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Autore: kbonny    12/05/2016    3 recensioni
A volte nella tua vita accadono cose che non puoi minimamente immaginare o prevedere. Cose che la vita può sconvolgertela, ma anche cambiartela, migliorarla, renderla unica e meravigliosa.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Il mattino seguente Kate arrivò al distretto decisamente tardi rispetto il suo solito. Aveva riflettuto a lungo quella notte e si era decisa: avrebbe parlato con Castle, le avrebbe detto quello che provava una volta per tutte. Mentre si avvicinava alla scrivania, vide che lo scrittore era già seduto alla sua sedia, e un po’ se ne meravigliò. Non pensava sarebbe tornato dopo la sceneggiata del pomeriggio prima.
-Ciao- lo salutò timidamente.
-Buongiorno- rispose lui con un sorriso sincero, porgendole il suo caffè. Sembrava che la discussione fra loro non fosse mai avvenuta.
-Castle….-lo scrittore la guardò mentre lei si sedeva -senti…..io….mi dispiace per ieri. Non avrei dovuto trattarti in quel modo. Volevi solo alleggerire un po’ il clima, e io ho pensato solo a me stessa. Mi dispiace.-
Rick non smise un secondo di fissarla, ma non disse nulla, non lasciando trasparire alcun tipo di emozione. Kate si trovò ancora più imbarazzata e decise di continuare. -Io….ti devo dire una cosa- disse quasi in un sussurro -C’è l’ho dentro da troppo tempo, e sono stanca di soffocarla….io –
-BECKETT!!- la voce acuta del capitano fece sobbalzare entrambi -Abbiamo novità sul caso Forten.-
-Signore, il caso è stato archiviato più di 3 settimane fa- fece notare la detective.
-Lo so bene detective.- Rispose dura -Solo che l’uomo che ha arrestato, durante il processo di ieri, ha affermato di aver avuto un complice. Ha fornito nome e cognome, e quest’uomo in questo momento è barricato in un negozio della 47th. Ci sono 4 ostaggi, ha aperto il fuoco e non sappiamo se sono vivi. Chiami subito la sua squadra e vada immediatamente laggiù.-  Ordinò con decisione la donna allontanandosi. Kate prese cappotto e pistola correndo poi verso l’ascensore. Castle la seguì. Mentre si muovevano per le strade con le sirene a palla, la detective avvertì i due colleghi di raggiungerla. Castle non aveva proferito parola. Quando giunsero sul posto c’erano già alcune pattuglie ferme a far sicurezza.  Kate indossò il giubbotto antiproiettile e si diresse verso il centro mobile di coordinamento. Ryan ed Esposito arrivarono in quel momento. Kate spiegò loro la situazione. -Come ci muoviamo?- domandò Ryan.
-Questo è l’uomo. Bobby Shoult- disse un agente mostrando loro una foto del sequestratore –E questa è la mappa dell’edificio. Ci sono tre uscite- aggiunse indicandole -Sono già sotto tiro dai miei uomini. All’interno non ci sono telecamere. Presumiamo sia solo, ma un’irruzione sarebbe rischiosa per gli ostaggi.
-Ok….abbiamo modo di comunicare con lui?- domandò Beckett.
-Il negozio ha un telefono, abbiamo provato a telefonare, ma al momento ha detto che non vuole trattare.- -Lo richiami. Voglio parlarci-
-Certo, venga- Stavano per entrare nel furgone radio quando la porta del negozio si aprì sbattendo. Tre donne ed un uomo uscirono correndo dall’edificio con fare spaventato.  Alcuni agenti li recuperarono senza perdere di mira l’entrata.
-Che è successo?- chiese subito la detective avvicinandosi a loro.
-Ci ha lasciati liberi, e poi è uscito-  farfugliò una delle donne con la voce terrorizzata. In quel momento videro una macchina uscire dal seminterrato del palazzo e allontanarsi a tutta velocità. Mentre svoltava a destra, Kate riconobbe il loro uomo.
-Come diavolo ha fatto ad uscire- urlò correndo alla macchina.
-Ryan, Esposito inseguiamolo. Castle tieniti forte- lo avvisò Kate partendo in quarta.
-Oh, tranquilla, mi piace la velocità. È una scarica di adrenalina e rende tutto più eccitante- ridacchiò reggendosi alle maniglie dell’auto. L’inseguimento proseguì fino un vecchio magazzino nella zona del porto. La macchina di Shoult era abbandonata e l’uomo correva su di una scala, verso i piani superiori.
- E’ in trappola! Vuoi due salite dal retro, io lo seguo da davanti- ordinò la donna ai due agenti,dirigendosi verso le scale. Castle era sceso dalla macchina e la stava seguendo.
-No, Castle. Tu rimani qui-
-Ma Kate...- tentò di protestare lui ma la donna lo bloccò.
-E’ troppo pericoloso e non ci sono rinforzi al momento,ti prego. Non voglio che ti succeda qualcosa, sei troppo importate per me- E senza lasciargli il tempo di ribattere rincorse il malvivente. Aveva adocchiato l’uomo dirigersi verso un piano abbandonato e pericolante zeppo di rifiuti e lamiere, probabilmente nell’intento di nascondendosi fra qualche ammasso di ferraglie e porte dismesse. Muovendosi silenziosamente lungo le pareti del capannone si accorse solo in quell’istante che Castle l’aveva seguita muovendosi nella direzione opposta, quel testardo, ma comunque sufficientemente riparata. Solo pochi metri di distanza separavano detective e scrittore. La donna imprecò con una smorfia lanciandogli un’occhiataccia facendogli capire di stare attento. Un piede messo male però giocò a sfavore della detective che toccò di striscio un vetro rotto suscitando l’immediata reazione di Shoult che si mosse cominciando a sparate. Nonostante la posizione esposta che poteva crearle parecchi problemi, Castle iniziò a correre in direzione della donna finchè si buttò su di lei spingendola con forza contro il muro.
Kate iniziò a sparare a raffica contro l’aguzzino quando un colpo le passò di striscio accanto all’orecchio. D’istinto lo scrittore si gettò a terra trascinandosi dietro Kate. Un improvviso flash la invase, ma non si trattava di luce, era un ricordo. Rivide a rallentatore una scena di diversi mesi prima, solo che stavolta era limpida, nitida e completa: era a terra in un prato, sentiva un dolore indefinito al petto, Castle era sopra di lei che le parlava e le diceva qualcosa, qualcosa che ora decifrava. Si senti gli arti che si immobilizzavano e sudore freddo che le scendeva dalla fronte. Castle la scosse leggermente riportandola al presente. Si ritrovò li a terra con la pistola fra le mani: solo in quel momento ricordò in che situazione era in quel momento e il fatto che le rimaneva un solo colpo. Rimase ferma in attesa, quando sentì dei passi lenti giungere dalla sua sinistra -Non ti muovere- sussurrò all’orecchio di Castle che era ancora accanto a lei. Si rialzò con calma seguendo il lieve rumore allontanandosi da lui. Ma fu un attimo: l’assassino si scagliò contro lo scrittore, che tentò di proteggersi, ma non ne ebbe il tempo che un pugno gli arrivo alla mascella e sentì la pistola sulla tempia.
-Non osare toccarlo- urlò di rabbia Kate prendendo l’aguzzino per le spalle scostandolo dallo scrittore. Voleva sparargli ma rischiava di colpire Castle. Alla detective non bastò destargli questa sorpresa, perché l’uomo, perse di mano la pistola, ma non fu colto del tutto alla sprovvista e si girò di scatto colpendola in pieno petto facendola finire a terra, mentre anche la sua pistola volava via. Kate boccheggiò, ma si riprese subito. Iniziò un corpo a corpo violento contro l’uomo e alla fine riuscì ad atterrarlo e ammanettarlo. Si appoggiò alla parete sfinita e dolorante, quando vide Castle, ancora un po’ stordito, correrle incontro a sorreggerla con le sue forti braccia. Kate lo abbracciò forte sussurrandogli in un filo di voce –Sei un incosciente. Avresti potuto farti ammazzare-
Si staccò da lui solo quando arrivarono i rinforzi. Non si scambiarono più una parola, nemmeno quando furono sottoposti ad un breve controllo di un paramedico, e tantomeno quando Kate fece ritorno al distretto. Castle fu costretto a lasciarla sola a causa di un improvviso impegno con la casa editrice, che dopo una telefonata richiedeva la sua immediata presenza, ma lo sguardo che lasciò alla donna mentre si allontanava richiudeva in se mille emozioni e domande.
Dopo aver aggiornato il rapporto, Kate si mise a fatica la giacca dirigendosi a passo stanco verso casa con la nota positiva era che il capitano le aveva lasciato libero il giorno successivo. Ma troppi  pensieri le attraversavano la mente quando risalendo le scale di casa, si trovò Emily davanti la porta di casa.
-Emy…- esordì Kate guardandola confusa- Cosa…cosa ci fai qui?-
-Ti aspettavo- le rispose la ragazza alzandosi da terra- Oggi è giovedì, serata pizza-
Kate si passò una mano fra i capelli scuotendo la testa. – Io…scusami. L’avevo dimenticato-
-Come l’hai dimenticato?- si stupì Emily –Ma se mi hai chiamato questa mattina!-
Kate era allibita. Quel flash improvviso l’aveva mandata completamente in black out. Continuava a pensare a Castle e alle sue parole. Possibile che quel piccolo ricordo avesse preso il sopravvento a tutti i fatti della giornata?
-Kate?- la chiamò cauta Emily vedendo il suo sguardo perso e la postura rigida – Va tutto bene?-
No, non andava tutto bene. Solo ora stava realizzando la cosa. Castle la amava, glielo aveva detto davvero. Ma era solo un atto di disperazione dettato dal momento o lo pensava davvero? Perché non le aveva mai accennato quella cosa? Stava andando in panico, aveva bisogno di sdraiarsi, di calmarsi.
Emily doveva averlo capito perché si afferrò a strapparle le chiavi dalle mani, ad aprire la porta e a trascinarla verso il divano. Nonostante fosse seduta, la sua espressione non era cambiata, anzi era impallidita e cominciava a sudare freddo. –Kate….mi stai preoccupando- la riprese Emily spaventata scuotendola leggermente.
-Emy….lui…lui…- balbettò la detective aggrappandosi alle braccia della sorella. 
-Lui chi?- domandò Emily –Kate, cos’è successo?-
-Non è possibile- ansimò la donna poggiando la fronte sulla spalla di Emily.
-Kate,ascoltami… ora calmati…..respira, ok? Respira. Bene così-
Kate seguì e ascoltò diligentemente le istruzioni di Emily, e solo quando la respirazione e i battiti si furono regolarizzati, si staccò dalla sorella allungando il peso del corpo sullo schienale del divano, chiudendo gli occhi. Emily vide che si era calmata, ma era comunque pallida in volto. Si alzò con cautela raggiungendo la cucina. Trafficò un po’ fra cassetti e sportelli, e ritornò a fianco di Kate.
-Ehi- la chiamò accarezzandole la mano. Kate riaprì gli occhi lucidi –Tieni- continuò Emily porgendole un bicchiere di spremuta d’arancia e un piccolo cioccolatino. Kate sorrise debolmente, ma declinò l’offerta -Grazie, ma non mi va-
- Non m’importa. Sei bianca come un lenzuolo, quindi ora fai la brava e mangia tutto: il succo ti farà bene e la cioccolata ti tirerà su il morale-
-Emily…-
-Non discutere!- l’ammonì alzando un dito.
Kate sbuffò –Ok- cedette in fine prendendo fra le mani il bicchiere. Emily la osservò trionfante mentre terminava il tutto. Rimasero poi a guardarsi.
-Scusami- ruppe il silenzio Kate abbassando gli occhi- Non so cosa mi sia preso-
-Beh…non ne sono sicura, ma credo tu abbia avuto un attacco di panico-
La detective annuì. –Ti va di dirmi cosa è successo?- Domandò cauta Emily.
Kate respirò forte annuendo – Circa un anno fa, mi hanno sparato al petto, durante il funerale del capitano Montgomery-
Emily corrugò la fronte. Sapeva di quell’episodio, Kate glielo aveva raccontato e giusto qualche settimana prima l’aveva anche accompagnata ad una visita di controllo, ma non capiva il nesso.
-Ho sempre avuto dei ricordi confusi su quello che era successo- continuò la donna –Poco fa c’è stata una sparatoria mentre stavamo per arrestare un criminale, e… per farmi schivare un colpo, Castle mi si è buttato addosso- le ultime parole le aveva quasi sussurrate.
-Hai avuto paura perché ti sei rivista in quel giorno?-
Kate scosse la testa –No, cioè…non solo. Mentre mi guardava ho avuto una specie di flash: ero io quel giorno, a terra con Castle che mi guardava implorandomi di restare con lui, di non mollare e…-
-E…???-
-Ha detto che mi ama- concluse con voce appena udibile.
Emily spalancò gli occhi –Glielo hai detto? Che ti è tornato questo ricordo intendo-
-No-
-E pensi di farlo?-
-Io…non lo so- ammise Kate sconsolata.
-Credevo che dopo la nostra chiacchierata di eri, avessi avuto un po’ più di sicurezza nell’affrontarlo- le disse Emily, con un tono che però non voleva essere di rimprovero. –Mi hai detto che sei innamorata di lui, e se ti serviva una prova da parte sua, al di la del fatto che sembra che tutto il mondo le percepisca tranne te…beh, adesso ce l’hai. Parlatevi, chiaritevi- la spronò.
- Forse hai ragione- bisbigliò Kate.
-Certo che ho ragione, altrimenti non starei qui a stressarti l’anima- Kate sorrise ringraziandola tacitamente.
- Comunque non credere che quel sorrisetto basti a tenermi buona. Sono venuta qui per mangiare, e le tue paranoie amorose mi hanno fatto venire ancora più fare- scherzò Emily facendole l’occhiolino e cambiando volutamente discorso.
-Ok…non ho molta voglia di uscire, ma te lo devo: dove vuoi andare?-
-Andare? Chi ha parlato di andare da qualche parte? Ora tu alzi il tuo bel culetto, vai a farti una bella doccia, mentre io mi occupo del cibo. Poi seguirà una bella serata di pizza, divano, musica, chiacchiere e abbracci. E non ammetto repliche!- puntualizzò Emily.
-D’accordo, come vuoi.- concordò Kate alzandosi dal divano e andando verso la sua camera.
Emily sorrise furba,e accertandosi che la sorella fosse nella zona notte, prese fra le mani il telefono digitando freneticamente un messaggio. Attese impaziente la risposta mentre apparecchiava la tavola, posando bicchieri, bibite e tovaglioli. Il bip richiamò la sua attenzione, ed esultò silenziosamente leggendo sullo schermo.”Speriamo vada tutto bene” pensò fra se.
Ritornata in soggiorno, Kate trovò il piccolo tavolo di fronte al divano apparecchiato.
-Allora, mia bella addormentata, il bagno è stato sufficientemente rigenerante?- le chiese Emily avvicinandosi con un flute di aperitivo.
-Si, grazie- rispose la detective avvicinandosi a prendendo il bicchiere. Bussarono alla porta. “Finalmente” pensò Emily. –Vai tu, saranno le pizze- disse alla sorella maggiore rubandole il flute dalle mani. Kate annuì, ma quando aprì la porta rimase di stucco: davanti a lei c’era Castle con tre cartoni di pizza in mano. –Castle? Cosa ci fai qui?- domandò stupita sentendo il cuore battere forte.
-Io,…beh, ho portato la cena.- rispose lui alzando appena i cartoni.
-E giusto in tempo, stavo morendo di fame!-si intromise Emily prendendo le pizze per posarle sul tavolo. Recuperò gli aperitivi e ne lasciò uno allo scrittore, l’altro alla detective. I due erano ancora persi a fissarsi reciprocamente.
-Bene, io vado, vuoi vedete di sistemare le cose- li informò aprendo la porta con la sua pizza in mano.
-Emy…- la richiamò Kate con tono supplichevole. Lei si avvicinò abbracciandola brevemente –Stai tranquilla, andrà tutto bene- le bisbigliò all’orecchio. –Ciao Rick, ci vediamo- disse sbrigativamente uscendo dall’appartamento.
Rimasti soli, i due tornarono a guardarsi. 
  
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