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Autore: 8Ashley8    06/05/2016    1 recensioni
Helena è una ragazza timida, dagli occhi color ghiaccio e carichi di emozione che non conosce appieno le sue potenzialità, ma che possiede in realtà un grande coraggio nascosto. E' sempre presente per le persone a cui tiene, è testarda, intuitiva, e quando ama lo facon tutta se stessa.
Mirko, incredibilmente bello, possiede uno sguardo altrettanto ammaliante, ma lui è fin troppo consapevole della sua bellezza e ciò lo rende un abile casanova, un boss che tutti vogliono imitare, un ragazzo da volere con ogni fibra del proprio essere: affascinante, sarcastico, autoritario, scontroso..
Due cose, o meglio persone li accomunano: Annabel, la migliore amica di Helena e la sorella di Mirko e Elia, l'amore storico di Helena e il migliore amico di Mirko.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“Helena, forza alzati! Sono le sette e venti! Farai tardi!” gridò mia madre dal piano sottostante.
“Arrivo, arrivo!”
“Veloce! Annabel è già qua!”
Ho conosciuto Annabel all’età di cinque anni e dopo alti e bassi è diventata la mia migliore amica.
Eravamo in prima elementare e la nostra maestra era solita regalarci una caramella tutti i giorni durante l’ultima ora per motivarci a comportarci bene ma ad Annabel questo concetto non era molto chiaro perché ogni giorno faceva la prepotente e me la rubava. Un giorno, qualche settimana dopo l’inizio della scuola, decisi di fare il primo passo e di andare a dargli di mia spontanea volontà quella caramella, e così scoprii che il suo era un tentativo contorto di stringere amicizia e il giorno seguente mi diede un barattolo di vetro decorato con dei gatti e dentro c’erano tutte le caramelle che mi aveva preso.
Da allora siamo sempre state inseparabili; lei, la ragazza bionda con gli occhi piccoli e azzurri dai lineamenti tedeschi, estroversa e coraggiosa e io, la ragazza castano chiara con gli occhi grandi e color ghiaccio, timida e insicura.
 
 “Si si ho capito! Due minuti e scendo!”
Sbalzai giù dal letto, indossai un paio di leggings di color nero lucido e un maglione lungo rosso bordò, infilai gli anfibi neri, mi truccai con un filo di matita e una quantità piuttosto abbondante di mascara in modo da far risaltare le mie lunghe ciglia e corsi giù per le scale afferrando una brioche al volo.
“Oggi cosa proponi? Bar, gita al lago o film a casa?” chiese la bionda non appena salii in macchina.
“Film a casa! Gli unici soldi che ho mi servono per le sigarette e non ho voglia di andare al lago” risposi alzando il volume della musica.
 
“Molinari, potrei sapere perché sei seduta al bar della scuola?” mi chiese la professoressa di diritto.
Alzai la testa di scatto nascondendo il cellulare dietro la schiena e mi inventai l’ennesima bugia.
“Non mi sento molto bene quindi ho pensato di prendermi un tè caldo”.
“Helena, finalmente mi ha lasciata uscire! Non mi lasciava andare in bagno perché diceva che c’eri già tu fuori!” urlò Annabel venendomi incontro e senza rendersi conto che stavo parlando proprio con una nostra insegnate.
“Oh, buongiorno, mi scusi prof, non l’avevo vista. Sono passata a vedere come sta Helena” cercò di giustificarsi.
“Certo. Tornate in classe tutte e due” sentenziò la donna aggiustandosi gli occhiali rosso fuoco sul viso e proseguendo dritta per la sua strada.
“Allora, cosa dovevi raccontarmi di così urgente?” chiesi sistemandomi meglio sulla sedia.
Ormai per noi tutto quanto verteva su un linguaggio in codice.
Quando in classe Annabel mi guardava e mi mandava un bacino con le labbra significava che dovevamo trovarci al bar della scuola, invidiato da molti altri istituti.
Quando eravamo in terza superiore furono eletti dei rappresentati d’istituto che riuscirono a convincere il preside, parecchio innovativo, a modernizzare la scuola per invogliare maggiormente gli alunni a studiare, così, furono introdotte diverse modifiche come appunto un bar all’interno della scuola che funzionava però in maniera indipendente e che era riservato ai soli alunni del triennio, e gli armadietti personalizzati.
“Ieri sera Jason, dopo essere venuto a salutare mio fratello, mi ha salutata dandomi un bacio sulla guancia!” esclamò entusiasta.
Jason era uno dei migliori amici di suo fratello, Mirko, per cui Annabel aveva una cotta fin da quando era piccola e sono piuttosto sicura che non me lo ha raccontato questa mattina in macchina perché sapeva quanto ci saremmo annoiate durante l’ora di italiano.
“Interessante” risposi usando un tono neutro e fissando il tè che avevo ordinato davanti alla professoressa per rendere la cosa più credibile.
Non riuscivo davvero a capire come potesse entusiasmarsi per certe cose: mi sembrava una bambina in balia della prima cotta. A mio modo di vedere doveva smetterla di essere così passiva: o si decideva ad agire facendo la prima mossa o avrebbe dovuto accantonare una volta per tutte il suo amore platonico.
“Potresti mostrarti un po’ più felice per me?” chiede acida.
“È un bacio sulla guancia! Tutti gli amici si salutano con un bacio sulla guancia Annabel!” risposi con un tono di voce leggermente alterato ma d’altronde preferivo dirle ciò che pensavo piuttosto che consolarla più avanti per i film mentali che si sarebbe fatta.
Arrabbiata si alzò dalla sedia e tornò in classe lasciandomi finire quell’enorme tazza di tè da sola e io la lasciai andare per evitare una sfuriata in corridoio.
 
Alle quattro del pomeriggio decisi di chiudere i libri e di raggiungere Annabel a casa sua sperando si fosse tranquillizzata e che la rabbia di qualche ora prima fosse stata sostituita da un leggero fastidio per le mie parole.
Camminai sul lungo viale che portava alla sua villetta, se così si può chiamare, e di tanto in tanto una folata di vento autunnale faceva cadere qualche foglia colorata dai rami quasi spogli.
Quando arrivai davanti all’enorme casa notai che il cancello di ferro battuto era aperto, così entrai nel giardino e suonai il campanello affianco alla porta d’ingresso.
 
Un minuto dopo vidi apparire di fronte a me un ragazzo alto, muscoloso, con i capelli scuri e un po’ arruffati e rimasi a fissarlo per qualche secondo ipnotizzata come sempre dal suo fascino.
 
“Ciao bellezza” esclamò Mirko facendosi da parte per lasciarmi entrare.
“Ciao” risposi imbarazzata utilizzando un tono di voce titubante che rivelò quanto fossi sconvolta di vederlo.
“Annabel non c’è” mi informò mentre si dirigeva verso la cucina.
“Oh ... Come mai?”
“È a danza. La aspetti qui?” domandò aprendo il frigo e prendendo una bottiglia di birra.
“Si” sussurrai distratta ammirando quel fisico mozzafiato.
Erano passati quattro mesi dall’ultima volta che lo avevo visto, e non me lo ricordavo così affascinante.
Sapevo che era partito per fare una specie di vacanza studio all’estero intorno al mese di giugno e da allora mi sembrava un sogno andare a trovare Annabel senza averlo tra i piedi.
Almeno ero più tranquilla e non dovevo assicurarmi si essere sempre in condizioni presentabili mentre giravo per le stanze di quella villa.
“Perché mi fissi così intensamente oggi? Sono più sexy del solito in posa casalinga?” chiese ridendo e riportandomi alla realtà.
Ero rossa in viso. Ne sono sicura perché a quelle parole mi sentii avvampare.
“No è solo che non ti ricordavo così .. insomma, è da tanto che non ti vedo, ecco tutto!” dissi cercando una giustificazione ma mi accorsi subito di sembrare ancora più patetica balbettando il quel modo.
La verità è che se avessi prestato più attenzione ai discorsi di Annabel, in particolare quelli riguardanti Jason, mi sarei ricordata che Mirko era tornato.
“Conosco quello sguardo” esclamò con un ghigno venendomi vicino.
“Lo sguardo di chi ti vorrebbe uccidere?” ribattei tentando di mostrarmi più sicura di me, ma lui sapeva fin troppo bene che era sufficiente un suo sguardo per farmi sentire in imbarazzo.
“Lo sguardo di chi arde di desiderio. Sei affascinata da me!” sussurrò al mio orecchio destro provocandomi un ondata di brividi e facendomi chiudere involontariamente gli occhi per permettermi di assaporare quel breve momento di piacere.
“A proposito, come sta il tuo ragazzo Helena?” chiese poi Mirko ridendo della mia espressione e riportandomi violentemente alla realtà.
“Bene”
“Davvero? Perché ho sentito che ci sono problemi anche in paradiso”
Io e Elia, uno dei suoi migliori amici, stavamo insieme da quasi un anno e le cose non andavano certo nei migliori dei modi tra di noi, ma di sicuro non ci eravamo lasciati.
“Niente che non si possa risolvere”
“Forse dopo un anno è il caso che tu gliela dia” commentò sicuro di aver individuato la causa del problema.
“Chi ti dice che io non gliel’abbia ancora data?” sussurrai a denti stretti e subito l’espressione del suo viso cambiò.
Odiavo il modo in cui pensava di conoscermi! Io e Elia stavamo insieme da un anno e per quanto fosse vero che c’erano un po’ di problemi sotto quel fronte, l’origine dei nostri problemi non era di certo il sesso. O almeno per quanto riguardava me, ma quello che sarebbe dovuto essere il mio ragazzo era stato così gentile da condividere i dettagli della nostra vita privata con un playboy di prima categoria e, forse, per lui il problema era davvero quello.
“E qual è il problema allora?” chiese Mirko cercando di mostrarsi indifferente all’informazione che gli avevo appena dato e riportandomi al presente, mentre io stavo mentalmente ripercorrendo la mia storia con Elia nel tentativo di captare qualche sua frase che potesse aiutarmi a capire se le cose stavano come aveva ipotizzato Mirko.
“Diciamo piuttosto che la monotonia è la base del nostro rapporto e che la passione sembra essersi dissolta” sussurrai nella speranza che non mi avesse sentito perché era la prima volta che ammettevo una cosa del genere ed era parecchio spiacevole parlarne con lui data la situazione.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso malizioso e prima che potesse continuare il discorso su questa piega gli chiesi com’era andato il suo viaggio in America.
“Molto bene! Ho imparato l’inglese alla perfezione, ho imparato nuove tecniche di gestione dell’impresa e soprattutto ho capito che le italiane sono meglio delle americane” esclamò facendomi l’occhiolino e riportando la conversazione sui toni pesanti che mi mettevano inevitabilmente a disagio.
“Come mai?” chiesi leggermente irritata.
“Sono più misteriose, e non cadono ai tuoi piedi con un solo sguardo. Anche se alcune sanno resistere anche troppo”
“E il troppo stufa”
“Non mi stuferò mai di te Helena” sussurrò al mio orecchio destro per poi iniziare a baciarmi sensualmente il collo.
Avvertivo le sue labbra vicino alla spalla e man mano che si avvicina alla guancia i suoi baci si facevano più passionali. Non appena sentii la su lingua toccarmi la pelle piegai la testa dal lato opposto per lasciargli più spazio di manovra e i brividi si impossessano del mio corpo.
“Resisti piccola, non cedere così” sussurrò senza però terminare quella piacevole tortura.
Non c’era niente che volevo di più e il mio inconscio aveva sempre desiderato baciare quelle labbra, ma sapevo che era sbagliato ciò che stavamo facendo, come sapevo che tra i due l’unica che possedeva una coscienza ero io e se non lo avessi fermato io lui non ne sarebbe stato capace.
A questo pensiero gli spostai la testa delicatamente e nel farlo incontrai i suoi occhi intensi che si legarono ai miei.
“Questa è la passione che non provi più da tempo?” chiese con gli occhi che brillavano di desiderio.
Non lo avevo mai visto così e la cosa mi eccitò parecchio.
Non c’era alcun tono malizioso, nessuna vena sarcastica. La sua voce aveva un tono più serio, preoccupato, curioso. E questo mi spaventò perché non erano cose di cui riuscivo a parlare senza scherzarci su.
“Fanculo Mirko” esclamai uscendo di casa e sbattendo la porta.
Sapevo quanto fosse ingiusto nei suo confronti quell’atteggiamento ma vidi nella fuga l’unica soluzione.
Mi sedetti sulla panchina sotto il portico e mi accesi una sigaretta, aspirando quel fumo come se fosse il vero ossigeno dei miei polmoni.
Dopo dieci minuti una macchina entrò nella villa e rimasi sorpresa in quanto non ricordavo di averla mai vista prima di allora, sebbene passassi quasi tutti i pomeriggi tra quelle mura che erano diventate la mia seconda casa.
Fissai quella vettura incuriosita finché non ne uscì una ragazza biondo finto, con i tacchi alti e un vestito cortissimo.
“Chi sei?” chiese con una voce acuta squadrandomi.
Alzai un sopracciglio e la guardai malissimo, ma proprio quando stavo per risponderle la porta si aprì e comparve Elia che non sembrava essersi accorto della mia presenza.
“Ciao Chantal, come mai qui?”
“Mirko non risponde ai miei messaggi!” squittì lei.
“Vorrà dire che non vuole rispondere” ribatté lui e io scoppiai a ridere rivelando la mia presenza-
Elia si sporse oltre la soglia di casa e mi trovò nascosta dietro la porta.
“Non è carino ridere dei problemi altrui Helena! Specialmente se sono così gravi!” disse lui facendomi ridere di più. Sapevo bene che stava mantenendo un tono serio per prenderla in giro e questo non poté che riempirmi di orgoglio: lui quelle come lei le snobbava, a differenza di Mirko.
La ragazza si voltò e mi guardò malissimo, poi alzò un braccio e poco dopo la sua mano era stampata sul mio volto.
“che cazzo fai?” chiese Mirko che nel frattempo ci aveva raggiunti.
“io .. io .. non rispondi ai messaggi” provò a giustificarsi la barbie mentre io continuavo a ridere incurante del dolore che provavo alla guancia.
“brutta troia!” gridò ancora la ragazza, ma questa volta Mirko le afferrò il braccio prima che potesse darmi un altro schiaffo e lo strinse.
“fuori da casa mia. Sparisci dalla mia vita” le ordinò a denti stretti.
“io ti amo Mirko” provò ancora a convincerlo a lei, e non so con quale coraggio perché perfino io me la sarei data a gambe dopo il tono di voce che Mirko aveva volontariamente usato.
“io no. E hai appena picchiato una persona alla quale tengo molto. Vattene” disse scandendo bene le parole e questa volta se ne andò davvero dopo avermi lanciato uno sguardo omicida, e Mirko tornò dentro.
“stai bene?” mi chiese Elia preoccupato e io annuii.
“scusami se ieri sera me ne sono andato in quel modo” sussurrò prendendomi la mano.
La sera prima eravamo distesi sul mio letto e ci stavamo baciando sempre più intensamente, finchè Elia non ha provato a spogliarmi con una certa insistenza che mi indispose.
Gli ho gridato di smetterla e che non avevo voglia, così lui aveva afferrato il giubbotto e se n’era andato.
“scusami tu. Non cosa mi stia succedendo in questo periodo” mentii, e con un sorriso cordiale rientrai per ringraziare Mirko di avermi difesa.
“ti ringrazio, ma per quanto mi abbia fatto piacere non era necessario trattarla così” dissi entrando in salotto e trovandolo comodamente seduto sul divano con le gambe aperte intento a cercare qualcosa da guardare in tv.
“qualcuno ti ha chiesto qualcosa?” chiese in modo brusco lasciandomi a bocca aperta.
“no ma non la puoi trattare così!” risposi con una voce flebile fingendo di essermi ripresa da quelle sue ultime parole che in qualche modo mi avevano ferita.
“ ti piace tanto fare la moralista non è vero?  Bene! Ma prima di parlare devi sapere come stanno le cose. Io con le ragazze le cose le metto in chiaro fin da subito. La relazione tra me e lei era semplice e puro sesso. Lei lo sapeva. Non è colpa mia se si è fatta coinvolgere. Ora finiamola di parlare della mia vita sentimentale!”
Non tutto quello che uscì dalla sua bocca riguardava ciò che era appena accaduto, così lo lasciai lì, nelle sue assurde convinzioni sapendo che quelle parole non erano altro che il frutto della sua impulsività che di rado lasciava emergere: era arrabbiato con me, ere evidente, ma allo stesso tempo sembrava volersi giustificare del suo comportamento in quanto sapeva fin troppo bene come la pensavo sul suo conto.
Era un Don Giovanni che si divertiva a spezzare il cuore delle ragazze, a causa della sua paura di essere coinvolto emotivamente.“Helena, forza alzati! Sono le sette e venti! Farai tardi!” gridò mia madre dal piano sottostante.
“Arrivo, arrivo!”
“Veloce! Annabel è già qua!”
Ho conosciuto Annabel all’età di cinque anni e dopo alti e bassi è diventata la mia migliore amica.
Eravamo in prima elementare e la nostra maestra era solita regalarci una caramella tutti i giorni durante l’ultima ora per motivarci a comportarci bene ma ad Annabel questo concetto non era molto chiaro perché ogni giorno faceva la prepotente e me la rubava. Un giorno, qualche settimana dopo l’inizio della scuola, decisi di fare il primo passo e di andare a dargli di mia spontanea volontà quella caramella, e così scoprii che il suo era un tentativo contorto di stringere amicizia e il giorno seguente mi diede un barattolo di vetro decorato con dei gatti e dentro c’erano tutte le caramelle che mi aveva preso. 
Da allora siamo sempre state inseparabili; lei, la ragazza bionda con gli occhi piccoli e azzurri dai lineamenti tedeschi, estroversa e coraggiosa e io, la ragazza castano chiara con gli occhi grandi e color ghiaccio, timida e insicura.


 “Si si ho capito! Due minuti e scendo!”
Sbalzai giù dal letto, indossai un paio di leggings di color nero lucido e un maglione lungo rosso bordò, infilai gli anfibi neri, mi truccai con un filo di matita e una quantità piuttosto abbondante di mascara in modo da far risaltare le mie lunghe ciglia e corsi giù per le scale afferrando una brioche al volo.
“Oggi cosa proponi? Bar, gita al lago o film a casa?” chiese la bionda non appena salii in macchina.
“Film a casa! Gli unici soldi che ho mi servono per le sigarette e non ho voglia di andare al lago” risposi alzando il volume della musica.


“Molinari, potrei sapere perché sei seduta al bar della scuola?” mi chiese la professoressa di diritto.
Alzai la testa di scatto nascondendo il cellulare dietro la schiena e mi inventai l’ennesima bugia.
“Non mi sento molto bene quindi ho pensato di prendermi un tè caldo”.
“Helena, finalmente mi ha lasciata uscire! Non mi lasciava andare in bagno perché diceva che c’eri già tu fuori!” urlò Annabel venendomi incontro e senza rendersi conto che stavo parlando proprio con una nostra insegnate.
“Oh, buongiorno, mi scusi prof, non l’avevo vista. Sono passata a vedere come sta Helena” cercò di giustificarsi.
“Certo. Tornate in classe tutte e due” sentenziò la donna aggiustandosi gli occhiali rosso fuoco sul viso e proseguendo dritta per la sua strada.
“Allora, cosa dovevi raccontarmi di così urgente?” chiesi sistemandomi meglio sulla sedia.
Ormai per noi tutto quanto verteva su un linguaggio in codice.
Quando in classe Annabel mi guardava e mi mandava un bacino con le labbra significava che dovevamo trovarci al bar della scuola, invidiato da molti altri istituti.
Quando eravamo in terza superiore furono eletti dei rappresentati d’istituto che riuscirono a convincere il preside, parecchio innovativo, a modernizzare la scuola per invogliare maggiormente gli alunni a studiare, così, furono introdotte diverse modifiche come appunto un bar all’interno della scuola che funzionava però in maniera indipendente e che era riservato ai soli alunni del triennio, e gli armadietti personalizzati.
“Ieri sera Jason, dopo essere venuto a salutare mio fratello, mi ha salutata dandomi un bacio sulla guancia!” esclamò entusiasta.
Jason era uno dei migliori amici di suo fratello, Mirko, per cui Annabel aveva una cotta fin da quando era piccola e sono piuttosto sicura che non me lo ha raccontato questa mattina in macchina perché sapeva quanto ci saremmo annoiate durante l’ora di italiano.
“Interessante” risposi usando un tono neutro e fissando il tè che avevo ordinato davanti alla professoressa per rendere la cosa più credibile.
Non riuscivo davvero a capire come potesse entusiasmarsi per certe cose: mi sembrava una bambina in balia della prima cotta. A mio modo di vedere doveva smetterla di essere così passiva: o si decideva ad agire facendo la prima mossa o avrebbe dovuto accantonare una volta per tutte il suo amore platonico.
“Potresti mostrarti un po’ più felice per me?” chiede acida.
“È un bacio sulla guancia! Tutti gli amici si salutano con un bacio sulla guancia Annabel!” risposi con un tono di voce leggermente alterato ma d’altronde preferivo dirle ciò che pensavo piuttosto che consolarla più avanti per i film mentali che si sarebbe fatta.
Arrabbiata si alzò dalla sedia e tornò in classe lasciandomi finire quell’enorme tazza di tè da sola e io la lasciai andare per evitare una sfuriata in corridoio.


Alle quattro del pomeriggio decisi di chiudere i libri e di raggiungere Annabel a casa sua sperando si fosse tranquillizzata e che la rabbia di qualche ora prima fosse stata sostituita da un leggero fastidio per le mie parole.
Camminai sul lungo viale che portava alla sua villetta, se così si può chiamare, e di tanto in tanto una folata di vento autunnale faceva cadere qualche foglia colorata dai rami quasi spogli.
Quando arrivai davanti all’enorme casa notai che il cancello di ferro battuto era aperto, così entrai nel giardino e suonai il campanello affianco alla porta d’ingresso.


Un minuto dopo vidi apparire di fronte a me un ragazzo alto, muscoloso, con i capelli scuri e un po’ arruffati e rimasi a fissarlo per qualche secondo ipnotizzata come sempre dal suo fascino.


“Ciao bellezza” esclamò Mirko facendosi da parte per lasciarmi entrare.
“Ciao” risposi imbarazzata utilizzando un tono di voce titubante che rivelò quanto fossi sconvolta di vederlo.
“Annabel non c’è” mi informò mentre si dirigeva verso la cucina.
“Oh ... Come mai?”
“È a danza. La aspetti qui?” domandò aprendo il frigo e prendendo una bottiglia di birra.
“Si” sussurrai distratta ammirando quel fisico mozzafiato.
Erano passati quattro mesi dall’ultima volta che lo avevo visto, e non me lo ricordavo così affascinante. 
Sapevo che era partito per fare una specie di vacanza studio all’estero intorno al mese di giugno e da allora mi sembrava un sogno andare a trovare Annabel senza averlo tra i piedi. 
Almeno ero più tranquilla e non dovevo assicurarmi si essere sempre in condizioni presentabili mentre giravo per le stanze di quella villa.
“Perché mi fissi così intensamente oggi? Sono più sexy del solito in posa casalinga?” chiese ridendo e riportandomi alla realtà.
Ero rossa in viso. Ne sono sicura perché a quelle parole mi sentii avvampare.
“No è solo che non ti ricordavo così .. insomma, è da tanto che non ti vedo, ecco tutto!” dissi cercando una giustificazione ma mi accorsi subito di sembrare ancora più patetica balbettando il quel modo.
La verità è che se avessi prestato più attenzione ai discorsi di Annabel, in particolare quelli riguardanti Jason, mi sarei ricordata che Mirko era tornato.
“Conosco quello sguardo” esclamò con un ghigno venendomi vicino.
“Lo sguardo di chi ti vorrebbe uccidere?” ribattei tentando di mostrarmi più sicura di me, ma lui sapeva fin troppo bene che era sufficiente un suo sguardo per farmi sentire in imbarazzo.
“Lo sguardo di chi arde di desiderio. Sei affascinata da me!” sussurrò al mio orecchio destro provocandomi un ondata di brividi e facendomi chiudere involontariamente gli occhi per permettermi di assaporare quel breve momento di piacere.
“A proposito, come sta il tuo ragazzo Helena?” chiese poi Mirko ridendo della mia espressione e riportandomi violentemente alla realtà.
“Bene”
“Davvero? Perché ho sentito che ci sono problemi anche in paradiso” 
Io e Elia, uno dei suoi migliori amici, stavamo insieme da quasi un anno e le cose non andavano certo nei migliori dei modi tra di noi, ma di sicuro non ci eravamo lasciati.
“Niente che non si possa risolvere”
“Forse dopo un anno è il caso che tu gliela dia” commentò sicuro di aver individuato la causa del problema.
“Chi ti dice che io non gliel’abbia ancora data?” sussurrai a denti stretti e subito l’espressione del suo viso cambiò.
Odiavo il modo in cui pensava di conoscermi! Io e Elia stavamo insieme da un anno e per quanto fosse vero che c’erano un po’ di problemi sotto quel fronte, l’origine dei nostri problemi non era di certo il sesso. O almeno per quanto riguardava me, ma quello che sarebbe dovuto essere il mio ragazzo era stato così gentile da condividere i dettagli della nostra vita privata con un playboy di prima categoria e, forse, per lui il problema era davvero quello.
“E qual è il problema allora?” chiese Mirko cercando di mostrarsi indifferente all’informazione che gli avevo appena dato e riportandomi al presente, mentre io stavo mentalmente ripercorrendo la mia storia con Elia nel tentativo di captare qualche sua frase che potesse aiutarmi a capire se le cose stavano come aveva ipotizzato Mirko.
“Diciamo piuttosto che la monotonia è la base del nostro rapporto e che la passione sembra essersi dissolta” sussurrai nella speranza che non mi avesse sentito perché era la prima volta che ammettevo una cosa del genere ed era parecchio spiacevole parlarne con lui data la situazione.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso malizioso e prima che potesse continuare il discorso su questa piega gli chiesi com’era andato il suo viaggio in America.
“Molto bene! Ho imparato l’inglese alla perfezione, ho imparato nuove tecniche di gestione dell’impresa e soprattutto ho capito che le italiane sono meglio delle americane” esclamò facendomi l’occhiolino e riportando la conversazione sui toni pesanti che mi mettevano inevitabilmente a disagio.
“Come mai?” chiesi leggermente irritata.
“Sono più misteriose, e non cadono ai tuoi piedi con un solo sguardo. Anche se alcune sanno resistere anche troppo” 
“E il troppo stufa” 
“Non mi stuferò mai di te Helena” sussurrò al mio orecchio destro per poi iniziare a baciarmi sensualmente il collo.
Avvertivo le sue labbra vicino alla spalla e man mano che si avvicina alla guancia i suoi baci si facevano più passionali. Non appena sentii la su lingua toccarmi la pelle piegai la testa dal lato opposto per lasciargli più spazio di manovra e i brividi si impossessano del mio corpo.
“Resisti piccola, non cedere così” sussurrò senza però terminare quella piacevole tortura.
Non c’era niente che volevo di più e il mio inconscio aveva sempre desiderato baciare quelle labbra, ma sapevo che era sbagliato ciò che stavamo facendo, come sapevo che tra i due l’unica che possedeva una coscienza ero io e se non lo avessi fermato io lui non ne sarebbe stato capace. 
A questo pensiero gli spostai la testa delicatamente e nel farlo incontrai i suoi occhi intensi che si legarono ai miei.
“Questa è la passione che non provi più da tempo?” chiese con gli occhi che brillavano di desiderio.
Non lo avevo mai visto così e la cosa mi eccitò parecchio.
Non c’era alcun tono malizioso, nessuna vena sarcastica. La sua voce aveva un tono più serio, preoccupato, curioso. E questo mi spaventò perché non erano cose di cui riuscivo a parlare senza scherzarci su.
“Fanculo Mirko” esclamai uscendo di casa e sbattendo la porta.
Sapevo quanto fosse ingiusto nei suo confronti quell’atteggiamento ma vidi nella fuga l’unica soluzione.
Mi sedetti sulla panchina sotto il portico e mi accesi una sigaretta, aspirando quel fumo come se fosse il vero ossigeno dei miei polmoni.
Dopo dieci minuti una macchina entrò nella villa e rimasi sorpresa in quanto non ricordavo di averla mai vista prima di allora, sebbene passassi quasi tutti i pomeriggi tra quelle mura che erano diventate la mia seconda casa.
Fissai quella vettura incuriosita finché non ne uscì una ragazza biondo finto, con i tacchi alti e un vestito cortissimo.
“Chi sei?” chiese con una voce acuta squadrandomi.
Alzai un sopracciglio e la guardai malissimo, ma proprio quando stavo per risponderle la porta si aprì e comparve Elia che non sembrava essersi accorto della mia presenza.
“Ciao Chantal, come mai qui?”
“Mirko non risponde ai miei messaggi!” squittì lei.
“Vorrà dire che non vuole rispondere” ribatté lui e io scoppiai a ridere rivelando la mia presenza-
Elia si sporse oltre la soglia di casa e mi trovò nascosta dietro la porta.
“Non è carino ridere dei problemi altrui Helena! Specialmente se sono così gravi!” disse lui facendomi ridere di più. Sapevo bene che stava mantenendo un tono serio per prenderla in giro e questo non poté che riempirmi di orgoglio: lui quelle come lei le snobbava, a differenza di Mirko.
La ragazza si voltò e mi guardò malissimo, poi alzò un braccio e poco dopo la sua mano era stampata sul mio volto.
“che cazzo fai?” chiese Mirko che nel frattempo ci aveva raggiunti.
“io .. io .. non rispondi ai messaggi” provò a giustificarsi la barbie mentre io continuavo a ridere incurante del dolore che provavo alla guancia.
“brutta troia!” gridò ancora la ragazza, ma questa volta Mirko le afferrò il braccio prima che potesse darmi un altro schiaffo e lo strinse.
“fuori da casa mia. Sparisci dalla mia vita” le ordinò a denti stretti.
“io ti amo Mirko” provò ancora a convincerlo a lei, e non so con quale coraggio perché perfino io me la sarei data a gambe dopo il tono di voce che Mirko aveva volontariamente usato.
“io no. E hai appena picchiato una persona alla quale tengo molto. Vattene” disse scandendo bene le parole e questa volta se ne andò davvero dopo avermi lanciato uno sguardo omicida, e Mirko tornò dentro.
“stai bene?” mi chiese Elia preoccupato e io annuii.
“scusami se ieri sera me ne sono andato in quel modo” sussurrò prendendomi la mano.
La sera prima eravamo distesi sul mio letto e ci stavamo baciando sempre più intensamente, finchè Elia non ha provato a spogliarmi con una certa insistenza che mi indispose. 
Gli ho gridato di smetterla e che non avevo voglia, così lui aveva afferrato il giubbotto e se n’era andato.
“scusami tu. Non cosa mi stia succedendo in questo periodo” mentii, e con un sorriso cordiale rientrai per ringraziare Mirko di avermi difesa.
“ti ringrazio, ma per quanto mi abbia fatto piacere non era necessario trattarla così” dissi entrando in salotto e trovandolo comodamente seduto sul divano con le gambe aperte intento a cercare qualcosa da guardare in tv.
“qualcuno ti ha chiesto qualcosa?” chiese in modo brusco lasciandomi a bocca aperta.
“no ma non la puoi trattare così!” risposi con una voce flebile fingendo di essermi ripresa da quelle sue ultime parole che in qualche modo mi avevano ferita.
“ ti piace tanto fare la moralista non è vero?  Bene! Ma prima di parlare devi sapere come stanno le cose. Io con le ragazze le cose le metto in chiaro fin da subito. La relazione tra me e lei era semplice e puro sesso. Lei lo sapeva. Non è colpa mia se si è fatta coinvolgere. Ora finiamola di parlare della mia vita sentimentale!”
Non tutto quello che uscì dalla sua bocca riguardava ciò che era appena accaduto, così lo lasciai lì, nelle sue assurde convinzioni sapendo che quelle parole non erano altro che il frutto della sua impulsività che di rado lasciava emergere: era arrabbiato con me, ere evidente, ma allo stesso tempo sembrava volersi giustificare del suo comportamento in quanto sapeva fin troppo bene come la pensavo sul suo conto.
Era un Don Giovanni che si divertiva a spezzare il cuore delle ragazze, a causa della sua paura di essere coinvolto emotivamente.



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Ciao a tutti, non vi tratterrò per molto.
volevo solo informarvi che questa storia l'avevo già pubblicata molto tempo fa ma non ero soddisfatta perciò ho deciso di ripubblicarla modificandola quasi completamente.
Vi invito a leggerla e soprattutto a commentare per aiutarmi a migliorare, e volevo informarvi che la potete trovare anche sul sito di Wattpad con lo stesso nome ma sotto l'account A_Dreamer_Whitefly. Se mi seguiste anche li ne sarei felicissima :)
ciao a tutti :)
  
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