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Autore: LadyStark    09/05/2016    0 recensioni
"Bhe, ci sei andato vicino, ma hai commesso un errore, hai finto di avere qualcosa che lui non ha"
"Cosa?"
"Sentimenti umani"
Se un caro amico del Dottore, fosse al centro di una distorsione temporale nella Londra odierna?
Se Il Dottore venisse distolto dai suoi piani da una massa di capelli rossi? E se si rendesse conto che, per sconfiggere il suo nemico avesse bisogno di un umano da una mente brillante e umana?
[Sherlock Crossover]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angeli Piangenti, Companion - Altro, Doctor - 12, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Eccomi tornata con quello che si può definire il capitolo conclusivo della storia, anche se la storia non finisce. Come è possibile? Ho previsto un epilogo per spiegare bene alcuni punti e per prendermi qualche licenza (come se invece per ora fossi stata ligia ai personaggi in ogni riga). Ammetto che concludere la storia è sempre un po’ una gioia e un dispiacere. Sono soddisfatta di essere riuscita a portare a termine questa cosa, dopo un po’ di tempo di mia assenza dal sito, ma ormai mi ero affezionata ai personaggi e alla storia in sé e un po’ mi dispiace essere arrivata alla fine.  Bene, basta sproloquiare, vi lascio al capitolo, buona lettura! ;)
 

 
14. Punti Fissi nello Spazio-Tempo
 
Linda era china su Artù, gli occhi velati di lacrime. Continuava a chiamarlo, accarezzandogli il viso. Dietro di lei, Molly la guardava cercando di distaccarsi almeno un poco dalla sofferenza che capiva la rossa stava provando.  Accanto a lei, Sherlock incarnava la quintessenza del distacco, o almeno così sembrava: continuava a far vagare lo sguardo all’interno della Tardis, immagazzinando tutte le informazioni che poteva raccogliere. Guardava ovunque, tranne che nella direzione di Linda.
Il Dottore le dava le spalle, continuando a premere pulsanti e azionare leve sul pannello di controllo. I suoi movimenti erano inutili e lui ne era consapevole, ma non voleva girarsi e assistere a una morte, non ad un’altra morte. Non a un altro amico che se ne andava.
- Artù, ti prego svegliati – pianse Linda.

Il Dottore chiuse gli occhi. Aveva sentito troppe volte quel tono nella voce delle persone. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per non sentire più quelle suppliche, ma era consapevole che il suo era un desiderio utopico.
Con uno strattone, la Tardis atterrò e subito il Signore del Tempo superò Linda, aprendo la porta e rivolgendosi a Sherlock mormorò con voce grave – Aiutami a portare il re fuori di qua –
Linda iniziò a singhiozzare rumorosamente quando il consulente investigativo si avvicinò a lei, la superò e si chinò per poter afferrare il corpo di Artù.

- Dottore, no, ti prego! Non puoi lasciarlo morire! – singhiozzò la rossa – non ti ricordi cosa mi avevi detto? Tu hai creato la leggenda di Artù, non può morire – si alzò, avvicinandosi al Signore del Tempo, cercando di asciugarsi le lacrime con una mano – se lui muore la Storia cambia! Me lo hai insegnato tu no? Non possiamo… -  le parole le morirono in gola quando spostò lo sguardo dal Dottore al paesaggio.

La Camelot che aveva visto la prima volta, rigogliosa e al culmine del suo splendore, non esisteva più: al suo posto vedeva il castello di Camelot in quella che era un’evidente guerriglia interna. Da più punti del palazzo vedeva fiamme e fumo innalzarsi al cielo e ovunque soldati impegnati a combattere. Alcuni invocavano il nome di re Artù, altri invece sembravano maledirlo.

Linda allora capì, smettendo di piangere all’istante. Guardò il Dottore nella speranza di ricevere uno sguardo d’intesa, ma lui fissava il vuoto, il volto teso e le sopracciglia aggrottate.

- Dottore – sussurrò lei – tu puoi tornare indietro giusto? Puoi cambiare le cose. Puoi riscrivere la storia, vero? –
- Esistono dei Punti Fissi all’interno della Storia. Fatti che è necessario si compiano. La caduta di Camelot è un punto fisso – replicò lui.
- La morte di Artù invece no – completò lei la frase. Il Dottore avrebbe voluto cercare di farle capire che alcuni avvenimenti erano al di sopra delle sue facoltà, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu dirle di rientrare nella Tardis. Lei rimase in silenzio, immobile, incapace di trovare una reazione alle parole dell’uomo. Poi una voce la fece voltare.

Era poco più che un sussurro, ma fu sufficiente per riaccendere la speranza di Linda; un braccio attorno alle spalle di Sherlock, le gambe che a malapena lo sorreggevano, re Artù aveva aperto gli occhi.
- Artù! – esclamò Linda avvicinandosi a lui.
Il re sembrò faticare a mettere a fuoco l’immagine della ragazza ma quando la riconobbe, sorrise.
– Linda, la ragazza che viene dal futuro – mormorò con fatica – mi piacerebbe insegnarti le usanze di Camelot –
La rossa si sforzò di sorridere – Ne sarei onorata – mormorò in risposta.

- Artù, credo che Camelot abbia bisogno di Voi ancora una volta – disse il Dottore tenendo un braccio in direzione del sovrano. Sherlock aiutò il re ad avvicinarsi alla porta della Tardis, mentre Linda, si dirigeva dalla parte opposta, premendo una mano sulla bocca per impedirsi di far sentire i suoi singhiozzi. Molly le si avvicinò cauta, poggiandole una mano sulla spalla, sorprendendosi un poco nel vedere la reazione della giovane, che si buttò tra le sue braccia, scoppiando a piangere. Non vide Artù uscire, né il Dottore e Sherlock rientrare, né si accorse dei motori della Tardis rimettersi in moto.
 


Quando rientrarono a Londra, Il Dottore chiese a Sherlock di verificare la storia si fosse rimessa a correre sui binari giusti. Lui chiuse gli occhi per qualche secondo, per poi annuire. Linda non riusciva a capire come poteva la Storia essere di nuovo a posto: re Artù era morto. Probabilmente il suo cadavere era stato trovato, il suo mito non era mai nato, come poteva la Storia essere a posto?
- Bene,  suppongo possiamo salutarci – disse il Dottore allungando una mano in direzione di Sherlock. Lui la fissò, studiandola per qualche istante prima di ricambiare la stretta
- C’è un punto che non riesco a comprendere – disse e tutti intuirono quanta fatica gli fosse costata quella frase.
- Pensaci, quando avrai capito chiamami pure, se sono su una galassia vicina passo a prendere un the. – disse il Dottore, per poi guardare Molly avvicinandosi a lei, passandole un bigliettino in maniera furtiva – chiamami se scopri che è un alieno – le sussurrò. Molly  rise, abbassando lo sguardo e, dopo aver ricambiato il saluto e aver stretto le spalle di Linda brevemente, si voltò incamminandosi verso casa sua, senza guardare indietro. Una parte di lei voleva aspettare Sherlock, chiedergli di tornare a casa insieme e parlare di quello che avevano appena vissuto, ma non voleva subire una nuova delusione. Per un poco, voleva nutrirsi ancora dei ricordi che aveva provveduto a collezionare. Aveva bisogno di metabolizzare tutti gli avvenimenti e le glaciali deduzioni di Sherlock Holmes che riportava tutto a una rigida stringa di successione di eventi* era l’ultima cosa che voleva sentire.

- Holmes – chiamò Linda, gli occhi rossi, ma asciutti e la voce roca, ma ferma. Sherlock si girò leggermente nella sua direzione.
- Prego – rispose lui educatamente, ma con una lieve nota di impazienza nella voce. Il Dottore fece un passo indietro, preparandosi a scappare nel caso quell’umana avesse avuto una reazione incontrollabile. Non sapeva cosa aspettarsi in generale dagli umani, figurarsi con lei che era in preda alle sue emozioni in ogni momento della giornata.
- Tu non sei come il Dottore – iniziò Linda – lui ci prova a essere umano. Non lo vedi forse, ma anche lui sta soffrendo. Tu invece pensi che avere emozioni sia meglio. Pensi che ti renda forte. Pensi che “sentire” sia una debolezza. Ma tu ci hai mai provato? Hai mai provato a sentire quello che sentiamo tutti e restare in piedi? Perché è quella la vera forza. Riuscire a rimanere in piedi nonostante tutto. Quindi ti chiedo un favore. Anche se ti terrorizza, anche se è contrario a tutto ciò che ti sei ripromesso di fare. Almeno qualche volta: sii umano. – lo guardò, notando con sorpresa che lui era ancora lì, davanti a lei, attento a quello che stava dicendo. Forse la storia non era tornata a posto. Se Sherlock Holmes la trovava insopportabile come era possibile che ora lui ascoltasse i suoi sproloqui sull’umanità? Provò ad abbozzare un sorriso – pensa alle emozioni come una droga se ti aiuta – lui si irrigidì, punto sul vivo e pronto ad andarsene da un momento all’altro – troppa ti uccide. Insomma, guarda me: sono la prova vivente che farsi governare dalle emozioni porta all’implosione di se stessi. Ma un poco alla volta, per te, credo che potrebbe essere come dici tu “stimolante”. Quindi per favore, giusto ogni tanto, sii umano – terminò allungando la mano lasciando Sherlock indeciso se quel gesto fosse un saluto o il suggellare di un patto.
Alla fine si concesse di annuire e un breve – Cercherò di considerare la cosa, ripensando a queste parole ma dette da una voce meno tediosa della tua – .

Sorrisero entrambi, poi Sherlock si voltò e  incamminandosi prese dalla tasca il suo telefono e iniziò a digitare un messaggio “Baker Street. Urgente. Probabilmente ci vorrà tempo. Porta la cena”  e premette invio.

Linda chiuse gli occhi e sospirando si voltò verso il Dottore. Cercò di sorridere ma l’espressione dubbiosa di lui riguardo la sua espressione la convinse a desistere. – Manca una cosa da fare – gli disse mentre gli spiegava il perché la sua borsa aveva dato il via a tutta quella storia.
Il Dottore batté le mani trascinandola all’interno del Tardis – Giusto! Ottimo Linda. Dobbiamo fare in modo che Sherlock Holmes rubi la tua borsa. Solo allora avremo risolto il paradosso - 
- E potrete aiutarmi a capire come funziona questo aggeggio – disse una voce che Linda riconobbe. Si voltò e non poté fare a meno di urlare di gioia nel vedere Artù, vestito con una camicia bianca, dei jeans e una giacca scura, dietro di lei, intento a far scorrere il pollice sullo schermo di uno smartphone.

- Artù! – chiamò Linda saltandogli al collo. Il re accolse volentieri l’abbraccio della ragazza. – Ma tu hai detto che era inevitabile che morisse – esclamò lei rivolta al Dottore – come hai..?-

- Linda, impara la regola numero uno: il Dottore mente. – ribatté il Signore del Tempo, regalando un sorriso di soddisfazione alla ragazza – ora, se volete evitare una nuova anomalia, salite a bordo e andiamo a far rubare la borsa di Linda da Sherlock Holmes –
La porta della Tardis si chiuse mentre i tre, ridendo, si preparavano alla messa in moto dei motori.
 
 
*Piccola citazione del Dottore (una stringa causa-effetto) affidata a Sherlock. Certo è solo un pensiero di Molly, ma mi piaceva l’idea di accostare questo pensiero alla rigida razionalità di Sherlock.
 
Eccoci! Bene, posso dire che questo era l’ultimo capitolo! Ci sarà un epilogo,  giusto per dare una conclusione precisa a tutto e per rispondere a tutte le domande fatte a cui non sono state date risposte, o almeno non in modo completo o esaustivo.
Che dire, come sempre ringrazio che legge, chi segue, chi apre per sbaglio e chi mi fa avere le sue opinioni.  Vi ringrazio davvero tantissimo. Vi do appuntamento all’epilogo della storia!
LS
  
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