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Autore: LadyLicionda    07/05/2016    0 recensioni
Eiko Wadsworth scopre improvvisamente di soffrire di Disturbo Dissociativo dell'Identità, ovvero personalità multipla. I suoi problemi iniziano quando realizza che ogni personalità è dotata di una volontà propria, di desideri propri e di ambizioni uniche. Come se non fosse abbastanza, ognuna di loro si scopre ben presto innamorata di una persona diversa. Riuscirà Eiko a mantenere il suo segreto e a destreggiarsi fra le attenzioni romantiche di sette irresistibili ragazzi senza soccombere ai capricci delle sue eccentriche personalità? NOTA BENE: Per questa versione è previsto un finale multiplo (uno per ognuno dei ragazzi di KNB). Il rating potrebbe cambiare con il progredire della storia. I personaggi di KNB appartengono all'autore originale Tadatoshi Fujimaki, tutti gli altri sono personaggi creati da me.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiseki No Sedai, Nuovo personaggio, Taiga Kagami, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

“Ti va di diventare amiche?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

          È trascorsa una settimana dall’inizio del nuovo anno scolastico. Il carico di compiti che i professori ci assegnano ogni giorno è decisamente superiore rispetto all’anno scorso e al termine dei corsi sono quasi sempre costretta a ritornare subito a casa per attendere alle lezioni supplementari del mio tutore privato. Più che altro l’insegnante assunto da mio padre si assicura semplicemente che io non abbia incontrato troppe difficoltà nell’apprendimento dei nuovi concetti spiegati in classe. È vero che non sono un genio, ma non sono neanche così stupida da dovermi impegnare due volte più dei miei compagni per non rimanere indietro. Tuttavia comprendo l’apprensione dei miei genitori nell’adoperarsi affinché riceva la migliore istruzione possibile. Anche se non prenderò posto tra i futuri dirigenti della compagnia, non posso certo adagiarmi sugli allori. E comunque sia mio padre che mia madre conoscono perfettamente il mio potenziale e non cercano in alcun modo di spingermi oltre i miei limiti, solo per mantenere alto il nome della famiglia. Ecco perché studiare per me non è così spiacevole o stressante come forse lo è per la maggior parte dei miei coetanei, soprattutto considerando che spesso mi ritrovo a condividere le mie sessioni di studio pomeridiano con Yoichi, Shizuka e Haruka. Tuttavia i miei impegni extrascolastici mi hanno impedito fino a questo momento di accettare l’invito di Kise ad assistere agli allenamenti della squadra di basket.

          All’inizio dell’ora di educazione fisica, Fujioka-sensei (sensei significa insegnante) mi ha incaricata di andare a prendere alcuni dei nuovi palloni da pallavolo che sono arrivati due giorni fa e che sono stati momentaneamente sistemati nel magazzino annesso alla palestra. Il piccolo deposito si trova però all’esterno, proprio di fronte ai campi di calcio, per cui ora mi sto dirigendo lì da sola. Quando raggiungo la destinazione, tuttavia, la porta è già aperta e all’interno trovo un ragazzo intento a sistemare un paio di vecchi palloni da basket.

«Chiedo scusa per l’intromissione», annuncio la mia presenza prima di entrare a mia volta nell’angusta e poco illuminata stanza.

Attirato dalla mia voce, il minuto studente mi concede le sue attenzioni e i nostri sguardi si incontrano. I lineamenti del suo viso sembrano incredibilmente giovani: penso di capire finalmente che cosa volevano dire Mayumi e Kise quando dicevano che non dimostro affatto la mia età. Se non indossasse la divisa della scuola Teikou, avrei sicuramente scambiato il ragazzo davanti a me per uno bambino delle elementari smarritosi sulla via del ritorno verso casa.

Per diversi, e oserei dire interminabili, secondi restiamo entrambi in silenzio osservandoci a vicenda. I suoi grandi occhi azzurri come topazi sembrano, per qualche inspiegabile ragione, meravigliati dal fatto che io abbia notato la presenza del loro esile proprietario nonostante la penombra. Diversamente da me, forse, questo ragazzo è davvero abituato a passare inosservato. Oppure è semplicemente sorpreso di vedere un’altra persona in questo remoto e decadente angolo della suola.

«Prego», finalmente le sue labbra si dischiudono per comunicare con me. Ha una voce sottile e leggera, ma allo stesso tempo piacevolmente pacata.

Avanzo verso la parete di fondo, dove sono accatastati i nuovi palloni da pallavolo. Ne scelgo tre e, dopo averli saldamente sistemati tra le mie braccia, mi incammino verso la palestra. A causa della scarsa illuminazione dello stanzino o, più verosimilmente, a causa della mia innata goffaggine, riesco a compiere solo un passo prima di inciampare in uno scatolone e precipitare al suolo. Il tonfo è così forte che sono pronta a scommettere che l’hanno sentito anche da fuori. La mia prima preoccupazione è accertarmi delle condizioni dei palloni, sparpagliati ora sul pavimento polveroso. Raccolgo rapidamente i primi due, caduti a pochi centimetri da me. Il terzo invece sta ancora rotolando verso la porta e minaccia di spingersi fino all’esterno, in direzione dei campi di calcio.

«Fermati!», è l’unica parola che riesco ad emettere mentre annaspo sul sudicio pavimento cercando di rialzarmi.

In un periodo di tempo breve quanto un battito di ciglia, l’esile ombra del taciturno ragazzo compare ad oscurare la luce che tenta di infilarsi nella stanza e il pallone si arresta appena prima di varcare la soglia della porta spalancata, arenandosi tra le smagrite gambe del giovanissimo studente, il quale si china in avanti per raccogliere la sfera coperta di polvere.

«Ti ringrazio», pronuncio immediatamente, emettendo un sospiro di sollievo.

Mi sollevo da terra per raggiungerlo e recuperare l’oggetto in questione, ma non appena allungo il braccio per ricevere il pallone avverto un tremendo bruciore in prossimità del gomito.

«Devi esserti graffiata quando sei caduta», osserva il misterioso sconosciuto, offrendosi subito dopo di accompagnarmi in infermeria.

«Non posso», ribatto prontamente, ignorando il dolore. «Devo prima portare questi palloni alla professoressa».

Il piccolo ragazzo riflette per un momento quindi, con un cenno di assenso, mi invita silenziosamente a seguirlo in palestra. Cammino dietro di lui mantenendo gli occhi sui suoi piedi. Il suo passo è quasi impercettibile, ma regolare. Osservandolo meglio, sembrerebbe più basso di me di un paio di centimetri. Non percepisco nulla di speciale dalla sua figura e forse è proprio per questo che trovo la sua compagnia insolitamente confortevole. Mayumi e Kise hanno entrambi una personalità molto vivace, così diversa dalla mia. L’energia sprigionata da Mayumi è calda e vigorosa come la fiamma di un camino scoppiettante, mentre l’entusiasmo di Kise è travolgente e accecante come il bagliore del sole. Paragonato a loro, il ragazzo di fronte a me assomiglia più ad una pallida luna, o ad una stella fredda. Più che un pianeta, sembra un piccolo satellite che non può fare a meno di gravitare all’ombra dei grandi corpi celesti.

Dopo avere ottenuto il permesso dalla professoressa Fujioka, come promesso ci dirigiamo insieme verso l’infermeria. È una lunga e quieta passeggiata per i corridoio della scuola. A quest’ora gli alunni si trovano nelle rispettive classi, impegnati a seguire le lezioni e io e il mio gracile accompagnatore siamo le uniche persone nei paraggi. Improvvisamente decido di spezzare il gravoso silenzio.

«Non mi sono presentata. Sono Eiko Wadsworth della 3-B. Grazie ancora per il tuo aiuto».

«Io sono Kuroko Testuya della 3-C. Molto piacere», risponde cordialmente, voltandosi verso di me. L’espressione sul suo viso è indecifrabile e io non sono sicura se in questo momento trovi la mia presenza piacevole o fastidiosa. Dal momento, però, che è stato lui a proporre di accompagnarmi, forse non dovrei essere così pessimista.

Finalmente giungiamo a destinazione. Mi introduco timidamente nella stanza dell’infermeria, dove la dottoressa Saito attendeva probabilmente con trepidazione l’arrivo di un paziente. Nel momento in cui faccio scorrere la porta, infatti, abbandona la sua sedia imbottita scattando come una molla e a grandi passi, quasi correndo, si precipita ad accogliermi con un larghissimo sorriso disegnato sulle labbra.

«Benvenuta. Che cosa ti è successo? Una slogatura? Un raffreddore improvviso? Un mal di pancia? Oppure un’emicrania?», le parole rotolano dalla sua bocca come sassi da una scogliera, stordendomi per un momento.

«No, niente di tutto questo. Solo una sbucciatura», rispondo io, esponendo la ferita all’analisi della donna.

Quest’ultima, dopo una prima e rapida diagnosi, mi chiede di seguirla dietro la tenda di uno dei tanti lettini, per procedere alla medicazione. Prima di ubbidirle, però, mi volto indietro per ringraziare ancora una volta Kuroko, ma lui non è più nella stanza e non importa quanto i miei occhi si affannino a cercare la sua sagoma, poiché sembra essere evaporata nel nulla. Se lo incontrerò di nuovo, mi assicurerò di sdebitarmi per il suo aiuto.

   
 
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