiali! Io sono padre da dieci giorni, Satoru ha un bambino di due anni, quindi mi aspetto che almeno voi due facciate tutto il sesso della vittoria che questa svolta merita!”

Kazuya lanciò un’occhiata al fagottino rosa che Youichi aveva ancora in braccio. Era una bambina tanto buona che a stento ci si ricordava ci fosse. Sì, assomigliava decisamente a Haruichi. Dal padre non avrebbe mai potuto ereditare una simile virtù.

“Kazuya, gli hai fatto qualcosa?”

E quella conversazione ne era la prova.

“Abbiamo avuto una mezz’ora appassionata sul divano in salotto, subito dopo la telefonata di convocazione,” gli disse con un sorrisetto irritato. “Poi Eijun si è offerto di preparare il pranzo e non si è sentito bene.”

“E...?” Incalzò Youichi.

E, da allora, non vuole più che lo tocchi. Sarebbe stata la risposta corretta e sincera. “E il tuo biberon rischia di esplodere, se non spegni quel fornello,” disse, invece.

Youichi portò immediatamente gli occhi sul pentolino e girò la manopola del fornello con particolare urgenza quando vide che l’acqua ebolliva. “Ah! Adesso ci metterà una vita ad arrivare a temperatura.”

Si mosse nel tentativo di afferrare il biberon senza però lasciare andare la bambina. Si rese ben presto conto che non era possibile. “Ehi!”

Kazuya lo guardò. “Cosa c’è?”

Youichi si fece più vicino. “Reggi un attimo,” disse porgendogli la bambina. Kazuya lo fissò come se gli avesse appena chiesto di buttarsi sotto un treno. “Non sono capace di maneggiare cose delicate,” si giustificò con un sorriso nervoso.

Youchi sbuffò. “Se fosse vero, Eijun sarebbe morto da un pezzo. È l’essere più delicato che conosco! Su, tra poco piangerà perchè ha fame!”

“E vuoi darla a me mentre potrebbe mettersi a piangere!”

“Kazuya, muoviti!”

Kazuya prese un respiro profondo, come prima di un tuffo da un trampolino molto alto, poi prese quella cosina rosa tra le braccia stando attento a sorreggerle la testa. Youichi sorrise soddisfatto. “Bene, Haru. Questo brutto qui è Kazuya. Porta pazienza mentre papà prepara la pappa.”

Da parte sua, Haru fissava quello sconosciuto come a chiedergli chi fosse ma erano tranquilli i suoi grandi occhi incolori, un po’ come quelli del piccolo Ryouji quando Eijun lo aveva preso tra le braccia appena nato. Sì, Haru assomigliava a Haruichi più di quanto assomigliasse ai suoi genitori.

“Ti dispiace?” Domandò Kazuya di colpo.

“Che cosa?” Chiese Youichi rigirando il biberon sotto il getto di acqua fredda del lavandino.

“Che non ti somigli per niente,” spiegò il ricevitore. “Almeno, Satoru può dire che Ryouji abbia i suoi stessi colori.”

Youichi lo guardò sorpreso, poi rise. “ La donna della mia vita è una piccola Kominato tutta per me,” disse richiudendo l’acqua. “Perchè dovrei lamentarmi?”

Per Kazuya quella risposta non ebbe alcun senso.

 

- Oggi -

 

“Kazuya, con tutta questa neve, resteremo qui ad aspettare un taxi fino a domani!” Esclamò Eijun seduto nella sala d’attesa della stazione centrale di Nagano. Non c’era stato modo per il treno di proseguire a causa delle rotaie bloccate e non avevano potuto fare altro che scendere e trovare un mezzo di viaggio alternativo.

“Non voglio mica arrivare a casa tua in taxi da qui,” disse Kazuya sedendosi accanto a lui e tirando fuori il cellulare dalla tasca del cappotto. “Non possono ripulire le rotaie ora, è già buio. Cercherò un hotel con una stanza libera e passeremo la notte qui. Domani valuteremo cosa fare a seconda dei treni disponibili. Puoi avvertire tua madre?”

Eijun annuì e cominciò ad armeggiare col proprio cellulare portandosi distrattamente una mano alla pancia. Kazuya se ne accorse. “Stai bene?”

Quegli occhi dorati lo guardarono confusi e solo dopo Eijun si rese conto di cosa aveva attirato la sua attenzione. Allontanò la mano da sè, le guance rosse ed un sorriso che fece dimenticare a Kazuya tutto il freddo che li circondava. “Lo faccio senza pensarci...” Si giustificò.

“Non ti ho detto che non devi,” replicò Kazuya.

“Sto bene,” concluse Eijun infilando entrambe le mani nelle tasche del cappotto. “Comincio solo ad avere una gran fame!” Quasi gemette. “Potrei divorare qualsiasi cosa in questo momento... Anche il natto,” aggiunse con una smorfia.

Kazuya ridacchiò. “Cerco un hotel con un buon ristorante, così potrai mangiare tutto quello che vorrai.”

Eijun parve preoccupato. “Non sarà troppo costoso per un appoggio di una sola notte?”

Kazuya continuò a scorrere le varie possibilità comparse sullo schermo del suo cellulare. “Non siamo più solamente studenti universitari, Eijun,” gli ricordò portandosi l’apparecchio all’orecchio. “Posso permettermi di farti mangiare qualcosa di caldo e farti dormire in un letto comodo.”

Eijun gli sorrise, mentre il compagno si alzava e prendeva a parlare educatamente col primo hotel che doveva rispondere alle loro necessità. Sospirò e prese a scorrere i nomi nella rubrica del suo cellulare cercando distrattamente il contatto di sua madre. Quando abbassò di nuovo lo sguardo, la sua mano era scivolata fuori dalla tasca ed era tornata ad accomodarsi sulla sua pancia. Eijun la fissò come se fosse una creatura traditrice animata da vita da propria, poi decise di digitare a memoria il numero di sua madre e si portò il cellulare all’orecchio.

“Mamma, sono io!”

 

- 12 giorni prima -

 

“Tanti auguri a te!”

La neve non fece che peggiorare ed i signori Kominato non riuscirono ad arrivare a Tokyo in tempo per il compleanno del loro primo nipotino, nè per conoscere di persona la bambina appena nata del loro primogenito. Inevitabilmente, lo stesso valse per la signora Furuya.

“Tanti auguri a Ryouji!”

Alla fine, quella tradizione che era iniziata al liceo e perpetuata all’università, ebbe la meglio su qualsiasi clima impervio e Miyuki Kazuya si ritrovò, per l’ennesima volta, col suo spazio personale invaso da tutte le persone che aveva la così detta fortuna di avere vicine. Inutile dire che Eijun aveva fatto quella proposta senza parlarne con lui ed altrettanto futile era sottolineare che aveva preteso che preparasse personalmente la torta di compleanno per Ryouji, dato che nessuna pasticceria avrebbe fatto il lavoro in tempo con tutta quella neve.

Kazuya aveva taciuto ed acconsentito con una smorfia. Sawamura Eijun non aveva assolutamente nulla che non andava e chiunque provasse ad affermare il contrario sarebbe stato vittima della sua irritazione!

“Tanti auguri a te!”

Tutti presero a battere le mani.

Ryouji sorrise timidamente tra le braccia di Satoru e si sporse in avanti per spegnere l’unica candelina a forma di due al centro della grande torta. Seguì un altro applauso e Ryouji si rifugiò immediatamente tra le braccia del suo papà. Satoru sorrise e Haruichi si avvicinò per scostare i capelli neri dal viso del suo bambino e baciargli una guancia. “Tanti auguri, amore mio.”

Kazuya si avvicinò con discrezione. “Vado in cucina a tagliare la torta,” annunciò.

“Aspetta! Aspetta!”

Il ricevitore sollevò lo sguardo e vide Eijun in piedi dall’altro capo del tavolo con una macchina fotografica tra le mani. “Una foto con la cuginetta!” Propose con un sorriso luminoso.

Ryou si fece avanti con il suo fagottino rosa tra le braccia. “Eijun ha detto qualcosa d’intelligente,” disse come se fosse qualcosa di strano. “Furuya, fatti da parte,” ordinò con un sorriso glaciale.

“Fratello...” Lo riprese Haruichi ma Satoru aveva già appoggiato Ryouji sul tappeto e si era alzato per spostarsi accanto al rivale di sempre. Eijun lo guardò e sospirò. “Ti chiama ancora per cognome,” mormorò un poco deluso.

“Non importa,” rispose Satoru guardando il fratello maggiore del suo compagno aiutare suo figlio a tenere tra le braccia la cuginetta avvolta nella sua copertina.

Eijun lo guardò storto.

“Che cosa c’è?” Domandò Satoru.

“Non faccio il tifo per te fin dall’inizio perchè mi aspetto che tu perda.”

“Beh... Non mi ha ancora ammazzato.”

Eijun ridacchiò. “Sì, penso che come vittoria valga con il fratellone!”

Fu il turno di Satoru di fissarlo e Eijun ricambiò l’occhiata con un sopracciglio sollevato. “Perchè mi guardi adesso?”

“Stai bene?” Domandò Satoru.

“Certo!” Rispose Eijun come se fosse una cosa ovvia. “Perchè non dovrei? Siamo stati convocati per i mondiali e ho bisogno di essere in forze per tenerti lontano dal mio monte!”

Satoru, però, non si fece ingannare da quel vecchio trucchetto. “Sei sicuro di star bene?”

Eijun forzò una risata nervosa. “Ti comporti con me come con Haruichi, ora?”

“Hai qualcosa di strano,” concluse Satoru.

Il sorriso di Eijun esitò per un attimo, poi tornò più splendente di prima e sollevò la macchina fotografica. “Tutti in posa! E... Dite Cheese!”
 

 

“Eijun ha qualcosa di strano.”

Kazuya non seppe cosa gli diede più fastidio, che qualcun altro gli sottolineasse di nuovo qualcosa che aveva tutte le intenzioni d’ignorare o che a farlo fosse proprio Mei. Decise di continuare a tagliare la torta nascondendosi dietro il suo solito sorriso e provando a cambiare discorso. “Eijun mi ha dato la notizia,” disse senza guardarlo in faccia. “È una bambina. Congratulazioni!”

Appoggiato all’architrave della porta con addosso una felpa troppo grande per lui ma troppo piccola per nascondere del tutto ciò che aveva particolarmente premura di celare, il Principe di Tokyo rivolse al padrone di casa un’occhiata sarcastica. “Non provare a fare il furbo con me, Kazuya.”

“Volevo solo farti i miei più sinceri auguri.”

“Bene, ti ringrazio,” tagliò corto il lanciatore. “Che cos’ha Eijun?” Domandò col tono di chi pretende una risposta.

Kazuya sospirò e prese a sistemare le fette di torta sui piatti che aveva preparato precedentemente per tutti gli invitati. “Tu ed Itsuki avete cominciato a pensare a qualche nome?”

Mei sbuffò. “Kazuya, smettila...” Si lagnò.

“Non ho la minima idea di quello di cui stai parlando, quindi tutto quello che posso fare è mandare avanti la conversazione con educazione indirizzandola verso una direzione sensata.”

Mei sospirò e si staccò dall’architrave. “Quanto mi scoccia avere sempre ragione.”

Kazuya lo guardò. “Nessuno te l’ha data.”

“Allora...” Proseguì Mei afferrando una delle fette di torta senza permesso e portandosela alla bocca. “Per sapere, tu quando hai intenzioni di contribuire?”

Kazuya inarcò le sopracciglia. “A cosa?”

Mei alzò gli occhi al cielo annoiato. “All’equilibrio dell’universo!” Esclamò sarcastico. “Non so se hai notato che siamo al compleanno di un Furuya di due anni, con la gentile partecipazione di una Kuramochi di quindici giorni e la mia piccola Narumiya come guest star.”

“Di solito si da il cognome dei...”

“Dettagli!” Esclamò Mei scocciato. “Il punto è che mi manca un ricevitore!”

Kazuya lo fissò confuso più di prima. “Prego?”

“Hai capito benissimo!”

“Ci sono giorni in cui capire te mi è più difficile di capire Eijun, Mei,” ammise Kazuya. “Ed Eijun ha bisogno di tanta manutenzione. Sarà una cosa degli Omega...”

Mei gli puntò l’indice contro con fare minaccioso. “Mai generalizzare sugli Omega.”

“O sui lanciatori...” Replicò Kazuya col sorriso di chi la sa lunga. “Volete essere tutti prime donne, dopotutto.”

“Devo ricordarti che è il tuo lavoro renderci tali?”

“Touchè!”

“Oh! Oh! Mei ti ha chiuso la bocca e me lo sono perso?” Domandò Youichi con un sorriso soddisfatto entrando in cucina con un biberon rosa tra le mani. Kazuya fece appello a tutta la sua forza d’animo: ritrovarsi in un fuoco incrociato tra Kuramochi Youichi e Narumiya Mei non era un’impresa che non voleva aggiungere alla sua lista.

“Pentolino?” Domandò l’intercampo agitando il biberon.

“Nella credenza, al solito posto,” ripose Kazuya.

“Come è avere una donna nella propria vita?” Domandò Mei incrociando le braccia contro il petto. Kazuya si domandò se si rendeva conto che in quella posizione metteva solo in evidenza ciò che tanto si sforzava di nascondere.

“Significa perdere la ragione ogni volta che la prendi in braccio e realizzi che è tua,” rispose Youichi con un’euforia che Kazuya gli aveva visto addosso solo sul campo da baseball e dopo un inning vincente.

Mei rise. “Itsuki c’è già arrivato a quella fase!” Disse. “A me il lato rosa di questo evento ancora sfugge completamente!”

Kazuya colse la palla al balzo. “Beh... Quando andrai a comprare il corredino per la bambina, avrai davanti agli occhi tutto il rosa che serve.”

Mei, però, non gli rispose con un broncio infantile come si era aspettato. No, quella che gli tirò fu una vera e propria dead ball in piena faccia. “E tu al corredino quando ci pensi?”

Kazuya alzò di colpo gli occhi dalla torta.

Un pesante silenzio cadde nella stanza, fino a che Youichi non scoppiò a ridere. “Oh! Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento!” Esclamò.

Il ricevitore lo guardò storto. “Cosa intendi?”

“Tu che cosa hai capito quando ti ho detto che mi serviva un ricevitore?” Domandò Mei divertito. “C’è già al mondo quello di Takigawa ma è maschio e a me serve una femmina. Quando conti di metterti al lavoro, ricevitore degli Alpha?”

Kazuya rimase a fissarlo allibito.

Youichi non la smetteva più di ridere ed il ricevitore ebbe l’improvviso bisogno di afferrare quel che era rimasto della torta per lanciarglielo addosso. Alla fine, fece come era suo solito: si scrollò tutto di dosso con una risata. “Non sei riuscito a creare la squadra dei tuoi sogni con la nostra generazione e adesso conti di farlo con la prossima?” Domandò divertito e lo era davvero.

“Sbagliato!” Replicò Mei con orgoglio. “Io ho creato la squadra perfetta. È semplicemente accaduto che tu non ne hai fatto parte!”

“Però l’erede ti serve,” gli fece notare Youichi divertito.

Mei sospirò con aria drammatica. “Il destino sa essere avverso ma la gentica è la genetica e il nome Miyuki ormai è un marchio di fabbrica! Mi serve un ricevitore... Femmina! Impegnati, mi raccomando!”

Kazuya gli rivolse il suo miglior sorriso sarcastico. “E se venisse una lanciatrice?”

Colpito ed affondato. Mei sgranò gli occhi come se gli avesse appena confessato il peggiore dei tradimenti ma questo non impedì agli angoli della sua bocca di sollevarsi per formare un sorriso diabolico. “È una dichiarazione di guerra, Miyuki Kazuya?”

“Ovviamente, Mei.”

Youichi alzò gli occhi al cielo, recuperò il suo biberon e si spostò davanti al lavandino per versarsene qualche goccia sul polso e testarne la temperatura. “E con questo siamo a posto per i prossimi quindici anni...”

 

- Oggi -

 

L’acqua calda tra i capelli e sulla pelle fu una benedizione per Kazuya dopo tutto quella tensione ma mai quanto la bocca di Eijun sulla sua. Lo strinse a sè ed Eijun si lasciò abbracciare appoggiando le labbra contro la sua spalla. Kazuya si chiese se avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli quanto aveva bisogno di sentirselo addosso in quel modo, abbastanza perchè potesse percepire quel cuore vivace contro il suo petto.

Le labbra di Eijun si spostarono sul suo collo in una proposta più che chiara e Kazuya avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi e lasciargli fare quel che voleva ma era stata solo la prima di una serie di lunghe giornate. “Ehi...” Gli passò una mano tra i capelli ed Eijun sollevò lo sguardo sul suo. Sorrideva e Kazuya si sentì in colpa per quello che stava per dire, così usò una delle sue vecchie armi nella speranza che Eijun non lo disarmasse al primo colpo. “Pensavo avessimo chiuso con le docce dopo il liceo.”

Fu fortunato, la stretegia si rivelò vincente.

Eijun fece una smorfia, poi si voltò e chiuse l’acqua. “La notte dei festeggiamenti per la vittoria alle nazionali non ti è importato molto.”

Kazuya scrollò spalle, fece scorrere le ante del box doccia ed afferrò il primo asciugamano che gli capitò sotto mano per passarlo ad Eijun. “Non ci siamo fermati alla doccia, quella notte,” gli ricordò malizioso.

Eijun si asciugò all’interno della doccia e non si disturbò a coprisi nemmeno un poco. Lanciò l’asciugamano umido in faccia al suo ricevitore per gioco. “Non ci siamo fermati per tutti i mesi successivi,” gli ricordò avvicinandosi al lavandino. Kazuya avrebbe tanto voluto staccargli gli occhi di dosso ma davvero non ci riusciva, non quando Eijun si sporgeva appena sul lavandino per afferrare lo spazzolino mettendo in evidenza ciò che avrebbe anche potuto convincerlo a concedergli ciò che chiedeva. “E mi hai messo nei guai, Miyuki Kazuya.” Eijun gli lanciò un’occhiata attraverso lo specchio, un sorrisetto dispettoso che avrebbe potuto irritarlo o spingerlo a baciarlo per il resto della notte comparve sulle sue labbra.

Kazuya rispose a quel sorriso solo fin tanto che Eijun non ebbe abbassato lo sguardo. Si legò l’asciugamano intorno alla vita aspettando il suo turno concedendosi qualche istante per studiare il corpo dell’altro, come se già non lo conoscesse a memoria. Effettivamente, non c’era nulla di diverso ma per Kazuya era tutto completamente nuovo.

“A che cosa pensi?” Domandò Eijun asciugandosi la bocca.

Kazuya scrollò le spalle e si spostò davanti al lavandino. “Un sacco di cose...” Recuperò il suo spazzolino e fece scorrere di nuovo l’acqua nel lavandino. Eijun appoggiò la schiena al bordo di marmo con naturalezza, come se non fosse completamente nudo. “Sono passati anni ma le cose non cambiano, Kazuya.”

Il ricevitore lo guardò confuso, lo spazzolino ancora in bocca. Si ripulì la bocca. “Che cosa intendi?”

Eijun si fece più vicino. “Devi parlarmi se vuoi che sappia cosa ti passa per la testa,” detto questo, portò una mano all’asciugamano che Kazuya aveva intorno alla vita e cercò di farlo cadere a terra. Kazuya lo afferrò in un gesto automatico. “Eijun!”

Eijun rise e fu un suono solare, cristallino. Tutto il gelo che li aveva tenuti lontani per più di venti giorni era svanito completamente, sopraffatto dall’oro di quegli occhi più lucenti del sole. Kazuya non sapeva esprimere a parole quanto avrebbe voluto che quella luce investisse anche lui.

“Ti aspettò di là,” lo avvisò Eijun sfiorandogli gli addominali con la punta delle dita nel superarlo.

Kazuya lo guardò sparire fuori dalla porta. Si concesse un minuto per prendere un respiro profondo, poi lo seguì. Lo trovò sul letto, seduto contro il cuscino, lo sguardo abbassato sullo schermo del cellulare.

“Tutto bene?” Domandò Kazuya avvicinandosi al suo comodino.

“Sì,” rispose l’altro. “La mamma ha chiesto se ci siamo sistemati al caldo per la notte.”

“Salutala da parte mia,” disse Kazuya recuperando i suoi occhiali.

“Perchè li metti?”

Il ricevitore rimase con le mani sospese a mezz’aria e guardò il compagno con fare confuso. “Perchè così ti posso guardare in faccia?”

Da quel poco che riusciva a mettere a fuoco, Kazuya si accorse che gli angoli delle labbra di Eijun si erano sollevati all’insù. Si liberò del cellulare e gattonò verso di lui. S’inginocchiò sul bordo del letto e gli tolse gli occhiali di mano riadagiandoli sul comodino, poi portò le mani sull’asciugamano che ancora aveva intorno alla vita. Solo allora Kazuya si accorse che Eijun non si era ancora messo nulla addosso.

L’asciugamano finì a terra senza far rumore.

“Vieni...” Mormorò Eijun tirandolo verso di sè.

Kazuya non aveva una buona scusa per tirarsi indietro a quel punto ed il solo pensiero di averne bisogno lo faceva sentire un traditore. Eijun era caldo contro di lui, quasi ustionante e la pelle morbida delle cosce che gli accarezzava i fianchi era un invito su cui Kazuya non avrebbe avuto bisogno di riflettere in altre circostanze. Eijun gli circondò il collo con le braccia trascinandolo in un bacio caldo che avrebbe acceso i sensi di qualunque giovane uomo.  

“Kazuya...” Chiamò Eijun a pochi millimetri dalle sue labbra.

Kazuya si sentì completamente scoperto di fronte all’oro di quegli occhi grandi. Non avevano più quindici e sedici anni: Eijun non era più un bambino e Kazuya non poteva sperare di tenerlo buono con una bella maschera. Non si sarebbe più accontentato di avere un lanciatore capace di farlo brillare sul campo da baseball e basta.

“Che cosa c’è?” Domandò Eijun con una pazieza che, Kazuya lo sapeva bene, doveva aver sviluppato stando vicino a lui.

Kazuya sospirò, poi affondò il viso contro il collo del compagno ed inspirò il suo odore a pieni polmoni. La prima volta che aveva sentito l’odore di Eijun era stato dopo una lunga giornata di allenamento, incastrati nell’angolo più buio del capanno per gli strumenti sportivi del primo campo. L’aria sarebbe dovuta essere pregna di tutto, meno dell’aroma dolce che aveva spinto Kazuya ad affondare il naso tra i capelli umidi di sudore di Eijun. Aveva sentito molte storie sugli Omega. Storie a cui non aveva mai dato particolare importanza, nonostante fosse un Alpha. Non aveva mai fatto della sua natura una ragione per vantarsi ed imporsi sugli altri e, di certo, non aveva la personalità adatta per interessarsi a chiacchiere antiquate e velatamente volgari che descrivevano gli Omega come i partner perfetti per qualsiasi Alpha.

I motivi di una simile credenza popolare erano molteplici e, per lo più, squallidi e bastava guardare Eijun per comprendere quanto fossero basati sul niente ma questo non aveva impedito a Kazuya di perdersi nel labirinto delle sue riflessioni in più occasioni tra il secondo ed il terzo anno al Seido. Se fosse stato lui al posto di Eijun, probabilmente avrebbe lasciato perdere molto velocemente ma il suo brillante diamante grezzo non era mai stato un tipo da scelte razionali.

Erano riusciti ad ignorare le loro rispettive categorie di appartenenza per tutto quel tempo, sebbene Kazuya sapesse quanto era pericoloso dalla storia dei suoi genitori. Nel loro caso, aveva funzionato ed aveva continuato a farlo anche quando la stampa aveva cominciato a descriverli come l’ultima fiaba da vita reale ma adesso... Adesso...

Adesso non potevano più permettersi di fare finta di niente.

Le dita di Eijun presero ad accarezzargli i capelli più lunghi, sul retro del collo. “Che cosa c’è, Kazuya?”

Il ricevitore lo sentì tendersi sotto di lui e comprese che aveva prolungato il suo silenzio anche troppo. Potevano essere cresciuti ma questo non rendeva Eijun meno emotivo, specie nella situazione che stavano vivendo. Si sollevò sui gomiti e lo guardò dritto negli occhi. “La ricordi la prima volta che ho detto di amarti?”

L’inquietudine di Eijun si dissolse nel suono di una risata.

Kazuya inarcò un sopracciglio. “Che cosa c’è di così divertente?”

Eijun si calmò. “Niente, lasciavo andare la tensione.”

“Che tensione? Siamo completamente nudi l’uno sopra l’altro!”

Eijun inarcò appena la schiena facendo aderire completamente i loro corpi. Kazuya strinse le labbra ma il colore che comparve sulle sue gote lo tradì. Il lanciatore gli rivolse una smorfia contrariata da bambino deluso. “Non ci siamo ancora, Miyuki Kazuya.”

Il ricevitore non si sforzò nemmeno di nascondere il suo orgoglio ferito e si lasciò ricadere sulla schiena, fissando il soffitto. Eijun sollevò la testa e lo guardò con aria colpevole. “Ho parlato troppo...” Non era una domanda.

Kazuya storse la bocca. “Ci sono abituato.”

Eijun si distese sulla pancia rimanendo sollevato sui gomiti. “Non era mia intenzione offenderti,” disse completamente serio. Kazuya scosse la testa e si coprì gli occhi con un braccio. Non lo sollevò nemmeno quando sentì le labbra calde di Eijun posargli un bacio sul petto, sopra il cuore.

“La prima volta che hai detto di amarmi, lo hai detto ad un oceano di distanza attraverso un telefono.”

Kazuya sospirò. “Non mi riferivo al primo ti amo”.

“A cosa, allora?” Domandò Eijun.

Gli occhi ambrati del ricevitore tornarono sui suoi. “A quella sera nel dogout, dopo l’ospedale.” Rispose. “Con me imbottito di antidolorifici e tu che prima non la smettivi di parlare, poi non la smettivi di piangere.”

Eijun s’imbronciò. “Mettiti nei miei panni!”

“Ero talmente stretto nei miei,” ammise Kazuya incrociando le braccia dietro la testa.

“Eri tanto spaventato?” Domandò Eijun prendendo a disegnare i contorni delle labbra del ricevitore con la punta dell’indice.

“Mi hanno dovuto letteralmente drogare per farmi parlare, questo vorrà dire qualcosa...”

“Perchè ci stai ripensando proprio in questo momento?”

Kazuya sapeva che era necessario guardarlo negli occhi per rispondere a quella domanda. “Ricordo che ti guardavo e pensavo adesso lo bacio, adesso lo bacio... Tu, però, piangevi ed io, per quanto quegli antidolorifici mi avessero mandato fuori di testa, me ne sono rimasto lì con tutte le mie insicurezze, le mie paure... Senza contare che tu non stavi dicendo niente ed i tuoi silenzi mi hanno sempre spaventato. Lo hanno fatto anche in questi ultimi giorni.”

Gli occhi di Eijun si stavano facendo pericolosamente lucidi ma Kazuya sapeva che sarebbe stato molto peggio se avesse taciuto di nuovo, così cercò di non preoccuparsene: il suo compagno aveva sempre saputo affrontare le emozioni meglio di lui, comunque.  

“Ti ho preso la mano con cui lanci perchè, in quel momento di profonda irrazionalità, ho pensato che almeno quella avevo il diritto di toccarla. L’ho baciata per paura, perchè non sapevo in che altro modo baciarti.”

Seguì un momento di silenzio, poi Kazuya sospirò. “Ed il problema si è ripresentato quando i baci non ci sono bastati più...”

Eijun si umettò le labbra. “Non mi hai detto perchè ci stai ripensando ora...”

Kazuya portò lo sguardo altrove. “Perchè mi sento di nuovo così,” confessò. “Mi sento come se non sapessi come toccarti, solo con qualche anno in più e senza nessun antidolorifico a darmi alla testa.”

La mano di Eijun si spostò sul suo petto e lì rimase, immobile. Kazuya si chiese perchè, anche a distanza di anni, riusciva a scegliere sempre i momenti peggiori per restare senza parole. “Il giorno in cui mi hai lasciato quella palla da baseball...” Provò Eijun ed era evidentemente nervoso. “Abbiamo fatto l’amore, quella notte.”

Kazuya tornò a guardarlo. “Era una situaizone diversa...” Ammise. “Abbiamo agito d’istinto. Non ci siamo fermati a riflettere.”

“Smetti di riflettere, se ti fa questo effetto!” Esclamò Eijun, poi si alzò in piedi.

“Dove vai?” Domandò Kazuya sollevando la testa.

“Ho freddo...” Si limitò a rispondere Eijun recuperando un paio di boxer puliti ed una maglietta dall’unica valigia che avevano. Ne prese anche un altro paio e li lanciò in faccia al ricevitore con poca grazia.

Kazuya si arrese all’evidenza che si era arrabbiato, poi si mise a sedere e, alla fine, si vestì. Eijun aveva già raggiunto la sua parte del letto e si era messo a trafficare col cellulare con un broncio bello in vista. Kazuya sospirò e si stese sotto le coperte accanto a lui. “Penso che dobbiamo parlare,” disse appoggiando la guancia al cuscino.

“Abbiamo parlato,” replicò Eijun stizzito.

“Eijun, ho paura di farti male,” Kazuya decise che sarebbe stato solo una perdina di tempo girarci intorno. “E di non farne solo a te.”

Il lanciatore passò lo sguardo dal display del cellulare al viso del compagno molto lentamente. “Sei serio?”

Kazuya si odiò per il calore che sentì salire alle guance. Si girò dalla parte opposta. “Buona notte!” Spense la luce dalla sua parte ma sapeva fin troppo bene che l’altro non avrebbe abbandonato il campo di battaglia così facilmente.

“Kazuya...”

Il ricevitore sentì il suo respiro sul retro del collo ma si decise a non voltarsi. Eijun si allontanò da lui un istante più tardi e Kazuya s’illuse per qualche istante di aver ottenuto una vittoria facile, fino a che non lo sentì alzarsi dal letto. Si voltò in un gesto automatico e si accorse che Eijun era tornato davanti alla valigia, trafficando come se stesse cercando qualcosa.

“Eccolo qui!” Esclamò dopo poco.

Kazuya lo guardò mentre tornava a letto praticamente saltellando, poi depositò sulla coperta un pacchetto rettangolare confezionato con della carta blu lucida. Kazuya lo fissò, poi tornò a guadare Eijun che, in ginocchio davanti a lui, lo guardava con un sorriso brillante di aspettativa. “Aprilo!”

“Da dove sbuca?” Domandò Kazuya sedendosi contro il suo cuscino e prendendo l’oggetto sospetto tra le mani.

“Volevo dartelo dopo aver parlato con i miei, per festeggiare la vittoria!”

“Oh, tu dai già per scontata la vittoria...” Disse Kazuya distrattamente aprendo il pacchetto con  particolare cura non sapendo cosa ci fosse all’interno.

“Perchè non ammetti che non riesci a fare l’amore con me perchè sei troppo nervoso per la reazione della mia famiglia?”

“Stai zitto,” replicò Kazuya con un sorriso forzato. Non avrebbe ammesso neanche sotto tortura che aveva fatto centro a metà ma questo non rendeva meno sincero il suo timore di fargli male in qualche modo, visto il cambiamento di cui era venuto a conoscenza appena tre giorni prima.

Sì, avevano fatto l’amore prima di fare le valigie e partire ma in quella notte di confessioni Kazuya era stato troppo sollevato dallo scoprire che non gli sarebbe toccata la stessa sorte di suo padre per prendere in considerazione tutte le possibilità di quella nuova situazione. Il suo cervello decise di fargli lo stesso identico scherzo nel momento in cui aprì la piccola scatola bianca sotto la carta blu e vide quello che Eijun aveva conservato per celebrare insieme una vittoria loro che, per una volta, non aveva a che fare con mazze, guantoni o palle da baseball.

Eijun si fece più vicino. “Sono riuscito a sorprendere Miyuki Kazuya!” Esclamò soddisfatto.

Kazuya continuò a fissare l’immagine in bianco e nero davanti ai suoi occhi con espressione indecifrabile. Alzò lo sguardo sul compagno. “Solo tu potevi cercare di rassicurarmi sbattendomi in faccia la ragione di tutte le mie paure...”

Di fatto, Kazuya ottenne solo di rendersi conto quanto quel cambiamento che stava avvenendo tra loro fosse reale.

“Sei felice, però,” replicò Eijun infilandosi sotto le coperte ed accocolandosi contro il suo petto. “Mi basta che tu sia felice, per questa notte. La paura troverò il modo di fartela passare.”

Kazuya non seppe cos’era peggio: il fatto che fosse Eijun quello a rassicurarlo o il fatto che la rassicurazione stessa suonasse vagamente come una minaccia. Guardò ancora una volta l’immagine in bianco nero dentro nella scatola.

Sorrise.

Decise che se ne sarebbe preoccupato il giorno dopo.

 

- 5 giorni prima -

 

“I always had that dream, like my daddy before me... So I started writing songs, I started writing stories...”

Kazuya era abituato ad essere svegliato dalla voce di Eijun mentre cantava distrattamente l’ultima canzone che aveva rispecchiato abbastanza i suoi gusti da meritarsi di essere imparata a memoria. Lo faceva ogni volta che rientrava dalla sua corsa di allenamento con Satoru e Kazuya lo aveva ormai interpretato come il segnale per alzarsi dal letto e scendere in cucina a preparare la colazione, prima che Eijun avesse una delle sue tante idee romantiche e decidesse di salire le scale con una vassoio traballante tra le mani.

“Something about that glory, just always seemed to bore me, cause only those I really love will ever really know me...”

Quella mattina, però, qualcosa era diverso.

Kazuya si sollevò sui gomiti fissando la porta socchiusa della loro camera da letto con sospetto, poi si voltò verso la finestra: non filtrava alcuna luce dalle persiane chiuse. Afferrò il cellulare lasciato sul comodino accanto agli occhiali e controllò l’ora.

Sbattè le palpebre un paio di volte colto di sorpresa da quello che vedeva con i suoi stessi occhi. Prese un respiro profondo. “Eijun...” Chiamò a voce troppo bassa perchè l’altro potesse sentirlo. Allungò una mano per recuperare gli occhiali e scese dal letto. “Eijun!” Chiamò con voce più chiara ma l’unica risposta che ottenne fu un altra strofa della canzone che che il lanciatore stava cantando.

Scese al piano di sotto passandosi una mano tra i capelli. Sentiva ancora il peso del sonno addosso ma cercò di sbarazzarsene velocemente. Eijun era in cucina, gli auricolari dell’mp3 nelle orecchie. Kazuya sospirò: non lo avrebbe sentito nemmeno se si fosse messo a chiamarlo disperatamente.

Una sua vecchia maglietta ed un paio di boxer addosso al compagno ed il pentolino che bolliva sul fuoco confermarono a Kazuya che non doveva essere andato a correre quella mattina e dall’aria completamente rilassata con cui Eijun si stava preparando la colazione, dedusse che non sarebbe andato neanche dopo.

Sbadigliò e si avvicinò senza emettere troppo rumore ma Eijun non lo avrebbe sentito neanche se avesse preso a vagare per casa battendo un mestolo sul resto di una padella. Sorrise in anticipo presgustandosi la reazione che sarebbe seguita al piccolo scherzo con cui Kazuya aveva deciso di cominciare la giornata. Cambiò idea a metà strada...

“Once I was twenty years old...” Cantava Eijun serenamente, la testa relcinata appena da un lato. Il collo della maglietta era abbastanza largo da lasciargli completamente libero l’incavo tra il collo e la spalla. L’espressione dispettosa sul viso di Kazuya venne presto sostituita da un sorriso dalla sfumature più intime, dolci. Fece scivolare le mani sui fianchi di Eijun e la sua voce smise di cantare immediatamente. Kazuya si chinò sul suo collo e vi appoggiò le labbra.

Fu come tornare a respirare dopo un lungo periodo di apnea. Il profumo di Eijun invase completamente i suoi sensi stuzzicando quegli istinti Alpha per cui Kazuya non aveva mai provato particolare simpatia. Eijun non lo aveva mai fatto sentire in colpa per quello che era e Kazuya non si era mai permesso di usare la sua natura per screditarlo in qualche modo meschino.

Eijun era quello che era, anche se lo aveva odiato per molto tempo, dopo averlo scoperto ed erano serviti tanta dolcezza e tanta pazienza per aiutarlo ad accettarsi. Ora, era tutto più semplice: le loro rispettive nature erano ciò che permetteva loro di avere una posizione sociale senza che la loro relazione risultasse scomoda. Due ragazzi insieme non facevano poi così scandalo quando uno dei due era un Alpha e l’altro un Omega. Se poi entrambi erano giovani talenti del baseball e di bell’aspetto, i giornali avevano di che scrivere per vendere.

Kazuya non aveva mai dato alcuna importanza alla natura di Eijun. Non era mai stata quella a determinare i suoi sentimenti, nè tantomeno la stima che provava per il suo lanciatore sul campo da baseball. Eijun era Eijun e a Kazuya non serviva altro.

Prese la pelle morbida e calda di quel collo tra le labbra ed Eijun non lo respinse. No, la schiena del lanciatore s’inarcò contro di lui offrendogli altra pelle da inumidire di baci e Kazuya non si fece sfuggire l’occasione. Lo fece voltare e gli auricolari scivolarono via dalle sue orecchie senza far rumore. La bocca di Eijun sulla sua fu come una benedizione per Kazuya.

Erano stati solo alcuni giorni ma senza Eijun erano stati comunque troppi.

Lo sollevò sul bancone della cucina senza smettere di baciarlo.

L’odore di Eijun si era fatto più intenso, quasi soffocante e Kazuya trovò nell’ennesimo bacio la conferma che provava lo stesso desiderio che incendiava lui. Strinse Eijun a sè e, per quanto l’idea di prenderlo in cucina lo eccitasse, Kazuya pensò fosse meglio stare comodi, fare con calma, godersi il momento. Quella fino al divano fu l’unica distanza che riuscì a percorrere. Aveva bisogno di sentirlo completamente ed Eijun condivise a pieno il suo desiderio con ogni bacio, ogni carezza... Tutto.

Aveva freddo, Kazuya ed Eijun era sempre stato caldo.

“Kazuya...” Eijun fece pressione contro il suo petto. “Kazuya, aspetta...”

Il ricevitore sentì un brivido gelido lungo la schiena ma lo pregavano in silenzio quegli occhi dorati e fosse maledetto se avesse mai fatto qualcosa che non volessero entrambi. Si mise a sedere ed aspettò che Eijun facesse lo stesso. Si aspettò una spiegazione, fosse anche una giustificazione stupida ma calò solo il più profondo silenzio. Eijun prese a fissare il pavimento col chiaro intento di non incrociare il suo sguardo e Kazuya fu troppo codardo per porgli una domanda diretta. “Perchè non sei andato a correre con Satoru, questa mattina?” Domandò.

Eijun lo guardò di sfuggita. “Non ho dormito bene. Non ne avevo voglia con tutta questa neve.”

Kazuya annuì. “C’è qualcosa che vuoi dirmi?”

C’era sorpresa negli occhi del ricevitore quando li sollevò. “Perchè me lo chiedi?”

“Perchè sei strano. Dal giorno di quella telefonata per la convocazione dei mondiali non sei più tu.”

Eijun cercò di forzare un sorriso ma Kazuya era un ottimo bugiardo e sapeva riconoscere un’espressione falsa quando la vedeva. “Non fingere che non sia così, Eijun,” aggiunse. “Non dirmi che va tutto bene quando non è vero.”

Il lanciatore strinse le labbra, poi prese un respiro profondo. “Mi ami?” Domandò.

Era la prima volta che lo faceva.

Eijun era un tipo che dava una grande importanza alle parole, forse troppa ma non aveva mai preteso che Kazuya le usasse con la sua stessa facilità. Il vero Miyuki Kazuya era in quello che non diceva, in quello che non mostrava ma che rendeva reale con un piccolo gesto o un’azione plateale, come l’home-run che li aveva fatti vincere contro Yakushi.

“Perchè mi fai questa domanda?” Si sentiva offesa Kazuya e non si preoccupò di nasconderlo. “Non te lo dimostro, forse?” Eijun aveva già dimenticato quanta fatica aveva dovuto fare per avere un solo minuto di sincerità con lui all’inizio di tutto? Ed erano stati necessari dei maledetti autodolorifici con i loro effetti collaterali per rendere quel momento possibile, comunque.

Eijun scosse la testa. “Lascia stare...” Fece per alzarsi ma il lanciatore lo afferrò per un polso e lo costrinse a sedersi di nuovo. Gli occhi di Eijun erano grandi ed arrabbiati quando si fissarono sui suoi. “Che cosa ti prende?”

“Cosa prede a te?” Domandò Kazuya. “Non ti fai toccare. A stento mi parli. Sei pallido come un morto e non risci a dormire perchè passi tutta la notte a cercare di non sfiorarmi neanche per sbaglio. Ti lasci andare ed un minuto dopo mi respingi.”

“Lo dici come se non avessi il diritto di farlo,” replicò Eijun rancoroso.

“Non ci provare,” lo avvertì Kazuya geido. “Non provare a fare simili discorsi del cazzo con me, Eijun.”

Il lanciatore strinse le labbra, gli occhi lucidi e Kazuya comprese che si era già pentito di quello che aveva detto ma non fece nulla per chiedergli scusa. Il ricevitore prese un respiro profondo e fece appello a tutta la sua pazienza: se doveva essere la voce della ragione per l’ennesima volta, lo sarebbe stato ma aveva bisogno di una risposta.

Dischiuse le labbra ma non fece in tempo a dire niente.

“Ho rifiutato la convocazione ai mondiali,” confessò Eijun.

Per un attimo, Kazuya credette di aver capito male, poi pensò che fosse uno stupido modo per fargli prendere un colpo e permettere all’altro di vendicarsi di qualsiasi torto si sentisse vittima. Eijun, però, lo disse guardandolo dritto in faccia e quegli occhi dorati non erano mai stati capaci di mentire, non a Kazuya.

Il ricevitore dischiuse le labbra ma impiegò diversi secondi a parlare. “Che cosa stai dicendo?”

Eijun inspirò profondamente, le labbra tremanti. “Ho rifiutato la convocazione ai mondiali.”

Kazuya lo fissò e basta. Cos’altro avrebbe potuto fare? Cos’altro avrebbe potuto dire?

Eijun lesse nel suo silenzio la conferma delle sue peggiore, qualunque esse fossero, perchè la sua espressione si accartocciò come un foglio di carta. Kazuya ebbe il tempo di vedere le prime lacrime scendere sulle sue guance, prima che si alzasse.

Non lo fermò questa volta.

Kazuya continuò a fissare il vuoto cercando disperatamente una spiegazione razionale a quello che stava succedendo perchè, davvero, non ne trovava. “Eijun...” Provò a chiamare voltandosi. Era sparito in corridoio prendendo la via delle scale.

Kazuya si alzò. “Eijun...”

Lo trovò seduto sul terzo gradino della rampa che portava al piano di sopra, una mano premuta contro lo stomaco ed una sulla bocca. Gli fu accanto in un attimo. “Ehi!” Chiamò afferrandogli per le spalle. “Eijun, che ti prende?”

Eijun strinse gli occhi, non fu in grado di dire una sola parola. Si sporse in avanti e vomitò addosso ad entrambi.

 

 

 

Quando Kazuya riemerse dal bagno con i capelli ancora umidi e solo un paio di pantaloni addosso, trovò Eijun disteso al centro del loro letto con una sua felpa addosso. Doveva avere particolarmente freddo perchè si era tirato anche il cappuccio in testa. Se la situazione non fosse stata tragicamente tesa, avrebbe anche potuto fargli tenerezza.

Si distese sulle coperte in modo da poter guardare in faccia il lanciatore. Nonostante tutto, una parte di lui era anche divertita. “Quante volte potrò usare questo episodio per farti sentire in colpa?” Gli domandò. Eijun era colpevole di tante cose nei suoi confronti ma Kazuya non avrebbe speso nemmeno un istante a fingersi un santo. Tuttavia, vomitandogli addosso, Eijun lo aveva scavalcato di diverse posizioni.

Se Youichi lo fosse mai venuto a sapere!

Eijun, però, non sembrava avere una gran voglia di scherzare. “Non l’ho fatto a posta.”

“Lo so,” rispose Kazuya. “Ti senti meglio adesso?”

Eijun annuì, gli occhi fissi sul soffitto. “Ho quasi fame.”

“Vuoi che vada di sotto e ti prepari qualcosa?”

“No,” il lanciatore tirò fuori una mano dalle coperte e la fece cadere stancamente nella sua direzione. “Stai un po’ qui con me.”

Kazuya strinse le labbra per un istante. “Non me ne starò in silenzio, se resterò qui.”

“Lo sei rimasto di sotto,” gli ricordò Eijun.

”Ho rifiutato la convocazione ai mondiali”. Il ricevitore faceva ancora fatica a credere che fosse vero. “Penso di avere il diritto di sapere perchè, perlomeno.”

Eijun lo guardò sorpreso. “Non sei arrabbiato?”

“Cosa vuoi che faccia?” Kazuya non era arrabbiato, non sapeva nemmeno dire come si sentiva. “Non posso trascinarti sul campo di baseball, se non è quello che vuoi.”

Gli occhi di Eijun si fece di nuovo lucidi e Kazuya non se ne sarebbe preoccupato particolarmente, se non avesse avuto paura che un altro attacco di nervi potesse farlo sentire male di nuovo. “Pensi che non voglia?”

Kazuya dovette fare un grande sforzo per non soccombere alla rabbia a quel punto. “Eijun, giochiamo in una squadra professionale con tutto quello che questo comporta: notorietà, una situazione economica di tutto riguardo ed una vita insieme!”

“Lo so...” Mormorò Eijun con voce tremante.

“Lo sai, eppure devi chiedermi se ti amo?”

Quegli occhi dorati lo fissarono colpevoli. “Non è colpa tua...”

“Allora dimmi di chi è!” Esclamò Kazuya facendosi più vicino. “Se pensavi che mettermi davanti al tuo silenzio mi avrebbe aiutato a farmi capire come ti sentivi tu quando non parlavo di quello che mi passava per la testa, bene! Ci sei riuscito! Ho imparato la lenziole e so di essere stato un completo stronzo ma adesso ho il disperato bisogno che mi parli!”

Eijun lo guardò confuso. “Non era mia intenzione fare nulla di simile!”

Kazuya si mise a sedere e si passò una mano tra i capelli. “Eijun, io ho creduto che tu mi stessi lasciando.”

Gli occhi dorati del lanciatore si fecero enormi. Si sollevò a sedere ed il cappuccio della felpa gli cadde dalla testa. “Come hai potuto pensarla una cosa del genere?”

Kazuya gli rivolse un sorriso sarcastico. “Hai una bella faccia tosta...”

“Che cosa ho fatto per...?”

“Mi hai sentito prima in salotto?” Domandò il ricevitore appena irritato. “Mi respingi anche se ti tocco la mano. Che cosa doveva pensare?”

Eijun lo fissò mortificato. “Non ho mai voluto farti sentire così,” ammise con le lacrime agli occhi. “Non avrei mai voluto farti credere che...”

Kazuya si fece più vicino e gli prese il viso tra le mani. “Perchè non vuoi giocare con me ai mondiali, allora?”

Eijun singhiozzò. “Non è questo!” Esclamò. “Io lo voglio... Lo voglio tantissimo!” Forzò un sorriso e, per un attimo, sembrò il vecchio e speranzoso se stesso. “I mondiali si giocano qui a Tokyo quest’anno,” disse. “Seguirò ogni partita, verrò a vederti e potremmo continuare a stare insieme, se tu lo vorrai e...”

“Perchè non dovrei volerlo?” Lo interruppe Kazuya. “Eijun, quello che dici non ha alcun senso.”

“Non posso più giocare a baseball,” concluse Eijun singhiozzando. “Mi dispiace, Kazuya. Non possò farlo più...”

 

 

Kazuya aveva sempre avuto un certo problema d’orgoglio a chiedere aiuto a qualcuno quando si trattava di Eijun. Era qualcosa che risaliva ai giorni del liceo, quando Chris si era rivelato un ricevitore più capace di lui anche fuori dal campo da baseball. Razionalmente, però, sapeva che era meglio cercare delle soluzioni costruttive prima di perdere completamente il controllo della situazione e Haruichi gli era sembrato il candidato più indicato per un simile compito.

“Si è addormentato,” disse il più giovane dei fratelli Kominato entrando in salotto e sedendosi sul divano, accanto al padrone di casa. “Non mi ha detto niente,” aggiunse. “Non mi ha spiegato le ragioni per cui ha rinunciato ai mondiali, se ti fa piacere.”

Kazuya sollevò un sopracciglio. “Perchè dovrebbe farmi piacere?”

Haruichi accennò un sorriso gentile. “Perchè se lo avesse detto a me, sarebbe stato come ammettere indirettamente che non si fida di te.”

Il ricevitore ricambiò l’espressione: le intuizioni di Haruichi lo sorprendevano e spaventavano più di quelle di Youichi, alle volte.

“Sì, hai ragione?”

“E’ possibile che si sia fatto male in qualche modo?” Domandò Haruichi. “Che ti abbia nascosto un infortunio e che questo non gli permetta di giocare?”

“Ci ho pensato,” ammise Kazuya. “Lo seguo passo passo ogni volta che prende una palla in mano. Se si fosse fatto male, me ne sarei accorto.”

“Allora non è qualcosa che riguarda direttamente il baseball,” concluse Haruichi. “Qualcosa che potrebbe essere successo lontano dal tuo sguardo.”

“Siamo sempre insieme...” Replicò Kazuya cercando di riesaminare tutti gli eventi sospetti degli ultimi mesi. “Se fosse successo qualcosa, una qualunque cosa, me ne sarei accorto.”

“Forse è quel genere di cosa che accade senza che nessuno se ne accorga...”

Il ricevitore guardò il giovane dai capelli rosati con sguardo sospettoso. “Tu sai che cos’ha Eijun, vero?”

“E’ solo un’intuzione,” ammise Haruichi completamente serio. “Lui non mi ha dato alcun indizio ma, se ho ragione, lui sa già con certezza quello che gli sta succedendo ed è per questo che ha tanta paura.”

“Ed io che cosa posso fare?” Kazuya non gli chiese quello che Haruichi aveva intuito. Prima di tutto, perchè c’era alte probabilità che avesse ragione. Secondo, non era dalle sue labbra che voleva udire una risposta ma da quelle di Eijun, gli serviva solo fare un fuori campo per un corsa diretta alla casa base.

“Hai finito di ricamare su quella palla da baseball?” Domandò Haruichi con un sorrisetto divertito che al ricevitore tanto ricordò quello del fratello maggiore.

Kazuya lo fissò in totale silenzio per alcuni istanti. “Youichi?”

“No,” Haruichi ridacchiò. “Ryouji...”

“Che mi prendesse un...” Kazuya si era aspettato di tutto, meno di essere tradito da un piccolo Furuya di due anni.

“Non ho capito molto a dire il vero,” ammise Haruichi col tono di chi vuole concedere una grazia. “Ma è un regalo per Eijun, giusto?”

Kazuya annuì.

“Credo che possa essere la tua palla vincente, se la colpisci bene...”

“Mi stai dicendo che serve un fuori campo per uscire vincitori da questa partita?”

“Ti sto dicendo di fare quello che tu ed Eijun fate tutte le volte che scendete sul campo di baseball,” disse Haruichi. “Fidatevi l’uno dell’altro e giocate la partita.”

 

- Oggi -

 

Scendere alla stazione del piccolo paesino di Eijun, per Kazuya fu una benedizione ed una condanna allo stesso tempo. La prima perchè, finalmente, aveva smesso di nevicare ed un sole abbagliante era comparso nel cielo terso regalando a tutta quella neve un aspetto più amichevole e permettendo a loro di vedere la fine di quel viaggio troppo lungo, considerando la meta effettiva.

La seconda era una questione che riguardava solo Kazuya, ragione principale per cui avevano lasciato Tokyo e motivo del divertimento che Eijun non provava nemmeno a nascondere per cortesia.

“Sorpresa!”

Il procione comparve davanti ai suoi occhi dal nulla e Kazuya saltò come se fosse appena scoppiata una bomba. Eijun trasalì a sua volta per la forte reazione, poi scoppiò a ridere stringendo al petto il motivo di tanto baccano.

“Che cosa c’è di cosi divertente?” Domandò il ricevitore, una mano impegnata a sorreggere la valigia e l’altra in tasca. Eijun lo guardava e sorrideva con solarità. “Tu!” Ammise senza vergogna. “Questo viaggio ti ha innervosito al punto che non riesci a provare alcuno stimolo nemmeno se ti sto addosso completamente nudo.”

Quelli erano i momenti in cui a Kazuya mancava avere Youichi come braccio destro, sempre pronti a distribuire calci ai più bisognosi. Poi si ricordò che Eijun di calci non ne avrebbe potuti ricevere per un po’ e si sentì ancor più frustrato di prima. “Te l’ho spiegato ieri notte quale era il problema.” Sebbene fosse stata solo una mezza verità. “Che cos’è quello?”

Eijun abbassò gli occhi sul peluche tra le sue braccia e sorrise. “Ti piace? C’è un piccolo negozio di gioccattoli vicino al bagno della stazione e quando l’ho visto in vetrina non ho resistito.”

“Non fatico a crederci...” Kazuya fissò quella cosa come se fosse qualcosa di minaccioso ed Eijun fosse troppo stupido per capirlo.

“Oh, ma guarda un po’!” Esclamò il lanciatore sollevando il peluche in modo d’affiancarlo al viso del compagno. “La somiglianza è sorprendente!”

Kazuya allontanò il pupazzo da sè con una smorfia irritata. “Non potevi comprare un orsacchiotto o un coniglietto?” No, ovvio che no. Sarebbe stato tanto comune da essere banale ed era quanto di più lontano ci fosse dalla natura del suo lanciatore.

Gli occhi dorati di Eijun si tinsero di una sfumatura dolce, intima, mentre tornava a guardare il procione di peluche con un sorriso. “Voglio che il nostro primo regalo per la bambina abbia un significato.”

Kazuya sentì tutta l’irritazione scivolargli via di dosso in un attimo. “È la prima volta che ne parli con tanta naturalezza.”

Eijun lo guardò con la stessa espressione di un bambino smarrito, poi le gote si colorarono un poco e quel sorriso dolce tornò al suo posto. “Non mi sembra ancora vero...” Confessò accarezzando il procione di peluche come se fosse qualcosa di vivo.

Kazuya strinse le dita intorno all’immagine in bianco e nero che nascondeva dentro la tasca del cappotto.

“Andiamo, prima che cominci a nevicare di nuovo.”

 

- 3 giorni prima -

 

Kazuya aveva impiegato due giorni per completare la sua sorpresa per Eijun.

Alla fine, di tutti i dettagli perfetti che aveva pianificato, non riuscì a realizzarne neanche uno ma a stento ci spese qualche pensiero. A quel punto della storia, tutto quel che contava era come sarebbe finita perchè, Kazuya ne era certo, quelle settimane non se le sarebbe dimenticate facilmente e neppure Eijun.

Si svegliò all’alba ed indossò la sua tuta da corsa invernale cercando di fare il meno rumore possibile. Eijun dormiva sereno al centro del letto. Almeno, sembrava essersi rilassato un poco dopo avergli confessato che non avrebbero potuto giocare insieme ai mondiali di quell’anno.

Kazuya non aveva ancora mandato giù del tutto quella notizia e decise di non starci a ragionare troppo. Guardò un’ultima volta la palla da baseball nella sua mano e passò gli occhi sulla scritta ricamata con del filo rosso assicurandosi per un’ultima volta che fosse leggibile. Appoggiò un ginocchio sul materasso e lasciò il suo regalo accanto al viso di Eijun, poi si chinò e gli posò un lungo bacio tra i capelli castani. Chiuse gli occhi, inspirò a pieni polmoni il suo odore e si augurò con tutto il cuore che avrebbe potuto ancora per molto, moltissimo tempo.

Uscito in strada, vide Satoru che lo aspettava in fondo al vialetto di casa sua. Sembrava sorpreso.

“Felice di vedermi, Satoru?” Domandò Kazuya.

“Confuso...” Ammise il lanciatore.

Kazuya ridacchiò, poi prese un respiro profondo e l’aria gelida dell’inverno ebbe il potere di cancellare dalla sua testa ogni pensiero negativo. “Ho bisogno di sfogarmi un po’,” ammise. “Così ho pensato di correre...”

Sperò di trovare Eijun sveglio al suo ritorno.

 
 

- Oggi -

  

Eijun non sapeva come si era immaginato la scena.

Aveva passato gli ultimi giorni a cercare di dipingerla nella sua testa in ogni singolo dettaglio ma, ora che il momento era arrivato, non riusciva a rammentarne neanche uno. Kazuya aveva indossato di nuovo il completo elegante del giorno prima, sebbene sia la giacca e la camicia fossero, ormai, un poco sgualcite per via del viaggio più lungo del previsto.

Sua madre li aveva accolti con un caldo sorriso che aveva subito fatto sentire Eijun a casa e suo padre si era preoccupato di liberare Kazuya dal peso della valigia. Il nonno era intervenuto chiedendo se fosse affamati e come avessero dormito nella città di Nagano la notte precedente.

Eijun aveva cercato di rispondere a tutti con cortesia, mentre Kazuya se ne era rimasto in silenzio con un sorriso cortese ma tirato sul volto. Solo dopo che entrambi si furono tolti il cappotto e liberati delle scarpe umide di neve, Kazuya aveva drizzato le spalle ed aveva preso la parola. “Se mi è concesso, vorrei parlare a tutti e tre di una questione importante con una certa premura.”

E, alla fine, erano lì. Il motivo per cui erano partiti in fretta e furia da Tokyo nel bel mezzo di una bufare di neve era tutto racchiuso nel piccolo evento che stava per verificarsi.

Eijun era stato divertito da tutta quella storia, fino a che non aveva messo piede dentro la casa in cui era cresciuto e si era davvero reso conto dell’importanza di quello che lui e Kazuya stavano per fare. La sua famiglia era di fronte a loro ed il suo ricevitore accanto a lui. Eijun non aveva occhi che per lui e non poteva fare a meno di pensare che fosse bellissimo.

“Signori Sawamura,” cominciò Kazuya con voce chiara, forse un po’ rigida ma ferma.

Eijun sentì una morsa stringergli il petto per l’emozione istante dopo istante.

“Per il rispetto che provo per voi e per Eijun,” Kazuya chinò la testa per dare prova delle sue parole. “C’è un cosa che mi sento in dovere di chiedervi.”

Kazuya chinò la testa per dare prova delle sue parole. Eijun fece lo stesso per nascondere le lacrime che gli rigavano il volto, una mano premuta la bocca per soffocare i singhiozzi.

“Mi concedereste la mano di vostro figlio?”

 

- 3 giorni prima -

 

Al suo ritorno, Kazuya si ritrovò in una casa vuota.

Comprese che Eijun non era in casa nel momento stesso in cui aprì la porta d’ingresso: troppo silenzio. Appoggiò le chiavi sul mobile dell’ingresso e lasciò le scarpe umide di neve nell’entrata. Lanciò un’occhiata veloce al salotto e alla cucina ma non si sorprese di trovarle vuote.

Un fantasma della sua infanzia strisciò fuori dai recessi della sua memoria inducendolo a ricordare, pur non volendo, la prima volta che aveva udito un silenzio tanto inverosimile. Non ricordava quanti anni aveva ma era accaduto poco dopo che i suoi genitori lo avevano portato a comprare il suo primo paio di occhiali. Ricordava quel dettaglio con particolare lucidità perchè, quando si era alzato dal suo lettino dopo un sonno troppo lungo per essere un giorno di scuola, non aveva allungato una mano verso il comodino per cercare gli occhiali: non era ancora divenuta un’abitudine.

Questo, però, non gli aveva impedito di vedere suo padre chino sul tavolo della cucina, con la testa tra le mani e le lacrime disperate che gli rigavano le guance.

C’era qualcosa di più terribile per un bambino che vedere un adulto piangere in quel modo?

Quel giorno, Kazuya aveva imparato che non esisteva un’età in cui si potesse smettere di avere paura e di soffrire, così, più o meno incosciamente, aveva finito per convincersi che fosse conveniente sentire il meno possibile. Con le persone, perlomeno.

Il baseball era stata l’unica fonte di emozioni che avesse concesso a se stesso, fino a che non era stato proprio il diamante a sbattergli in faccia quanto la paura dell’abbandono e del rifiuto fosse parte integrante di sè e quanto quelle emozioni che rifuggeva con tanto disinteresse fossero qualcosa di cui non poteva fare a meno per sempre.

Kazuya rimase solo in quella casa per pochi istanti ma furono sufficienti perchè tutto ciò che lo aveva reso quello era quando Youichi e, dopo di lui, Eijun lo avevano conosciuto lo investisse ad una velocità tale da spezzargli il respiro.

Pochi istanti, poi la porta alle sue spalle si aprì e Kazuya dovette ingoiare aria per forza.

Non aveva idea dell’espressione che indossava il suo volto ma doveva essere particolarmente terribile perchè Eijun lo guardò a metà tra la confusione e la paura. “Kazuya,” chiamò preoccupato, come se non fosse certo che fosse lui.

Kazuya, da parte sua, lo guardava come se fosse un fantasma. “Sei tornato...” Disse e cercò di dissimulare l’incredulità che gli faceva battere il cuore.

Eijun inarcò le sopracciglia. “Certo,” disse come se fosse una cosa scontata, come se Kazuya non avesse passato gli ultimi istanti a credere che lo avesse lasciato, che fosse scivolato fuori dalla sua vita senza far rumore, esattamente come aveva fatto sua madre. “Volevo aspettare che tornassi a casa ma si stava facendo tardi ed avevo un appuntamento in ospedale.”

“In ospedale?” Domandò Kazuya. Ascoltava ogni parola che usciva dalla bocca dell’altro con particolare attenzione ma il cuore che riecheggiava impazzito nelle sue orecchie gli impediva di comprenderle del tutto.

“Avevo un appuntamento con Wakana,” spiegò Eijun lasciando le scarpe nell’ingresso ed avvicinandosi.

“È ancora una studentessa,” disse Kazuya confuso.

Eijun scrollò le spalle. “È già abbastanza brava per prendersi cura di me.”

Kazuya strinse i pugni. “Si tratta del motivo per cui non puoi partecipare ai mondiali?”

Il lanciatore si fece serio di colpo. “Sì...” Mormorò. “Avrei voluto che mi accompagnassi ma non tornavi mai e si stava facendo tardi.” Si stava ripetendo.

“Avresti potuto chiedermelo ieri,” replicò Kazuya. “O il giorno prima o quando hai preso appuntamento.” C’era una nota di accusa nella sua voce.

Eijun si umettò le labbra nervosamente. “Non credevo che saresti voluto venire con me, prima di oggi.”

Fu il turno di Kazuya di farsi più vicino. “Perchè lo pensi?” Domandò. “C’è stato un tempo in cui mi rimproveravi perchè ti tenevo all’oscuro dei miei pensieri ed ora tu stai facendo lo stesso.”

Quegli occhi dorati lo guardarono un poco rancorosi. “Qualche volta ho il diritto di avere paura anche io,” replicò il lanciatore. “Posso essere un ingenuo ottimista ma, a differenza di quello che credi, non sono uno stupido.”

“Non l’ho mai creduto davvero e lo sai,” Kazuya avrebbe voluto toccarlo e gli sarebbe bastato sollevare una mano per farlo ma erano fredde le sue dita e sapeva che sarebbe stata calda la pelle di Eijun sotto i suoi polpastrelli. “Non so che cosa ti faccia paura ma io ho bisogno di una risposta.”

Era egoista, Kazuya e lo era sempre stato ma Eijun non era l’unico ad essere spaventato in quel momento.

“Ho bisogno della tua risposta, Eijun.”

Il lanciatore infilò la mano nella tasca della giacca e ne tirò fuori la palla da baseball che Kazuya aveva lasciato accanto a lui, sul loro letto. “L’ho portata con me in ospedale,” disse Eijun con un sorriso tremolante. “L’ho stretta forte per tutto il tempo perchè era la prima ecografia ed avevo una gran paura e volevo davvero che tu fossi lì con con me!” I grandi occhi dorati cominciarono a farsi lucidi.

Non era la prima volta che Eijun lo faceva sentire smarrito ma, senz’altro, era la prima volta che lo getteva in una simile confusione. “Per quale motivo dovevi fare un’ecografia?”

Eijun sgranò gli occhi e trattenne il fiato, come se si fosse fatto sfuggire una parola di troppo. Dischiuse le labbra ma al primo tentativo emise solo un singhiozzo strozzato, mentre le lacrime cominciavano a rigargli le guance. “Aspetto una bambina,” confessò con un sorriso tremulo.

Ci fu un istante di assoluto silenzio in cui il ricevitore ebbe difficoltà a respirare.

Gli angoli della bocca di Eijun si sollevarono in un sorriso tremulo. “Nostra figlia, Kazuya...”

Miyuki Kazuya non aveva mai particolarmente creduto nel potere delle emozioni ma, per la prima volta nella sua vita, credette di sentirsi mancare. “No-Nostra figlia?”

Eijun non ebbe la stessa paura che aveva lui di toccarlo. Non l’aveva mai avuta. Gli afferrò la mano come se volesse aggrapparcisi ma Kazuya era il primo a non sentirsi fermo nella sua posizione. “È per questo che non posso giocare ai mondiali con te...” Seguirono altri singhiozzi. Le parole che Eijun si era tenuto dentro per giorni sgorgarono dalle sue labbra con la stessa facilità delle sue lacrime pregne di emozioni contrastanti. “Ma non sapevo come dirtelo, Kazuya,” tirò su col naso. “Il baseball è ciò che ci ha fatto incontrare ed il baseball è ciò che ci ha tenuto insieme. Io sono sempre stato il tuo diamante da far brillare ma ora non posso più esserlo e non posso proprio ora che... Proprio ora che...”

Kazuya non riusciva più a parlare ed Eijun si lasciò andare ai singhiozzi per qualche istante, prima di riuscire a farlo di nuovo. Gli occhi dorati erano pieni di lacrime ma non per questo meno brillanti di come Kazuya era abituato a vederli. “Avevo paura che se non potevo essere il tuo lanciatore non mi avresti voluto più.” Eijun sollevò la mano in cui ancora stringeva la palla da baseball che il ricevitore gli aveva lasciato accanto mentre era ancora addormentato. Kazuya vi aveva ricamato sopra una scritta: la dichiarazione che non sarebbe mai riuscito a fare a voce perchè, nonostante anni ed anni con Eijun, con le emozioni proprio non sapeva come fare.

Vuoi essere mio?” Lesse Eijun ad alta voce. “Io sono già tuo.

E Kazuya si convinse che sarebbe morto se non avesse ricevuto la risposta di cui aveva bisogno.

“Sì...” Eijun gli rivolse uno di quei suoi sorrisi luminosi, caldi, veri e le lacrime che gli bagnavano le guance non lo resero meno meraviglioso. “Mille volte sì!”

Kazuya non provò a parlare: qualsiasi tentativo sarebbe stato completamente inutile. Strinse Eijun a sè e lui ricambiò l’abbraccio con disperazione, come una naufrago che trova un appiglio sicuro nella tempesta ad un passo dall’annegare.

“Stupido...” Mormorò Kazuya quando recuperò la capacità di parola. “Stupido, stupido, stupido...”

Eijun pianse contro la sua spalla ma quel sorriso felice era ancora al suo posto e ci sarebbe rimasto per tanto, tantissimo tempo.

 

 

“Quando nascerà?”

Eijun sollevò la testa dal suo petto. Quegli occhi dorati erano ancora luminosi, nonostante fossero visibilmente stanchi. “Questa estate,” rispose. “Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, più o meno.”

Kazuya non era certo di aver registrato completamente quello di cui stavano parlando ma avere Eijun tra le sue braccia dopo aver consumato un’ora d’amore nel loro letto era abbastanza per spingerglo ad accettare di buon grado qualsiasi cosa. Quella risposta, tuttavia, lo confuse. “Da quanto tempo lo sai?” Domandò.

“Con certezza da una settimana, più o meno,” ammise Eijun. “Ma ho cominciato ad avere i primi presentimenti quando è arrivata la convocazione per i mondiali. Ero vicino a Haruichi quando è successo a lui ed anche con Mei...”

“Di quante settimane...?”

“Wakana dice sei o sette.”

Kazuya lo guardò più confuso di prima. “E all’ecografia ti hanno già detto che è una bambina?” Non era un esperto ma dopo che tutti i loro amici erano divenuti genitori qualcosa lo aveva imparato pur non volendo. Eijun si stiracchiò, poi gli rivolse uno di quei suoi sorrisi sicuri che sfoderava quando era convinto di qualcosa e non c’era assolutamente nessuna forza al mondo che lo avrebbe spinto a cambiare idea. “Non ho bisogno di un’ecografia,” replicò. “Lo so e basta!”

Forse Kazuya avrebbe dovuto trattenersi ma davvero non riuscì ad evitare di guardarlo come se avesse detto qualcosa d’inverosimilmente stupido. Eijun se ne accorse e s’imbronciò immediatamente. “È una bambina!” Esclamò.

“Non ho detto niente.”

“Però lo hai pensato!”

“Hai sviluppato poteri psichici ora?” Domandò Kazuya divertito ma tornò immediatamente serio come Eijun gli prese la mano e se la portò in grembo coprendola con le sue. La felicità gli aveva annebbiato la ragione per un poco ma Kazuya non poté evitare la riflessione di un istante di più dopo quel gesto. “È piccolina, lo sai?” Eijun guardava le loro dita intrecciate con un sorriso innamorato ad addolcigli il volto. “Un fagiolino!”

Kazuya portò lo sguardo sulle loro mani. “Davvero avevi paura che ti avrei abbandonato per questo?”

Eijun lo guardò, l’allegria di poco prima svanita nel nulla. “Non ne abbiamo mai parlato,” cercò di giustificarsi.

“Sono stato imprudente quanto te, dopo la vittoria alle nazionali.”

“È questo che è stato?” Domandò Eijun. “Imprudenza?”

“Se fossi stato prudente, non sarei chi sono ora,” ammise Kazuya. “Se fossi stato prudente, non avrei mai scelto di essere un ricevitore solo perchè da bambino quel guantone mi piacere più degli altri.”

Eijun sorrise.

“Se fossi stato prudente, non mi sarei mai inimicato tutti i compagni di squadra che ho avuto prima del liceo e non sarei mai andato al Seido con la folle idea di superare Chris Yuu Takigawa.”

“Non ti preoccupare, Chris-senpai è insuperabile,” lo rassicurò Eijun sarcastico e si guadagnò un pizzicotto sul fianco per questo. “Ehi!”

Kazuya ridacchiò e si spostò sopra di lui, posò un bacio su quel broncio infantile e fece aderire le loro fronti. “Se fossi stato prudente, non avrei accettato il ruolo di capitano e non avrei nascosto quell’infortunio per condurvi fino alla vittoria, come era mio dovere.”

Gli occhi di Eijun si fecero di nuovo dolci. “Se fossi stato prudente, non avrei permesso ai compagni al mio fianco di conoscermi meglio di come conosco me stesso,” si guardarono negli occhi per un lungo istante di silenzio. “Se fossi stato prudente, tu non saresti stato mio.”

Eijun sollevò il viso e fece sue le labbra del ricevitore. Kazuya sorrise contro la sua bocca: non aveva mai saputo cosa fosse la pazienza, il suo diamante.

“Tu sei la mia imprudenza più grande, Eijun.”

Era come se gli avesse detto ti amo.

 

- Oggi -

 

Fuori dalla finestra, la neve continuava a cadere senza far rumore.

La luce soffusa di un’abatjour da bambini era l’unica cosa ad illuminare la stanza. Il letto era troppo piccolo per due persone ma ai due amanti non sembrava importare. Il caldo suono dei loro sospiri era l’unica cosa ad interrompere il silenzio di quella notte d’inverno unito allo schioccare di quelle labbra ouccupate a rubare baci umidi, lenti.

Kazuya chiuse gli occhi, affondò il viso tra i capelli castani del suo compagno e si concesse qualche istante per perdersi in tutto ciò che era Eijun. “Tutto bene?” Mormorò direttamente contro il suo orecchio. Eijun gli baciò l’incavo tra il collo e la spalla e Kazuya potè percepire contro la sua pelle il sorriso che comparve su quelle labbra. “Sei stato dolce, lo sai?”

Kazuya sollevò la testa ed appoggiò la fronte su quella del suo lanciatore per poter guardare quegli occhi dorati brillare della luce alimentata dalla passione appena consumata. “Vuoi dire che di solito non sono un amante gentile?”

“No, non volevo dire questo,” rispose Eijun con un sorriso furbetto prendendo a giocare con i capelli dietro la sua nuca. “É solo che sono due volte che fai l’amore con me come se fosse la prima volta.”

“Mi sento goffo come la prima volta,” ammise Kazuya, eppure sorrideva.

“La paura è passata, però,” disse Eijun posandogli un bacio veloce sulle labbra.

“Non proprio...” Kazuya abbassò lo sguardo sul corpo del suo amante. Si mosse verso il basso ed Eijun restò a guardarlo confuso ma lo lasciò fare. Kazuya posò la testa sul grembo del compagno. “Mi sento ancora come quel ragazzino di sedici anni che aveva una gran voglia di toccarti ma che aveva paura di rovinarti se lo avesse fatto.”

Eijun sentì le guance divenire calde, come se quel momento fosse più intimo dell’amore che avevano appena consumato. Passò le dita tra i capelli di Kazuya accarezzandoli lentamente. “Mi hai fatto brillare, no?”

Kazuya sollevò la testa ed Eijun gli sorrise. “Una volta, qualcuno mi ha detto che ero come un diamante grezzo nelle tue mani e tu mi hai fatto brillare,” disse il ricevitore. “Come potresti mai rovinarmi?”

Kazuya si spostò di lato, appoggiò la testa al palmo della mancina per tenerla sollevate e passò le dita della destra sotto l’ombellico di Eijun. “Sarà la bambina a farti brillare adesso, non io.”

Eijun ridacchiò. “Sei geloso, Miyuki Kazuya?”

“Un po’...” Ammise il ricevitore con un broncio infantile.

“È tua quanto mia,” gli ricordò il lanciatore.

Kazuya sollevò lo sguardo e gli sorrise. “Ho tenuto l’ecografia nella tasca interna della giacca per tutto il tempo, mentre chiedevo la benedizione dei tuoi genitori e di tuo nonno.”

Eijun parve sorpreso. “Davvero?”

“Pensavo sarebbe stato un buon piano B nel caso le cose si fossero messe male,” disse Kazuya con un sorriso sarcastico.

Eijun si concesse una risata ed il ricevitore rise con lui. “Ha sempre funzionato fin dall’alba dei tempi,” aggiunse quest’ultimo. “Con i matrimoni riparatori ci si potrebbe scrivere la storia del mondo.”

“Il nostro giorno sarà in primavera, la bambina nascerà durante l’estate.”

Kazuya fece una smorfia divertita. “Faremo vendere tanti giornali scandalistici da sanare la crisi economica mondiale e questo senza considerare tutte le copie che comprerà il nonno... Ah, no, non si chiamano più scandali! Li definiscono gossip di questi tempi!”

“Ti conviene vincerli questi mondiali,” disse Eijun con aria spavalda, “o io e la bambina ti ruberemo completamente la scena!”

“È inutile ripeterti che sette setimane sono poche per essere così convinti che sia una bambina, vero?” Domandò Kazuya.

Eijun lo fissò con un broncio offeso. “Io so!”

“Va bene, tu sai.” Quello che Kazuya sapeva era che cercare di essere razionali con Eijun era come tentare di far girare il mondo al contrario. “Però, non rimanerci male se dovesse essere un maschio.”

“È una femmina!” Esclamò Eijun convinto. “Una lanciatrice!”

“E pensare che hai appena detto che è mia quanto tua.”

“Avrà il tuo cognome!”

“Che soddisfazione...”

“Davvero preferiresti crescere una ricevitrice e concedere a Mei la soddisfazione di una vita?”

Kazuya non rispose subito ed Eijun gli rivolse un sorriso molto eloquente.

Il ricevitore rise. “Se la metti in questi termini...” Gli concesse, poi tornò ad accarezzare la pelle calda e liscia sotto l’ombellico del compagno. “Un passo alla volta, a me basta che stia bene.”

Eijun si tese sotto le sue carezze e Kazuya sollevò lo sguardo per assicurarsi che fosse tutto a posto. Sorrise. Sì, andava tutto bene anche se gli occhi di Eijun si erano fatti più grandi e lucidi.

“Stupido...” Mormorò Kazuya spostandosi sopra di lui.

“Stupido sarai tu!” Esclamò Eijun voltando il viso di lato per nascondere l’evidenza.

Kazuya gli baciò una guancia già umida di lacrime, poi affondò di nuovo il naso tra i suoi capelli e lasciò che il suo odore lo stordisse dolcemente. “Solo tu potevi essere tanto idiota d’aver paura che non volessi tutto questo.”

Eijun tirò su col naso. Non riuscì a rispondergli a tono come avrebbe voluto, così lo strinse a sè con tutta la forza che aveva come se volesse sfidarlo a scappare via da lui dopo tutto quello che era successo in quei giorni... Tutto quello che sarebbe accaduto con l’arrivo dell’estate.

Kazuya, però, non aveva intenzione di andare da nessuna parte. Aveva poco più di vent’anni e si era apppena affacciato su di un futuro che spaventava e, al contempo, faceva grandi promesse.

Tuttavia, stretto in quell’abbraccio, aveva tutto ciò che gli serviva per essere felice.

 

***

 

Il giorno dopo, alle otto e trenta del mattino, il diplay del cellulare del più giovane dei fratelli Kominato s’illuminò per un istante. Haruichi si concesse un sorso del suo caffè appena fatto, poi premette l’indice sull’icona della notifica e lesse il messaggio. Gli sfuggì un sorriso spontaneo.

“Novità?” Domandò Youichi accanto a lui con tono speranzoso.

Potevano sentire le vocine dei bambini nella stanza accanto. Ryou e Satoru erano con loro concedendo ai compagni il tempo di consumare la colazione in santa pace.

“Sei preoccupato?” Domandò Haruichi.

Youichi s’imrbonciò. “No...” Non era affatto convincente.

Haruichi si limito a sorridere. “Vuoi bene sia a Kazuya che ad Eijun, non c’è niente di strano a preoccuparsi per loro.”

Le guance dell’intercampo si tinsero di rosso. “Non cominciare a dire stronzate anche tu, ti prego...” Quasi gemette. “Già ci pensa tuo fratello a darmi del sentimentale.”

“E ti ama per questo.”

“Questo è un colpo basso.”

Haruichi rise con leggerezza, poi gli passò il cellulare. “E’ Eijun. Dice che è andato tutto bene e che saranno a casa nel pomeriggio. Ci racconteranno tutto di persona.”

“Dobbiamo dedurre che Kazuya sia vivo, quindi.”

“Puoi rilassarti.”

“Non sono mai stato teso!”

“Meglio così,” Haruichi prese un altro sorso del suo caffè sorridendo sotto i baffi. “Kazuya avrà bisogno di tutto il tuo sosteno e, rimanga tra noi, dubito che Satoru sia all’altezza.”

Youichi sbuffò. “Quello è capace di presentarsi ai mondiali con la faccia rilassata ed il sorriso sicuro di chi sta andando a prendere il sole in spiaggia.”

“Non mi riferivo ai mondiali.”

L’intercampo tornò serio di colpo e guardò il fratello minore del proprio compagno con fare sospettoso. “Tu sai qualcosa,” concluse.

“Forse...

“E non hai alcuna intenzione di dirmela, vero?”

Haruichi scrollò le spalle con un sorriso, poi prese un altro sorso del suo caffè e rimase in silenzio.

 

 

***

 

 

Once I was twenty years old,

my story got old

I was writing about everything

I saw before me

Once I was twenty years old.

 

 

Kazuya riaprì gli occhi come sentì l’auricolare destro scivolare via dal suo orecchio e due labbra calde graziargli il collo. Suo malgrado, sorrise e si voltò verso il suo compagno di viaggio con espressione stanca. “Che cosa c’è?”

Eijun fece intrecciare le loro dita sul bracciolo del sedile. “Stavo pensando ad alcuni nomi per la bambina,” disse.

Kazuya alzò gli occhi al cielo ma questo non gli impedì di continuare a sorridere. “Eijun, non siamo ancora certi che sarà una femmina.”

“Io so!”

“Tu sai...”

“Smettila di prendermi in giro,” Eijun gli diede una gomitata per esprimere il suo disappunto e Kazuya decise di riporre l’mp3 per non indispettirlo troppo.

“Sentiamo,” disse. “A che cosa avresti pensato?”

Il ricevitore sfoderò un’espressione concentratissime. “Riflettevo, mio nonno si chiama Eitoku ed io mi chiamo Eijun.”

Di colpo, Kazuya non era poi così sicuro di voler sentire il resto del discorso.

“Quindi, ho pensato che sarebbe carino portare avanti la tradizione e chiamarla Eiko o Eijiko o qualcosa lungo questa linea!”

Kazuya non sapeva che faccia stesse facendo ma non doveva esprimere adeguatamente il suo pensiero in merito a quella decisione perchè Eijun non si sentì scoraggianto in alcun modo ad andare avanti.

“Poi, però, ho pensato anche a te!”

“Che onore...”

“E ho pensato che sarebbe carino chiamarla Kazuka, in alternativa! Così, potrebbero chiamarla Ei-chan come me o Kazu-chan come, sicuramente, chiamavano te da bambino!”

“Nessuno mi ha mai chiamato Kazu-chan.” E Kazuya era grato che fosse così.

“Altrimenti, potremmo chiamarla Chris o Yuu, in onore del nostro senpai! Chris va bene anche per le femmine, l’ho letto su internet!”

Kazuya decise che era meglio pensare ad un modo per porre fine a quella tortura, prima che degenerasse ed Eijun non accennava a voler tacere a breve. “Però, forse...” Riprovò. “Dovremmo anche pensare a qualcosa che ricordi il boss, insomma lui è... Il boss!”

“Se scegliessimo qualcosa di unico?” Propose Kazuya. “Qualcosa che abbia significa per me e te. Dopotutto, la bambina è mia e tua.”

Eijun scrollò le spalle. “È che ho sempre trovato carino che i nomi di Ryouji e Haru siano ispirati a quelli dei rispettivi zii!”

“Posso capire i fratelli Kominato,” ammise Kazuya. “Noi, però, siamo entrambi figli unici e non m’ispira particolarmente l’idea di chiamare la bambina con la parodia al femminile dei nostri nomi.”

Eijun si rilassò contro lo schienale del suo sedile. “Chissà come Mei chiamerà la sua? Sarebbe opportuno saperlo o potremmo finire col chiamarle con lo stesso nome!”

“Non credo che ci siano pericoli,” disse Kazuya con un sorriso sarcastico. “Conoscendo Mei, celebrerà se stesso e la chiamerà con il suo nome.”

Eijun lo guardò contrariato. “Visto?”

“Mei non è un esempio da seguire,” replicò Kazuya.

“Va bene,” Eijun si portò la mano del ricevitore in grembo con una naturalezza che fino al giorno prima non sarebbe stata possibile. Kazuya s’irrigidì per un istante ma non la ritrasse. “A te che nome piacerebbe?” Domandò il lanciatore curioso.

Kazuya non ne aveva in mente neanche uno, non ci aveva mai pensato e cominciare a farlo adesso non gli era venuto poi così naturale come avrebbe voluto. Strinse appena le dita sulla maglietta del compagno. Eijun se ne accorse e lo guardò preoccupato. “Tutto bene?”

“Non badare a me,” rispose il ricevitore voltando il viso verso il finestrino e cercando di sottrarre la sua mano alle dita calde del compagno. Eijun, però, rinnovò la stretta e Kazuya fu costretto a guardarlo negli occhi ancora una volta.

“Non possiamo continuare a fare così,” disse il lanciatore. “Mi hai chiesto di passare la mia vita al tuo fianco ed ho accettato ma se vogliamo che funzioni non possiamo più nascondere quello che ci passa per la testa come abbiamo fatto negli ultimi giorni. Parlami, Kazuya.”

Kazuya si umettò le labbra e, per un momento, pensò di coprire il silenzio con una bugia credibile, qualcosa che non pesasse su Eijun come la verità che gli rendeva il cuore pesante. Però, non sarebbe stato giusto e, a lungo andare, anche i bugiardi si stancano di essere codardi.

“Sono terrorizzato,” confessò e sorrise per coprire un poco la profondità di quel timore. “So che darò tutto, come mio padre ha fatto con me ma non lo so se sarà abbastanza.”

Eijun accettò la sua sincerità con un sorriso un po’ triste e lo rassicurò nel modo più semplice e più profondo che potesse trovare. “Ci sono io,” disse. “Stiamo giocando questa partita insieme, come sempre.”

Kazuya non seppe come replicare a quelle parole ma non tentò di allontanare di nuovo la sua mano dal grembo di Eijun.

“Allora, me lo vuoi dire un nome che ti piacerebbe dare alla bambina?”

No, Kazuya non ci aveva mai pensato ma, di colpo, gli venne un’idea e gli bastarono pochi istanti per farsela piacere. “Un nome ci sarebbe...” Si sporse verso il compagno e glielò sussurrò all’orecchio. Il loro dolce segreto.

Eijun si allontanò un poco e lo fissò con gli occhi sgranati. Fu come se Kazuya gli avesse suggerito una soluzione che era sempre stata lì, davanti a lui. Sorrise ed il ricevitore ricambiò l’espressione. “Ti piace?” Domandò.

“Sì,” rispose Eijun felice. “Sì, mi piace!”

 

 

Soon we will be thirty years old,

our song have been sold

We’ve traveled around the world and we’re stil roaming

Soon will be thirty years old.

...

I’m still learning about life

...

 

 

 

 

 

 

- 4 anni dopo -

 

 

Se non fosse stato per i lunghi capelli castani, sarebbe sembrata un maschietto.

Questo, però, non toglieva che fosse la cosa più bella che Miyuki Kazuya avesse mai visto in vita sua.

Era adorabile con quelle minuscole All-Stars di un blu acceso ai piedi e la riproduzione in miniatura della maglia dei Tokyo Giants addosso. Era la taglia più piccola da bambino ma le stava troppo lunga comunque. Il berretto sulla testolina di capelli castani, troppo grande anche quello, aveva la visiera girata di lato ed i grandi occhi dorati osservavano affascinati i treni correre oltre la parete di vetro dalla sala d’aspetto. La bambina stringeva al petto un procione di peluche con entrambe le braccia, come se fosse il tesoro più prezioso al mondo.

Kazuya la guardava incantato chiedendosi per l’ennesima volta da quando era al mondo come era possibile che fosse sua.

“Ho preso i biglietti!” Disse Eijun con allegria sedendosi accanto a lui. “Che cosa sta facendo?” Domandò con un sorriso curioso.

Kazuya non allontanò lo sguardo dalla bambina. “Le piace guardare i treni che corrono,” rispose.

“Immagina quanto sarà emozionata quando la porteremo all’areoporto!” Esclamò il lanciatore. “Non ha ancora quattro anni e già volerà negli Stati Uniti per i suoi primi mondiali di baseball!”

Il ricevitore guardò il compagno con una smorfia divertita. “Tecnicamente sono i secondi.”

Eijun gli lanciò un’occhiata storta. “Quando vinceremo, non provare a sventolarla per tutto il campo da baseball come tuo solito!” Esclamò minaccioso. “Quest’anno tocca a me!”

Kazuya sospirò. “Se non ce la ritroviamo direttamente al centro del campo che pretende di giocare... Mi chiedo da chi abbia preso!” Guardò il lanciatore con espressione divertita ed Eijun ricambiò lo sguardo con un broncio da bambino offeso.

”Il treno per Nagano è in partenza sul binario...”

“Oh, eccolo!” Eijun si alzò e così fece Kazuya. “Daiya!” Chiamarono in coro

La loro bambina si voltò immediatamente a guardarli.

“È arrivato il treno per andare dai nonni,” la informò Kazuya sollevando le due valigie appoggiate a terra. Eijun le porse la mano. “Dai, piccola, vieni!”

Il loro piccolo diamante splendente rivolse loro un sorriso più luminoso del sole che splendeva nel cielo di Tokyo.

La piccola mano si aggrappò con fiducia a quella di Eijun.

 

 

La neve si era sciolta ed era tornata la primavera.

 

 

 

***

Angolo dei deliri e delle inutili giustificazioni

C’è stato un lungo dissidio interiore sull’aggiunta o meno della scena finale e quindi rivelare se l’intuizione di Eijun fosse corretta ed eventualmente quale fosse il nome scelto da Kazuya per l’erede. Alla fine, mi sono detta che sarebbe passato diverso tempo prima che mettessi mano alla long-fic che dovrebbe completare la serie e che ci sarebbe voluto comunque troppo a rivelare i fatti e  perchè la suspence fosse giustificata, quindi eccovi la piccola Daiya (vorrei giustificarmi dicendo che un nome dell’est europa che significa dono, regalo ma so che non mi crederebbe nessuno...).

La canzone galeotta questa volta è Once I was seven years old di Lukas Graham sia per quanto riguarda le strofe messe in evidenza e quelle cantate da Eijun nella scena della cucina.

Qui il focus torna sulla battery protagonista ma vuole concentrarsi in maniera particolare su Miyuki Kazuya, a differenza dei due capitoli precedenti. Non è un lavoro finito. Molte cose sono ancora lasciate all’intuizione ma troveranno il loro posto successivamente in un progetto un po’ più complesso di una one-shot e che fungerà da collante tra i salti temporali di queste tre storie autoconclusive.

Esperimento terminato, il giudizio conclusivo è nelle vostre mani!

   
 
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