Anime & Manga > I cinque samurai
Ricorda la storia  |      
Autore: shirupandasarunekotenshi    11/05/2016    1 recensioni
"Era il colpo di fulmine che, a tratti, tornava a farsi sentire.
Era un colpo, perché quando arrivava ti ritrovavi sempre a terra, stordito; a volte incapace di rimetterti in piedi.
Di fulmine perché lui era un fulmine... e poi, perché era abbastanza logico che il fulmine non facesse del tutto bene.
Certo, Seiji sì.
Ma il fulmine faceva male.
Finiva che ti ritrovavi una persona completamente diversa. Perché tutta quell'elettricità aveva bruciato interamente la tua vecchia pelle, per lasciarne un'altra, tutta nuova... ma così rosa e delicata che... forse era come sentirsi come un neonato."
Post seconda serie, un paio di mesi prima del primo OAV.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rowen Hashiba, Sage Date
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quella mattina l'aria vibrava appena, recando con sé l'umido dell'estate e il calore annunciato dal caotico cicaleccio delle cicale; l'acciaio e il cemento rivestivano la città di Osaka, chiudendola in una morsa indolente.

Bastava respirarne l'aria per capire che, prima del calare del sole, sarebbe giunto il cupo richiamo di un temporale estivo che, nella sua improvvisa e fulgente violenza, avrebbe smosso appena la cappa di calore stesa sulla città.

Tale clima non aiutava l'energia di chi soffriva il mattino, così come la voglia – reale – di uscire da casa o, come nel caso di Touma, dal letto. La sveglia – in quel periodo ben poco usata – segnava le undici del mattino e il letto, nel quale giaceva, profondamente addormentato, Touma, era quasi immobile, le lenzuola che riparavano il ragazzo fin sopra il capo, si muovevano solo per il suo respiro lento e profondo.

Terribile era l'estate per la sua bassa pressione.

Terribile quanto insopportabile vivere fuori casa, almeno quando batteva il sole.

E per fortuna era domenica.

E alla domenica nessuno disturbava, tutti si crogiolavano nel giorno di festa, nel dolce far niente, nella sonnolenza soddisfatta dal potersi attardare a letto e...

“DRIIIN!”.

No, quello era uno scherzo del dormiveglia.

Purtroppo, il risveglio, almeno parziale, fu inevitabile. Ma si poteva ignorare.

E tornare a dormire.

“DRIIIIIN”.

Una, due, tre volte...

Nascondersi... scivolare sotto il cuscino... meno rumore...

Eppure il telefono era così odioso... fastidioso... ti entrava nell'orecchio come l'acqua della doccia che poi impiegavi un'intera giornata a far uscire.

Nel silenzio dell'appartamento era... insopportabile.

Una mano da perno, appena sotto il petto, l'altra appena oltre il viso; fu faticoso, ma Touma riuscì a mettersi a sedere sul letto.

Il telefono continuava a squillare.

Scocciatore cronico.

La mossa successiva, quella di alzarsi in piedi, fu cosa più semplice, anche se, con occhi semiaperti, il ragazzo andò a sbattere con il mignolo del piede destro contro l'angolo del letto – seguito da improperi del peggior tipo; poi, con grande fatica – ed evitando la notevole quantità di libri che occupavano il pavimento – Touma riuscì ad uscire dalla stanza e raggiungere il telefono, sfortunatamente o meno accanto alla propria camera.

E quando afferrò la cornetta, non fu particolarmente... carino.

“Pronto...”.

Detto con il medesimo tono di un orso appena uscito dal letargo e molto, parecchio affamato.

Dall'altra parte una voce che, anziché scomporsi, rispose con tono ironico:

"Oh, ecco il panda stanato dalla tana, ho fatto bene a non arrendermi".

Addio sonno. Benvenuta sveglia.

E che sveglia...

“SEIJI! CHE... MA TU... ECCO... CIAO!”.

Una risatina ancora più maligna fu la reazione dall'altra parte dell'apparecchio.

"Passata l'ombrosità del panda svegliato dal letargo?".

Uno sbuffo e poi una lagna, piccola piccola.

“Lo sai che io dormo fino a tardi... e poi fa caldo... troppo... ma tu, a Sendai, come puoi capire il caldo del Kansai?”.

"Quando ho lasciato Sendai ti assicuro che faceva piuttosto caldo anche lì. Senti, non ho nessuna intenzione di spendere un patrimonio attaccato al telefono, spero che non ci metterai troppo ad uscire di casa. Girare da solo per Osaka mi snerva, lo sai".

“COSA?! SEI... MA... QUANDO... DOVE SEI?!”.

Agitazione, sintomo di... Seiji.

"Kami-sama, come pensi che sia arrivato a Osaka? Sono in stazione, no?".

Si sentiva che dietro al tono fintamente scocciato c'era in realtà una gran voglia di ridere.

“Ma... oh, insomma, aspettami lì! Non muoverti!”.

E, sempre per quel sintomo, Touma mise giù la cornetta senza nemmeno pensarci. Almeno, fino a due secondi dopo.

Ma il pensiero di aver chiuso a quel modo la telefonata col suo Seiji... lo fece correre molto velocemente.

Come se fosse stato morso da una tarantola.

 

***

Dopo circa mezz'ora, era uscito dalla metropolitana e stava correndo verso la stazione di Shin-Osaka cercando di ignorare il calore che gli mozzava il respiro e gli si appiccicava addosso, con la maglietta. Quando entrò nella stazione, appena rinfrescata da un minimo condizionamento, rabbrividì e riprese il respiro, guardandosi attorno per trovare la strada giusta per i binari – altro effetto secondario del sintomo Seiji.

Prima che l'elevato QI giungesse in suo soccorso, una mano si posò sulla sua spalla.

"Per essere uno che dovrebbe farmi da guida mi sembri abbastanza spaesato".

Un sobbalzo, un giro di 180 gradi su se stesso e Touma, non ancora completamente attivo, rischiò di cadere sui suoi stessi piedi – alla faccia del suo essere samurai!

“S-Seiji!”.

E lo guardò con aria sorpresa e incredula al contempo, come se fosse appena uscito da un incubo per ritrovarsi in un bellissimo sogno. A occhi aperti.

Notando l'evidente difficoltà, Seiji, con il sorriso più dispettoso che si poteva immaginare su di lui, lo sorresse con le proprie braccia.

"Non prevedevo tanta velocità da parte tua, ti pare che restavo ad annoiarmi sui binari? Sono andato a mangiare qualcosa".

Rimessosi stabilmente in piedi, Touma sbatté gli occhi e arricciò il naso, ficcandosi le mani frementi in tasca – frementi di abbracciarlo.

“M-mi hai svegliato in fretta...”.

"Per questo ho detto che non prevedevo tanta velocità: era un complimento".

Occhiolino malizioso e pinzata di due dita sul naso. Poi Seiji gli porse un invitante sacchetto.

"Ho pensato che saresti uscito senza fare colazione visto che fino a poco fa eri nel mondo dei sogni".

“Uhm... grazie...”.

Non si era nemmeno accorto della fame mattiniera che l'aveva accompagnato da quando aveva riaperto gli occhi. Seiji e il suo arrivo gli avevano fatto dimenticare ogni cosa.

Già... ben strano quell'arrivo improvviso. Strano, non certo spiacevole.

Touma amava sorprese simili, soprattutto perché non era mai riuscito ad abituarvisi.

Seiji si aggiustò la borsa su una spalla e continuò a fissarlo con quel suo sorriso che ti faceva venir voglia di abbracciarlo e di prenderlo a schiaffi al medesimo tempo.

"Non sapevo se avresti preferito dolce o salato, così ho fatto un misto".

Le mani di Touma si strinsero più volte sulle maniglie della borsina di plastica, un momento di timidezza gli bloccò il Q.I. quel tanto da darsi dello sciocco quando, invece di replicare alla battuta con ironia, si ritrovò a chiedere a Seiji, semplicemente, di seguirlo a casa.

“Così... facciamo colazione a casa...”.

Peccato che Seiji l'avesse già fatta.

No, svegliarsi così non faceva bene al suo cervello.

Il sorriso del ragazzo biondo si accentuò, ma questa volta era velato di una sorta di tenerezza. "Sei... da solo a casa?".

“Sì, Oyaji è a Kyoto...”.

Touma cominciò a far strada a Seiji, tra le persone che andavano e venivano – non sempre in maniera ordinata – nell'atrio est della stazione e poi all'uscita, dove il sole splendeva con un riverbero quasi accecante. Si schermò gli occhi con la mano, sospirando, già esausto per il caldo.

Erano quei momenti in cui Seiji si faceva esitante, quasi timido... perché in realtà Seiji era timido nell'ambito dei rapporti sociali. Si tenne alle spalle di Touma, cercando, evidentemente, l'occasione per dire qualcosa.

"Quindi... sei solo per un pò?".

Touma lo guardò con sguardo neutro e si strinse nelle spalle.

“Credo di sì... è ripartito una settimana fa...”.

"Non tornerà oggi?".

Una risatina scosse, stavolta, Touma.

“Tranquillo, mio padre non viene... rilassati...”.

Un modo come un altro per non comprendere l'effettiva domanda.

Con la coda dell'occhio scorse anche il rossore delicato che colorò appena le gote pallide di Seiji.

"Io sono rilassato, che male ci sarebbe se ci fosse tuo padre? Solo... non vorrei disturbare".

“Oh, nulla... ma non lo disturberesti. Facilmente si perderebbe sui suoi studi e quasi non si ricorderebbe dell'esistenza di entrambi. Almeno fino a quando non lo si chiamasse...”.

Touma scese le scale della metropolitana, attendendo che i passi del compagno lo raggiungessero e lo affiancassero.

“Hai sentito i ragazzi, per caso? Shin sembra parecchio preso dalla scuola... Ryo, da quanto lo sento, non molto...”.

Seiji tornò al suo atteggiamento ironico.

"Ryo dovrebbe essere preso dalla scuola più di tutti noi, ma, chissà perché, lo è sempre meno. Li ho sentiti lo stesso giorno in cui avevo telefonato a te... aspetto i giorni in cui ho la casa vuota per qualche ora per sentirvi tutti".

Touma fece una smorfia mentre passava il tornello e attendeva il passaggio del nakama.

“Avresti bisogno di un po' della mia intimità...”.

Seiji si strinse nelle spalle.

"Non è che non mi lascerebbero telefonare, ma poi dovrei subire il terzo grado e... insomma... continuerebbero a sbirciare per carpire di cosa stiamo parlando".

“Mmh... capisco...”.

Touma si sentì, in qualche modo, frenato nella lingua a dire altro. Sapeva che a volte – quando si sentiva pizzicato nell'intimo – riusciva a perdere il controllo e a dire cose non particolarmente... 'carine', come le definiva Shu. E non gli pareva il caso di dover rovinare un momento breve e prezioso.

Visibilmente in imbarazzo, Seiji abbassò il capo e borbottò:

"Soprattutto Yayoi-Neesan... è peggio di un detective".

“Non è colpa tua...”.

Era la sua natura di ficcanaso.

Seiji rispose con un'altra scrollata di spalle, poi cambiò argomento: "Senti... allora... visto che sei solo...".

Fermi sulla banchina, attendevano i pochissimi minuti che li dividevano dall'arrivo del treno.

“Cosa?”.

"Disturbo se mi fermo a dormire stanotte?".

Le guance di Touma si arrossirono, così come la sua indignazione.

“Non disturberesti mai! Lo sai!” disse con tono piuttosto alto, ma – fortunatamente per la riservatezza di Seiji – coperto dal rumore del treno arrivato in stazione.

Un lampo di rossore e un piccolo colpo di tosse precedettero la risposta di Seiji:

"Grazie... allora".

E, per mostrare il meno possibile il proprio imbarazzo, precedette il compagno nella carrozza più vicina.

Touma saltò sulla carrozza, dietro di lui, quasi con l'ansia di perderlo, tanto era scosso da quei minuti così strani.

C'era ancora una cosa che non aveva chiesto. Qualcosa che lui aveva paura a chiedere.

Come mai Seiji era venuto a trovarlo?

Il ragazzo di Sendai andò a sedersi in un posto libero e fece cenno a Touma di avvicinarsi, mentre intorno a loro si agitavano fiumi di persone.

"Non mi abituerò mai" brontolò, quando Touma gli si sedette accanto.

“A Osaka o alla metropolitana? Non l'avete a Sendai?” fece con tono ironico l'altro. Davvero, a volte era più orso di lui.

"Osaka può essere peggio di Tokyo" ribatté Seiji, a tono.

“E dire che la linea è così efficiente...”.

Seiji alzò gli occhi al cielo.

"Non è questione di linea... almeno a Tokyo sono silenziosi... nel Kansai si radunano le persone più chiassose di tutto il paese".

La risposta fece ridacchiare il compagno, in maniera nemmeno troppo velata.

“Sapevo che non parlavi della linea ma del... casino...”.

Mani in grembo, faccia da schiaffi, Touma era tornato, infine, il solito Touma.

Addio sonno.

Seiji lo scrutò, come a volerlo studiare...o contemplare.

"Oggi non farti venire in mente di portarmi in giro, sono venuto per rilassarmi".

“E tratterò il mio ospite col doveroso riguardo... sta tranquillo, con questo caldo mi rifugio in casa almeno fino a sera...”.

Sorriso sulle labbra, Touma controllò le fermate che mancavano per arrivare a casa e si accorse che ne mancava solo una.

“Dai... la tua dannazione è già conclusa... la prossima è la nostra...”.

Seiji si alzò con invidiabile flemma, si stirò le membra e si diresse verso la porta.

"Siano ringraziati tutti i kami".

Touma alzò gli occhi al cielo prima di alzarsi e raggiungere il compagno al suo fianco.

“Cercherò di trovarmi una casa in campagna solo per te...” gli bisbigliò nell'orecchio, preso da un bizzarro coraggio che, di solito, con Seiji non mostrava. Almeno non in fatto di fisicità.

"Possiamo chiedere a Ryo" ridacchiò Seiji, apprestandosi a scendere.

Non aveva funzionato.

“E' un'ipotesi...”.

Finalmente il treno si fermò, permettendo a un cospicuo numero di passeggeri di scendere, incagliando Seiji e Touma in una massa di gente molto occupata e rumorosa.

“Resisti, Seiji, manca poco alla fine di quest'incubo...”.

"Affrontare gli youja è decisamente un'impresa più facile".

“Esagerato...” sospirò Touma prima di prenderlo per mano e trascinarlo fuori dalla bolgia, con un'agilità che avrebbe dimostrato più Shin, in un'occasione simile. Così riuscirono ad arrivare indenni ai tornelli, attraverso cui scivolarono con una fretta non da poco.

E dire che non era l'ora di punta...

Quel contatto inatteso aveva fatto irrigidire Seiji per un attimo, non per il fastidio, certo, ma gli era sempre un pò difficile mettere da parte il tradizionalismo inculcatogli a forza dalla famiglia, soprattutto in mezzo a una simile folla. Comunque non si ritrasse e, pensando al passato, quello per Touma poteva già considerarsi un successo.

"Senti... e se prendessimo un taxi fino a casa tua?".

“Un taxi?” Touma si fermò sull'atrio della stazione, un'espressione perplessa sul viso. “Sei sicuro? Siamo vicini...”.

Seiji arricciò le labbra, un'espressione particolarmente buffa su uno come lui.

"Vorrei raggiungere il silenzio il prima possibile".

“Ok...”.

Touma cercò con lo sguardo il taxi più vicino e ne trovò uno arancione a una ventina di metri da loro. Abbandonò, un po' a malincuore, la mano di Seiji e gli indicò il mezzo.

“E' già qui...”.

Seiji non si fece pregare, si infilò nella vettura e fu lui stesso a pronunciare l'indirizzo dell'abitazione di Touma.

Il tragitto fu breve, non più di cinque minuti, ma passarono lenti e silenziosi tra loro: Touma sapeva di non poter parlare liberamente con Seiji se c'era un terzo – sconosciuto – in ascolto. Non si sentiva libero perché non voleva creare imbarazzo nel nakama e, sapeva, che in momenti simili certe stupidaggini uscivano dalla sua bocca con una incredibile semplicità.

Il taxi si fermò proprio davanti al palazzo nel quale si trovava l'appartamento di Touma e, ancor prima che egli potesse dire qualcosa, Seiji tirò fuori, per entrambi, i soldi da dare all'autista, per poi ricambiare l'inchino di saluto. Poi guardò verso l'alto, là dove, ormai lo sapeva, c'era la finestra dell'appartamento in questione.

“A un passo dal cielo” mormorò, quasi senza accorgersene.

Touma non sentì le sue parole mentre si avvicinava al portone d'entrata del palazzo; aprì e lanciò un'occhiata alle proprie spalle, con aria quasi intimidita.

“Non... far troppo caso al casino... vedrò di sistemare...”.

Lui e il suo disordine: un ecosistema intero.

Seiji si riscosse dal proprio straniamento e ridacchiò con una scrollata di spalle.

“Ti ricordo che abbiamo già vissuto insieme per un periodo e credo che, se non fosse stato per Shin, Nasty avrebbe rischiato una crisi di nervi”.

Touma chiamò l'ascensore e sbuffò.

“Ryo era peggio di me... io ero... sono... insomma, il mio problema sono i libri... non tutto...”.

Davvero... stava arrossendo dopo tutto quello che avevano passato?

Seiji fece finta di non sentire e incrociò le braccia sul petto, sorriso furbo e sopracciglio visibile sollevato.

“Ascensore? Io pensavo di farla a piedi”.

L'ascensore era arrivato, le porte scorrevoli aperte sul confortevole interno.

Touma contò mentalmente i piani (a volte si dimenticava di quanto in alto fosse) e scosse la testa.

“Vuoi fare esercizio con diciassette piani o vuoi passare un po' di tempo in uno spazio ristretto con me?”.

Ma davvero... a volte se ne veniva fuori con cose che...

L'arco del sopracciglio di Seiji si fece più accentuato, ma l'espressione che voleva essere risoluta venne incrinata dal rossore che sul suo volto pallido risaltava in maniera particolare.

“Volevo solo farti fare esercizio”.

E a volte era come Shin... non si rendeva conto dei doppi sensi che, con innocenza, infilava in frasi all'apparenza innocue.

“Me l'hai già fatto fare...” la mano di Touma andò ad afferrare la sua, libera dal bagaglio, e lo trascinò con sé all'interno dell'ascensore. “Ho fatto le corse per non farti aspettare...” bofonchiò infine il ragazzo del Kansai, schiacciando il bottone per l'ultimo piano.

“Te ne devo rendere merito” ridacchiò Seiji.

Poi la sua mano anticipò ogni pensiero e... fece una cosa che, se ci avesse riflettuto prima, gli sarebbe sembrata assurda da parte sua. Il dito pigiò sul pulsante di arresto dell'ascensore e lo fece arrestare in un sussulto che colse Touma del tutto di sorpresa.

“Ma... S-Seiji!”.

Ed era tutto occhi, quasi impallidito da quel gesto così... bizzarro. Seiji non era il solito... c'era qualcosa che...

“Zitto” si limitò a sussurrare l'altro e lasciò che agissero ancora le sue mani, ora addosso al corpo di Touma, per spingerlo con una certa prepotenza all'angolo delle pareti più interne, “stavo diventando troppo impaziente, mantenere sempre la facciata impeccabile può stancare molto”.

Poi tacque e cercò le labbra di Touma con le proprie, con foga quasi vorace.

Per Touma fu come se tutto si congelasse nell'aria... o, forse, come se si trasformasse in piccole bolle d'aria. Piccole, leggere, briose.

O forse era il suo stomaco che era diventato tale dentro di lui.

Rimase per un istante inerme, contro le labbra del compagno, ma ci volle poco per rispondere a parole e fatti. E allora si accorse di quanto quei due mesi che li avevano divisi fossero stati lunghi.

Eterni.

Quando Seiji si staccò emise un profondo respiro, come se in quel bacio avesse risucchiato l'alito vitale di cui aveva bisogno e che gli era mancato in quel lungo, troppo lungo periodo. Sospirò ancora, prese fiato.

“Adesso... va meglio...”.

La mano tornò ai controlli e permise all'ascensore di riprendere il suo percorso.

Touma era rimasto con la schiena incollata alla parete dell'ascensore, occhi spalancati e parecchio lucidi, tanto quanto le labbra, rosse quanto bastava per renderle, a un occhio attento, piuttosto sensuali.

Non riuscì a pronunciare parola, doveva riprendersi... aveva bisogno di qualche minuto.

Forse, rientrato nell'appartamento, ci sarebbe riuscito.

Seiji, invece, aveva ripreso, come se nulla fosse, tutto il proprio contegno e quando Touma si lasciò cadere di mano le chiavi le raccolse prontamente e gliele riconsegnò, con un sorriso... innocente. “Tutto bene?”.

Touma scosse la testa, ancora scosso, bocca troppo asciutta per parlare.

Ma gli occhi... oh, quelli dicevano tutto.

Una cosa del tipo: Seiji, accidenti! Mi farai morire!

Gli occhi di Seiji corsero da lui alla chiave.

“Ce la fai ad aprire? Vuoi che lo faccia io?”.

Accidenti a lui...

“S-sì...”.

Almeno una cosa era riuscita a borbottare.

Strinse le chiavi tra le mani e raggiunse, con passo ancora incerto, la porta di ciliegio. Per puro colpo di fortuna, imbroccò al primo colpo la serratura e girò velocemente la chiave, caracollando nell'ingresso con il fiato corto.

Come se, davvero, avesse fatto quei diciassette piani di corsa.

Seiji gli tenne dietro, le mani nelle tasche, e si guardò intorno: eccolo il caos di un ragazzo abituato a vivere da solo... era vero però: a creare disordine erano soprattutto libri, accumulati a mucchi un po' ovunque. Quell'appartamento moderno lo straniva; abituato com'era alle tradizioni e a un ambiente del tutto diverso, non mosse un passo senza prima essersi chinato per togliersi le scarpe.

“V-vuoi del tè?” riuscì ad articolare Touma entrando in cucina e, al contempo, abbandonando la giacca su una delle sedie e il sacchetto sul tavolo. “Io non ho ancora fatto... colazione...”.

E bravo. Era proprio scosso.

Seiji lo seguì, a pochi passi di distanza.

“Perché no? Tra le cose che ho preso ci sono dei biscotti che mi sembravano deliziosi”.

“U-uhm...” mugugnò Touma andando a riempire la teiera in ghisa di acqua e ponendola, poi, su uno dei fuochi del piano cottura. Si girò poi su se stesso per raggiungere la tavola, sparecchiarla delle tazze e di una piccola pila di piatti sporchi, per poi adagiarli nel lavello; fece poi scorrere l'acqua calda, prese la spugna e cominciò a lavare le stoviglie. “Scusa per il casino...”.

Una mano comparve da dietro, accanto al suo viso, e lo sfiorò con una carezza.

“Hey, lascia stare... ti do una mano dopo a lavare i piatti, rilassiamoci un attimo, prima”.

Il brivido e il gesto di chiudere il rubinetto dell'acqua furono un tutt'uno. Il ragazzo sospirò, chiudendo gli occhi e godendosi quella lieve carezza.

Voleva sciogliersi in quelle mani... lasciarsi andare completamente, abbandonando quelle piccole paure che la presenza di Seiji, troppo spesso, gli rendevano la vita difficile.

Il tocco di Seiji si fece più solido e la mano si posò definitivamente sulla guancia di Touma, mentre le labbra sfiorarono con gentilezza l'orecchio del compagno:

“Panda... sono solo io... non è il caso di imbarazzarsi per la casa”.

Le labbra di Touma si socchiusero, ma non ne uscì parola, solo un sospiro profondo. Si abbandonò all'abbraccio di Seiji con una naturalezza che non si sarebbe mai aspettato da se stesso... voleva il tocco di qualcuno, il suo... addosso.

Si rese conto che erano giorni che non aveva una vicinanza così intima con qualcuno.

Seiji seppe accogliere il suo muto bisogno.

La mano sul volto scese sul petto, dove l'altra la raggiunse e, con decisione, lo attirò verso di sé, staccandolo dal lavandino e da ogni tentativo di mettere ordine.

“Rilassiamoci... davvero...” soffiò leggero nel suo orecchio.

 

***

Nel salotto di casa Hashiba, tra il divano e il mobile della televisione, si stendeva un grande tappeto blu, spesso e morbido, con lunghi ciuffi che rendevano la seduta ancora più confortevole, simile a un abbraccio.

Touma si era rannicchiato sul fianco, il capo poggiato su una spalla di Seiji, la mano destra intrecciata a quella sinistra di Seiji; era il suo piccolo paradiso, il breve momento di pace ed estasi che solo coi ragazzi... con Seiji... in particolare...

Sdraiato accanto a lui, con la mano libera Seiji gli accarezzava i capelli e, dopo un po', gli posò un bacio sulla fronte.

Il rombo di un tuono sovrastò i suoni della città che correva all'esterno del loro piccolo paradiso.

“Tra poco pioverà” osservò Seiji, come se non importasse veramente.

“Sapevo che sarebbe giunto il temporale... non immagino che saresti venuto tu...” mormorò Touma socchiudendo appena gli occhi, guance rosse e accaldate.

Seiji ridacchiò, arruffandogli i capelli.

“Se arriva il fulmine, arrivo io”.

“Sarebbe bello se arrivassi a ogni temporale...” un sospiro, il capo che si muoveva il più vicino possibile alla mano del compagno. “Finirebbe per piacermi anche quel cielo nero e senza stelle... se sapessi che ci sei tu...”.

La mano tra i capelli si fermò e un bacio si posò sul naso di Touma.

“Fai così... a ogni temporale tu pensami intensamente e vedrai che io ti sento... e mi farò sentire...”.

Un lampo cadde molto vicino e un tuono più assordante fece tremare le pareti.

Touma rimase in silenzio per qualche istante, prima di replicare. Aveva un sorrisetto quasi divertito sulle labbra.

“Riesci a essere più rumoroso di Ryo e Shu...”.

“Il lampo è silenzioso... è il tuono che scatena a fare rumore...”.

Le labbra di Touma si arricciarono, pensierose.

“E allora... chi sarebbe il tuono?”.

Seiji gli posò una mano sul petto.

“Il tuo cuore... rumoroso e veloce...”.

Accompagnò le parole con un nuovo bacio, questa volta sulla nuca.

“Non fa tutto quel rumore!” rispose l'altro con un broncio ma, al contempo, rabbrividendo.

“Alle mie orecchie sì... quasi quanto quello di Shin quando batte così forte”.

“A lui batte così forte... non a me... non così tanto...” balbettò Touma.

“In questo momento sì...”.

Seiji posò con maggior decisione la mano sul petto di Touma, come se volesse fermare quel cuore impazzito.

La mano libera di Touma andò ad afferrare quella di Seiji addosso a sé, cercando di cacciarla, con non troppa convinzione.

“Non vale... se fai così è ovvio che batta!”.

Seiji fece resistenza e la mano rimase dove si trovava.

“Deve battere... l'importante è che non esploda...”.

Il successivo bacio si posò sulla guancia arrossata.

“Non vale...”.

Ma cos'era che non valeva?

“Cos'è che non vale?”.

Appunto... la voce della ragione.

“Che tu me lo faccia battere così...”.

Ma Touma non riusciva mai a dire certe cose e rimanere con una faccia di bronzo, priva di emozioni... era rosso e gli occhi li sentiva lucidi di emozioni. Non di pianto, solo di qualcosa che lo gonfiava... fin troppo.

Come a volerlo liberare da quel momento troppo sconvolgente, Seiji si sollevò e si mise seduto, raccogliendo le ginocchia sul petto e abbracciandosele, senza tuttavia smettere di tenere il proprio sguardo d'ametista fisso su Touma.

“Sarà una giornata lunga... e ho tutte le intenzioni di farla durare”.

Con uno scatto, Touma si girò su se stesso e lo fissò con l'aria di un cagnolino cui era stato confiscata la ciotola di cibo.

Seiji accentuò il proprio sorriso.

“Approfittiamone... e facciamocelo bastare per il prossimo periodo di separazione”.

Touma scrollò il capo, sospirando.

“Fortuna che ad Agosto il compleanno di Ryo ci aiuta...”.

Seiji si irrigidì, il sorriso scomparve dalle sue labbra e, per un po', rimase a fissare un punto distante e invisibile, immerso nei propri pensieri.

Touma sentì subito il cambio di emozioni nel compagno e s'irrigidì istintivamente.

“Seiji...?”.

Il ragazzo del nord si portò un pugno alle labbra, per soffocare un colpetto di tosse.

“A proposito di questo...”.

Lo sguardo di Touma si fissò sul suo, serio, timoroso.

“A proposito... di questo...?”.

Seiji trasse un profondo respiro, chiuse gli occhi come per raccogliersi in se stesso ma, anziché sottrarsi, gettò fuori, con sicurezza: “Non credo di poter venire...”.

Gli occhi di Touma si sgranarono d'improvviso, il suo volto perse un poco colore, divenendo ancora più pallido del solito; il suo sguardo non abbandonò quello di Seiji.

“Come... mai...?”.

Nonostante tutto, la sua voce venne fuori quasi ferma.

Gli occhi di Seiji si riaprirono, ma non osavano guardarlo.

Era raro vedere Seiji titubante, in imbarazzo per un obbligo al quale non poteva sottrarsi, ma questa volta la situazione era delicata, perché quell'obbligo significava rinunciare a un rituale diventato ormai sacro: i loro periodici incontri.

“Sono richiesto... a New York”.

Richiesto...? Seiji... richiesto...?

“E'... qualcosa... devi... devi farlo... vero?”.

Non era difficile capire di chi stesso parlando.

La sua famiglia.

Solo loro erano capaci di tanto.

Solo loro... riuscivano a dividerlo da...

Erano brutti pensieri. Inevitabili ma troppo brutti per il suo cuore.

Non voleva essere così. Anche se, a volte, era inevitabile.

Seiji lasciò che un sorriso piegasse di nuovo le sue labbra, ma nella sua espressione c'era qualcosa di amaro.

“Diciamo che Ojisama me lo ha chiesto gentilmente, ma mi ha fatto capire che sarebbe stato molto maleducato rifiutare e che è un onore che vogliano proprio me, che mi considerino così esperto in fatto di spade”.

Non capiva. Non riusciva a capire.

Insopportabile dover sopportare e dire sempre sì.

Maledizione, non capiva!

“C-capisco...”.

Ma non poteva imporsi. Non voleva, non doveva. Per Seiji. E per se stesso.

Non voleva che Seiji si sentisse più inibito di quanto già non lo fosse dalla sua stessa volontà.

Non voleva.

“E' per questo... che sei venuto...?”.

Seiji si abbracciò più strettamente le ginocchia e posò il mento su di esse; sembrava volersi fare piccolo.

“Se non venivo... poteva poi passare troppo tempo... insomma... avrei voluto vedervi tutti... ma almeno tu, non solo volevo... dovevo”.

Le spalle di Touma tremarono appena.

“Dovevi...?”.

Finalmente Seiji riuscì a guardarlo di nuovo e i suoi occhi erano stranamente accesi di tante emozioni... era raro vederli così, ma ai nakama, ogni tanto, capitava quel privilegio.

“Ne va della mia sopravvivenza”.

Il capo di Touma si abbassò lentamente, lo sguardo toccò terra per rimanerci. Nella sua mente ruzzolava il pensiero che quei due giorni assieme, due giorni solo per loro, dovevano essere preziosi, vissuti appieno, apprezzati come il tesoro più grande.

Però quello che dominava la sua mente era il sapere che non si sarebbero più visti per mesi. Troppi e troppo lunghi.

Era praticamente sordo alle parole di Seiji.

“Touma... per favore...”.

Un sussurro, che un po' era una preghiera.

Doveva, doveva.

Ascoltare.

E dire di sì.

E dire che... tutto andava bene.

Poteva sopportare. Sapeva sopportare.

Ci aveva fatto il callo.

“Certo... va bene...”.

Ma a cosa stava rispondendo?

Alle sue orecchie giunse il sospiro di Seiji, seguito da parole pronunciate con il medesimo tono dimesso:

“Mi dispiace... davvero...”.

Il capo corvino si scrollò in avanti, la frangia troppo lunga andò a coprirgli lo sguardo.

“Non mi devi chiedere scusa... uhm...” si alzò in piedi, dondolando appena il proprio corpo. “Ora però preparo il tè... io ho fame... tu... no?”.

Doveva dargli tempo. Tempo, tempo...

Dannazione a lui.

“Sì... va bene...”.

Lo sguardo di Seiji, adesso, era a terra, sul tappeto, serio, malinconico... e continuava ad abbracciarsi... un Seiji che improvvisamente era quel ragazzino di sedici anni che di solito soffocava dentro di sé... un ragazzino indifeso prigioniero del proprio ruolo ingombrante.

Spesso si era portati a dimenticare cosa davvero erano tutti loro e quale fosse la loro estrema giovinezza.

 

***

La teiera in ghisa color bordeaux bolliva da qualche minuto quando Touma si ricordò di spegnere il fuoco; perso com'era nel vuoto dell'azzurro pallido del cielo che, dalla finestra della cucina, si delineava perfettamente sopra i grattacieli di Shin-Osaka, non si era minimamente accorto del vapore che aveva appannato l'acciaio della cappa.

L'acqua era fin troppo calda, avrebbe dovuto attendere che la temperatura scendesse.

Aveva tempo, per pensare.

Ma cos'aveva da rimuginare?

Seiji non ci sarebbe stato. Punto.

Era inutile mettere il broncio e fare il solito noioso... bambino... viziato.

Fare i capricci... perché erano quello che erano... beh, non era più tempo per quelli.

I ragazzi lo avevano sopportato fin troppo.

Era ora di crescere e prendere le cose di petto, con coraggio e, soprattutto, col sorriso.

Seiji era lì, ora. Era venuto da lui, proprio perché sarebbe mancato dopo.

Lo aveva fatto per lui.

E ora lui faceva... quella parte.

Gli occhi di Touma tornarono alla teiera: fumava ancora.

Aveva tempo.

Uscì dalla cucina ed entrò in sala con un passo deciso; vide Seiji ancora seduto sul tappeto... e non servivano poteri speciali per carpire i pensieri che viaggiavano in quella mente tanto amata.

“Scusami”.

Seiji si riscosse con un sussulto.

Sembrava che fino a quel momento fosse stato immerso in un mondo tutto suo. Sollevò il viso e, dopo il primo istante di stupore gli rivolse un sorriso fin troppo umile per uno come lui.

"Per cosa... Touma?".

In realtà lo sapeva benissimo, ma non trovò altro mezzo per sfuggire al momentaneo imbarazzo.

“Perché sono troppo spesso incapace di godere di ciò che è davanti al mio naso... e mi lamento, quando dovrei solo ringraziare la mia fortuna...” borbottò l'altro raggiungendo il nakama e lasciandosi cadere seduto sul tappeto. “Tu sei qui. Questo importa. Non è che non ti vedrò più. Non ti vedrò più avanti. Ma, allora... ti vedrò dopo quel momento. Comunque ti vedrò. E questo è ciò che importa”.

Il sorriso di Seiji si accentuò e sembrò un po ' più sereno. Subito dopo, però, i suoi lineamenti si contrassero di nuovo per la malinconia.

"Spero che anche gli altri la prenderanno allo stesso modo... e che Ryo non si offenda".

Touma sospirò, passandosi una mano sul collo, pensieroso.

“Non sarebbe da lui... comunque vedrò di far affogare i brutti pensieri con uno spumante...” cercò di sdrammatizzare. “E poi ci rifaremo... magari, al mio compleanno... possiamo festeggiare di nuovo il suo...”.

Seiji ridacchiò.

"C'è quello di Shu prima del tuo, lo so che ti crederai sempre più grande di lui, ma sei un illuso".

Touma arrossì, ma ribatté immediatamente.

“Beh, festeggeremo con lui allora... e comunque sono più alto di Shu... quindi, più grande, in un certo senso, lo sono!”.

Si ritrovò Seiji carponi davanti a lui, naso contro naso ed espressione di sfida.

"Sei anche più alto di me, oseresti sentirti più grande?".

La voce di Touma morì nella gola, mentre la bocca si faceva secca e tremante: era rosso, come doveva essere davanti al suo Seiji.

“Lo sai...” riuscì a dire, con voce debole. “... che non riuscirei mai a farlo...”.

Le labbra di Seiji si piegarono in un ghigno, poi Touma si trovò le mani dell'altro sulle guance, le labbra sulle labbra, di nuovo senza preavviso.

Godere il momento. Imprimere nella memoria. Ricordare...

Le mani di Touma, abbandonate sul tappeto si strinsero in pugni tremanti, la schiena inarcata verso il compagno, verso le sue labbra.

Avrebbe potuto farlo morire con quei baci.

Non sentiva mai il proprio cuore battere... tutto si faceva silenzio, profondo, solo il sussurro delicato dei loro respiri, il frusciare dei loro abiti, il rumore dei loro baci, quelli timidi e quelli audaci...

Non riusciva a sentire il proprio cuore con quel brusio assordante.

Le labbra di Seiji si staccarono con un ultimo tocco gentile, le mani ancora sulle guance e il respiro caldo sulla pelle di Touma.

"Allora, questo tè?".

Sguardo perduto e sognante, Touma ci impiegò qualche secondo a comprendere le parole sussurrate di Seiji; poi si alzò e, con passo incerto, raggiunse la cucina.

Usciva una nuvoletta leggera dalla teiera, c'era solo da versare l'acqua nelle tazze e sarebbe stato pronto. Touma prese i dolci portati da Seiji e cercò di porli su un piattino con una certa eleganza, mettendoli, però, un po' alla rinfusa. Sbuffò di nervosismo, ma era meglio non attendere oltre, pena il raffreddamento totale della bevanda.

Tra le mani il vassoio, occhi fissi sull'acqua presente nelle tazze, Tenku uscì dalla cucina a piccoli passi incerti, sicuro che un po' di goffaggine avrebbe potuto coglierlo nel peggiore dei momenti. Entrò in sala con la faccia di un detenuto incatenato, piuttosto che un ospite poco abituato a certe... abitudini.

Seiji seguiva ogni suo movimento con quello sguardo che non rendeva mai del tutto chiari i suoi sentimenti, ma c'era, in esso, qualcosa di protettivo. Dapprima serio, si lasciò andare ad un sorriso mentre si alzava dal tappeto per andare incontro al nakama e posare le proprie mani su quelle che reggevano il vassoio.

“Ti tremano un po'...” sussurrò, “lascia che ti aiuti”.

E Touma non si fece pregare, tirando un sospiro di sollievo non appena Seiji mise in sicurezza il vassoio.

“E' Shin che è bravo in queste cose...” si giustificò il ragazzo.

“Veramente, in un certo tipo di situazioni diventa imbranato pure lui” ridacchiò Seiji andando a posare il vassoio sul tappeto e risedendosi dov'era prima.

“Solo se ci sono Shu o Ryo nei paraggi...” disse Touma sedendosi accanto a Seiji. “Altrimenti riesce a essere un padrone di casa perfetto...”.

“Che sia un padrone di casa perfetto non c'è dubbio e riesce a esserlo anche se ci sono loro... finché non si creano certe situazioni”. Prese tra le dita lunghe un biscotto e se lo portò con calma alla bocca. “Mi dispiace non poterli rivedere in agosto...”.

Era raro che un sentimento negativo si rivelasse in maniera così palese nel tono di voce di Seiji... ma in quel caso il rammarico era evidente.

“Già...”.

Touma dovette riempirsi la bocca con un biscotto, perché non aveva parole che non fossero banali da donare a Seiji. Quando sentiva certe vibrazioni, si sentiva sommerso da esse, incapace di venirne fuori e di scuotersele dalle spalle.

“Dovrò trovare un bel regalo per Ryo, se vorrò farmi perdonare”. Voleva essere una battuta per allentare la tensione, ma venne fuori fin troppo malinconica.

“Potresti prendergli qualcosa da gatto... o da tigre...” e Touma parlava senza pensare, troppo.

“Potrei prendergli un collare per Byakuen”. Ridendo nascose il volto tra le braccia, sulle ginocchia, e la risata uscì un po' strana, distorta... sembrava quasi qualcos'altro.

Istintivamente, Touma avvicinò il viso al suo, come se desiderasse percepire, controllare, confortare al contempo il suo nakama.

“Qualsiasi cosa gli prenderai, lo farai felice...”.

“Dovrei essere al suo fianco... sempre...”.

Giunse come un sussurro rassegnato, forse Seiji non aveva avuto l'intenzione di esprimere quel pensiero a voce, ma era venuto e non udirlo sarebbe stato impossibile, nonostante il volto se ne stesse rifugiato nel suo nascondiglio.

Touma scrollò il capo, si morse un labbro.

“Dovremmo essere tutti vicini... l'uno all'altro...”.

Ad accentuare quel momento, dopo attimi in cui il cielo aveva taciuto, giunse il rombo cupo di un tuono, precedendo lo scroscio improvviso di una pioggia torrenziale. La luce naturale del cielo scomparve dalla sala, lasciandoli al buio.

Seiji sollevò finalmente il viso e si guardò intorno.

“Anche gli elementi dimostrano il loro disappunto”.

Touma, una mano impegnata a disegnare le linee della propria tazza, l'altra a sorreggere il viso, sospirò nel buio.

“Ne hanno tutte le ragioni... fortuna che non c'è Ryo... le fiamme sarebbero troppo pericolose...”.

Un'altra risatina amara si levò da Seiji.

“Se penso che New York neanche mi attira... e poi...”.

“Anche io preferirei l'Europa... ma saresti ancora più lontano...”.

“La verità è che...”.

C'era quella cosa, che gli girava in testa da quando suo nonno gli aveva affidato quel compito.

Touma inclinò il capo verso di lui, attento alle sue parole.

Ma Seiji scosse il capo con un sospiro e lo abbassò; quella cui stava pensando era solo una sensazione, probabilmente dettata dalla poca voglia che aveva di andare in America.

Al silenzio del compagno, Touma aggrottò le sopracciglia, ma non fece ulteriore pressione sul compagno: erano in equilibrio precario su un filo fin troppo sottile che univa i loro cuori.

“Il tè si fredda...”.

Seiji annuì e prese la propria tazza, rigirandola tra le dita, senza però decidersi a bere. Si mise a fissare insistentemente il liquido ambrato, come se in esso si specchiasse un futuro incerto.

“Touma, senti...”.

Il ragazzo alzò il capo, facendosi tutto orecchi per il nakama.

“Dimmi...”.

Cosa doveva dirgli? Che aveva paura di qualcosa, proprio lui? Sarebbe stato credibile, per Touma, un Seiji spaventato, tra l'altro da un pericolo che non esisteva? Spaventato da... una sensazione?

Sollevò lo sguardo sul compagno e lo fissò con un'intensità quasi dolorosa...

Paura che quella sarebbe stata l'ultima volta che si vedevano e che non avrebbe mai più rivisto gli altri nakama? Perché poi? Per un sogno che da quando aveva saputo del viaggio aveva fatto spesso?

Solo un sogno comunque.

Riabbassò il capo e la domanda venne spontanea.

“Temi mai... di fare qualcosa di brutto? Non parlo di battaglie in cui devi difenderti e difendere... ma... qualcosa di gratuito”.

Touma lo fissò a lungo prima di rispondere: era una domanda strana posta su quelle labbra.

La luce non era ombra... la luce non poteva fare del male.

Seiji... lui mai.

“Io... forse... c'è stato un momento... in passato...”.

Quando era arrabbiato e ancora incapace di ingollare ciò che faceva più male.

C'è stato un momento... breve, ma intenso. Spaventoso.

Era stato come non riconoscere più se stesso.

Seiji comprese immediatamente a cosa si riferiva... ma non era quello cui aveva pensato lui. Si strinse nelle spalle e gli pose una carezza sulla nuca.

“I momenti di rabbia estrema sono normali... quelli li ho provati anche io. Il mio era più un pensiero legato all'influsso che le yoroi hanno sui nostri cuori... ma non so neanche perché mi sia venuta in mente una cosa simile”.

“Le yoroi?”. Touma si strinse nelle spalle. “Pensi che la loro origine possa... influenzarci? Anche se ci hanno permesso di sconfiggere lo stesso Arago?”.

Seiji sospirò.

“Se il nostro cuore non fosse abbastanza saldo...”. Tacque, rifletté qualche istante, pentito di aver coinvolto Touma in una sciocca paura irrazionale. “Ma il problema non si pone... non dubito dei nostri cuori...”.

La figura di Touma sembrò restringersi in se stessa.

“La mia solidità si basa su di voi... se voi ci siete, io posso fare qualsiasi cosa...” così, semplicemente. Perché, per lui, era davvero così semplice. “Non posso avere dubbi... altrimenti... anche voi... insomma, non è possibile!”. Scosse la testa, rabbrividendo al solo pensiero di quello che sarebbe potuto accadere.

Seiji lo guardò sorridendo e reclinando il capo su una spalla.

“Alcune volte parli come parlerebbe Shin”.

Touma non riuscì a non arrossire.

“Beh, sentiamo cose simili... siete i miei nakama... è normale... per me...”.

Aveva ragione, certo. Il problema era che non potevano stare insieme quanto avrebbero desiderato. E se la debolezza li avesse colti in un momento di solitudine? Seiji si stupiva di se stesso, era come se avesse paura di New York, di trovarsi da solo in quella città che di sicuro non lo attirava per nulla. Ma era deciso a smetterla, quel poco tempo che avevano da passare assieme doveva essere sereno.

“Andiamo in camera tua? C'è un bel panorama da lì, così ci godiamo il cielo sconvolto dalla furia degli elementi”.

C'era qualcosa che disturbava Seiji, era piuttosto chiaro al cuore di Touma. Ma forse era solo quel viaggio... il dover sottostare a quell'ordine, invece di stare assieme...

Tenku si alzò in piedi, allungando la mano verso quella di Seiji.

“Andiamo...”.

E dire che visitare New York era una cosa che lo aveva stuzzicato per un po' di tempo... e che ora, invece, lo innervosiva solamente.

Seiji accettò la mano di buon grado, indice che il suo stato d'animo, in quel momento, non era del tutto sicuro, altrimenti era molto più restio ad assecondare certi atteggiamenti da... fidanzatini. Il solo pensare a quel termine lo fece arrossire e abbassò il viso con un piccolo broncio mentre si lasciava condurre da Touma su per le scale.

Giunsero sulla soglia della camera e Touma, di nuovo stranamente nervoso, borbottò:

“Non far caso al casino... non... troppi libri in giro... lo so...”.

E, con quella 'dichiarazione', fece scivolare aperta la porta bianca all'interno della stanza: la prima cosa che saltava all'occhio – escluso il disordine – era sicuramente la vetrata che dava sul lato ovest della casa. Lunga quasi tutto il muro e ampia, illuminava la camera durante tutte le ore del giorno, in qualsiasi stagione. Peccato le tende fossero tirate sempre fino all'ora di pranzo...

"È esattamente come mi aspettavo di trovarla" ghignò Seiji, guardandosi intorno divertito. "Quanti ne stai leggendo nello stesso tempo?".

Touma portò una mano alla bocca, con aria pensierosa, prima di cominciare a enumerarli:

“Tre gialli... un romanzo storico... due saggi di storia antica... uno di fisica quantistica... e basta perché stanotte ho finito quello di paleontologia... ma non mi ha entusiasmato...”.

"E l'hai rimesso a posto quando l'hai finito?" insisté Seiji, accentuando il ghigno dispettoso.

Touma alzò le spalle.

“Ho dovuto... è della biblioteca comunale... non sapevo se mi sarebbe piaciuto, così l'ho preso là...”.

Seiji si inoltrò nella stanza e camminò fino ad andarsi a sedere sul letto, le mani sul materasso e una gamba accavallata sull'altra. Non c'era molta luce, a causa del cielo cupo all'esterno, se si escludevano i bagliori feroci dei lampi e le loro voci erano quasi sovrastate dagli scrosci di pioggia e dai tuoni assordanti.

"E in cosa non ti avrebbe entusiasmato?".

Touma strisciò sul letto, fino ad arrivare al suo fianco, ma a pancia in giù.

“I dinosauri non sono molto interessanti...”.

Viso tra le mani, il suo sguardo fissava il cielo alla ricerca dei lampi, sperando di coglierne sempre la nascita. Il cielo era decisamente cupo.

"Perché non li trovi interessanti?".

In realtà non gli interessava realmente l'argomento. Aveva cominciato a porre la questione così, con il suo tono di voce più morbido, tanto per dire qualcosa, intanto, dopo aver posato una mano sul dorso di Touma, diede il via ad un leggero massaggio.

“Perché non è rimasto molto di loro... preferisco i ricordi all'oblio... anche se son ricordi antichi...”.

Gli occhi di Touma si socchiusero, perdendo appena la lucidità.

Il suo tocco...

La mano di Seiji si fermò istantaneamente.

"Non ti addormenterai mica adesso?".

“Non sono così sciocco... so quando curarmi del tempo a mia disposizione...”.

Il suo tocco era magia su di lui... era vicinanza, affetto, parole non dette...

Touma amava il tocco di Seiji.

La mano sulla sua schiena si chiuse un poco, scossa da un piccolo tremito, poi si spostò a sfiorargli i capelli. Quindi Seiji si alzò, per dirigersi verso la porta finestra e la aprì, permettendo al frastuono degli elementi di avvolgerli del tutto.

Entrò per primo il vento, che scompigliò i capelli di entrambi e smosse le pagine di alcuni libri; poi fu la volta del tuono, che fece tremare i vetri appena aperti e sobbalzare Touma, impreparato a quel colpo, ma non alla sua luce.

Più improvvisa di qualsiasi cosa, eppure meravigliosa, troppo per distogliere lo sguardo.

“E' come se fosse qui per annunciarti...”.

Seiji era in piedi, davanti alla tempesta, gli dava le spalle e a ogni esplosione del cielo un alone di luce lo circondava e lo rendeva perfettamente visibile, i capelli e la giacca elegante mossi dal vento, come se da quella luce venisse plasmato.

Gli occhi di Touma, ormai spalancati, si appropriarono di ogni frammento di quella visione, delineandone i contorni quando la luce non li inghiottiva del tutto.

Seiji era Korin.

E Korin era la Luce.

Era logico e matematico che Seiji stesso fosse la Luce.

Ma più del sole... della luna... delle stelle stesse... la luce di Seiji era quella del lampo: improvvisa, impensabile... era la luce che squarciava l'oscurità più cupa, quella che mostrava ciò che era vero, ciò che era importante...

Seiji era la sua luce. Lo era sempre stata per lui.

Perché Touma era il cielo, quello notturno, il più lontano dalla luce più vera e forte.

La figura di luce fece qualche passo avanti ed uscì, lasciandosi investire dalla pioggia torrenziale, senza fare una piega e rimase immobile sulla terrazza, il viso sollevato verso il cielo.

Touma si alzò a sedere sul letto, pronto a richiamare il nakama, con il braccio levato, teso verso l'altro.

Era luce, luce... luce che abbaglia, che ti avviluppa e che ti fa anche paura.

Ma Seiji non faceva paura, non più.

In realtà, la paura creata dalla sua luce era solo riflesso di quella che si era annidata nel proprio cuore.

La luce faceva paura quando era così diversa dal buio.

Erano due entità distinte.

Eppure entrambe appartenevano al cielo.

La pioggia si abbatteva feroce su di lui, senza suscitare un moto di emozione o fastidio. I capelli che risplendevano d'oro a ogni bagliore si appiattivano sotto il peso dell'acqua e si incollavano al viso e alle spalle, i vestiti al corpo, modellandone le forme gentili.

Si voltò, permettendo a Touma di vedere il ciuffo ormai scomposto che scendeva libero fino al mento. Una mano di Seiji si tese verso di lui e le labbra, atteggiate a quel sorriso che in certi momenti si faceva misterioso, si schiusero a pronunciare un invito: "Vieni!".

La perplessità di Touma si dissolse in un attimo e la sua mano, dapprima tesa in un richiamo, andò a ricercare quella di Seiji: il suo appiglio era la sua forza.

Un altro bagliore illuminò il cielo plumbeo e, subito dopo, il rombare del tuono scosse l'atmosfera, propagando una leggera elettricità nell'aria.

Il tocco delle dita dei ragazzi provocò una scarica improvvisa di energia che li fece sobbalzare.

Si guardarono, perplessi, ma Seiji non fece nulla per separare le loro mani, anzi, fece in modo di intrecciarle ancora più saldamente.

Touma si sentì tanto nervoso da uscirsene con una risatina.

“Mi sembra logico...”.

Seiji tornò a sorridere.

"Che cosa? Che facciamo scintille?''.

“Le abbiamo fatte fin dall'inizio... non è logico che sia rimasta elettricità... tra noi...?”. Un sorriso più dolce, forse più timido. “E poi è stato un colpo di fulmine... in tutti i sensi...”.

Il pollice di Seiji gli accarezzò il dorso della mano.

"Cosa intendi?" chiese con voce morbida.

Touma ridacchiò di nuovo, l'imbarazzo persisteva e lo rendeva preda di quelle risatine stupide.

“Intendo che è stato un colpo di fulmine... anche se... ce ne siamo resi conto tardi...” socchiuse gli occhi, come quando si inoltrava in pensieri contorti e profondi. “... abbiamo sentito l'elettricità, senza vederne la luce... o, forse, la luce ci aveva abbagliati talmente da renderci ciechi di fronte a quello... che sentivamo...”.

"Io abbaglierei me stesso quindi?'' ridacchiò Seiji.

“Beh, all'epoca nessuno di noi due era... illuminato...” ed ecco sfoggiato il sorriso da schiaffi di Touma..

"Io sono sempre illuminato" ed ecco l'espressione da snob pronta a ribattere.

“Lo sei da un po'... sei da sempre la luce... non l'illuminato... da sempre...”.

Seiji afferrò anche l'altra mano di Touma e con uno strattone deciso lo attirò contro di sé, mettendo a contatto i loro nasi bagnati.

"Guarda che stavo scherzando. Sono stato ottuso anche io".

Touma chiuse gli occhi, arricciando il naso.

“Io non scherzavo... siamo stati ottusi e accecati... ma poi... abbiamo sentito il fulmine... forse è stato l'unico caso in cui il tuono è giunto prima della luce... che la luce sia stata più lenta del fulmine...”.

Gli rispose un buffetto sul naso, accompagnato da una risatina.

"Shu non ha tutti i torti quando dice che è difficile stare dietro al cervello di un genio''.

Gli rispose un naso arricciato.

“Ma sono stato semplice, chiaro e non... non era difficile starmi dietro!”.

"Per un QI come il tuo non ne dubito".

La risata si accentuò, difficile capire se volesse essere un complimento o una canzonatura.

“Sai essere davvero antipatico!”.

"E perché?".

Un finto stupore ben costruito, Seiji sapeva indossare una maschera di innocenza se lo desiderava, persino sotto quella pioggia gelida che li sommergeva.

“Lo sai perché... e non fare quella faccia... non sei Shin...”.

Era stato abbacinato, non era certo cieco ora.

"Ma io ho elogiato il tuo cervellino".

E, giusto per porre ancora più accento sulla frase, gli arruffò i capelli fradici.

“Se lo chiami così, non si sente tanto elogiato...”.

Uno sbuffo, il capo che affondava tra le spalle.

Anche la mano affondò ancora di più.

"Preferisci cervellone?".

Lo sguardo di Touma si fece enorme e inorridito.

“Ma è ancora peggio! Non chiamarlo, non serve... sa che c'è e tanto basta...”.

Ecco, i soliti discorsi strani.

Seiji non trattenne un'esplosione di ilarità davvero plateale.

"Per esserci c'è, ogni tanto viene da chiedersi dove si possa essere nascosto".

“Lo intimidisci se ne parli così!”.

Messe le mani sui fianchi, Touma era decisamente poco credibile.

"Ma si nasconde anche quando io non c'entro!".

“Si ricorda di te...”.

Il dito di Seiji diede una spinta sulla fronte di Touma.

"Il mio ricordo lo abbaglia?".

In quel momento, un fulmine cadde così vicino che lo sentirono sfrigolare.

E l'aria si riempì di elettricità.

E Touma ebbe uno dei suoi picchi di Q.I.

“Nel cervello... i neuroni sono collegati con scariche simili a scintille... quindi aggiungi elettricità al mio cervello già sovraccarico di energia... ed essendo che lavora un po' più velocemente... evidentemente lo mandi... in corto circuito...”.

Già, aveva tutto senso.

Una mano gli chiuse velocemente la bocca.

"Niente lezioni di scienze, a scuola è uno dei miei punti deboli, mi fa girare la testa".

Touma sbuffò nella mano di Seiji: se solo avesse voluto... quel problema sarebbe sparito da tempo.

Seiji percepì un brivido sotto la sua mano.

"Stai congelando, meglio se rientriamo".

Ogni ironia era scomparsa dalla sua voce, per lasciare il posto solo a una protettiva dolcezza.

Touma protestò, ciononostante seguì Seiji dentro la stanza e chiuse la finestra; dietro a essa, chiuse fuori anche il temporale.

Tuoni e fulmini si facevano sempre più vicini tra loro, il temporale era ormai sopra la città e le nuvole avevano oscurato il cielo come se fosse sera.

Pur non volendo, Touma rabbrividì.

“Non sembra un temporale estivo...”.

Seiji gli posò le mani sulle braccia e le strofinò.

"Sei gelato".

Ovviamente era del tutto secondario il fatto che lui fosse nelle medesime condizioni.

“E tu no?”.

Le mani di Touma si mossero sulle braccia di Seiji in maniera speculare.

“Io ti faccio girare la testa come la scienza?”.

Le mani di Seiji si bloccarono, la sua espressione si fece seria.

"In un altro modo... molto più piacevole".

Touma abbassò il capo, un sorriso timido ma deciso gli sorse sulle labbra.

“Almeno così la batto...”.

Sulle labbra di Seiji tornò il sorriso.

"Ho la sensazione che i nostri discorsi abbiano smesso da un po' di seguire un filo logico".

“Ma ce l'hanno, eccome... nella mia testa...”.

Touma azzardò un passo e, con un respiro, fece un 'grande salto' e chiuse lo spazio tra loro con un bacio.

Seiji lo chiuse in un abbraccio, bagnato contro bagnato: mai come quella volta baciarsi significava dissetarsi a vicenda. Il pavimento della stanza, ai loro piedi, andava trasformandosi in un piccolo torrente.

Con un timido fremito, Touma si dissetò, mascherando la propria timidezza cronica nel buio di quel temporale estivo.

Dopo un attimo di silenzio, durante il quale solo gli sguardi parlarono, fu Seiji il primo a ritrovare la voce: "Dovremmo riscaldarci con una doccia e asciugarci".

Touma annuì timidamente e arretrò di qualche passo verso la porta d'entrata.

“Ti preparo il bagno... entri tu per primo, ovviamente...”.

Riecco il sorriso enigmatico di Seiji.

"Perché dovremmo fare a turno?".

La bocca di Touma si fece secca, scostò lo sguardo, abbassandolo, arrossendo.

“Beh... eh... pensavo... insomma...”.

"Cosa pensavi? Non ti va?''.

“No... cioè... sì che... mi va...”.

Anche se dalle parole quasi non sembrava.

Seiji sporse le labbra in una smorfia.

"Non si direbbe".

Touma scosse il capo con forza e questo, poi, finì per girargli.

“E' che... non me... l'aspettavo...”.

Seiji fece spallucce.

"Sarà un po' come essere in un onsen".

Touma strattonò la propria maglia nei pugni e borbottò un quasi soffocato dal rossore: non era abituato agli onsen, lui... e Seiji lo sapeva.

"E non ti devi vergognare, perché non ci sarà nessun altro che noi due".

Certo. A lui bastava Seiji per vergognarsi.

Touma fece un giro di 180 gradi e borbottò ancora che sarebbe andato, comunque, a preparare il bagno. Per due.

Seiji gli tenne dietro e, prima che potesse allontanarsi, gli afferrò una mano.

"Ti do una mano".

Un brivido, un sospiro, ma la mano si abbandonò a quella del compagno e gli fece strada, in fondo al corridoio a destra, nel bagno di casa.

Entrarono in un locale che aveva ben poco di tradizionale, piuttosto ampio e, stranamente, ordinato. Una grande vasca occupava la parete di fronte, mentre a destra si poteva scorgere anche una doccia spaziosa.

"C'è l'imbarazzo della scelta" disse, sorridendo, Seiji.

“Sì, sì!”. La voce di Touma era roca, nervosa, tirata come la corda di un arco da guerra.

"E noi cosa scegliamo?" incalzò Seiji, senza cambiare espressione.

“Q-quello che vuoi...” e il viso di Touma vagava tra il pavimento e i propri piedi.

"Io credo che la vasca ci rilassi di più".

E il tono di Seiji era naturale, come se stesse parlando della cosa più normale del mondo.

Era meglio? Era peggio?

Anche a studiare il dinamismo di quello che sarebbe potuto succedere... niente gli sembrava meglio dell'altro.

Vasca... stretta vicinanza... poco spazio... molta attesa.

Doccia... classico erotico... poco spazio... vapore... condensa...

No, davvero... niente era meglio.

Seiji percepì la titubanza del nakama e prese del tutto il comando della situazione. Prese la mano ancora libera e la sollevò insieme all'altra, costringendolo a voltarsi verso di lui, quindi avvicinò pericolosamente i loro visi e sussurrò: "Lo prepari tu? Lo voglio bello caldo".

Ecco. Quello era l'effetto che la luce del lampo aveva su di lui.

Inerme.

Il Q.I. si zittiva, anzi, spariva del tutto.

E lui si sentiva un idiota preda del vento della tempesta. Anzi, del temporale.

Era il colpo di fulmine che, a tratti, tornava a farsi sentire.

Era un colpo, perché quando arrivava ti ritrovavi sempre a terra, stordito; a volte incapace di rimetterti in piedi.

Di fulmine perché lui era un fulmine... e poi, perché era abbastanza logico che il fulmine non facesse del tutto bene.

Certo, Seiji sì.

Ma il fulmine faceva male.

Finiva che ti ritrovavi una persona completamente diversa. Perché tutta quell'elettricità aveva bruciato interamente la tua vecchia pelle, per lasciarne un'altra, tutta nuova... ma così rosa e delicata che... forse era come sentirsi come un neonato.

Tutto nuovo.

Ecco il colpo di fulmine.

Colpo. Stordimento. Pelle bruciata. Nuova pelle.

E nuova vita.

"Touma... sei ancora con me o stai vagando tra le stelle?". Un tocco di ironia misto a tanta dolcezza. "Lo prepariamo il bagno o stiamo qui fermi a gocciolare in mezzo alla stanza?".

Touma rialzò uno sguardo perduto, si passò una mano tra i capelli, e gli occhi vagarono attorno a sé.

“Facciamolo...” sussurrò.

Seiji gli pose le mani sulle guance e gli sfiorò le labbra con le proprie, parlando con voce che poteva dirsi sensuale: "Caldo, mi raccomando".

Lo faceva apposta o...?

“Caldo, caldo...”.

Gli sarebbe venuto bollente quel tanto per farli cuocere, se non si fosse ricordato, a un certo punto, di aggiungere un poco di acqua fredda. Così come il bagnoschiuma al tè verde.

Seiji si chinò di fianco alla vasca e tastò la temperatura con la punta delle dita, lo sguardo un po' perso sulla superficie liquida e fumante. Si lasciò andare a un sospiro e sollevò quella medesima espressione su Touma.

“V-va b-bene?”.

E perché lo fissava a quel modo?!

Seiji sorrise. "È perfetta". Si alzò e, con mosse lente, si portò dietro a Touma e gli posò le mani sulle spalle, facendo scivolare un poco le spalle della felpa. Quindi posò le labbra sul frammento rimasto a nudo. "Dobbiamo sbrigarci a entrare, prima che si raffreddi".

Sbrigarsi?

Entrare?

Acqua... dovevano... fare... il bagno...

Dovevano... spogliarsi...?

Touma rabbrividì... eppure c'era caldo.

Una mano libera andò a sfiorare il punto baciato da Seiji, si sentì il viso andare in fiamme.

Le mani di Seiji scivolarono verso il basso, le dita strinsero l'orlo della felpa e la sollevarono lungo il corpo.

"Faccio io?".

Un moto di orgoglio riprese il campo nel cervello di Touma che scosse la testa, silenzioso. Non appena le mani di Seiji si staccarono dalla felpa, Touma si sbarazzò velocemente di felpa e canottiera, rimanendo a petto nudo con l'espressione di un cucciolo bastonato.

Un angolo delle labbra di Seiji si piegò verso l'alto, rimase ad osservarlo con quel ghigno per un tempo che a Touma sembrò interminabile, poi fece un passo e, con naturalezza, infilò le mani nell'orlo dei pantaloni, senza distogliere lo sguardo dal compagno.

E Touma sarebbe indietreggiato – per pudore o, meglio, timidezza, non certo paura – se le mani di Seiji non l'avessero trattenuto. Così, finì solo per arrossire ancora più del solito e abbassare così tanto lo sguardo da ancorare a terra, come una nave da crociera fa al proprio porto.

Seiji fece scivolare i pantaloni lungo le gambe di Tenku ma, al tempo stesso, nel tentativo di rassicurarlo, posò le labbra sulle sue, mentre il ghigno veniva sostituito da un'espressione composta, seria e impregnata di affetto.

Non era solo il corpo a tremare, ma la stessa aria che respirava, anche attraverso le loro labbra intrecciate. E se respirava tremore, poteva lui non tremare?

Touma afferrò i lembi della maglietta di Seiji, consapevolmente per aggrapparvisi, inconsapevolmente per fare qualcosa di diverso dallo stare fermo, imbambolato... come una bambolina di cemento, nemmeno troppo armato.

Il bacio terminò con una leggera lappata sulle labbra da parte di Seiji ed un sussurro che gli carezzò le orecchie: "Ricambi il favore?".

Se la sua voce non fosse stata così vicina, Touma avrebbe dovuto chiedergli di ripetere... ma la vicinanza aveva aiutato lo stordimento dovuto all'ebbrezza chiamata Seiji.

Così, le mani già incollate alla maglia di Seiji si sollevarono, portando con sé anche l'indumento, oltre il capo del nakama, scompigliando appena i suoi capelli. La maglietta cadde a terra, addosso agli indumenti di Touma; ingollò, prima di avventurarsi sull'orlo dei pantaloni, con mani ovviamente tremanti e poco precise per il 'difficile' obiettivo d'apertura dei bottoni.

Un'ondata di tenerezza si impossessò del cuore di Seiji, quelle mani così malferme da non riuscire a compiere una semplice operazione erano un chiaro indizio di come si sentisse Touma. Le prese tra le proprie e le strinse con intensità.

"Va tutto bene".

Touma scosse la testa, riuscendo a ritrovare la voce, anche se sottile.

“L-lo so...”.

Guidò le mani del compagno verso la cintura, come se dovesse accompagnare un bambino nei suoi primi passi.

"Non devi essere teso con me".

“L-lo so...” ripeté l'altro non senza una punta d'orgoglio. Non era la prima volta e sapeva che non sarebbe stata l'ultima, ma avrebbe voluto, almeno di tanto in tanto, essere meno imbranato... più attivo... più tosto...?

Anche i pantaloni di Seiji scivolarono finalmente a terra, ma lui non lasciò le mani del nakama, le strinse, anzi, con maggior forza.

"Direi che siamo pronti".

Touma fece un cenno affermativo, poi si avvicinò alla vasca e la guardò, scambiando poi uno sguardo con Seiji.

“C-come ci mettiamo?”.

Seiji gli rispose con un sorriso: "Entra prima tu e siediti".

Touma non se lo fece ripetere; trovava in quell'acqua calda e schiumosa un riparo temporaneo che anelava, ora. Scivolò nell'acqua con un sospiro e socchiuse gli occhi, sentendo le membra ringraziare per quell'abbraccio insperato.

Il momento di sollievo terminò quasi subito, nel momento in cui sentì Seiji accostarsi alle sue spalle e chinarsi, le mani a massaggiargli le braccia e le labbra a sfiorargli il collo, sotto l'attaccatura posteriore dei capelli.

Ed ecco che il riparo diveniva inutile e la nudità, quella del corpo e dell'anima, si faceva impossibile da nascondere.

Lui conosceva tutto. Tutto di lui... corpo e anima.

Era sempre a nudo davanti a lui.

Un braccio di Seiji uscì fuori dall'acqua e si allungò fino alla mensola dov'era posato lo shampoo; dopo pochi istanti i capelli di Touma vennero invasi dal liquido denso e dalle mani di Seiji che, con le mosse di un esperto, lo distribuirono e trasformarono in morbida schiuma.

Non i capelli...

Era fin troppo, troppo, eccessivamente... piacevole.

“Mmh... uhm...”.

Non poteva proprio esimersi dal mugolare.

Seiji si bloccò, un istante di stupore, seguito da una risatina.

"Se cominci già così arriviamo poco lontano".

“Ma è così... piacevole... e rilassante...” rispose l'altro ad occhi chiusi, tutto preso dall'apprezzamento del tocco del nakama.

Con più cautela, Seiji riprese a massaggiare.

"Finché è solo rilassante, siamo al sicuro".

Lo sbuffo di Touma fece volare qualche bolla di schiuma.

“Io non sono Shin... non mi eccito per qualunque cosa...”.

"Lo stiamo nominando un po ' troppo spesso; finiranno per fischiargli le orecchie".

La risatina di Seiji fu accompagnata dalla sortita di una mano davanti al viso di Touma, per lasciargli una striscia di schiuma sul naso.

“Non sono io a fargliele suonare... ci sono altri due tizi che conosciamo bene che gliele faranno suonare giorno e notte...” un sospiro, la mano che andava a togliere la schiuma dal proprio naso e si inabissava, per poi tornare in superficie e raggiungere la nuca di Seiji, dove si pose incerta.

Quella mano fu immediatamente catturata e ricondotta in basso.

"Non toccarmi i capelli, lo sai che non mi piace".

Non vi era alcun autentico fastidio in quel rimprovero, solo la palese voglia di divertirsi.

“Non ti stavo toccando i capelli... volevo solo... toccarti...” e la mano scese verso una spalla, fino a scivolare nuovamente in acqua.

"Prima ti tocco io" sussurrò Seiji con un velo di minaccia e le braccia avvolsero il corpo del compagno, bloccando ogni suo movimento. Affondò il viso nei capelli bagnati e il tono da predatore riprese: "Un genio come te dovrebbe sapere che è pericoloso stare in acqua quando ci sono i fulmini".

Nonostante l'acqua calda, Touma si sentì rabbrividire a quelle parole e riuscì a stento a replicare.

“Devo essere... pazzo allora... perché non ho proprio... paura...”.

Le mani di Seiji distribuirono lentamente il sapone sul suo petto e le labbra baciarono la nuca.

"Te l'ho sempre detto che il tuo QI non ti rende affatto razionale".

Un respiro si trasformò in sospiro, la schiena di Touma si inarcò leggermente.

“Tu mi... fai diventare...” un altro sospiro, ancora più profondo. “... un pazzo... irrazionale...”.

Due dita si strinsero, improvvise, intorno a un capezzolo.

"Ci riesci benissimo da solo, i panda non sono razionali, sono adorabili".

“Ahhh!”. La schiena si inarcò ancora, le mani si aggrapparono alla vasca. “Drago... perverso...”.

Un po' d'acqua schizzò tra loro.

"Non osare certi termini riferiti a me". E Seiji affondò i denti nella sua spalla.

“Ahia!”.

Che suscettibile...

“I draghi non mordono!”.

"Preferisci che mi metta a sputare fuori fulmini?".

“Certo che no! Ma essere un po' più delicato... sì...”.

La lingua di Seiji scivolò dalla spalla all'orecchio di Touma.

"Tipo così?".

Certo... se voleva farlo morire.

Un lungo e apprezzante mugolo fu l'unica risposta di Touma.

Seiji gli posò un bacio sul lobo dell'orecchio e lo succhiò, per poi lasciare un'altra leccata più morbida. Prese in una mano il mento di Touma e gli fece piegare il capo all'indietro, mentre con l'altra mano prese ad accarezzargli la gola, con leggerezza.

Eccolo, come sempre lo sorprendeva.

Il fulmine che non ti aspetti.

Ma che quando arriva... non dimentichi...

Touma aveva gli occhi socchiusi per il piacere, vedeva il sorriso dolce e assieme un po' divertito di Seiji, gli occhi sembravano più scuri del solito... come sempre, quando erano immersi in certi... affari...

Poi Seiji si lasciò andare, la fronte sulla spalla del compagno e abbandonò momentaneamente la compostezza per concedersi un sospiro che assunse una forma: "Touma...".

Le mani di Touma, timide e lente, andarono ad afferrare con delicatezza le braccia di Seiji, aggrappandovisi con tenerezza.

Drago... fulmine... luce... tutto questo era Seiji. Ma per Touma, in quei momenti, era solo tutto ciò di cui aveva bisogno.

Sotto il tocco di Touma, suo malgrado, Seiji ebbe un tremito; stava tornando quello strano sentore, quella vaga nostalgia che accompagnava il pensiero del prossimo viaggio a New York. Gravò addosso a Touma con tutto il proprio peso, senza rendersene conto. In quel momento di silenzio, la pioggia che ticchettava contro la finestra cullava il suo singolare stato d'animo.

Il silenzio, un certo tipo di silenzio, in Seiji aveva sempre un significato preciso, anzi due: o era molto preoccupato, o molto arrabbiato... o stava dormendo. Ecco, erano tre i significati.

Escludendo la seconda – Touma era insicuro, ma non tanto da temere di aver fatto arrabbiare Seiji senza fare nulla – e la terza – dato che era Touma e non Seiji che si addormentava ovunque – era ovvio che la prima fosse l'ipotesi più accreditata.

“Se New York non ti piace, puoi sempre chiamarmi... tanto io quando tu sarai sveglio sarò sveglio... lo sai che faccio le ore piccole... eh... beh, se preferisci faccio io la telefonata, ma non so quando potrei trovarti... però sono abituato alle telefonate internazionali... fanno uno strano effetto...”.

Il tutto detto borbottando con il solito chiacchiericcio un po' saccente, un po' troppo logico.

La risposta di Seiji fu uno stringersi a lui con maggior enfasi, scosso da un sospiro ed un tremito. Non gli piaceva sentirsi così, far pesare le proprie preoccupazioni, soprattutto se irrazionali e non giustificate, non era contemplato dal suo modo di essere, eppure non ne poteva fare a meno, l'idea della propria solitudine, in quella città caotica e straniera, lo sgomentava.

“Davvero...” le mani di Touma andarono a cercare quelle di Seiji, afferrandole con tutta l'energia positiva che gli vibrava in corpo. “Non starai troppo tempo... non ti accorgerai del tempo perché sarai fin troppo occupato con altro... e poi... quando tornerai verrò io da te...”.

"Touma... senti...".

Le mani si strinsero attorno alle sue.

“Dimmi...”.

"Il legame... il nostro... di noi cinque... funzionerebbe anche a un oceano di distanza, secondo te?". Era strano, lui si sentiva strano. Tutta quella insicurezza, il bisogno di chiedere conferme, lui che era abituato a darle...

“Lo chiedi davvero a chi è stato nello spazio?” sussurrò Touma. “Io... da sempre vi sento vicini... ovunque sono... sono i nostri cuori... non dei fili della luce a tenerci uniti... siamo fin troppo lontani, tutti i giorni... ma vi sento qui...” con una mano il ragazzo dai capelli neri portò la mano destra all'altezza del cuore. “... sempre”.

La mano di Seiji la raggiunse, si posò, tremante, all'altezza del cuore di Touma e si sforzò di concentrarsi solo sui battiti, perché anche il proprio cuore potesse armonizzarsi e pulsare con il suo.

“Se... se ti sentirai solo... guarda il cielo... e io sarò lì...” Touma si sentì arrossire, si morse le labbra. “Io vedo te quando guardo il sole... o sento un tuono... o... vedo qualcosa che mi piace... penso a te perché vorrei che anche tu la vedessi...”.

"A New York credo sia difficile riuscire a vedere il cielo...". Anche la sua voce tremava, un pò soffocata dai capelli di Touma, nel quale il viso di Seiji era affondato.

“Sull'oceano... sì...”. Mosse il capo, con difficoltà, verso Seiji, cercando di carpirne lo sguardo, anche solo un suo frammento. “Ma basta solo che mi pensi...”.

Quello non sarebbe stato difficile, nella maniera più assoluta. Il volto di Seiji continuò a restare nascosto nel suo rifugio. "E tu... mi penserai?".

“Io ti penso anche adesso... anche se ci sei...” e gli occhi di Touma continuavano a cercare i suoi. “Ti penso sempre... a dire il vero... tu e i ragazzi...”.

"E... se dovesse capitare che... non ti giungono mie notizie?".

Si stava vergognando di se stesso, era come un bambino che temeva di essere abbandonato.

“Se mai dovesse succedere una cosa così...” gli occhi di Touma si socchiusero, gli occhi tornarono all'acqua. “Verrei a cercarti... e non me ne andrei senza averti ritrovato”.

Il battito del cuore di Touma era aumentato e anche Seiji sentiva il proprio battere più forte. Finalmente il viso del ragazzo di Sendai si sollevò, ma solo per lasciar scivolare le labbra sulla spalla del nakama: " Se mi succedesse qualcosa tu... voi... lo sapreste".

Non era una domanda, ma neanche una sicura affermazione.

“Certo. Ovvio. Ci lega qualcosa di speciale... no?” Touma fece eco a parole che tanto tempo prima (era così tanto) gli aveva detto Nasty.

Seiji annuì, sfiorando la pelle nuda di Touma con la punta del naso.

"Lo so...".

Perché, nonostante tutto, non riusciva a cacciare la propria inquietudine? Cosa avrebbe mai dovuto succedergli rispetto a ciò che aveva già sopportato nella sua giovane vita?

“Lo sai, certo...” Touma sospirò. “Ma non basta oggi, vero?”. Touma si spinse appena contro Seiji, a cercare un tocco più completo col suo corpo, il suo calore. “Puoi semplicemente credere in noi?”.

"Dubiti che io creda in voi?". L'ombra di dolore non se ne andava dalla sua voce.

“Credo solo che tu oggi... tu oggi sia... spaventato... anche se non lo vuoi ammettere... ma a nessuno piace ammettere di aver paura... anche se non sa che cosa causa questa paura... ma tu in noi credi... la luce non può non credere... la luce è conoscenza, è sapere... non è dubbio, non può esserlo...”.

Sul viso di Seiji comparve un sorriso amaro; era il momento giusto per essere sincero con se stesso... e con Touma.

"In questo momento mi sento più un ragazzino che un samurai luminoso privo di dubbi. E... sì... sono inquieto e non so neanche io il perché".

In un movimento fluido, che mosse, però, molta acqua, Touma si girò su se stesso, ritrovandosi in ginocchio tra le gambe di Seiji – nemmeno lui sapeva come vi era riuscito.

Aveva conquistato l'attenzione degli occhi caldi di Seiji, solo con un movimento.

“Se posso alleviarti il cuore da questa inquietudine... dimmi cosa devo fare... io farò qualsiasi cosa...”.

Seiji sbatté le palpebre, lo guardò con stupore, poi, colto da uno slancio improvviso, gli afferrò le mani: " Mi sento stupido ma... ho bisogno...".

“Non devi sentirti stupido...” sbuffò Touma arricciando il naso.

"Ho bisogno di sentirmi dire una cosa...".

Touma rispose avvicinandosi ancora più al viso di Seiji.

"Tu... mi cercheresti ovunque... così mi hai detto".

“Ovunque e sempre...”.

"E qualunque cosa questo possa significare... mi impediresti di finire nel buio?".

“Certo...” c'era una fitta di dolore nello sguardo di Touma. Non era una domanda che si aspettava perché... faceva male sapere che Seiji avesse dei dubbi su una cosa simile.

Lui avrebbe fatto davvero... qualsiasi cosa per salvare Seiji. Qualsiasi.

La stretta sulle sue mani si fece spasmodica.

"Qualunque... cosa... questo significhi...".

“Non ti abbandonerei mai...” Touma scrollò il capo. “Non dovresti... nemmeno dubitare...”.

"E se salvarmi... dovesse significare proprio l'abbandonarmi?". Neanche Seiji sapeva cosa, esattamente, lo spingesse a dire cose simili.

“Non dire sciocchezze!”.

Così, Touma era sbottato. Abbandonare un nakama... abbandonare il suo Seiji... per salvarlo?

Era una grandissima stronzata.

Seiji scosse il capo e lo abbassò, tristemente. Come poteva Touma capire ciò che non capiva neanche lui? Sollevò le mani di Touma e posò su di esse la fronte.

“Non dire sciocchezze...” ripeté Touma con un sussurro. “Io non ti abbandonerei mai... e non c'è modo di salvare qualcuno abbandonandolo... lo si abbandona e basta. Lo si lascia solo... e se ha bisogno... di qualcuno... qualcosa... come può salvarsi da solo? Non ci si salva mai da soli, mai...”.

Altrimenti lui sarebbe ancora abbandonato a se stesso... nel mezzo del nulla di Osaka...

Senza sollevare il viso, Seiji mormorò, a stento, alcune parole: "E se io fossi già perso... se mi trovaste già perduto e l'unico modo per salvarmi fosse solo quello di impedire che le tenebre mi avvolgano del tutto?".

“E questo tu lo chiami abbandonare? Per me questo è solo salvare! E noi ti salveremmo sempre e comunque... ovunque tu possa essere... qualunque cosa possa essere successo... noi siamo... parte di qualcosa di speciale...” Touma scosse il capo, sospirando. “E non è per le yoroi... siamo noi ad avere un legame speciale... un'amicizia che non si trova... non nasce e non cresce così facilmente... noi siamo parte di un tutto... che non può essere frammentato”. Gli occhi del ragazzo erano ormai lucidi.

Seiji percepì l'incrinarsi della sua voce, il mutamento delle sue emozioni e si decise a guardarlo. Gli posò le mani sulle guance: "Scusami... non so il perché di questo mio discorso, non volevo rattristarti".

Lo sguardo di Touma scivolò sulle proprie mani, gli occhi non piansero.

“Non sono triste... sono solo preoccupato... perché non hai mai parlato così... e adesso ho ancora meno voglia di vederti partire...”.

Seiji lasciò cadere avanti il viso e le loro fronti si toccarono; strinse i suoi fianchi tra le gambe e fece in modo di strisciare ancora più vicino a lui.

"Sciocchezze, sono solo sciocchezze".

“Certo che sono sciocchezze...” replicò Touma con uno sbuffo. Non voleva nemmeno pensare che potesse succedere qualcosa a Seiji, alla sua luce. “Baciami...”.

Non era da lui, normalmente. Ma ora ne aveva bisogno. Di essere confortato e baciato.

Seiji non se lo fece ripetere; non staccò le loro fronti, ma fece incontrare anche le labbra, un lieve tocco, senza sensualità, per trasmettere solo dolcezza, rassicurazione e gratitudine. Non era giusto che sulle spalle di Touma pesassero le sue insensate paure.

 

***

 

Strano come una giornata potesse cambiare così tanto...

Seiji poteva davvero fare quell'effetto... l'aveva già fatto, poco tempo prima, con lui.

Seiji aveva cambiato Touma.

Era stato un colpo di fulmine, ma non solo come... storia d'amore.

Era stato quel momento, quel preciso istante in cui la vita di Touma era cambiata.

Il punto di non ritorno (e chi voleva tornare?) era stato spartiacque nella sua vita.

Il prima e il dopo Seiji.

Prima e dopo la luce.

Ma la luce illuminava ancora la sua vita. Era continua, infinita... probabilmente come quella che aveva illuminato lo stesso Universo all'epoca del Big Bang.

Niente sarebbe stato come prima.

E Touma, come prima, non era più.

Un colpo.

Stordimento.

E la luce.

Proprio come il Big Bang.

E non poteva immaginare, Touma, quanto la luce possa avere bisogno di venire alimentata, non poteva immaginare quanto Seiji faticasse a splendere lontano da lui e dagli altri nakama.

New York gli sembrava lontana, troppo lontana da loro e troppo vicina a ciò che più temeva. Poteva solo far durare quell'abbraccio il più possibile, per portare con sé tutta la luce e l'amore di cui avrebbe avuto bisogno. 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > I cinque samurai / Vai alla pagina dell'autore: shirupandasarunekotenshi