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Autore: AngelWing99    11/05/2016    1 recensioni
È proprio quando ti senti al sicuro che sei in pericolo. La calma serve solo a chi non ha problemi a chi non deve pensare nulla se non a cosa farà il giorno dopo. L'ansia, la preoccupazione è sempre costante in chi vive nell'oscurità.
Maya è un genio, sa sempre cosa fare e dove deve andare per non essere scoperta da nessuno. Ha un presente è un passato che la tormentano ogni giorno. Alex invece sembra essere un ragazzo perfetto. All'inizio è dolce e simpatico, ma invece è il peggiore tra tutti i ragazzi che a Maya potesse capitare e lei dovrà fare i conti anche con lui.
"Sono nata e cresciuta nell'ombra, ma ora per molti sono diventata una luce che getta le ombre sugli altri".
Genere: Fluff, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Mi sento come se stessi volando, il mio corpo non pesa nulla e si muove leggero in mezzo al vuoto, sto bene qui, non sento dolore, tristezza, ansia... Nulla. Sono felice e vorrei stare qui per sempre, ma questo non mi sembra possibile. Il corpo ritorna ad essere pensante, inizio a sentire il dolore che percorre tutto il corpo, voglio ritornare lì dove non sentivo nulla ed ero in pace. All'inizio provo a muore le dita, sento qualcuno che parla, ma è tutto troppo confuso nella mia testa, non capisco di chi sono le voci. Provo ad aprire gli occhi, ma sono incollati alla pelle, riesco ad aprirli, m una luce bianca mi colpisce gli occhi e sembra bruciarli, tanto che sono costretta a chiuderli un'altra volta, quando li riapro la luce sembra più tenue e riesco ad aprili completamente. Mi guardo per un attimo intorno, c'è un medico, un infermiere e uno dei servizi sociali che mi fissano come se fossi un alieno
<< Maya come ti senti? >> chiese quello che doveva essere il medico, aveva il classico camice bianco con la maglietta e il pantalone dello stesso colore, aveva i capelli castani, gli occhi marroni coperti da un paio di occhiali
<< Mi fa male tutto >> dico prendendo un respiro profondo, ma questo mi fa una fitta più dolorosa al fianco sinistro e cerco di nascondere una smorfia di dolore che non sfugge al medico e subito dice all'infermiere di darmi degli antidolorifici. Passo le successive ore a essere tartassata di domande su come mi sento, perché non ho mai detto ai servizi sociali quello che succedeva davvero dentro casa, perché mi sono tenuta tutto dentro invece di denunciare cose simili. Mi fanno tutte domande del genere a cui do' solo risposte vaghe e confuse, alla fine il medico fa uscire tutti dicendo che dovevo riposare per riprendermi. Ho qualche costola incrinata, un leggero trauma cranico dovuto ad una caduta per le scale di cui non ricordo nulla, il braccio sinistro rotto e molti lividi per tutto il corpo. Appena escono tutti dalla camera mi addormento ritornando in quella pace dove non sentivo nulla.

Si svegliò che sono ancora dentro la camera d'ospedale, mi guardo in giro, è la solita camera spoglia in cui non c'è nulla solo una sedia dove mettersi seduti e un tavolino per mettere i miei pasti, la porta è aperta, vedo gente che passa senza lanciare neanche un occhiata dentro la mia camera. Mi metto a guardare fuori dalla finestra, il cielo azzurro splende senza neanche una nuvola e mi perdo a guardare fuori
<< Finalmente ti sei svegliata >> dice una voce dalla porta, sobbalzo a sentire una nuova voce così mi giro di scatto verso chi ha parlato e trovo Alex che sta avanzando verso di me, il cuore mi sale in gola, cosa ci fa qui? Come ha fatto a sapere dove stavo? Adesso mi vedrà tutti i lividi e mi chiederà cosa è successo e io cosa gli devo rispondere? Con la verità o devo mentire? Se lui sta qui vuol dire che anche tutta la scuola lo sa di conseguenza mi farò cambiare di scuola dal mio prossimo tutore, poco ma sicuro
<< Che ci fai qui? >> chiedo con una voce che non mi sembra essere mia, è tutta gracchiante, la gola si fa secca all'improvviso, la bocca diventata pastosa e io vado sempre di più nel panico. Devo bere, sicuramente migliorerà la situazione, di certo non potrà andare peggio di così. Guardo verso il comodino dove ci sta un bicchiere e una bottiglietta d'acqua, Alex segue il mio sguardo e senza dire nulla mi riempie il bicchiere con l'acqua, ci mette dentro la cannuccia e me lo porge
<< Grazie >> sussurro prendendolo con una mano sana
<< L'altro giorno  sono venuto a vedere come stava un amico, quando sono passato di qui ho visto te che stavi dormendo. È da due giorni che dormi sai? >> dice mentre prende la sedia e si mette seduta a gambe aperte, in una posizione del tutto rilassata. Lo osservo continuando a bere e senza dire nulla, quando finisco provo a mettere il bicchiere sul comodino, ma allungandomi mi viene una fitta sul fianco che fa far una smorfia di dolore
<< Faccio io >> dice Alex alzandosi, prende il bicchiere e lo mette sul comodino per poi rimettersi seduto << allora chi è stato? >> chiede piegandosi leggermente verso di me
<< Cosa? >> chiedo sgranando gli occhi, come fa a sapere che è stato qualcuno a farmi tutto questo?
<< So riconoscere quando una persona ha avuto un incidente o ha fatto a botte. E nel tuo caso si vede lontano un miglio che ti hanno picchiato per bene. Dimmi chi è stato >> dice guardandomi negli occhi pietrificandomi all'istante 
<< Perché te lo dovrei dire? >> chiedo con la voce che trema leggermente
<< Perché si, ora parla >> dice alzandosi e avvicina di più a me fino ad arrivare a qualche centimetro di distanza
<< E se non lo facessi? >> chiedo con un sussurro, lo alzare una mano, chiudo forte gli occhi per istinto aspettandomi di sentire uno schiocco e il dolore sulla guancia, invece sento solo il calore di una mano che mi accarezza la guancia, spalanco gli occhi e guardo confusa 
<< Non dovresti avere così paura >> sussurra continuando ad accarezzarmi la guancia << dimmi chi è stato >> continua guardandomi negli occhi come se stesse scandagliando la mia anima, scuoto la testa leggermente rimanendo incatenata a quei occhi verdi smeraldi. Sospira e si allontana rimettendosi seduto sulla sedia, si passa una mano tra i capelli e torna a guardarmi
<< Che ne dici di fare una partita a carte? >> chiede tirando fuori dalla giacca di pelle un mazzo di carte
<< Ho fame >> dico guardando verso la porta, se esco potrei andare a qualche macchinetta a prendere qualcosa, l'unico ostacolo è che non ho soldi con me e non riesco ad alzarmi
<< Tra dieci minuti ti porteranno qualcosa >> dice avvicinando il tavolino << che facciamo? Briscola? >> chiede mentre mescola le carte
<< Okay >> dico mettendomi seduta meglio, Alex inizia a dare le carte e iniziamo a giocare << qualcuno della scuola sa che sono qui? >> chiedo mentre butto l'asso di bastoni
<< Nessuno, immagino solo la preside e i professori... I tuoi genitori glielo avranno detto di sicuro >> dice lui mentre pesca dal mazzo, non dico nulla mi limito ad annuir e a pescare dal mazzo << questa è l'ultima mano, vincerò sicuramente io >> dice sorridendo divertito
<< In mano hai il re di spade, l'asso di denari e il sette di bastoni, io ho tutte briscole è impossibile che vinci >> dico osservando le mie carte
<< Come fai a saperlo? >> chiede sorpreso e con la bocca leggermente spalancata
<< Sono le uniche carte che non sono uscite >> dico scrollando le spalle
<< Ti ricordi tutte le carte che sono uscite? >> chiede ancora sorpreso
<< Non è difficile >> dico inclinando la testa di lato
<< Sai giocare a poker? >> chiede sorridendo divertito
<< Se speri di riuscire a barare già ti dico che non ci riuscirai >> dico sorridendo leggermente
<< Vediamo >> dice sorridendo, giochiamo fino a quando un infermiere non dice ad Alex che l'orario delle visite è finito, se va promettendomi che sarebbe tornare domani pomeriggio per battermi a poker, in tutte le partite che abbiamo fatto, anche se lui provava a barare, io riuscivo sempre a vincere. Mi lascia le carte così mi metto a giocare a solitario per fare qualcosa. Arrivano le undici di sera e non so più cosa fare, mi sono annoiata a fare solitario e inoltre devo stare sveglia tutta la notte, qualche volte viene un infermiera a farmi compagnia, ma ogni cinque minuti suona il campanello che ci sono dei pazienti che stanno male così mi ritrovo più da sola che in compagnia. Non ho neanche un cellulare con cui giocare a qualcosa perché i servizi sociali non me l'hanno dato, non ho neanche un libro da leggere, l'unica mia compagnia sono le carte, ma mi hanno stancato anche loro. Mi metto a guardare fuori, nel cielo c'è una luna decrescente e tutto intorno c'è il buio, non vedo cosa c'è intorno, mi fermo a guardare solo la luna, anche se è solo un quarto splende nell'oscurità che l'avvolge. Ho sempre adorato osservare le stelle e la luna, sono così lontane da noi, ma allora stesso tempo sembrano così vicine da poterle toccare con un dito. Da piccola mi perdevo sempre a guardare il cielo anche quando era nuvoloso, mi piaceva, non so perché so solo che mi piaceva e anche adesso è così. Ritorna l'infermiera e ci rimettiamo a parlare, ora so tutti i pettegolezzi che girono per l'ospedale, ma manca solo di conoscere il volto delle persone che lei mi dici e conosco tutto.
Quando inizia a spuntare il sole mi sembra che è passata un eternità, sbadiglio e mi stropiccio gli occhi, non vedo l'ora che arrivi il medico e mi dica che posso anche dormire. Il medico venne verso il nove e finalmente mi misi a dormire.
Mi sveglio che è pomeriggio e trovo Alex che gioca a carte
<< Metti ansia >> mi lamento stropicciandomi un occhio
<< Perché? Sto solo giocando a carte >> dice lui girandosi verso di me
<< Verrai ogni giorno fino a quando non mi dimettono? >> chiedo mettendomi seduta con le gambe incrociate
<< È probabile. La cosa ti secca? >> chiede alzando un sopracciglio
<< Perché lo fai? >> chiedo passandomi una mano tra i capelli, già li immagino gonfi, pieni di nodi e sporchi, mi fanno schifo, ma non posso fare nulla
<< Stai evitando le mie domande >> mi fa notare
<< E tu stai evitando la mia >> dico guardandolo negli occhi, sospira, si rilassa sulla sedia e incrocia le braccia al petto
<< Una domanda a testa, risposta sincera >> dice sorridendo beffardo
<< Come faccio a sapere che dici la verità? >> chiedo continuando ad osservarlo
<< La stessa cosa vale per me, dovremmo fidarci l'uno dell'altro >> dice appoggiando i gomiti sulle ginocchia
<< Non mi fido delle persone >> dico guardando gli occhi versi che sembrano quasi perfetti
<< Ti dovrai fidare di me... Almeno per questa volta >> dice sorridendo beffardo, sospiro, il mio cervello entra in funzione, devo trovare un modo per sfuggire da questa situazione, un modo che costringa lui a dirmi cosa lo porta venire qui tutti i giorni, ma che allora stesso tempo impedisca a lui di farmi domande di qualsiasi genere. Non faccio in tempo a trovare una soluzione che arriva il medico dicendomi che domani mi possono rimettere, l'importante è che non faccio movimenti bruchi con il busto e che sto a riposo per una decina di giorni, poi tra un mese dove tornare per farmi togliere il gesso. Subito dopo il medico arriva l'infermiere che dice che l'orario di visite è finito
<< Ci vediamo Maya >> dice Alex sorridendo divertito
<< Ci vediamo, Alex >> dico sorridendo, lui sorride di più e se ne va lasciandomi sempre il mazzo di carte. 

Il giorno dopo quando esco dall'ospedale trovo una dei servizi sociali che mi accompagna a casa del mio nuovo tutore, a quanto pare hanno fatto in fretta a trovarmi una nuova "casa". Durante il tragitto lei non fa altro che parlare facendomi venire mal di testa, sento che mi sta per esplodere da un momento all'altro. Quando l'auto si ferma ringrazio il cielo mentalmente, non ne potevo più. Davanti a me c'è una villa bianca, mi ricorda molto una casa americana, non faccio in tempo ad ammirarla che la donna mi trascina dentro dove vengo accolta da un'altro dei servizi sociali e dal mio tutore che ha a malapena vent'anni, i capelli castani, gli occhi marroni chiaro, alto quasi uno e novanta probabilmente e abbastanza muscoloso. Aveva un piercing sul sopracciglio sinistro e uno sul labbro inferiore a destra, mi quadrava da testa a piedi
<< Non voglio una mocciosa in casa mia >> dice facendo uno smorfia, alzai un sopracciglio, stavo per rispondergli quando la donna iniziò a parlare impedendomi di dire anche solo una parola
<< Non ci interessa, lei rimarrà qui con te... Oppure se preferisci puoi andare in carcere, a te la scelta >> disse sorridendo, il ragazzo sbuffò e non disse nulla << bene, allora tesoro >> disse rivolgendosi a me << questa è la tua nuova casa, i particolari te li darà Daniel, se ti tocca noi lo sbattiamo dietro le sbarre, d'accordo? >> chiese prendendomi il viso tra le mani, alzai un sopracciglio confusa, perché faceva così? Non mi piaceva, annuii solo e mi allontanai dalle sue mani
<< La ragazza deve stare a riposo per una decina di giorni e tra un mese deve tornare in ospedale per togliere il gesso >> disse l'altro dei servizi sociali a Daniel, lui annuii continuando a fissarmi facendomi sentire sempre di più a disagio. Dopo un paio minuti passati a raccomandazioni di ogni genere finalmente se ne andarono. Rimasi da sola in quella casa con lui
<< Allora ragazzina, mettiamo in chiaro una cosa >> dice iniziando ad avvicinarsi e di conseguenza io iniziando ad allontanarmi tremando leggermente, dopo due passi si ferma osservandomi da testa a piedi, si passa una mano tra i capelli << non voglio farti nulla, tranquilla. Ti voglio dire solo di non rompimi le scatole >> dice e poi se ne va nella sala accanto all'ingresso << la tua stanza è su per le scale infondo a destra, a sinistra c'è il bagno e nella camera accanto al bagno c'è camera mia. Guai a te se ci entri >> dice da quello che doveva essere il salotto, lo raggiungo e lo trovò seduto sul divano bianco a tre posti con i mano una birra, mentre l'altra ha in mano il telecomando e cambia canale alla TV di ultimo modello << dimmi >> dice senza girarsi a guardarmi
<< Perché mi hanno affidata a te? >> chiedo avvicinandomi lentamente per osservare ogni sua mossa, si gira a guardarmi e io mi blocco, sbuffa e mi cenno di sedermi accanto a lui e così faccio
<< Perché sono il capo di una banda che spaccia, vende armi, uccide, rapisce e tutto quello che ti pare. Mi hanno beccato perché stavo uccidendo uno che ci stava provando con la mia ragazza. Così hanno pensato che invece di mandarmi in carcere sarebbe stato meglio affidarmi una mocciosa, e così hanno fatto >> dice prendendo un sorso di birra
<< Come mai hai accettato? >> chiedo guardandolo
<< Perché ho un affare troppo importante per andare dentro ora >> dice sorridendo divertito << i servizi sociali pensano che non faccia più parte di quella vita, ma si sbagliano >>
<< E se io glielo dicessi? >> chiedo inclinando la testa di lato, invece di guardarmi storto allarga di più il sorriso
<< Non glielo dirai, non ti conviene. Se glielo dici andrai a casa di un'altra testa di cazzo che potrebbe ridurti anche peggio, se glielo dici... Starai qui tranquilla, nessuno ti farà nulla >> dice scrollando le spalle
<< Potresti farmi qualcosa tu >> dico guardandolo storto
<< E che cosa ne guadagno a farti del male? Il carcere? Ne faccio a meno >> dice e torna a guardare la televisione, lo osservo per qualche istante confusa, chissà di che cosa si tratta il suo affare, sono troppo curiosa, non mi importa nulla di quello che fa, a me basta che non mi tocchi
<< Vado in camera >> dico alzandomi
<< C'è già la tua roba >> dice senza guardarmi,annuisco e salgo al piano di sopra. Entro in quella che ora sarebbe camera mia, c'è già tutto, come aveva detto Daniel, ed è tutto sistemato. Non è tanto piccola come camera, è semplicemente perfetta per me, il letto è messo accanto alla finestra che ha un davanzale dove mi posso mettere seduta, davanti al letto l'armadio con dentro tutti i miei vestiti più qualcuno nuovo, accanto una libreria dove ci sono tutti i miei libri, messi male, ma non posso fargliene una colpa, li avrei sistemati io, infine accanto al letto un comodino e una scrivania dove c'è già il mio computer. Mi butto sul letto è più morbido di quanto vorrei, ma credo di potermi adattare. Chissà forse per la prima volta sarei stata bene in casa di questo nuovo tutore, non era male, certo non faceva un lavoro normale, ma non importa ci devo stare solo un anno e poi potrò andarmene e ricominciare tutto da capo, una nuova vita in cui fingerò che i primi diciotto non siano mai esistiti
<< Comoda? >> chiede Daniel dalla porta dove sta appoggiato
<< È perfetta... Grazie >> dico sorridendo
<< Bene, tanto anche se non ti piaceva rimanevi qui >> dice scrollando le spalle, annuisco e ricomincio a fissarlo, è un bel ragazzo, potrebbe fare il fotomodello probabilmente, invece di fare tutte quelle cose pericolose << prima o poi mi sciuperai lo sai? >> dice ghignando divertito, sento le guance andare a fuoco
<< Non sai che peccato >> dico sarcastica
<< Il mondo se ne rammaricherebbe troppo >> dice passandosi una mano tra i capelli scompigliandoli tutti
<< Ci sarebbero tre giorni di lutto mondiali >> continuo ironica con un sorriso divertito sulle labbra
<< Solo tre giorni? >> dice alzando un sopracciglio
<< Come sei egocentrico >> dico alzando gli occhi al cielo
<< Fatti una doccia che è meglio. Ti aspetto di sotto >> dice sparendo dalla mia vista, sbuffo e mi alzo di malavoglia dal letto, mi prendo il cambio dall'armadio una maglietta bianca a barchetta e dei leggins neri. Faccio un bagno nella vasca tendo il braccio gessato fuori dalla vasca. Quando finisco scendo di sotto dove trovò un ragazzo biondo con gli occhi azzurri, anche lui muscoloso al punto giusto che sta sul divano con Daniel
<< Maya lui è Nico, Nico lei è Maya. Starà qui qualche volta >> dice Daniel guardando la TV, scrollo le spalle
<< Piacere, dov'è la cucina? >> chiedo guardandomi intorno, Daniel indica una porta alla sua sinistra e io vado trovando una cucina abbastanza grande che ricorda, anche questa, una cucina americana, ha un'isola che funge da tavolo, una piano cottura d'acciaio e tutto il resto è in legno o in marmo. Devo dire che Daniel ha buon gusto nel arredare casa, se mai disse servire credo che chiederò consiglio a lui. Cerco qualcosa da mangiare, ma non c'è nulla così alla fine ci rinuncio e torno in camera a cercare informazioni su Daniel
  
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