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Autore: jamesguitar    12/05/2016    2 recensioni
Era tra le braccia, sentiva l’odore dei suoi capelli e il sapore del suo ultimo bacio impresso nelle labbra, e non riusciva a smettere di pensare al sorriso che aveva fatto la prima volta che avevano visto insieme la terra; quella notte, in mezzo a così tanta bellezza, Clarke gli era sembrata più raggiante e felice che mai.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finn Collins
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Spacewalker.


And meet me there, bundles of flowers,
We wait through the hours of cold
Winter shall howl at the walls,
Tearing down doors of time.
Shelter as we go
And promise me this

You’ll wait for me only,

Scared of the lonely arms.

 
Finn Collins era un ragazzo dai capelli lunghi e castani, innamorato, che tra le mille cose sbagliate della sua vita ne aveva fatta una giusta ed aveva scelto di prendersi la colpa di un viaggio nello spazio regalato alla sua fidanzata per il suo compleanno, finendo in prigione e poi sulla terra insieme ad altri 99 giovani promesse come lui. Alcuni colpevoli di crimini gravi, ma la maggior parte di sciocchezze come la sua che li avevano condannati ad un destino troppo duro per dei ragazzini come loro.
Legato ad un palo, sotto le stelle, Finn non riusciva a sentire le voci dei Terrestri che chiedevano la sua morte, né la paura dentro di sé che gli urlava che stava per morire. Riusciva a vedere di fronte a sé il suo accampamento, la sua casa, con tutti i suoi amici a guardare quella scena straziante. Vide Raven, Bellamy, l’una con il dolore negli occhi, l’altro che aveva lo sguardo indurito di chi ne ha sofferte troppe. Niente di tutto ciò aveva influssi sulla sua mente; tutto ciò a cui riusciva a pensare era Clarke, il suo sguardo pieno di delusione quando lo aveva trovato a compiere una strage di innocenti per trovarla. Non aveva mai voluto niente, neppure una cosa, oltre che averla accanto a sé, per essere sicuro che stesse bene e che fosse salva. Eppure, in quel villaggio che era diventato un campo di battaglia a causa sua, realizzò che era diventato ciò da cui avrebbe potuto proteggerla; che se la sarebbe cavata benissimo da sola, con Bellamy, con chiunque altro.
La vide camminare verso Lexa, la comandante dei Terrestri, con un passo a prima vista sicuro ma che tradiva la sua inquietudine e la paura. Osservò il suo sguardo, che voleva fingersi impassibile ma lasciava trapelare ogni sua emozione. La sentì parlare con il comandante e si lasciò scappare un piccolo sorriso; sapeva che avrebbe provato a sistemare le cose, lo faceva sempre, ma forse stavolta non era possibile fare un passo indietro.
Se avesse potuto tornare indietro, Finn si sarebbe consegnato di nuovo alla sicurezza dell’Arca. Avrebbe salvato Raven, messo la sua vita in pericolo, anche sapendo che sulla terra avrebbe trovato quel supplizio. La propria fine non lo spaventava: forse era giunta la sua ora, non c’era più posto per lui lì, e lo accettava. Non aveva mai voluto tutto ciò, non voleva ferire quelle persone innocenti, non voleva deludere Clarke e spingerla a non fidarsi più di lui. Voleva solo la pace, una pace duratura, e quella pace poteva essere raggiunta con la sua morte. Per questo si era consegnato, per questo aveva deciso di morire di una morte dolorosa e lenta inflitta dai Terrestri: l’unico modo per rimediare a ciò che aveva fatto era aiutare i suoi amici a raggiungere l’obiettivo comune che si erano prefissati, ma che a causa sua era diventato così arduo raggiungere.
Riuscì a vedere Clarke cedere, diventare debole davanti a Lexa. Pensò che avrebbe voluto prenderla fra le sue braccia, cullarla, dirle che sarebbe andato tutto bene; che poteva superare tutto e lo avrebbe fatto di sicuro, perché era la ragazza più forte che avesse mai conosciuto, la più coraggiosa, la più intelligente e anche la più bella. Finn sapeva di averla fatta soffrire, e non si sarebbe mai perdonato una cosa del genere, ma l’amava. Aveva preso decisioni così sbagliate per salvarla, e tuttavia voleva che non si sentisse in colpa, farla sapere che non era colpa sua. Questa era l’unico rimpianto che si portava dietro.
Vide Clarke avanzare lentamente verso di lui, con un passo lento e addolorato. La paura travolse il ragazzo all’improvviso, tutta insieme, quando vide il viso della ragazza disperato e sconsolato ed ebbe la conferma che non era riuscita a sistemare le cose, non questa volta. All’improvviso lei accelerò il passo e, dopo averlo abbracciato con frustrazione, lo baciò con la sconsolazione di chi guarda chi ama morire; Finn sentì le lacrime della ragazza sul suo viso, sulle sue labbra e dentro di esse. Il suo respiro affannato gli tormentò l’anima. «Ti amo anch’io» disse Clarke, e quelle tristi parole fecero paura a Finn, che si rese conto di quanto la morte fosse reale e palpabile. Desiderò con tutto se stesso di non essere uscito di testa, di essere riuscito a contenere il suo amore e la sua preoccupazione come Bellamy aveva fatto. Andava bene così, stava ponendo fine a tutto, ma la consapevolezza di star lasciando Clarke da sola, che non sarebbe mai più stato con lei, lo spaventavano a morte. «Ho paura» disse quindi, e lei lo abbracciò. «Andrà tutto bene» disse, e magari era davvero così.
Finn sentì un coltello penetrarlo, e capì cosa era successo: come sempre, Clarke aveva fatto la cosa migliore. Aveva preferito evitargli sofferenze atroci e una fine peggiore di quella che meritasse. Era anche per questo che l’amava: sapeva sempre prendere le decisioni giuste, mettere da parte i sentimenti, avere coraggio. Non avrebbe immaginato un leader migliore per i Cento, sapeva che era soprattutto grazie a lei che erano ancora tutti vivi.
«Grazie, principessa» disse infine Finn, e il suo ultimo pensiero andò alla notte in cui le era stato vicino, in cui lei lo aveva fatto sentire come se ci fosse un posto per lui. Il ricordo di quel bunker, delle urla della ragazza che gli dicevano che non era solo, che non lo sarebbe mai più stato, lo cullò mentre sentiva le forze abbandonarlo.
Clarke aveva sempre mantenuto la promessa, e ci riuscì anche quella volta. Mentre moriva, quel ragazzo dai capelli lunghi e un cuore troppo grande per una terra così selvaggia si sentì a casa. Era tra le braccia, sentiva l’odore dei suoi capelli e il sapore del suo ultimo bacio impresso nelle labbra, e non riusciva a smettere di pensare al sorriso che aveva fatto la prima volta che avevano visto insieme la terra; quella notte, in mezzo a così tanta bellezza, Clarke gli era sembrata più raggiante e felice che mai.
Finn Collins morì sapendo che stava facendo la cosa giusta, ciò che era meglio per il suo popolo, la sua casa e la ragazza che gli aveva fatto perdere la testa e gli aveva ricordato cosa significa essere vivi, ma non solo: anche quanto è importante essere umani, restare sempre se stessi persino quando sembra di perdersi nella follia e nella disperazione di una terra così selvaggia. Morì sapendo che Clarke lo perdonava, che lo amava, che andava tutto bene. Era questa la cosa più importante.




 
  
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