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Autore: Sandra Sammito    07/05/2016    4 recensioni
Da quando Stiles è stato paralizzato da quattro ragazzi sconosciuti, vive in un mondo parallelo, in cui lui si chiama Dylan O'Brien e in cui i suoi amici, in realtà, fanno parte di una serie TV chiamata Teen Wolf. Riuscirà a tornare alla vera normalità in cui viveva?
Tratto dal primo capitolo:
«Scott, io non capisco cosa stia…»
«Tyler.»
«Dannazione! Perché “Tyler”?»
«Perché è il mio nome? Tyler Garcia Posey?»
AVVERTENZA: Potrebbe esserci la presenza di SPOILER!
Genere: Comico, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12. ANAGRAMMA
 
«Malia? Sei davvero tu?» chiese Stiles, osservando la ragazza in ogni suo piccolo carattere peculiare, ogni sua curva, ogni sua angolazione, ogni linea.
«Stiles?» chiese ulteriormente la ragazza, con occhi colmi di stupore.
«Ottimo! Adesso anche Shelley si ci mette!» esclamò Britt, dimenando le mani con gestualità di arresa.
Stiles, però, non soppesò granché le parole di Britt, perché la sua focalizzazione era concentrata interamente su colei che disse di essere Malia e che, a tutto tondo, pareva proprio lei. Avanzò verso di lei, con le labbra semichiuse, e la ragazza fece lo stesso, ma con un sorriso elettrizzato. Quando furono talmente vicini da potersi toccare, le uniche cose ad essere unite in quel momento erano i loro sguardi, profondi e scrutatori. Sembrava che fosse il loro primo incontro, la mia prima vicinanza che li rendesse una coppia inseparabile. Stiles protese le mani sul suo viso. Quasi ebbe paura nello sfiorare quella pelle perfetta; quasi tergiversò perché temeva di scoprire che quella pelle fosse fatta di polvere perché frutto della sua immaginazione. Tuttavia, non appena le sue dita accarezzarono il suo viso levigato, le risposte emersero e la paura si dissolse con la brezza della sera.
«Malia!» sibilò Stiles, un sibilo carico di speranza, ardore e animosità. Quel tocco flebile produsse nel suo cuore una carica di elettricità, tale da riprendersi dall’ormai passato stato di vuotezza e dispersione. Era lei, era proprio lei. Era la ragazza di cui era innamorato, la ragazza per cui impazziva, la ragazza senza la quale il suo respiro decelerava a ogni minuto che passava.
Malia gli sorrise e si aggrappò alla sua mano mentre la accarezzava come fosse una soffice nuvola in procinto di disgregarsi. I suoi occhi a mandorla sorridevano più delle labbra, luccicavano di gioia immensa.
«Scusate? Vi disturbo forse?» li interruppe Britt, rossa dalla rabbia e dalla gelosia.
Stiles e Malia si voltarono a guardare la ragazza, il primo ricordandosi di doverle delle spiegazioni, la seconda chiedendosi: “Ma questa sta ancora qua?”.
«Britt. Adesso mi credi o no?» domandò Stiles.
Britt esitò, guardando prima Stiles, poi Malia, e poi di nuovo Stiles, con le pupille velate di lacrime. Scosse la testa e strinse i pugni dietro la schiena.
«Per quale motivo dovrei crederti? Perché dovrei credere a questa messinscena?» mugugnò Britt.
«Perché so che ami Dylan e so che lo vorresti qua, così come io voglio tornare a Beacon Hills. Devi fidarti» rispose Stiles.
Fu lì che Britt singhiozzò e, senza esprimere più una parola, rientrò nella roulotte. Stiles immaginava che sarebbe accaduto questo triste avvenimento, ma aveva già creato un bel casino nella sua vita, non avrebbe voluto incasinare anche la vita delle altre persone intorno a lui. Britt meritava la sincerità e Stiles non riuscì più a negargliela.
Sospesi per un momento i sensi di colpa, Stiles tornò a guardare la sua bellissima Malia e ancora non poteva credere che fosse reale.
«Come hai fatto ad arrivare qui?» chiese.
«Così come ci sei arrivato tu» rispose Malia.
«Quei brutti bastardi. Hanno deciso di scombussolare la vita anche a te» bofonchiò Stiles, accigliandosi di nervoso.
«L’ho deciso io» ammise Malia, provocando sorpresa in Stiles.
«C-cosa? Perché?»
«A Beacon Hills ho capito subito, ancor prima che lui lo confermasse, che Dylan non eri tu. E ho fatto di tutto per scoprire chi ne era stata la causa. Sai che riesco a ottenere quel che voglio, con tutti i pro e i contro. Perciò adesso… Eccomi qui» spiegò Malia.
«Sono stati quattro ragazzi strani? Uno di loro aveva una polenta rossa in testa?»
«Sì, proprio loro. Mi hanno detto che ti avevano preso e… Ho stretto un accordo.»
«No! No no, Malia. Che accordo hai stretto senza prima consultarmi?»
«Aspetta! Da quando devo chiederti il permesso?»
«Da quando le tue azioni sono dettate da un istinto sovrannaturale, che più delle volte manca di responsabilità e ragionevolezza.»
Malia incrociò le braccia, sfidando Stiles in un duello di sguardi provocatori. «Mi stai dicendo che tutto ciò che faccio è privo di razionalità?»
«No» si affrettò a controbattere Stiles.
«È questo ciò che trapela dalla tua frase.»
«Be’ hai capito male. Volevo solo dire che la mente di un licantropo non è lucida come quella di un umano.»
«Ancora? Ma che cavolo stai dicendo? Questo mondo ti ha dato alla testa?»
«Può darsi» rispose Stiles, rendendosi conto della scemenza che le aveva appena detto.
«E comunque non negare. Volevi dire che manco di responsabilità?»
«No, Malia. Ho detto no. Vuoi che te lo dica in spagnolo? NOH!»
Improvvisamente Stiles fu colpito da uno scheggiante schiaffo in pieno viso da parte di Malia. Mosse la mandibola e digrignò i denti per il dolore. «Okay. Questo me lo meritavo. Perdonami.». Ed ecco che ricevette un’altra sberla sull’altra guancia. Massaggiandosi la mascella disse: «E questo per che cos’era?»
«Per non avermi chiesto scusa per ciò che mi hai detto dei giorni fa, l’ultima volta che ci siamo visti» asserì Malia, questa volta con le mani sui fianchi.
«Uhm…». Stiles dapprima non ricordò, ma poi gli balenò in mente la frase che le disse e per cui si era ripromesso di chiederle perdono. Le aveva detto: “Be’ almeno io non mi trasformo in un mostro ogni luna piena”. Ora che ci pensava, non credeva possibile che fosse uscito dalla sua bocca un insulto del genere alla sua tenera ragazza.
«Ah già. Ricordo. Scusami tanto, davvero. Parlavo e parlo a vanvera» si scusò Stiles, facendo per abbracciarla. Ma Malia si scostò, falsamente offesa.
«Per stavolta ti perdono, ma faremo i conti a casa» sentenziò Malia, inarcando le labbra in un impercettibile sorriso.
«Adesso vuoi dirmi che accordo hai stretto con i fantastici quattro
«Abbiamo solo quarantotto ore di tempo per trovare una soluzione per tornare entrambi a Beacon Hills. Dopodiché se non ci saremo riusciti, rimarremo per sempre qui» dichiarò Malia.
Sul viso di Stiles tramontò il gelo e, a confronto, il Polo Nord era meno ghiacciato. La barriera sottile dentro la sua testa, che lo manteneva tranquillo e gli frenava gli scatti d’ira, adesso si era completamente sgretolata.
«Stai scherzando?»
«No. Non sto scherzando. Troveremo una soluzione, così come abbiamo sempre fatto» rispose Malia, facendo spallucce, quasi a sostenere a pieno la ragione che credeva risolutamente di avere.
Stiles strinse le labbra per non commettere atti omicidi e per trattenersi. «Malia. Solo perché sei la ragazza che amo non ti uccido seduta stante ma… Mi vuoi spiegare cosa ti fa credere che CI RIUSCIREMO IN QUARANTOTTORE?»
«Be’ non potevo stringere un accordo del genere, senza prima disporre di qualche indizio.»
«Perché? Hai un indizio?» chiese Stiles, scettico.
«Sì». Malia infilò una mano nella tasca ed estrasse un fogliettino di carta spiegazzato. Lo consegnò nelle mani di Stiles e questo lo aprì, fremente di curiosità. Sul foglietto, però, altro non c’era scritto se non una frase senza senso.
 
Haldoln Armei sha eth Marcho
 
«Questo lo chiami indizio? È un lingua morta, defunta, sepolta» asserì Stiles, leggendo e rileggendo la frase, anche al contrario, ruotando il fogliettino, sotto vari punti di vista… «Sei sicura che è un indizio? Chi te l’ha dato?»
«Lydia» rispose Malia, alzando un sopracciglio.
«Ah… Be’ allora, dobbiamo fidarci di lei. Ti ha dato anche un indizio sul come decifrare il suo indizio
«Stiles, è già tanto che sia riuscita a ottenere questo. È tutto ciò che abbiamo al momento.»
Stiles, studiando ancora la frase, parve illuminarsi nuovamente quando gli venne in mente la risposta. «È un anagramma.»
 
Nel frattempo, sotto un gazebo pericolante, il regista Russell e altri componenti della troupe, valutavano il ritrovamento della giacca strappata di Shelley. Nell’attesa che la polizia arrivasse per procurarsi un secondo indizio, i presenti teorizzavano su quanto potesse essere accaduto all’attrice scomparsa.
«Russell, questi sono strappi profondi provocati da artigli aguzzi. È sicuramente un lupo o qualche altra belva famelica» asserì uno degli attori.
«Ma non è possibile. In questa zona non ci sono lupi. E poi abbiamo scelto questa località per evitare di fare incontri pericolosi come questi» specificò Russell.
«Magari da uno zoo o un circo vicino è scappato un animale in cattività» ipotizzò un altro. «Dovremmo informarci.»
«Ragazzi, non ho molta esperienza, ma se l’avesse assalita un lupo o un’altra bestia, oltre agli strappi sulla giaccia, avrebbero dovuto esserci anche chiazze di sangue» dichiarò Tyler Posey, gustando delle tortillas piccanti. «Non credo che l’animale fosse un esperto chirurgo per effettuare dei tagli che non sfiorassero la pelle.»
«Ha ragione Tyler» disse Dylan Sprayberry.
Mentre ognuno dei presenti proseguiva la personale “indagine”, Holland era seduta su una sedia, in disparte, ancora offesa per lo scherzo di Dylan. Pensò e ripensò a ogni cosa che fece con lui, a tutto ciò di cui parlarono, e addirittura non sapeva come fosse riuscito a prenderla in giro tanto a lungo. E lei ci cascò. Si sentiva una sciocca. Doveva ammettere, però, che Dylan si era superato e che aveva reso lo scherzo alquanto reale. Si chiese soltanto perché, dopo che Britt le rivelò la verità, Dylan continuò a perseverare e a tentare di farle ancora credere che fosse Stiles. “Sarà che aveva in serbo altri scherzi” pensò Holland, passandosi tra le dita il ciondolo a forma di nota musicale che portava al collo. Non appena giunse la polizia, molti dei presenti – inclusa Holland – lasciarono il gazebo per rientrare in roulotte. Holland s’infilò sotto le coperte, infagottandosi per bene e rannicchiandosi su se stessa. Non passò molto, prima che si addormentasse.
 
I raggi lunari battevano sulla finestra della roulotte come fosse giorno. Gli occhi di Holland furono colpiti dall’abbagliante luce e furono costretti ad aprirsi lentamente. La ragazza scese dal letto e, a piedi scalzi, s’incamminò verso la porta. La spalancò e uscì allo scoperto. La luna, in realtà, non era altro che un grosso occhio di bue lucente, puntato direttamente sulla sua roulotte, su di lei. Nell’accampamento era presente solo la sua roulotte, tutt’intorno era libero e illimitato. Poggiò i piedi sul terreno arido e si guardò intorno sbalordita. Sobbalzò, però, quando qualcuno le venne incontro correndo e gridando: «Lydia! Lydia! Scappa!». Era Stiles, che rantolava e correva zoppicando. Dalla sua caviglia sgorgava sangue fresco e dietro di sé lasciava una scia rossastra. Quando Stiles l’afferrò per un braccio e la trascinò a forza, la ragazza si voltò indietro e l’unica cosa che vide apparire dallo scorcio di penombra lontana, fu un paio di occhi blu lucenti. 

 

Angolo dell'autrice
Vi sfido a decifrare l'anagramma di Lydia
prima che lo scopra Stiles 
;)
Il prossimo capitolo verrà pubblicato non oltre il 9 Maggio.
Alla prossima e grazie per la lettura.
Sandra Sammito
   
 
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