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Autore: Ironicamente_caustica    04/05/2016    2 recensioni
una ragazza che fugge dalla sua vita può trovare la sua ancora di salvezza? e quando non hai la possibilità di mettere radici come puoi innamorarti del destino che ti è capitato?
fuggire in ogni posto e da nessuna parte, perchè finchè i mostri vivranno dentro di te, non sarai mai al sicuro, l'inferno sarai tu, non ciò che ti circonda.
dal testo:
< Ti amo, qualunque siano i tuoi mostri, qualunque sia ciò che ti perseguita (..) io ti amerò comunque > le disse
< Non puoi amarmi, perchè non sono reale, tu non sai chi sono (..) so questo, ma nonostante tutto vicino a te non ho paura, perchè per me profumi di sicurezza >
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prim’ancora che i corpi si vedano. Generalmente, essi avvengono quando arriviamo a un limite,
 quando abbiamo bisogno di morire e rinascere emotivamente.
Gli incontri ci aspettano,
ma la maggior parte delle volte evitiamo che si verifichino.
Se siamo disperati, invece, se non abbiamo più nulla da perdere
oppure siamo entusiasti della vita,
allora l’ignoto si manifesta
e il nostro universo cambia rotta.
( Paulo Cohelo )
 
All’alba dei suoi ventiquattro anni Scarlett si svegliava nel suo piccolo appartamento nella periferia di New York. Rimase nel letto a guardare fuori dalla finestra il sole alzarsi dietro gli alti palazzi grigi. Chiuse gli occhi tornando con la mente, al profumo e ai colori di quel paesino nel North Carolina, in cui era stata qualche tempo prima, non avrebbe mai voluto lasciare quel posto. Intimo, dolce e famigliare, l’avrebbe descritto così, ma sapeva di non poter mettere radici, e aveva dovuto lasciare anche quel piccolo paradiso terrestre, per quanta nostalgia ne avesse. New York sembrava una città infinita, troppo caotica ed affollata, anche se aveva amato profondamente la quiete di quel piccolo paesino, una parte di lei amava anche il chiasso, il grigio e i colori cangianti della città che non dorme mai. Se da una parte c’era la pace e l’armonia, dall’altra c’era la forza e la confusione. E si era riscoperta ad amare più la seconda scelta.
Certo, il numero enorme di persone che vivevano a New York e la sua grandezza giocavano a suo favore per farle guadagnare tempo, abbastanza da sentirsi un po’ a casa, prima di dover ricominciare ancora una volta.
Si alzò ed andò nella piccola cucina gialla a preparare il caffè come ogni mattina. Accese la radio e ascoltò le notizie della giornata. Era il 31 Marzo ed era il suo compleanno, o almeno lo sarebbe stato in un’altra vita. Secondo la sua patente mancavano ancora molti mesi al suo compleanno, che era nel cuore dell’inverno.
Il profumo del caffè la riscosse dai pensieri tristi e raccapriccianti che cominciavano a farsi largo nella sua mente. Si sedette al bancone della cucina, con le mani fredde intrecciate contro il tepore bollente della tazza. Ancora non riusciva ad abituarsi al caffè Americano. L’orologio appeso sul lavandino segnava le sei e trenta della mattina, e Scarlett si sorprese a sorridere rendendosi conto che il sole cominciava a sorgere prima, segno dell’estate che si avvicinava. Aveva sempre amato l’estate, con il caldo torrido e la luna che faceva capolino nel cielo a tarda notte, ma trovava nell’inverno nei suoi colori freddi, nella natura addormentata e nella forza del ghiaccio un po’ di se stessa.
Si prese tempo per assaporare il caffè, che trovava ancora troppo diluito nonostante fossero passati anni da quando aveva cominciato a berlo. Si diresse nel piccolo bagno blu, lasciando che l’acqua bollente massaggiasse le membra rigide del suo corpo teso. La notte era stata inquieta come sempre, ma per la prima volta era riuscita ad addormentarsi con la luce spenta, il baccano della città a cullarla fino ad entrare nell’inquietante mondo dei sogni.
Fece tutto con calma, si era alzata davvero troppo presto, aveva una strana sensazione alla bocca dello stomaco, un nodo che non voleva saperne di sciogliersi, cercava di capirne il motivo, forse era per via della data, o per i sogni particolarmente vividi di quella notte, ma da li a poche ore, avrebbe capito che quel nodo allo stomaco era dovuto ad altro, ad una scelta davanti alla quale l’avrebbe messa la vita, una scelta che avrebbe potuta cambiarla per sempre.
Uscì presto e decise di andare a lavoro a piedi, certo erano parecchi isolati, ma aveva tanto tempo e il tepore dei raggi solari facevano capolino da dietro le nuvole. Camminava per le strade non ancora caotiche con la mente persa in un altro mondo, non sapeva nemmeno lei dove si trovasse realmente, cercava solo di calmarsi e concentrarsi su quello che doveva fare. Era una tecnica le aveva consigliato una sua amica terapista in una vita passata, così lontana da sembrarle irreale e allo stesso tempo troppo viva, troppo ancora presente.
Andare a lavoro.
Essere gentile con i clienti.
Fare entrambe i turni.
Tornare a casa.
Si ripeteva la lista all’infinito nella mente, cercando di immaginare se stessa mentre faceva ogni cosa, e quel piccolo gioco – ormai quasi noioso dopo più di dieci anni – l’aiutava a trovare la calma e la tranquillità.
Sentì qualcosa sbatterle contro le ginocchia ossute, per poi ritrovarsi con il sedere per terra. Alzò lo sguardo per cercare di capire come era finita a terra e davanti ai suoi occhi si parò il viso di un giovane uomo. Capelli corti di un castano scuro, mascella squadrata, bocca finemente cesellata con il labbro superiore sottile e quello inferiore carnoso, un naso dritto, sopracciglia aggrottate. Ma quello che incatenò Scarlett sulla strada fredda e dura del marciapiede, furono gli occhi di quel ragazzo, di un blu scuro, profondo ed intenso. Infossati nel bel viso, con le ciglia che sfioravano gli zigomi alti e pronunciati.
< Stai bene? > le chiese con un marcato accento Americano.
< Io .. si, scusa, non ti avevo visto. >
< No è colpa mia, sono inciampato ai tuoi piedi e ti ho fatto cadere. >
Il ragazzo si alzò con un movimento fluido come se non dovesse spostare un corpo scultoreo di un metro e ottanta, le tese la mano per aiutarla ad alzare. Scarlett sentì il famigliare brivido di ribrezzo guardando un uomo che tentava di toccarla, ma si costrinse ad ignorarlo ed accettò l’offerta di aiuto. Solo di li a qualche mese avrebbe capito il perché di quella sua strana e nuova decisione.
< Mi dispiace ancora, sicura di star bene? >
< Si, si non preoccuparti. > sorrise allo sconosciuto mentre lo superava per continuare la sua strada.
< Aspetta, posso almeno offrirti una caffè per farmi perdonare? >
< Non c’è nulla di cui devi scusarti, e ora devo andare a lavoro. >
< Davvero, mi farebbe piacere fare qualcosa per te. Mi chiamo Sean, Sean Reed. > disse lo sconosciuto, Sean, protendendo la mano verso di lei per presentarsi. Scarlett guardò la mano allungata di Sena, fissandola come se fosse una cosa aliena, ma poi le buone maniere che le erano state incurcate negli anni, la costrinse a stringere la mano presentandosi a sua volta.
< Scarlett, Greys >
< Accetta un caffè, per favore Scarlett o almeno lascia che ti accompagni a lavoro >
< Davvero Sean, non ce ne è bisogno. Ora devo andare. >
< Posso almeno accompagnarti? >
La ragazza ci pensò su per un momento e la voce nella sua testa – quella così simile a quella di suo padre – la costringeva a declinare l’offerta, ma alla fine accettò. Non sapeva se per il brivido nel disubbidire a quello che ci si aspettava da lei, o per motivi di cui non era a conoscenza.
Per i primi isolati i due ragazzi camminarono in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, e quando arrivarono davanti Luigi’s , il ristorante Italiano in cui Scarlett lavorava, decise di osare, anche se l’adrenalina indotta dalla paura, le faceva pompare prepotentemente il cuore nell’ orecchie.
< Sai cosa .. se ti va ancora possiamo prendere quel caffè .. >
< Decisamente si! >
Girarono l’angolo della strada, sorridendosi timidamente, entrarono nel piccolo bar dove Scarlett passava il tempo tra un turno e l’altro.
< Buongiorno piccola .. il solito? > le chiese la vecchia signora dietro il registratore di cassa.
< Si grazie, Mrs Bryan >
< Oh tesoro quante volte devo dirti di chiamarmi Kate? > la riprese bonariamente < E per il tuo amico? >
< Cosa prendi? > chiese Scarlett a Sean.
< Il tuo solito andrà bene anche per me. >
< Va bene ragazzi, sedetevi arriva subito. >
Il ragazzi ringraziarono la proprietaria e andarono a sedersi in un piccolo tavolo ad angolo, leggermente più riservato del resto della sala, dove Scarlett si sedeva sempre da sei mesi a questa parte, da quando lavorava lì vicino.
Il bar era piccolo con un’aria famigliare, la signora Kate conosceva tutti i clienti, con il loro vari gusti per i caffè e le colazioni. I tavolini rotondi erano di vecchio legno dipinto di un verde acqua scorticato in alcuni punti. Alle pareti erano appese foto di famiglia, e quadri cociuti a  mano, c’era anche una vecchia libreria dove prendere in prestito i libri; la vetrina principale era la cosa che più piaceva a Scarlett, con i cestini di vimini che contenevano dolci per la colazione fatti in casa, e dei piccoli candelabri appesi qui e li.
< Vieni spesso qui? > le chiese Sean.
< Tutte le mattine, e quando al ristorante faccio entrambi i turni per la pausa pomeridiana. >
< La signora ti sembra molto affezionata. >
< Bhè si è molto dolce .. > rispose Scarlett arrossendo, mentre abbassava gli occhi sulle venature del vecchio tavolino.
< Ecco qui a voi ragazzi > Kate gli servì le loro ordinazioni < Tesoro, posso portarti anche un muffin? Li ho fatti sta mattina. >
< No, Kate, la ringrazio ma sta mattina non ho molta fame. >
< Piccola devi mangiare di più, sei troppo magra! Io ve li porto poi magari te lo incarto se non lo mangi >
< Ma signora .. >
< Niente ma > la interruppe Kate tornando dietro il bancone.
Sean soffocò una risata, senza successo, guadagnandosi un’occhiataccia dalla ragazza seduta dall’altro capo del tavolo.
< Ha ragione la signora, lo sai che la colazione è il pasto più importante della giornata? >
< Così ho sentito dire .. > mormorò sotto voce Scarlett < Scusa, non volevo esser ironica. >
< Figurati. Non mi hai detto chissà cosa! >
Scarlett assentì con il capo chino, aspettandosi quasi che arrivasse il rimprovero, che però ovviamente non arrivò.
< Allora dimmi Scarlett, qual è la tua storia? >
< Perché vuoi sapere la mia storia? > chiese sulla difensiva
< Era solo una domanda, scusa, sono una persona curiosa di natura. >
< No scusa tu .. comunque non c’è molto da dire, sono una persona molto ordinaria. >
< Non ci credo nemmeno se lo vedessi con i miei occhi > le rispose Sean, con un sorriso sghembo sulle labbra.
È davvero attraente, molto, molto. Pensò Scarlett tra sé, scacciando via immediatamente il pensiero. Non doveva pensare a certe cose. Non poteva, un po’ il modo in cui era stata cresciuta la indusse a pensare a questo e un po’ perché sapeva che tanto da lì a poco sarebbe andata via,ancora una volta.
< Pronto Scarlett ci sei? > Sean le stava schioccando le dita davanti agli occhi. Non aveva sentito la domanda ne tanto meno si era resa conto che erano arrivati i muffin fatti dalla signora Kate.
< Ehm .. scusami, stavi dicendo? >
< Dove eri Scarlett? >
< Io .. io .. > farfugliò < Pensavo al lavoro, anzi dovrei proprio andare oggi sarà una giornata piena. >
Si alzò andando a pagare i due caffè espressi tripli e i muffin al cioccolato. Sean la raggiunse alle spalle.
< Non ci pensare nemmeno, pago io > disse con la voce bassa. Scarlett non sussultò, né rabbrividì come le era sempre successo quando un uomo le arrivava alle spalle.
Assentì con il capo e lo lasciò fare, aspettandolo vicino alla porta d’ingresso. La raggiunse e uscirono fuori insieme, dopo aver salutato la Signora Kate, fino ad arrivare all’entrata del ristorante.
< Posso rivederti? >
< Io .. è, cosa? >
< Hai capito. Vorrei rivederti. >
< Grazie, ma no. Non prenderla male, ma è meglio così > rispose Scarlett, toccando il braccio a Sean con le mani fredde, si voltò verso la porta ed entrò sentendo ancora lo sguardo del ragazzo bruciarle la schiena.
   
 
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