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Autore: C r i s    03/05/2016    2 recensioni
Qualunque persona si prefigge dei risultati da raggiungere e, nonostante non sia semplice, cerca sempre la strada più affabile che gli permetta di realizzarli.
Sharon no.
Figlia della ricca famiglia imprenditoriale Marshall, viene colpita da David, indiscusso e impassibile vicino di casa, figlio a sua volta della famiglia Baker, che compete sullo stesso mercato dei Marshall.
Prende una decisione che porterà entrambi su un filo spinato, ovvero quella di proporgli una sfida che, per quanto rasenti la follia, coinvolgerà gli ormoni a pari livello di mente e cuore. E avranno a disposizione soltanto un'Estate per far sì che il gioco possa durare più a lungo di tre insulsi mesi, ma riusciranno a rispettare le regole oppure dovranno andare incontro ai pegni tanto amati da Sharon?
Dal testo:
«Ti sfido. Ti sfido a trovare le situazioni più compromettenti per baciarmi e il bacio dovrà durare dieci secondi esatti».
«Ci stai?», ripeté allora, con uno strano nodo alla bocca dello stomaco.
Lui si dilatò in un sorriso e le strizzò l’occhio.
«Ci sto, bambina».
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Se mi sfidi, ti bacio.


 
 

 
Bacio: l'arte di far star zitta la persona che ti piace.
 
 
 
 
 
Wilma Spencer sedeva al tavolo di fianco la finestra principale del Caffè e picchiettava la scarpa con una certa frenesia. Intravide la chioma castana di Sharon oltre la porta scorrevole e trattenne un sospiro estasiato. Le agitò la mano e Sharon le andò incontro, infilando le mani nelle tasche della camicia a quadri.
Wilma arricciò il naso, ma sottintese il suo disappunto: all’amica serviva una terapia a base di shopping.
«Caffè o tè?», le chiese, allungandole un menù dalla copertina color porpora.
«Non ho sete», replicò la mora, scrutando la sciarpa color giallo sgargiante al collo dell’amica.
«Non ti ho offerto della vodka», Wilma le strizzò l’occhio e agitò il cucchiaio nella sua tazza di tè ghiacciato.
Sharon sprofondò contro lo schienale della sedia e lanciò sguardi indifferenti alla sala gremita di gente. Non ricordava nemmeno l’ultima volta che avesse trascorso un pomeriggio in compagnia di Wilma, tanto che, aver ottenuto un invito da parte sua quel giorno, l’aveva stupita.
Non piacendole i giri di parole o i temporeggiamenti, andò dritta al sodo. «Cosa posso fare per te?»
Wilma sorseggiò il tè con tranquillità e sgranò gli occhi, per il tono indagatore dell’amica. «Evitare di puntarmi una lampadina in faccia sarebbe il primo passo, non credi?»
Sharon non fu dello stesso parere. Al Liceo le amicizie che si era creata erano prettamente a scopo beneficiario da entrambe le parti e non aveva mai avuto intenzione di coltivarle anche dopo aver terminato la scuola. Era pur vero che fino a qualche mese prima fossero ritenute persino inseparabili, ma la verità era ben diversa dall’apparenza.
«Ho da fare», mentì risoluta.
A quel punto, Wilma emise un sospiro e trafficò nella borsa, per poi estrarre una busta colorata. Gliel’allungò senza preamboli e gliela infilò sotto le mani incrociate.
«Inaugurano una fiera questa sera», spiegò.
«Lo so, ma non sono interessata», sfilò le dita e tirò indietro la sedia per abbandonare il campo; non avrebbe acconsentito a quella richiesta.
«Ethan sarebbe contento di vederti».
Sharon osservò la delizia negli occhi dell’amica, poiché sapeva d’aver toccato un nervo scoperto. Ciò che Wilma non sapeva ancora, era che ormai di Ethan l’era rimasto soltanto il lontano ricordo.
Ethan Russell giocava nella squadra di basket della scuola, quando sorrideva rispecchiava la luminosità del sole e amava fare terra bruciata attorno a sé. Sharon aveva avuto modo d’ustionarsi tempo addietro e aveva neuroni a sufficienza per tenersi alla larga da un secondo incendio.
Mentre rimuginava sulla risposta da dare a Wilma, pensò a David. Il giorno della festa era stato devastante, non soltanto per il vomito nel water, ma anche i sentimenti erano stati gettati fuori dal cuore e Sharon non aveva avuto modo d’affrontarlo con la giusta lucidità, poiché David l’aveva lasciata da sola in quella grande vasca da bagno. Soltanto in seguito era venuta a sapere che avesse preso il primo aereo per raggiungere la sua famiglia e prendere parte al funerale. I suoi genitori erano tornati la sera stessa e nessuno aveva aperto l’argomento sulla cerimonia.
«Sa dove abito», commentò Sharon, chiudendo l’argomento.
Wilma s’impuntò, allungandole nuovamente la busta, contenenti i biglietti dell’ingresso. «Permettimi il beneficio del dubbio, almeno».
Sharon le concesse una speranza, nonostante avesse già deciso. Infilò la busta in una tasca e le rivolse le spalle, rifilandole un saluto con un cenno del capo.
Wilma Spencer era un’ape: saltava di fiore in fiore per rifornirsi, mai per affezionarsi.
 
***
 
David bloccò lo skateboard sotto il piede e inarcò un sopracciglio.
«Ciao Claire», la salutò tra i denti, notandola correre nella sua direzione.
«Speravo di vederti», esclamò con il fiato corto e le gote arrossate.
«Per venire fino a casa mia, direi che è una cosa urgente», ironizzò il ragazzo.
«Sei appena tornato?», Claire abbozzò un sorriso, indicando lo skateboard.
«A dire il vero, stavo per andare», David fece spallucce e le indicò la casa alle spalle. «Di questi tempi l’aria a casa mia è più tossica del normale».
«Infatti volevo sapere se era tutto apposto, dopo il funerale…», balbettò la bionda, pur sapendo che fosse trascorsa ormai una settimana dall’accaduto, ma che di David erano completamente sparite le tracce.
L’occhio del ragazzo cadde sull’auto appena sbucata dietro la curva che sostò sul ciglio della strada. La portiera fu aperta e ne uscì Luke, vestito di tutto punto. David storse il naso alla vista di giacca e cravatta, ma fu quasi ripagato dal pensiero che fosse Luglio inoltrato e che il caldo dovesse soffocarlo, conciato in quel modo.
Claire non nascose il suo timore agli occhi del fratello maggiore e distolse lo sguardo dall’auto rossa fiammante. David sbuffo sonoramente, non appena constatò il sorriso sbarazzino di Luke.
«Da queste parti girano sempre le stesse facce», commentò sarcastico.
«Non potrei essere più d’accordo», borbottò David tra i denti, senza lasciare nessuna parola al caso.
Claire si mantenne in disparte da quello scambio di battute, ma Luke fece in modo che rimanesse estranea ancora per poco.
«A dire il vero, questo credo si chiami tempismo».
David percepì una scintilla negli occhi del fratello giusto in tempo per intercettarne il pensiero. Alzò il capo e scorse Sharon sull’altro lato della strada, pronta ad attraversare per tornare a casa propria. Erano giorni che non la rivedeva e improvvisamente dimenticò d’essere in compagnia di Claire e Luke, perché i suoi occhi erano su di lei, sulle sue gambe, sui suoi capelli ondeggianti. E quando le loro pupille s’incontrarono, capì quanto in realtà gli fosse mancata.
L’atmosfera fu smorzata dalle parole sinistre di Luke. «Ho dei biglietti per voi due, ragazzi», elargì ad alta voce, in modo che Sharon potesse udire a piene orecchie; e fu ciò che accadde.
«Immagino sappiate della fiera in città quest’oggi», proseguì imperterrito, estraendo dalla giacca una busta bianca, e commise l’azione giusta, porgendola ad una Claire attonita.
«Non c’interessa», sbottò prontamente David, sviando lo sguardo sulla figura di Sharon che aveva appena poggiato il piede sul marciapiede.
«Ci saranno alcuni stand universitari», infilò il dito nella piaga, allargando il proprio sorriso. «Claire sarà interessata».
La bionda sussultò e arrossì sulle gote.
«L’entrata è in coppia, il biglietto è per due», condì il tutto con un ultimo sorriso, dopodiché ruotò appena la testa in direzione di Sharon, che muoveva lentamente i passi. «Non vorrete perdere quest’occasione».
David strinse i pugni e, anziché fulminare il fratello, osservò le spalle irrigidite di Sharon e il labbro martoriato di Claire, per via dell’imbarazzo. Lasciò andare lo skateboard e si fiondò in direzione della mora, che si accingeva ad entrare nel suo viottolo.
«Non si saluta?», adottò una tattica differente da quella che aveva pensato e, nel momento in cui la ragazza si voltò, desiderò di tornare indietro.
«Eri impegnato», replicò asciutta.
«Adesso non lo sono», le si avvicinò di un passo.
«Ma io sì», le labbra di Sharon si piegarono in un sorriso derisorio: stava cercando di proteggersi.
«A fare cosa?», la provocò, i pugni serrati lungo i fianchi.
«Devo prepararmi», la mora lanciò uno sguardo fuggiasco in direzione di Claire, con le braccia incrociate e il capo chino verso i suoi piedi.
Tornò a fissare gli occhi di David e sentì l’adrenalina scorrerle nelle vene. «Ho un appuntamento questa sera».
Osservò una luce attraversare gli occhi di David e una seconda scarica pervase il suo corpo.
«Come?»
Sharon decise di non interpretare quell’unica parola, né tantomeno il tono che era stato utilizzato.
«Andrai alla fiera, no?», Sharon agitò la busta ripescata dalla tasca. «L’invito non lo hai soltanto tu».
Gli diede le spalle e percepì la tensione sciogliersi ad ogni passo.
David osservava la ragazza che si allontanava e permise al cervello di scollegarsi dalla bocca. «Con chi andrai?»
La mora sopraggiunse sulle scale di legno e un sorriso galleggiò sulla bocca rosea. «Lo scoprirai».
Lasciò David tra mille dubbi e, quando si chiuse il portone alle spalle, dovette poggiarsi al muro: le tremavano le gambe e non sapeva se per rabbia o delusione.
 
***
 
 
«Non hai voglia d’appartarti?»
Ethan Russell era come lo ricordava: superficiale e ossessionato dal sesso. Bastava captare l’unico sguardo che le rivolgeva per capire dove terminasse e, puntualmente, Sharon accostava la maglia sui seni per evitare un’autopsia completa.
Ancora non capiva come mesi addietro uscisse pazza per un simile gorilla; probabilmente gli ormoni avevano preso possesso del suo cervello.
Ethan allungò un braccio per cingerle le spalle e lasciò cadere le dita lungo il torace. Un brivido le colse la schiena non appena percepì i polpastrelli sfiorarle la parte scoperta dei seni e si scostò bruscamente.
«Sai di cosa ho voglia?», elargì con finto entusiasmo.
Gli occhi di Ethan s’illuminarono speranzosi.
«Di zucchero filato».
Si spensero con altrettanta velocità e, imprecando tra i denti, si allontanò verso il primo banchetto che potesse offrirgliene uno.
Sharon respirò a pieni polmoni e si allontanò velocemente da quell’area nociva. Aveva accettato con disperazione l’invito di Wilma perché non poteva permettere a David di divertirsi senza averla tra i piedi, per di più in compagnia di Claire. Non aveva ancora ben chiare le sue intenzioni ed era questo a spaventarla di più.
Scrutò attentamente ogni passante e soffocò il boato all’interno del suo stomaco. Le saltò alla mente il sorriso malefico di Luke e la fame svanì del tutto. Incrociò gli occhi smaliziati di Wilma, in compagnia del suo prode cavaliere, e provò pena nei confronti di quel povero ragazzo che ben presto avrebbe ricevuto un bel tre di picche.
Puntò ad una panchina semivuota e stette per sedersi, quando inquadrò Claire, con indosso un abito rosso, stretta al braccio di David. Improvvisamente desiderò d’avere Ethan accanto a sé per dimostrare a entrambi di non aver bisogno né dell’aiuto di una, né della presenza dell’altro.
Tempismo volle, invece, che fosse Claire a individuarla e agitare la mano nella sua direzione. Sharon maledì lo zucchero filato e l’idiozia cronica di Ethan Russell, prima di muovere le gambe verso la coppietta felice. Si mordicchiò un labbro e prese un respiro profondo, doveva essere pronta ad attaccare.
David si accorse di Sharon soltanto quando la raggiunse e sentì lo stomaco contrarsi alla vista di quel visino scontroso. Si permise d’esaminare la sua tenuta e gli si seccò la gola alla vista della scollatura, così come delle gambe fasciate da piccoli short neri. Non aveva bisogno d’eccedere per dimostrare la sua bellezza, anzi, David era certo che anche in pigiama di flanella gli avrebbe tolto il fiato.
Gli morirono le parole in gola, non riuscì a muovere la mascella di un millimetro, mentre Sharon lo fissava con una scintilla guerriera negli occhi. Claire, notando la tensione, si schiarì la voce e proferì: «Sharon, come sei bella questa sera».
La mora non si sprecò a contraccambiare i complimenti, così la bionda proseguì: «Hai visto quanti stand ci sono?»
«Non ho avuto modo di guardare molto», sillabò Sharon, lasciando sospeso il significato delle proprie parole.
David irrigidì i tratti del viso e la esaminò. «Si rimedia subito».
Sharon inarcò le sopracciglia e cercò di capire dove volesse arrivare con quell’insinuazione. Non appena David percepì il suo smarrimento, sorrise divertito e le suggerì di voltarsi. Sharon, seppur riluttante, obbedì e le si seccò la saliva per via dell’imponente ruota panoramica che s’ergeva sotto i suoi occhi.
«Da lì vedrai di tutto e di più», ironizzò David con tono tagliente. Le soffiò quelle parole all’orecchio e la tensione riaffiorò. Sharon sentì la pelle vibrare sotto il tocco del suo fiato e desiderò allontanarsi di dieci metri.
«Non ho intenzione di salirci», ribatté prontamente la ragazza.
David stette per infierire, quando una voce mascolina s’intromise nel discorso.
«Salire dove?»
Sharon impallidì alla vista di Ethan Russell, munito di zucchero filato, che le si avvicinava. Glielo porse con un gesto brusco e si sgranchì le braccia, prima di cingerle un fianco. Sharon incrociò gli occhi di David e fu lieta d’osservare ciò che scuoteva lei ogni qualvolta lo vedesse in compagnia di Claire.
Spezzettò lo zucchero filato e non chiese a nessuno di favorire. Ethan, dal suo canto, scrutò il biondo e si passò una mano sul mento, prima d’illuminarsi. «Luke Baker!»
«Sono David, non Luke», precisò subito l’altro con tono acido.
«Oh beh, comunque un Baker», minimizzò Ethan, gracchiando una risata.
Claire intervenne per smorzare la tensione. «Ho proprio voglia di marshmallow. Mi accompagni, Ethan?»
Sharon non seppe se essere grata nei confronti della bionda o semplicemente portarle maggior rancore. Non capiva perché talvolta sembrava schierarsi a suo favore e altre remarle contro, ma non gliel’avrebbe mai chiesto, avrebbe significato scendere in confidenza e Sharon non era ancora pronta a farlo.
In men che non si dica, Ethan fece spallucce e abbandonò il campo, scortando Claire lontano a sufficienza per lasciare Sharon nelle grinfie delle vertigini. David osservava le spalle di Ethan con la mascella contratta, ma, notando soltanto dieci secondi dopo d’essere rimasti soli, riempì d’aria i polmoni e soffermò gli occhi sul viso rigido della mora.
«Lo zucchero fa venire le carie», le strappò di mano il bastoncino e lo gettò nel primo bidone a portata di mano.
Sharon s’imbronciò immediatamente, ma non gli lasciò alcuna soddisfazione.
«Anche certe persone», ribatté prontamente e David captò l’antifona.
«Certe coppie sanno essere alquanto smielate, te lo concedo», precisò con un sorrisino, mentre si avvicinava alla biglietteria della ruota panoramica.
Sharon soffocò l’impulso di vomitare, ma rimase ferma sul posto. David la osservò e sfoderò la carta finale.
«Sharon, non te lo sto chiedendo», le ricordò. «Te lo sto imponendo».
La mora strinse i pugni e fu combattuta dall’istinto di mandarlo al diavolo e dall’orgoglio di dimostrargli quanto tenace fosse. Vinse l’ultimo e, a testa alta, gli si avvicinò. Al momento, il pensiero di baciarlo non l’allietava affatto, bensì se avesse potuto barattare un bacio con un pugno, avrebbe firmato persino un contratto per la vita.
«Una sfida è una sfida», mostrò un sorriso beffardo e gli passò avanti per salire per prima sulla piccola cabina a due posti. Deglutì, dandogli le spalle, e socchiuse gli occhi, con l’insulso presentimento che avrebbe allietato il terrore.
 Li riaprì non appena si sedette e le gambe presero a tremare in parallelo con le mani. David si sedette al suo fianco e sorrise, mentre l’addetto alla sicurezza chiudeva la sbarra per potersi proteggere.
«Stai bene?», non c’era alcuna premura nel tono di voce di David.
«Benissimo», così come non c’era nulla di veritiero nelle parole di Sharon.
«Si vede, hai un colorito fantastico», David infilò il dito nella piaga e si aprì in una forte risata non appena la ruota prese a muoversi. «Direi che sei piuttosto verdastra, quale sole hai preso ultimamente?»
Sharon cercò di prendere più ossigeno possibile ed evitare di rispondergli a dovere fu impossibile. «Il tuo vomito circa una settimana fa, non so se ricordi».
A quel punto, David la osservò senza derisione. Ammirò i suoi occhi, il suo colorito e il tremore delle sue mani. E desiderò baciarla, stringerla a sé e sussurrarle che niente sarebbe andato storto, in sua presenza.
Eppure sapeva che Sharon non avrebbe apprezzato; probabilmente, in quel preciso istante gli avrebbe vomitato sulla maglietta, un po’ per la vertigine, un po’ per aver tastato un nervo scoperto.
«Ethan Russell», cambiò argomento. «Perché?»
Sharon soffocò nella sua stessa saliva e si schiarì la gola bruscamente. «Perché così mi andava».
«Non sparare stronzate», l’ammonì severo. «L’hai fatto per ripicca».
David iniziava ad essere tanto perspicace quanto irritante e Sharon non poteva reggere entrambe le cose. Non aveva alcuna voglia di sentirsi accusare di una cosa, sì vera, ma alquanto stupida. In fondo se non fosse stato per colpa sua, non avrebbe mai chiesto ad Ethan Russell di accompagnarla quella sera,  né si sarebbe trovata su una stupida ruota panoramica a osservare tutta la sua vita sotto gli occhi.
«Avevo voglia di fare sesso», sbottò invece.
David rise. «Con quello lì?»
«Ci vanno tutte con lui», borbottò la mora, voltandosi dall’altra parte per non guardarlo in faccia.
«Ecco perché non ci credo», David si portò le mani dietro la nuca e si mise comodo. Sharon inorridì soltanto al pensiero di poter imitare quella posizione e deglutì, facendo il conto alla rovescia dei secondi trascorsi lì su.
«Non mi conosci evidentemente», balbettò l’ultima parola e chiuse gli occhi si scatto.
Era sul punto di buttarsi di sotto, almeno quella tortura sarebbe terminata.
David si mosse impercettibilmente e poggiò una mano sulla sua. Sharon sentì il calore della sua pelle e rabbrividì. Eppure si lasciò cullare da quella sensazione piacevole e si mordicchiò un labbro, con il cuore in subbuglio.
David chinò il capo nella sua direzione. «Hai ragione, non ti conosco», le soffiò sulla guancia, pacato. «Ma come lo spieghi questo?», le lasciò una carezza sul braccio e Sharon reagì, rabbrividendo.
«E questo», le sue labbra partirono a setacciarle il collo. Il contatto fu estremo e la pelle s’infuocò. Non aveva capito quanta tensione ci fosse tra di loro fino a quel momento, dove, in un frangente così delicato, tutto riusciva a pensare tranne che alle vertigini.
David le alzò il mento e s’incastrò nei suoi occhi. «O questo», fu appena un mormorio, dopodiché si osservarono silenziosi e lasciarono parlare al cuore.
Le loro labbra si avvicinarono, bramose di ricongiungersi, e Sharon dimenticò l’altezza, la leggera brezza che le provocava la pelle d’oca e la gelosia latente che l’aveva scossa per l’intero pomeriggio. David le strinse il viso tra le grandi mani e sfiorò le sue guance con i polpastrelli.
Smisero di baciarsi soltanto quando il biondo desiderò guardare i suoi occhi scuri.
Sharon gli strinse improvvisamente la mano e mai emozione sembrò più giusta di quella. Si avvicinò nuovamente alle sue labbra morbide e David non si tirò indietro; accolse la sua bocca calda e lasciò che Sharon gli dimostrasse ciò che stava celando dentro di sé nei suoi confronti.
Tornarono a guardarsi negli occhi e Sharon neppure s’accorse della cabina sospesa in aria. L’altezza non era eccessiva, ma aveva vissuto sicuramente esperienze minori e se si fosse concessa quella debolezza, ne avrebbe risentito per tutta la vita. David fu abile a catturare del tutto la sua attenzione con un terzo bacio, l’attirò contro di sé e la baciò con più ardore, mentre le mani scorrevano sulle spalle, le braccia, i fianchi.
Il bacio terminò nel momento in cui la cabina si scosse e riprese la discesa. Sharon sbarrò gli occhi, ma non li portò verso il basso. David le lasciò una tenue carezza sulla guancia e le abbozzò un sorriso. «Imparerò a conoscerti, Sharon».
Quelle parole suonarono come una promessa e fu la serietà che impiegò nel discorso a maciullare il cuore della ragazza, in balia di sentimenti mai provati prima. David si stava aprendo con lei, cercava un punto d’incontro, un passo avanti e non poteva tirarsi indietro, perché era ciò che voleva.
«Credo d’essere già a buon punto», sorrise divertito, mentre le sfiorava il ventre per risalire verso i seni.
Battagliera, Sharon prese un respiro e si tirò indietro di qualche centimetro, mentre la cabina s’avvicinava al terreno. «Invece sei completamente fuori strada».
David corrugò la fronte e tirò indietro la mano, capendo soltanto in quell’istante di quanto fosse stato stupido quel gesto. Sharon si voltò dall’altro lato e, pur avendo detto il contrario, aveva ormai imparato alcuni suoi tratti. Ed era certo che l’avesse frainteso, con quella carezza. David non voleva darle l’impressione d’essere attratto semplicemente dalle sue forme, ma era l’unica che Sharon avesse ricevuto. Doveva rimediare.
La cabina si assestò e Sharon schizzò fuori alla velocità della luce. David la seguì e le afferrò il polso. La ragazza lo linciò, per nulla arrendevole.
«Soltanto perché ti ho detto che avevo voglia di fare sesso, non significava che rientravi nei miei interessi», sibilò la mora con tono tagliente.
David si trattenne dallo sbuffare. «E vorresti farmi bere la storia di Ethan Russell?»
«Almeno lui mi ha preso lo zucchero filato», si difese.
«Ti accompagnerò dal dentista, tranquilla», David fu incolore.
«Non ne ho bisogno!», sbottò la mora. «Come non ho bisogno d’essere toccata per sentirmi realizzata», Sharon aveva elaborato la situazione in maniera fin troppo ampia e aveva permesso alla bocca d’enfatizzare ancor di più il concetto.
David strabuzzò gli occhi. «Non l’ho mai pensato», ammise, sincero.
Sharon gli riservò uno sguardo intenso e l’adrenalina si sciolse. Non le fu permesso di replicare poiché la voce delicata di Claire interruppe la loro discussione.
«Com’è stato il giro?», reggeva tra le mani uno zucchero filato sul procinto di terminare e le labbra erano completamente imbrattate di zucchero appiccicoso.
«Fantastico», replicarono in coro.
Ethan Russell non accompagnava la bionda, così aggiunse. «Ethan si è allontanato».
«Meglio per lui», non aveva alcuna voglia di farci i conti.
Sharon guardò l’orologio, poi gettò uno sguardo in direzione di Claire e lo stomaco ne risentì. La bionda ricambiò lo sguardo, seppur perplessa. «Come tornerai a casa?»
«Con le gambe», fece spallucce e si aggiustò la maglia.
«Non pensarci nemmeno», David estrasse le chiavi dalla tasca. «Sono dieci chilometri».
«Camminare fa bene», sibilò la mora, fulminando il ragazzo.
«Non di notte», l’accostò, dopodiché si rivolse a Claire. «Ho visto le tue amiche prima».
«Tornerò con loro, non ti preoccupare», agitò le mani per rassicurarlo e gli riservò un sorriso, per poi rinvolgersi a Sharon. «Lo capisco».
La mora non si ribellò, attese che David le facesse un cenno, ma l’arrivo imminente di Luke cambiò la situazione.
«La serata è già finita?»
Sharon rabbrividì dal nervosismo, mentre David gli rivolse appena un’occhiata. «Fatti miei».
«Wow-wow», Luke alzò le mani, in segno di resa. «Vengo in pace».
«Non si direbbe», fu l’intervento di Sharon.
«Non abbiamo tutti secondi fini», Luke esibì un sorriso viscido che stuzzicò il nervosismo del fratello.
«Allora gira al largo».
Luke si grattò la nuca con fare disinvolto, indossava dei jeans scuri e una camicia grigia. Vederlo in tenuta sportiva era una rarità, o quantomeno lo era per chi non era solito imbattersi in Luke al di fuori del contesto lavorativo.
«Credo che quello che ho da dirti, t’interesserà. Immagino che stavate andando al parcheggio», Sharon sapeva che ogni parola uscita dalla bocca di Luke suggeriva soltanto guai.
David incrociò le braccia al petto. «E allora?»
Il fratello sorrise armonioso. «Sono appena arrivato e la tua macchina è stata portata via dal carroattrezzi», gettò quella bomba con tranquillità, mentre David strabuzzò gli occhi, sorpreso.
«Ma l’ho parcheggiata nelle strisce», cercò conferma negli occhi di Claire, che si ritrovò immediatamente ad annuire.
«Evidentemente a qualcuno dava fastidio», si finse turbato dall’avvenimento, dopodiché si rivolse a Sharon. «Se hai urgenza di tornare a casa, posso accompagnarti io».
Il sol pensiero le serrò la gola. «Ho voglia di camminare».
David era combattuto: voleva evitare a Sharon di tornare al buio e da sola, ma, d’altro canto, se l’accompagnatore risultava essere suo fratello, probabilmente il marciapiede era quasi più allettante.
Fu Claire a dare la soluzione. «Chiederò a mio padre di darci uno strappo, voi potete raggiungere la centrale e riprendere l’auto».
David si passò una mano tra i capelli e fissò Sharon negli occhi. L’idea di lasciarla andare senza chiarire il discorso precedente lo attanagliava, ma qualcosa gli suggeriva che quel discorso non sarebbe stato più aperto.
«L’ho sempre detto che questa ragazza ha intelligenza da vendere», Luke sganciò un lieve pugno sulla spalla del fratello ed esibì un sorriso armonioso, prima di raggelare Sharon con un’occhiata. «Peccato che non esistano distributori dove acquistarne, vero Marshall?»
La mora contrasse la mascella e fu pronta a rispondergli a dovere, ma Claire la tirò per un polso e le sorrise appena. «Raggiungiamo mio padre allo stand della pizza. Buona serata, ragazzi».
David osservò gli occhi irritati di Sharon, ma si sentì impotente. La vide allontanarsi senza poter muovere un muscolo, anche perché sarebbe stato vano come tentativo.
Luke gli lasciò una pacca sulla spalla. «Vedi, l’intelligenza sta anche in questo: incassare il colpo e sviare l’argomento».
Gli diede le spalle e David tentò d’ignorarlo. Sharon si voltò prima di scomparire dietro uno stand di caramelle, lanciò un’occhiata tra la folla e s’imbatté negli occhi rabbuiati di David.
E pensò che quella era un’ingiustizia: degli occhi così belli avevano il diritto di splendere, non d’essere oscurati da una nube di nome Baker.
 



 
 
If you have a minute.

*si schiarisce la voce*
**avverte l'odore della polvere da sparo ma non vede i cannoni**

***cerca uno scudo con cui proteggersi***
Caro popolo di EFP. Sono passati anni dall'ultima volta che ho aperto questa fanfiction. Vi chiederete perché ho deciso di tornare adesso dall'oltretomba e importunare i vostri pomeriggi con questa apparizione mistica. Un motivo, in particolare, non c'è. Sapete come funziona quella pessima faccenda dell'ispirazione, no? Un giorno è lì con te che muove le dita al posto tuo e quello dopo ha fatto i bagagli e se n'è andata in giro per il mondo, lasciandoti con il blocco della pagina bianca.
Evidentemente, il mio subcoscio creativo ha deciso di darci un taglio con questa storia della vena creativa sabbatica e ha preso in mano le redini della situazione. (O, cosa più vera, l'ispirazione è tornata a casa).
Sono qui a implorare il vostro perdono con un nuovo capitolo. Non so in quanti lo leggerete, in quanti lo odierete (o me) e in quanti vi rifarete sentire. Ma in ogni caso, sappiate che capirò. 
Questa mattina mi sono svegliata pensando a Sharon e David, alla loro storia incompiuta e ho pensato di regalarvi un altro sprazzo della loro vita.
Lo so, sono passati anni da quell'ultimo capitolo, ma io sono tornata e spero che ci sarete anche voi, o chi di nuovo vorrà aggiungersi. C'è posto per tutti.
Un besos.
Vostra,
Crì.

 

   
 
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