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Autore: Himawari__    07/05/2016    4 recensioni
Dopo una missione pericolosa, Tony bacia Steve: non è stato un gesto programmato, neanche lontanamente, ma è successo, e ora entrambi devono affrontarne le conseguenze.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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NOTE : fanfic scritta per Silvia, per il fic exchange del gruppo Oh Danny Boy, I love you so. Scusami per il ritardo: l'ho riscritta un sacco di volte, e in certi punti continua a non piacermi per niente, ma mi dispiaceva farti attendere ancora. :c
Il prompt, per chiunque fosse interessato, è il seguente:
Oh mio Dio, siamo vivi, siamo vivi! Pensavo e che saremmo morti e invece siamo vivi e ops. Nella foga ho baciato il mio super-etero compagno di squadra di cui sono innamorato e ora lo sto evitando.
Se mi volete bene, ricordatemi di non scrivere mai più niente di così lungo dal pov di Tony.
 

Come what may 

Oh you left a hole in me
But I don't cut easily
I'm only just holding up, on my knees
Think it's time to open up
I don't mean bleed
 
  • PARTE I
La tipica fortuna Stark lo aveva messo di fronte a un sacco di situazioni imbarazzanti, e fin da quando era bambino il destino e a volte anche le sue stesse decisioni avevano tratto un piacere perverso nell’accanirsi contro di lui in ogni modo possibile e immaginabile. In un certo senso, con la scienza dalla sua parte, nella maggior parte dei casi era riuscito a combattere il fato ad armi pari.

Nessun apparecchio scientifico, tuttavia, avrebbe potuto salvarlo dalle conseguenze di quel gesto così impulsivo.
Per un momento, Tony pensò di essere vittima dell’ennesimo, orribile scherzo di Loki, che lo aveva spinto con chissà quale maleficio a buttarsi fra le braccia di Steve per baciarlo così, senza alcuna pudicizia, davanti a tutti. Razionalmente parlando, una piccola parte della sua testa attribuiva tutta la colpa al fatto che sopravvivere da una situazione potenzialmente letale non fosse un’esperienza da tutti i giorni neanche per gli Avengers: rimanere otto ore bloccati all’interno una grotta sarebbe stato divertente con l’armatura di Iron Man a portata di mano, ma in abiti civili si era rivelato complicato, soffocante e molto pericoloso. Dopo un momento (o per meglio dire, mezz’ora abbondante) di panico, aveva constatato che chiamare a sé il completo era sconsigliabile, dal momento che ogni movimento brusco avrebbe potuto far crollare ulteriormente le pareti, così lui e Steve avevano dovuto aspettare che qualcuno dall’esterno li tirasse fuori.

L’aria all’interno si era fatta più rarefatta col passare delle ore, il respiro di Steve piano piano più irregolare, e Tony per un attimo si era convinto con orrore che avrebbe incontrato la Morte lì, sotto chili di rocce, senza neanche che il destino gli desse la possibilità di fare ammenda per i suoi errori (no, essere un genio, inventore, filantropo e supereroe a tempo perso non era sufficiente, secondo il suo punto di vista). A dispetto della brutta situazione, si era quasi preparato ad abbandonare la vita in pace: l’ultimo suono che avrebbe sentito sarebbe stata la voce di Steve, roca come non mai ma sempre così decisa, mentre lo tranquillizzava (“Ti porterò in salvo, Tony”); le loro mani erano rimaste intrecciate per tutto il tempo, in una stretta che si indeboliva ora dopo ora, e non avrebbe potuto chiedere di meglio. Nessuno dei due aveva voluto attribuire ulteriori implicazioni a quel gesto, se non la voglia di farsi forza l’un l’altro, ma in cuor suo Tony conosceva fin troppo bene il motivo per cui questo aveva avuto il potere di calmarlo: era lo stesso che lo spingeva a vedere Steve come un faro nella tempesta, o il muro maestro di un edificio (il suo) particolarmente traballante. Condivideva quei sentimenti con la maggior parte della popolazione, perché, andiamo, chi non apprezza Captain America? Ma non si trattava solo di quello, ecco.
Steve era… beh, era tutto per Tony, e non pensava fosse un eufemismo; i suoi pensieri, in uno stato catatonico attribuibile alla stanchezza e all’aria sempre più rarefatta, ruotavano unicamente attorno al suo Capitano, e a come avrebbe potuto aiutare almeno lui a uscire da quella situazione spinosa. Si sarebbe potuto salvare facilmente, fra siero e forza di volontà personale sarebbe sicuramente sopravvissuto, e se Tony se ne fosse andato in silenzio, gli sarebbe rimasto un po’ più di ossigeno da respirare, avrebbe avuto qualche possibilità in più…

Poi, erano arrivati i soccorsi sotto forma degli altri membri del team, e la gioia e lo stupore di Tony erano stati tale che – beh, il resto lo avete intuito. Aveva visto davanti a sé Steve, in piedi sulle sue barcollanti gambe, col sorriso più bello e radioso che il suo viso avesse mai indossato, e nulla gli era sembrato più perfetto prima di quel momento. Il pensiero che ‘oh Dio, siamo vivi, è vivo, non l’ho perso’ gli aveva martoriato il cuore a tal punto che lo aveva abbracciato con una forza che non pensava di possedere, non dopo tutte quelle ore al chiuso con la convinzione di morire da un momento all’altro, e lo aveva baciato.

No, dentro di sé non se ne pentiva.

Non che si fosse aspettato un qualche tipo di accettazione positiva e propositiva, sia chiaro, anche perché lui stesso stava avendo enormi difficoltà ad elaborare l’intera situazione, ma la reazione di Steve sarebbe risultata quasi comica, se non fosse stata così fredda, quasi disgustata: rimase immobile sotto il suo tocco, con la postura rigida di chi è stato preso di sorpresa e non sa come reagire, le braccia lungo i fianchi e il respiro mozzato.

A dispetto di tutto, quel contatto fu piacevole. Le sue labbra erano increspate e il suo volto sporco di terra e fanghiglia, ma era vivo come mai gli era sembrato prima, e il suo cervello gli aveva urlato di baciarlo in quel momento, perché – e se il destino avesse deciso di nuovo di giocare con loro? Se non avesse avuto più nessun’altra possibilità?

Il rumore dello scatto di una macchina fotografica, tuttavia, interruppe bruscamente il momento idilliaco, e diversi flash tutt’attorno per un attimo lo accecarono. In quel momento, Steve si districò bruscamente dall’abbraccio e si allontanò, l’espressione sul volto colma di un tale imbarazzo che, per un momento, il ragazzino impacciato e timido di Brooklyn sembrava aver preso il posto del super soldato.

Attorno a loro, i reporter presenti – oh, accidenti, era accorsa la dannatissima stampa e neanche se n’era accorto! – bisbigliavano fra loro, lanciandogli occhiate che andavano dallo sconcertato allo stupito. Alcuni, notò Tony con una punta di disprezzo, non tentavano neanche di mascherare il loro disgusto. Tony era abituato all’attenzione della stampa, e gli era sempre piaciuto vivere al centro dei riflettori, ma per Steve quel momento doveva essere fastidioso se non addirittura mortificante.

Ed era tutta colpa di Tony. Solo lui poteva nella titanica impresa di umiliare Captain America davanti a tutti, dannazione; se avesse potuto, si sarebbe scavato la fossa con le sue stesse mani.

Cercò lo sguardo di Steve, ma lui sembrava evitare ostinatamente il suo sguardo – o quello di chiunque –; fissava con ostinazione quasi ammirevole il terriccio sterrato sotto le loro scarpe, cercando di nascondere alla vista dei giornalisti il suo volto color peperone.

È colpa tua, gli sussurrò una vocina malevola all’orecchio. Come al solito, hai rovinato tutto.

Nel frattempo, e quasi non se n’era accorto, i loro compagni si erano posizionati a mo’ di cerchio protettivo attorno a loro. Mentre Bruce controllava che nessuno dei due fosse ferito, gli altri tentavano di fare del loro meglio pur di tener lontana l’attenzione fastidiosa dei reporter, coprendo i volti dei compagni fotografati e lanciando occhiate in cagnesco tutt’attorno.
In un altro momento Tony li avrebbe ringraziati, ma lì, su quel dirupo scosceso, aveva solo voglia di scolarsi una bottiglia di whiskey per dimenticarsi di tutto e dormire. Possibilmente per sempre.

“Ahem. Questo sì che è imbarazzante,” commentò Clint ad alta voce, un sorriso teso rivolto alle telecamere; per quanto gli altri si impegnassero a mantenere la loro privacy, comunque, il danno era fatto.

Avevano scattato delle foto.

Avevano scattato delle foto di lui e di Steve mentre si baciavano. Entro poche ore, l’America avrebbe avuto la prova in mondovisione di quanto il chiacchieratissimo Tony Stark fosse moralmente discutibile. Già immaginava i titoli delle testate giornalistiche: ‘Sex Symbol Miliardario Seduce Giovane Simbolo A Stelle e Strisce’, e ancora: ‘Scandalo a Luci Rosse all’Avengers Tower’. Avrebbe potuto anche trovarlo divertente, se i futuri articoli scandalistici avessero coinvolto lui e qualcun altro, ma si trattava di insudiciare la fama di Steve Rogers, dello stradannatissimo Captain America, dell’uomo di cui – e gli faceva paura anche solo pensarlo – era innamorato.

Complimenti, Tony. Sei riuscito a rovinare anche questa bella possibilità.

“Dobbiamo parlare a Fury,” mormorò Natasha all’orecchio, in un tono così autoritario e deciso che riuscì in parte a ridestarlo dai suoi pensieri negativi; si ritrovò ad annuire in automatico, lasciandosi condurre verso la base operativa dello S.H.I.E.L.D. senza opporre resistenza. Quando si allontanarono dalla zona dell’incidente, i ‘click’ impietosi delle varie macchine fotografiche lo inseguirono morbosamente, ricordandogli, ancora una volta, quanto il suo gesto fosse stato stupido, egoista e sconsiderato.

Non credeva di aver mai sentito un rumore più assordante prima d’allora.
 

 
  • PARTE 2
Non ricordava di preciso come fossero arrivati da quel punto sperduto dell’Arizona alla base dello S.H.I.E.L.D.; il viaggio era stato silenzioso più che mai, carico di silenzi imbarazzanti e una tensione che raramente prima di allora si era percepita all’interno del gruppo. Più volte Clint aveva provato ad intavolare una conversazione, ma nessuno aveva avuto l’animo di dargli corda in quel tentativo di ammorbidire il clima. Alla fine, a differenza di Steve, che aveva trascorso tutto il tempo a occhi chiusi, in una pantomima poco convincente dell’uomo stanco e provato, Tony aveva semplicemente deciso di ‘spegnere il cervello’ e non pensare più a nulla, in modo tale da conservare le energie per la ramanzina che Fury indubbiamente gli avrebbe propinato a forza. In un certo senso, era riuscito nel suo intento: era come se avesse ordinato a tutti i suoi sensi, in una sorta di meccanismo di autodifesa, di mettersi spontaneamente a tacere. Era la prima volta in cui aveva così pieno controllo su se stesso, e quella reazione così fredda spaventava perfino lui.

Una volta giunti in infermeria, con un Bruce che trafficava attorno a loro senza posa, Nick Fury li raggiunse in breve tempo. Era difficile che già non sapesse cosa fosse successo, dall’incidente nella grotta a – a quello, ecco. Aveva cercato durante il viaggio di scacciarne il pensiero, ma ora che si ritrovava lì, con Steve che si rifiutava di guardarlo negli occhi e lo sguardo di Fury che pesava sulla sua nuca come un’incudine, il fatto compiuto lo colpì con un gancio destro degno di Hulk: aveva baciato Steve Rogers.

L’aria attorno a loro si poteva tagliare con un coltello, tuttavia l’espressione di Fury non trasudava alcun tipo di emozione; dopo aver ordinato a Natasha e Clint di recarsi da Coulson per fare rapporto, aspettò che le due spie uscissero dalla stanza angusta prima di aprir bocca. Prese posto su una sedia di fortuna fra la branda di Tony e quello di Steve, e incrociò le braccia al petto.

“Allora?” Domandò brevemente, la voce senza inflessioni particolari, e Tony si lasciò sfuggire un respiro di sollievo, perché ovviamente avrebbe voluto discutere prima di tutto della missione. Sentì lo stomaco fare piroette, e si lasciò sfuggire un sorriso spontaneo e rilassato.

Sorprendentemente – ma anche no, dopotutto – fu Steve a prendere la parola. “Ci siamo recati sul posto come da indicazioni,” iniziò a spiegare, chiaro e conciso; sebbene la sua voce fosse ancora provata, riuscì a mantenere lo sguardo alto e fiero mentre faceva rapporto, e Tony non poté che ammirarlo un po’ per la sua freddezza di carattere. “Black Widow e Hawkeye sono rimasti entro 150 metri dall’obiettivo, in caso fosse arrivato qualcuno di sospetto. Il dottor Banners ci ha accompagnati in qualità di backup, ma la sua partecipazione attiva alla missione non era prevista.”

“Poi? Stringa, Rogers, i convenevoli non mi piacciono.”

“Poi,” incalzò lui, mordendosi il labbro inferiore. Era evidente che stesse facendo forza su se stesso pur di mantenere la calma e non alzare la voce contro Fury. Con una punta di imbarazzo, Tony si domandò brevemente se Steve avrebbe avuto il coraggio di arricchire il racconto con le promesse sotto alle rocce, le mani che si cercavano, le dita intrecciate, il calore delle loro pelli le une contro le altre. “Stark ha posizionato l’armatura fuori–”

“Il luogo era schermato.” Lo interruppe Tony con impazienza; sperava di aiutarlo e toglierlo dall’impiccio, ma ottenne sono un’occhiata di traverso “Da fuori i sensori non percepivano nulla di anomalo, la struttura sembrava resistente, così ho pensato di lasciare Mark VII in assetto difensivo intanto che cercavo con Rogers i progetti.”

“Ma a quanto pare era tutta un’ingegnosa trappola. Teschio Rosso si è portato via i progetti dell’arma prima che arrivassimo, e ha fatto saltare in aria a distanza la caverna.”

Calò il silenzio. Lo sguardo di Fury saettava ora su Steve ora su Tony; il comandante stava esaminando le loro espressioni con discreta attenzione, come in attesa di qualcosa.

Nessuno dei due aggiunse altro al racconto, e il silenzio si protrasse per diversi minuti.

Con la voce esasperata di chi ne ha viste veramente troppe nella sua vita, Fury chiese brevemente: “Sapete cosa farete, per quanto riguarda la parte di racconto che così generosamente avete voluto omettere? Stark? Rogers?”

“No.”

“Sì.”

Tony lanciò uno sguardo disperato a Steve, il quale, ancora una volta, abbassò il capo, in tensione. Lo avrebbe odiato, se non fosse stato… beh, lui, ecco. Solo gli invidiosi o i cattivi potevano provare un sentimento negativo nei suoi confronti, e lui non riteneva di appartenere né all’una né all’altra categoria. Come si poteva anche solo pensare di odiare Capitan Meraviglia?

“Era una domanda retorica. Non m’interessa sapere quello che voi fareste, poiché agirete come vi dirò io.” Fury, con il suo solito fare democratico, esibì il primo sorriso da quando era entrato nella stanza; era un’espressione piuttosto inquietante, una maschera di esasperazione e gioia perversa che fece venire a Tony più di un brivido lungo la schiena. Ecco, ora odiava un po’ anche lui. “Come vi comporterete fra voi non è un mio problema, finché non lederà le attività dello S.H.I.E.L.D. e della squadra. Per quanto riguarda le relazioni col pubblico, ignorerete quanto è successo, molto semplicemente. Ne sarete capaci?”

Tony chiuse gli occhi. Pensò al bacio, alle sue braccia sulle spalle di Steve, alla sua reazione così spropositata, e a quanto in quel momento si fosse sentito piccolo e insignificante. Pensò alla mano stretta attorno alla sua sotto terra, alle parole di incoraggiamento fioche ma solidissime, al fatto che Steve ci fosse sempre stato per lui.

“Non sembra difficile.” Commentò, infine, con un ampio sorriso.

Steve lo guardò per la prima volta dall’incidente, e la sua espressione trasudava un tale stupore misto a tristezza che Tony fu costretto a evitare abilmente il suo sguardo, fissando la benda sull’occhio di Fury come se fosse la cosa più interessante del ventunesimo secolo. Sebbene in quel momento Steve lo avesse fatto sentire come un killer seriale di cuccioli di foca, con un po’ di forza di volontà avrebbe potuto ignorare tutto questo, sì. Era sempre stato bravo a fare slalom fra una complicazione e l’altra, evitando abilmente ogni responsabilità a riguardo – se fosse stato un corso di laurea, gli avrebbero conferito il diploma honoris causa.

Fury gli lanciò una lunga occhiata, poi sbuffò nella sua direzione, portandosi una mano alla fronte.

“Ehy, cosa ho fatto di male questa volta?” Domandò Tony a voce alta, offeso.

La sua protesta venne accolta solo dal silenzio.
 

 
  • PARTE 3
L’indomani, ovviamente, la stampa si sbizzarrì. Jameson probabilmente aveva avuto l’orgasmo più potente della sua vita mentre, sotto ai soliti insulti casuali rivolti a Spider-man, aveva approvato la pubblicazione di una foto a colori del famigerato bacio, accompagnata da un titolo a dir poco fuorviante.
 
‘Playboy Tony Stark miete nuove vittime: mamme, tenete al sicuro i vostri ragazzi!’
 
Tony arrotolò il giornale con un gesto secco, lasciandosi sfuggire una breve risata davanti a tutta quell’ironia: per una volta che si dimostrava seriamente interessato a qualcuno, e che si faceva avanti con il cuore in mano, ecco che il mondo gli si ritorceva contro nel peggiore dei modi possibili. Steve non avrebbe dovuto vedere l’articolo in questione, ma, beh, non aveva messo via il giornale abbastanza velocemente: la sua espressione quando scorse il titolo fu impagabile, un mix quasi divertente di stupore e vergogna, e senza farsi guardare in volto era uscito dalla cucina con passo pesante, senza neppure portare con sé la colazione che gli aveva preparato Bruce.

“La vostra fotografia è su tutti i giornali,” commentò quest’ultimo con espressione divertita, quando il Capitano fu fuori dalla portata di udito.

“Tutto questo è un brutto incubo,” Tony, guardando la porta da cui era uscito Steve, addentò una fetta di pane tostato “risvegliatemi, per favore”

Thor, appoggiato ad uno scaffale, masticando incessantemente Dio solo sapeva cosa, puntò il dito verso di lui. La sua espressione era allegra e giovale, come se non stesse assistendo ad uno dei momenti più bassi della vita del grande filantropo Tony Stark. “L’unione di grandi guerrieri è sempre motivo di grande gioia, ad Asgard.” Tony pensò brevemente che, se l’unica frase saggia pronunciata fin’ora era uscita dalla bocca di Thor, la situazione non prometteva proprio nulla di buono. “Non comprendo il motivo per cui qui a Midgard un simile atto susciti reazioni tanto virulente, ma non giudico.”

Bruce gli diede una pacca sulla spalla. “Neanche io lo capisco, ma secondo me tutta questa situazione può portare anche qualcosa di positivo. Il gruppo sta dando un’immagine molto aperta e gay-friendly, e–”

“Bruce, no.” Sbottò Tony. Si alzò dal tavolo con fare seccato, e iniziò a prepararsi un altro caffè senza troppe cerimonie; non si fidava di quello preparato dagli altri, poiché solitamente conteneva poca caffeina e troppa acqua calda per i suoi gusti “Qualsiasi cosa tu stia per dire… no. Hai sentito Fury, vero? ‘Tu non hai visto niente’,” scimmiottò con voce profonda, perché Madagascar era un film bellissimo e quando poteva, cercava di portarlo all’attenzione di chiunque; Thor inarcò un sopracciglio, ma non commentò. “Agiremo come ci ha ordinato il grande capo: fingeremo che non sia successo nulla.”

“Non ha detto di ignorarlo nella sfera privata, Tony.” Gli fece notare Natasha con esasperazione, e Tony come unica risposta intelligente riuscì a esibire una scrollata di spalle e incamminarsi verso il laboratorio. Una volta sull’uscio della cucina, si rivolse a tutti quanti.

“Eseguiamo gli ordini! Voi non avete visto niente!”

Poi, senza attendere una risposta, si recò giù dalle scale, fischiettando un motivetto poco conosciuto.

A dispetto di tutti i suoi più nefasti pensieri, fu abbastanza semplice ignorare Steve: rinchiudersi in laboratorio diventò più una via di fuga che una necessità professionale o semplice divertimento, e Steve aveva rinunciato al compito di portargli i sandwich quando si dimenticava di mangiare perché… boh? Non era sicuro di volerlo sapere, ma finché non ledeva il suo ingegnoso piano dal titolo ‘ignoriamo l’uomo che vorresti scoparti fino alla morte e oltre’, beh, andava ancora bene.
Sfortunatamente, gli altri membri del team non si dimostrarono così accomodanti. A distanza di una settimana, infatti, i media non avevano smesso di assediare l’Avengers Tower, e per quanto Tony ci fosse abituato, e trovasse sollazzo nelle ore trascorse a nascondersi in laboratorio, provare a riprogrammare Dum-E per poi buttare ogni programma nel cesso (in senso letterale e figurato), Steve non la stava prendendo con altrettanta filosofia.

Da quando si erano baciati aveva iniziato a ignorare Tony a sua volta, con una testardaggine quasi ammirevole, e ovviamente l’affiatamento del gruppo iniziava a risentirne. Certo, Tony avrebbe potuto affrontarlo e scusarsi, perché dopotutto era lui il baciatore seriale, e in alcuni paesi un bacio non autorizzato effettivamente era molestia, e non voleva passare come molestatore – solo che no, il solo pensarci lo gettava in uno stato che rasentava il panico. Avvicinarsi a Steve era già abbastanza difficile normalmente, figurarsi dopo una scena così imbarazzante.

Per dirgli cosa, poi?

“Scusami, non avrei voluto baciarti senza il tuo consenso. A dispetto del Bugle che ciha preso per pervertiti promiscui e di Fury che dietro l’atteggiamento passivo-aggressivo vuole farci la pelle, io vorrei rifarlo, se a te va.”

No.

“Siete patetici,” commentò Natasha ad alta voce un giorno, durante una sessione di allenamento particolarmente impegnativa che vedeva l’intero team scontrarsi contro un’armata di robot. Steve, che aveva appena mandato k.o. un robot dalle fattezze di Clint (Tony si era divertito un sacco a programmarlo), avvampò in modo quasi preoccupante, e corse fuori dalla palestra con la testa china e le spalle curve; Tony sbuffò ad alta voce, alzando le braccia verso il soffitto, ma non si mosse.

“Pensa ai tuoi di affari amorosi, Natasha,” sbottò Tony “come sta il tuo soldatino preferito, piuttosto? È tornato dal Bangladesh, o dove lo hanno spedito per--”

“Non ci provare.” Fu la sua risposta pragmatica. Dopo un colpo ben assestato ad uno dei robot rabbiosi, si voltò verso di lui e lo guardò intensamente. A dispetto dell’abbigliamento trascurato e dei capelli raccolti in una crocchia disordinata, incuteva più timore che mai. Tony si scoprì a invidiare, per l’ennesima volta, la sua presenza imponente “A differenza vostra, sono abbastanza intelligente da riuscire a separare sentimenti e lavoro.”

“Io sono intelligentissimo.” La replica di Tony giunse debole perfino alle proprie orecchie. Schivò il pugno del primo automa, ma il secondo lo colpì dritto sull’elmo dell’armatura, mandandolo per poco a terra. Grugnendo e imprecando contro la sua sfortuna, sparò un raggio laser a entrambi i robot, in una dimostrazione di violenza forse un po’ troppo eccessiva per la situazione. “Se non fosse così, non avrei potuto progettare questa mirabolante opera di ingegneria --”

Come se avesse sentito e compreso le sue parole, il robot contro cui stava combattendo Clint si spense d’improvviso, emanando un sottile fumo dalla piccola antenna che spuntava dal capo. Clint scoppiò in una risata sguaiata, Natasha roteò gli occhi con fare disperato, e Tony si lasciò sfuggire l’ennesimo sospiro.
 
  • PARTE 4
Per un paio di settimane, il rapporto fra Steve e Tony procedette più o meno secondo uno schema strano, ma specifico e ben collaudato: quando uno dei due entrava in una stanza, l’altro ne usciva con scuse sempre più barbine. Tony avrebbe anche potuto trovarlo divertente, se non fosse stato così arrabbiato con l’universo intero. Mai come in quel periodo avrebbe voluto avere le capacità della Donna Invisibile: sparire nel nulla per un tempo indefinito non gli era mai sembrato più allettante di allora.

Sperava che con il passare dei giorni l’imbarazzo e il sentimento sarebbero affievoliti, invece sentiva di essere sempre più prossimo al collasso nervoso. La bottiglia non gli era mai sembrata più allettante prima di allora, e dovette ricorrere all’aiuto di Pepper un paio di volte per non ricadere in quel tunnel dal quale era riuscito a uscire con così tanta fatica. Pepper, ovviamente, non conosceva i dettagli di quanto accaduto, se non attraverso le riviste scandalistiche e qualche talk show di quartultima categoria, tuttavia gli aveva offerto appoggio laddove molti altri si sarebbero rifiutati anche solo di ascoltarlo; solo per quello, avrebbe meritato una promozione assicurata, se non fosse stata già la punta di diamante della Stark Industries.

Tuttavia, essere parte degli Avengers non comprendeva esclusivamente combattere villain di pessimo gusto e sventare piani di dominio degni di Basil l’Investigatopo: grazie alla loro fama una volta al mese tenevano una festa di beneficenza, devolvendo il ricavato a questa o quella ONLUS, giusto per dimostrare che, oltre a distruggere, gli amichevoli vendicatori di quartiere erano capaci anche di contribuire concretamente a creare, in qualche modo.

Alla festa, ovviamente, Steve evitò accuratamente di avvicinarsi a lui, se non per il discorso di benvenuto. Tenutosi sul piccolo palco allestito ad hoc a Central Park, fu probabilmente uno dei momenti più imbarazzanti e carichi di tensione della sua vita – e questo la diceva lunga, considerando che tutta la sua esistenza ultimamente sembrava composta da una serie infinita di disgrazie tragicomiche.

Steve, avvolto nel completo scuro di finissima sartoria, era bello come non mai: parlava di salvare vite e contribuire al miglioramento sociale nello stesso modo appassionato che un artista utilizza per descrivere un’opera d’arte particolarmente pregna di significato.

Era anche per quello, forse, che si era in– che gli piaceva, ecco. Riusciva a condire discorsi drammatici o normalmente noiosi con una tale passione e forza che la platea non poteva che rimanere in silenzio e bere le sue parole l’una dietro l’altra. Il dono della dialettica era uno dei punti forti di Tony, per carità, ma dubitava che sarebbe mai riuscito a reggere un discorso in pubblico con così tanta… sincerità, sì, forse era l’unico aggettivo adatto a definirla.

Il discorso venne accolto dal pubblico con una marea di fragorosi applausi, e la voglia di bere di Tony aumentò un poco. Provò a salutare Steve con un sorriso, perché gli sarebbe piaciuto davvero recarsi da lui e complimentarlo di persona, ma questi si voltò di scatto e incominciò a parlare con una donatrice dal pesante accento tedesco, e ogni suo buon proposito fece la stessa fine dei toast preparati da Dum-E: bruciacchiati nel cestino della spazzatura.

Cercando di mantenere un portamento per lo meno dignitoso, si dipinse un sorriso sul viso e si recò al tavolino degli aperitivi, con l’intenzione di prendere qualcosa da bere. Prima che potesse metter mano sul primo cocktail, tuttavia, un giornalista gli mise una mano sulla spalla e lo approcciò con un sorriso tanto professionale quanto vuoto di emozioni. Era un uomo grassottello e molto alto, dalle guance rosee e gli occhi affamati di scoop, stretto in un abito troppo elegante perfino per quel genere di cerimonia. Al polso portava due polsini dorati, sicuramente falsi quanto una banconota da tre dollari.

“Signor Stark,” iniziò con voce melliflua. “sono Yorick, del Bugle. Potrei farle qualche domanda?”

Tony gli sorrise. “Dipende, signor Yorick. Possiamo parlare fino a domani mattina della raccolta di fondi, ma se intende chiedermi altro, temo che—”

“Vorrei parlare del suo rapporto con Rogers. Nessuno dei due ha ancora rilasciato una dichiarazione ufficiale, e il pubblico vuole sapere—”

Bingo.

“Io vorrei la pace nel mondo, eppure mica la posso ottenere. Il pubblico dovrebbe imparare a essere un po’ meno viziato.” Lo interruppe, spiccio, ogni traccia di simpatia sparita dalla voce.

“Ma signor Stark, deve capire l’importanza di—”

“Che succede?” Sorprendentemente, a interromperli fu Steve. Avvicinandosi a loro con passo misurato, si portò accanto a Tony; seppure il suo volto fosse arrossato dall’imbarazzo, sostenne lo sguardo del giornalista con fermezza. In mano, aveva due cocktail, uno dei quali lo porse a Tony senza troppe cerimonie. “T-tieni, amore, ti ho portato quello che mi avevi chiesto.”

Tony si riteneva abbastanza bravo a mascherare le sue emozioni, ma si sarebbe aspettato tutto da Steve fuorché un atteggiamento come quello: lo aveva ignorato per intere settimane, per poi comportarsi così davanti a un giornalista?
L’espressione di Yorick, tuttavia, fu così divertente a vedersi che non riuscì a trattenere una risata. Prese il cocktail di mano a Steve, e lo guardò negli occhi, cercando un segno che lo spingesse a interrompere quella recita ridicola, qualsiasi cosa pur di allontanarsi da lì e fingere che fosse tutto uno scherzo. Il suo sguardo, tuttavia, era sincero come lo era stato nel palco pochi minuti prima, e Steve annuì brevemente nella sua direzione.

Aveva imparato a conoscerlo abbastanza bene in quel periodo trascorso a dar la caccia ad extraterrestri ostili e minacce varie ed eventuali, e il messaggio che stava urlando in silenzio era così chiaro e disarmante che Tony rimase di sasso: non stava mentendo, non era una finzione. Per qualche strano scherzo del destino, Steve era imbarazzato, sì, ma serio.
“Grazie.” Gli rispose. Riconobbe a malapena la voce flebile che uscì dalla propria bocca, così diversa dal tono arrogante che adoperava di solito per… per qualsiasi situazione, ecco. Quando cinse il fianco di Steve con un braccio, il gesto abbastanza sicuro da mostrare al giornalista che era un’abitudine, ma lento per dargli il tempo di scostarsi, il ragazzo biondo gli sorrise.

Per la prima volta dopo quel giorno, Tony si sentì di nuovo bene.

 
  • EPILOGO
“E così, hai preso una botta in testa molto forte.”

La festa era finita da un paio d’ore, tuttavia lui e Steve erano rimasti al parco, distanti da occhi indiscreti, ad osservare da lontano ragazzi e ragazze che brulicavano attorno alla zona, per mettere a posto e pulire.

In piedi con la luce del tramonto che accarezzava il suo viso, Steve non gli era mai parso più affascinante di così, e il sorriso felice, che non sembrava voler abbandonare le sue labbra, lo rendeva, se possibile, ancora più bello.

Si stava ammalando. O quello, o l’amore lo stava instupidendo a livelli esponenziali.

Sornione, Steve raccolse la provocazione con una scrollata di spalle. “Forse. Sarà colpa dei macigni nella grotta, o forse…”
Forse?” Tony gli strinse la mano con la sua, senza abbandonare il suo sguardo.

“O forse, mi sei mancato in queste settimane. Ho provato a evitarti, ma scappare dai problemi è stupido, e da parte mia è stato un atteggiamento da codardo. Poi ho sentito cosa ti diceva il giornalista, e…” Steve si fermò, mordicchiandosi il labbro inferiore, gli occhi azzurri luminosi come non mai “dovevo mettere le cose in chiaro in primis fra noi, poi con il resto del mondo.”

Tony portò la mano libera sul suo viso. Ne accarezzò i lineamenti duri, la curva del naso, gli zigomi pronunciati, quasi come se non credesse davvero di star vivendo quel momento, lì ed ora. “Domani la foto che ci ha scattato Yorick sarà su tutti i giornali.” Mormorò, senza troppa convinzione.

Sotto quel tocco, Steve chiuse gli occhi. “Sia quel che sia.” Ribatté, e annullò la distanza fra le loro bocche senza esitazione.
   
 
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