Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Fuyumeakane    13/05/2016    2 recensioni
Dal testo:
[-Io sono te e tu sei me. Siamo la proiezione della stessa anima, io sono la tua oscurità e tu sei la mia luce. Siamo due voci di una stessa bocca. Io sono il tuo lato buio che nasce dalla rabbia, vivo e vivrò sempre nella tua ombra, io sono il sangue che scorre sulle tue terre, sono i cadaveri che galleggiano nei tuoi fiumi, sono le grida e il fuoco che feriscono la tua carne.-]
-Guerra Boshin-
Genere: Angst, Fluff, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: 2p!Hetalia, Giappone/Kiku Honda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Satsuma e Chōshū  il 3 gennaio 1868, occuparono il palazzo imperiale di Kyoto e spinsero il quindicenne sovrano Meiji a dichiarare, il giorno successivo, la piena restaurazione del potere politico dell'imperatore.


Le katane riflettevano la luce sommessa delle candele interne che illuminavano il grande palazzo imperiale.
-Firmi, non vi è altra alternativa- un sorriso di avarizia  celata troneggiava sul volto di Satsuma. La katana era puntata contro il giovane imperatore che sedeva al centro della stanza.
Giappone lo affiancava, la mano pronta sull'impugnatura dell'arma  e lo sguardo vigile, pronto per ogni evenienza.
-Se accetterà, le conseguenze saranno solo positive, otterrà un grande potere e noi ne faremo le veci- Chōshū spostò lo sguardo sulla mano di Giappone -in caso contrario non posso garantire la sua sopravvivenza, giovane imperatore-
Erano tempi duri, due fazioni si contendevano il potere ed entrambe cercavano di anticipare l'avversario su ogni mossa. Vantaggi e svantaggi, pro e contro, era questa la verità. Ogni azione comporta una reazione buona e cattiva, uguale e contraria.
Qualsiasi decisione avrebbe preso il giovane imperatore, ci sarebbero stati vantaggi e svantaggi, delusi e deliziati.
L'uomo non impara dai suoi errori ma lo Stato è  l'unico che li ricorda  tutti, avendoli vissuti sulla propria pelle. E Giappone  ricordava ogni errore, dalla sua giovinezza fino a quel tempo, ed era certo che ne sarebbero stati commessi altri da lì  alla sua distruzione.
Meiji impugnò la penna d'oca e la intinse dell'inchiostro, non vi erano alternative, firmare o morire, firmare e ottenere potere, non firmare e ottenere le tenebre.
-Accetto. Giappone, ho preso la mia decisione- porse la penna allo Stato che lo guardava sconcertato.
-Non sarebbe opportuno meditare più  a lungo su questa scelta? È  una decisione  che cambierà  per sempre le sorti del suo popolo, imperatore. Potrebbe portare  morti, guerre e sofferenze..-
- O potrebbe portare pace, prosperità e piacere. In ogni caso, qualsiasi siano le conseguenze, ormai ho preso  la mia decisione e in quanto Stato, il tuo ruolo è  quello  di sottostare al potere del suo sovrano, cioè  a me. Firma.-
Giappone impugnò la penna e firmò, non poteva fare altro, non ne aveva il diritto. Poteva soltanto sperare e pregare che, per una volta, l'essere umano avesse fatto la scelta giusta.
-Eccellente, ottima decisione- I due uomini s'inchinarono- E come si suol dire: lunga vita all'imperatore -

Il 24 gennaio Yoshinobu decise di preparare un attacco contro Kyoto occupata dalle forze di Satsuma e Chōshū. Questa decisione venne spinta dalle notizie di una serie di incendi a Edo, a partire dalle fortificazioni esterne del castello di Edo, la principale residenza dei Tokugawa. Di ciò venne accusato un ronin di Satsuma, che quel giorno aveva attaccato un ufficio governativo.

Immerse le bende nell'olio di iperico, finché non fu assorbito.
Era l'unica cosa che riusciva a dargli un po' di sollievo.
Avvolse le bende attorno il braccio destro, nascondendo le vesciche rosse provocate dal fuoco divampante.
Gli incendi di Edo erano stati violenti ed ora le conseguenze erano visibili sul suo corpo, ricoperto  da fiammeggianti striature rosse che percorrevano come lingue di drago le sue braccia.
I muscoli si distesero a contatto con il fresco piacevole dell'olio curativo.
Strinse il tessuto per rimuovere il liquido in eccesso ed iniziò  a bendare il braccio sinistro, gli umani non avrebbero  mai imparato, nonostante lui continuasse a sperare, sapeva che avrebbe continuato a soffrire per mano loro.
Non poteva sapere se la colpa era veramente  di un ronin di Satsuma ma continuava a non fidarsi di quell'uomo e del suo collega. E se Meiji non riusciva a scorgerne la malvagità sotto la maschera, allora sarebbe stato compito suo proteggerlo.
Fece un nodo alle bende per evitare che si allentassero, s'infilò la parte superiore del kimono, impugnò la katana e chiuse gli occhi.
Inspirò ed espirò più  volte facendo scorrere la propria mente alle mani, all'impugnatura fino alla lama.
Curvò il corpo e seguì  il movimento dell'arma che oscillava poggiata sull'aria, ne accompagnava i movimenti, poi sferrò il colpo.

Il giorno successivo le forze dello shogunato attaccarono la residenza a Edo del daimyo di Satsuma.

Non appena il cero toccò il terreno delle lingue di fuoco si protrassero verso l'alto, divorando l'ossigeno e diffondendo un alito di fumo nero.
Kuro si allontanò dal luogo con passo calmo, inspirando a pieni polmoni quell'odore di sangue e rivolta.
Raggiunse gli uomini dello shogunato e gli rivolse uno sguardo infuocato, che sembrava riflettere le fiamme che divampavano alle sue spalle.
I suoi occhi rossi, il segno del diavolo, scrutarono ogni volto, uno ad uno, poi estrasse la katana ne alzò  la punto verso il cielo.
- Ci riprenderemo ciò che è nostro e verseremo il sangue dei traditori, finché tutti i campi non ne saranno irrorati, fino a quando il Giappone non tornerà alla sua lucentezza originale!-
Un grido di esultanza  si levò tra la folla e centinaia di katane si levarono verso il cielo.
Si diressero schiamazzando verso l'ochaya più vicino dove vennero accolti dalla geisha a loro assegnata. Era una ragazza davvero giovane, non avrà avuto più di diciassette anni, il viso bianco ricoperto dallo spesso strato di trucco tradizionale aveva dei lineamenti puliti, gli occhi sottili e di un marrone caldo erano delineati da una linea di trucco nero e da un triangolino rosso alla base, che somigliava quasi ad un'ala.
Gli uomini si tolsero gli zoccoli e li adagiarono in uno scompartimento  all'ingresso.
La Geisha fece un profondo inchino -Benvenuti miei signori, vogliate seguirmi-
La stanza dove li condusse era molto spaziosa e il tatami ne ricopriva interamente il pavimento tranne per la lunga linea dove vi si trovavano tanti zataku uniti per formare un lungo tavolo contornato da zabuton dove presero posto i samurai.
Subito furono serviti con una tazza di tè, non per niente si trovavano nella casa del tè più famosa della città, e con un pasto abbondante con il quale si rifocillarono.
Poco dopo la Geisha tornò accompagnata da un'altra ragazza e da un flauto, la Geisha che li aveva accolti iniziò  a danzare, accompagnata dalla dolce e lenta melodia del flauto. Danzava leggera, creando disegni invisibili con il kimono, muovendo le maniche larghe in un turbinio di fiori di ciliegio, i piedi minuti scivolavano sul tatami incantando gli uomini.
-Quale sarà la nostra prossima mossa?- Kuro tenne gli occhi fissi sull'aggraziato corpo della geisha che continuava a muoversi leggero, un piccolo sorriso gli si stampò in faccia, quella ragazza aveva davvero un bel corpo.
- Attacchiamo, sono stanco di aspettare, di colpirli con piccoli attacchi insignificanti. Voglio combattere, voglio scontrarmi con lui.-
L'uomo che aveva posto la domanda lo guardò  di sbieco, non si fidava di quel marmocchio dai capelli striati di rosso e dagli occhi del colore del diavolo, ma su una cosa era d'accordo: era stanco di aspettare.

Il 27 gennaio 1868, forze dello shogunato si scontrarono con forze di Chōshū e Satsuma.

La battaglia infuriava, spade si scontravano con forza, urla si levavano, sangue scorreva sul terreno Giapponese.
Era il secondo giorno di battaglia e le forze dello shogunato non erano riuscite ad ottenere alcun vantaggio, si limitavano a combattere, sfruttando l'addestramento ricevuto dai militari  francesi, schivavano e attaccavano, muovendo la katana come se fosse un prolungamento  del proprio corpo.
Nemmeno le forse imperiali erano riuscite a sopraffare gli avversari, nonostante si muovessero in abiti occidentali e avessero armi moderne, molti di loro erano esperti samurai e continuarono ad utilizzare katane accompagnate a rudimentali fucili.

"-E' ora che tu entri in azione, è  una situazione di stallo ma se non interveniamo sfruttando tutto ciò che è in nostro potere le cose potrebbero degenerare a nostro svantaggio.- L'imperatore Meiji guardò Giappone negli occhi con decisione - Seguirai il generale Komatsumiya nel prossimo attacco, il mio stendardo verrà trasportato dalle forze di difesa, dal kangun, e tu camminerai con loro. Combatti per il tuo popolo.-
Giappone si alzò  e fece un inchino - Come desiderate-"

Il campo era disseminato di cadaveri, i caduti di entrambe  le fazioni corrodevano l'animo dello Stato, le cicatrici bruciavano come fuoco e non vi era sera in cui non dovesse curarsi.
I membri dello shogunato stavano combattendo poco più avanti con le forze dell'imperatore che gli stavano a stento dietro. Lo shogunato vantava samurai eccezionali, bambini prodigio che era cresciuti forti e abili.
Il generale piantò a terra lo stendardo e ordinò l'attacco, gli uomini si lanciarono in battaglia, seguendo  le indicazioni precedentemente ricevute. Solo Giappone continuò ad avanzare tranquillo, aveva un compito speciale..
" -Il tuo ruolo nella battaglia di domani è  molto importante- il generale parlava piano in modo che solo lui potesse sentire - vi è un uomo, un samurai, conosciuto per la sua forza e per la sua abilità.  Tu sei il nostro uomo migliore….Vinci.-"
Non conosceva l'aspetto di quell'uomo, sapeva solo che indossava un kimono nero come la pece.
L'aria fischiò vicino al suo viso, Giappone si abbassò  appena in tempo per evitare la lama tagliente di una katana, saltò indietro estraendo a sua volta l'arma.
Il ragazzo davanti a lui era davvero giovane, sembrava che avessero la stessa età, e non solo quello. Il viso ero lo stesso, la statura, la corporatura.. sembrava di trovarsi dinnanzi al proprio sosia, come se Mercurio avesse deciso di ripetere ciò che aveva già precedentemente compiuto.
Solo che la trasformazione non era stata ottimale: a differenza di Giappone, il ragazzo aveva i capelli striati di rosso e gli occhi del medesimo colore che trasmettevano sete di sangue.
-Chi sei?- Giappone era guardingo, gli occhi fissi sul volto dell'avversario.
Kuro sorrise e si avvicinò a Giappone lentamente, spostando lo sguardo da lui alla punta affilata della katana -E' da tanto che aspettavo questo momento mio caro Kiku, vivendo nell'ombra e nascendo dalle rivolte, dalla rabbia delle persone, del tuo popolo, verso una nazione ingiusta- ormai la distanza era minima, tanto che se avesse allungato la mano, Kuro avrebbe potuto sfiorare il volto sconvolto del ragazzo- Io sono te e tu sei me. Siamo la proiezione della stessa anima, io sono la tua oscurità e tu sei la mia luce. Siamo due voci di una stessa bocca. Io sono il tuo lato buio che nasce dalla rabbia, vivo e vivrò sempre nella tua ombra, io sono il sangue che scorre sulle tue terre, sono i cadaveri che galleggiano nei tuoi fiumi, sono le grida e il fuoco che feriscono la tua carne.-
Estrasse un pugnale e  fece per ferire Giappone, ma quello parò il colpo -Ed ora prenderò il tuo posto, ti ucciderò mio caro Giappone e finalmente il sangue sostituirà l'erba-
Il contraccolpo li fece allontanare, Giappone si mise in posizione, i muscoli rigidi e carichi di energia - Non te lo permetterò-

Demoralizzati, le forze dello shogunato si ritirarono lasciando la vittoria alla fazione imperiale, sebbene si è comunemente ritenuto che avrebbero potuto vincere lo scontro.

Lo scontro persisteva, le armi continuavano a scontrarsi, i corpi continuavano a schivare ormai stremati dal protrarsi della battaglia.
Giappone era madido di sudore, i muscoli delle braccia indolenziti e l'anima percossa da scariche di dolore per la consapevolezza che dietro di lui molti uomini stavano perdendo la vita.
Kuro teneva il passo con i colpi, in uno schema di attacco vario e inespugnabile, non faticava a stare dietro all'avversario e, al contrario, sentiva già la vittoria in pugno.
Attaccava, schivava e parava, ripeteva gli schemi su cui si era allenato fin da bambino, si spostava da un piede all'altro, ruotava su se stesso, trasportato dal vento.
Spostò il piede sinistro in avanti facendo saettare la lama verso Kiku che, ormai stremato e privo di forze, cadde a terra, con la punta della katana puntata alla gola.
Era così che sarebbe finito? Era così che lo stato del Giappone sarebbe scomparso? Gli alberi di ciliegio sostituiti da fiori rossi e sanguinanti, da teste mozzate e dai pianti dei bambini.
Cercò di reagire ma i muscoli non rispondevano ai suoi comandi, la katana era scivolata lontano dalla sua portata e, anche volendo, sarebbe stato ucciso prima di riuscire a raggiungerla.
Kuro alzò la katana e uno sguardo folle gli deturpò il volto giovane e bello, tanto che per un attimo Kiku si chiese se non potesse trattarsi di un demone famelico in cerca di anime per saziarsi.
La lama scese velocemente verso il collo dello Stato e un dolore feroce si espanse nella mente di Giappone oscurandogli la vista.
Un lungo taglio aveva insanguinato spalla del ragazzo mancando le parti vitali, Kuro era accasciato  a terra, la mano stretta al petto, mentre un urlo si protendeva all'infinito sul campo. Solo in quel momento Kiku si accorse che i samurai dello shogunato avevano abbandonato la battaglia.
- Plasmerò i loro corpi e il mio, le loro menti non vacilleranno più e ti giuro che la prossima volta non sarai così  fortunato-

Una delegazione imperiale visitò i ministri esteri dichiarando che lo Shogunato era stato abolito, che i porti sarebbero stati aperti in conformità ai trattati internazionali e che gli ospiti stranieri sarebbero stati protetti. I ministri decisero infine di riconoscere il nuovo governo. L'aumento di sentimenti anti-stranieri condusse comunque a molti attacchi contro di essi nei mesi successivi. L'8 marzo 1868 undici marinai francesi della corvetta Dupleix furono uccisi da samurai della provincia Tosa sulle strade di Kyoto.

Lo shogunato era potente e spaventoso. Maestoso come una tigre e abile come un serpente che, lentamente,  stava stritolando il nuovo governo in una morsa mortale. La battaglia navale di Awa del 28 gennaio ne era stata la prova.
Nonostante le navi del nuovo governo fosse più  esperte e meglio costruite, vennero sbaragliate, distrutte e lo shogunato era tornato a casa vincitore.
Era stata solo una piccola battaglia ma il fatto che possedessero il consenso degli stati stranieri non faceva altro che peggiore le cose.
-Vogliate credermi, miei signori, dalle mie labbra non escono menzogne. Lo shogunato è  stato abolito da quando il qui presente imperatore Meiji ha preso il posto come sovrano di questo splendido paese.- l'uomo davanti a lui sedeva composto, la giacca occidentale leggermente sbottonata sul petto, cosa che trovava deplorevole quasi quanto i lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle. Lo guardava con uno sguardo indecifrabile, avrebbe detto quasi sospettoso. Francis Bonnefoy, la Francia, lo stato dell'arte, della bellezza e dell'amore passionale, annuì per poi consultarsi con l'uomo accanto a lui, Arthur Kirkland, l'Inghilterra.
- E sia mio simpatico amico, in cambio di accoglienza  e protezione, il nuovo governo avrà il nostro appoggio.-
Giappone s'inchinò -Vi ringrazio-

8 maggio 1868.
I marinai erano inermi, gli occhi aperti e congelati in uno sguardo di puro terrore.
Kuro ripulì la katana dal sangue con un colpo deciso del braccio che fece colorare i muri attorno a lui di un rosso acceso, diffondendo nell'aria l'odore pungente di ferro e sangue.
Il volto sporco di sangue gli conferiva un aspetto ancora più macabro, tanto che mentre camminava, le persone si scostavano, chinando il volto o voltando il capo.
Nessuno vedeva e nessuno sentiva. Era questo il mantra dei poveri cittadini che cercavano di sopravvivere: "Fingiti cieco e sordo".
Gli attentati contro gli stranieri, i cosiddetti barbari, quei disgustosi occidentali, continuavano da mesi. Era sublime pensare a come potesse sentirsi Kiku.
Kuro ci pensava ogni sera, se lo immaginava corroso dall'impotenza di reagire, avvolto dalla disperazione più profonda, mentre la pelle si macchiava del sangue di coloro che morivano nelle sue terre, mentre la pelle gli si bruciava in dolorose cicatrici ricoperte di vesciche.
Moriva dalla voglia di vederlo soffrire quanto aveva sofferto lui per tutto quel tempo.
Avrebbero continuato a resistere, nonostante fossero stati circondati ad Edo, nonostante molti fossero fuggiti per avere salva la vita o per meditare un attacco su larga scala da un covo sicuro, nonostante gli alleati stranieri avessero  ceduto alle belle parole di Giappone.
Anche se fossero tutti morti, anche se fosse rimasto solo lui, avrebbe continuato a combattere fino alla fine.
I fiori di ciliegio avevano iniziato a fiorire, ricolmando le strade di un delicato rosa e di un dolce profumo di primavera. Disgustosi.
Nonostante il suo popolo continuasse a soffrire, Giappone continuava a far sbocciare i fiori e a far diffondere quel dolce profumo per coprire quello amaro del sangue.

La maggior parte del Giappone accettò il governo dell'imperatore, ma un nucleo di sostenitori dello shogunato condotti dal clan Aizu continuò la resistenza nel settentrione.

Gli abitanti si erano ormai rassegnati e avevano accettato il governo del nuovo e giovane imperatore  accompagnato sempre da quel ragazzo, forse il suo consigliere, che sembrava non invecchiare mai.
Kuro  però continuò a programmare strategie, attaccare e difendere il suo popolo, coloro che ancora gli erano fedeli e coloro che esigevano un governo saggio e antico come era sempre stato.
Il nord era l'unico luogo che era rimasto sicuro per loro e fu proprio lì che inflissero una sonora sconfitta all'esercito imperiale, costringendoli a ritirarsi.
Con le nuove armi acquisite, avrebbero sicuramente vinto ancora e ancora e ancora, fino a quando non li avrebbero uccisi tutti.
Ma i cannoni erano basilari, mal funzionanti e infliggevano più danni a loro che agli avversari, erano allo stremo delle forze.

Lo Shinsengumi attaccò e Kuro con loro, nello Shinsengumi si trovavano i samurai più valorosi, coloro che erano in grado di distruggere interi eserciti da soli.
Kiku avanzava a sua volta verso il nemico, la katana in pugno e lo sguardo calmo, che non lasciava trasparire alcuna emozione.
Si era allenato a lungo, tra i dolori che il popolo gli infliggeva, tra i tagli, le bruciature, le dolorose vesciche, lui aveva continuato ad allenarsi giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto perché  quello era ciò che era giusto fare.
La pioggia scendeva veloce rendendo difficile la visuale, il terreno fangoso inghiottiva i piedi come bocche voraci.
Le spade si scontravano ripetutamente riecheggiando nel silenzio della battaglia, Kiku e Kuro si muovevano veloci, quasi volando sul terreno, ruotando su se stessi e schivando i colpi dell'altro. Sembrava quasi che il resto della battaglia non esistesse, come se attorno a loro vi fosse una bolla.
Le lame si scagliavano sull'avversario come bocche fameliche, due tigri che si azzannavano strappandosi le carni dal corpo.
Kuro schivò un colpo ben assestato e fece scorrere il piede sul terreno cercando di far perdere l'equilibrio a Kiku che però saltò lateralmente tentando poi un attacco al fianco.
La lama tagliò  la stoffa del kimono dell'avversario che però riuscì a spostarsi in tempo per evitare la ferita.
-Vedo che sei migliorato, i miei regali non ti hanno fermato..-
Giappone schivò un colpo e attaccò  a sua volta - Qualche incendio non basta a distruggere il mio spirito-
La risata di Kuro inondò l'aria - Ma come siamo filosofici-
Continuarono a combattere sotto la tempesta, scontrandosi ripetutamente, scorticandosi la pelle, riempendosi il corpo di ematomi.

"La katana volteggiò in aria, tracciando una linea invisibile che tagliò a metà il manichino di paglia che simulava l'avversario.
L'imbottitura si sparse ovunque, decorando come capelli d'oro il tatami.
-Davvero un ottimo lavoro- il giovane imperatore passò un telo di seta allo Stato- Sarai sicuramente in grado di sconfiggere i ribelli e uccidere Kuro-
Il telo assorbì il sudore, pulendo il giovane volto martoriato dai continui attentati da parte dello shogunato.
-Non ho intenzione di uccidere Kuro- lasciò  cadere il telo sul manichino - Non sappiamo cosa potrebbe succedere, si tratta pur sempre di una parte di me e in quanto tale potrebbe sconvolgere per sempre il mondo che vi è tanto familiare.-
L'imperatore Meiji distolse lo sguardo e si incamminò verso l'uscita - Non contrasterò questa tua decisione, ma se le cose continueranno così  sarai tu a subirne le conseguenze.-
Giappone ne era consapevole, ormai il suo territorio era in fiamme, i rovi dilaniavano le costruzioni, la sua pelle, il suo corpo era attraversato da striature rosse e dolorose, graffi e vesciche.
Sapeva che avrebbe potuto estinguersi con la cenere, trasportato dal suo stesso respiro.
Riprese ad allenarsi, seguendo i movimenti base  e provandone di nuovi, sfruttando gli insegnamenti ricevuti dagli stranieri.
Si allenò per giorni fino a quando la sua tecnica non fu perfetta, calibrata al millimetro.
Non gli avrebbe permesso di vincere e nemmeno di morire.
Era una promessa."

Scivolarono sul fango finendo uno sopra l'altro, ormai non si riusciva più  a distinguere la differenza fra i due corpi, entrambi ricoperti da quella massa scura di terra.
Era l'occasione che entrambi aspettavano, una sola mossa e la lotta avrebbe avuto fine.
Entrambi si mossero veloci, le lame strisciarono sul terreno, una sicura venne rimossa e la situazione si fermò.
La katana di Kuro era puntata al collo di Giappone che a sua volta puntava la pistola alla tempia dell'avversario.
-Sei davvero sleale, Kiku- rise il giovane dagli occhi rossi - utilizzare un'arma occidentali in uno scontro tra samurai. Dov'è finito il tuo onore?-
Giappone tenne la presa salda sull'arma -Nessuno ha stabilito una regola. Arrenditi Kuro e potremo vivere entrambi.-
La risata di Kuro gli riempì le orecchie, era una risata aspra e pungente.
-E cosa ci guadagnerei a passare dalla tua parte? Cosa ci guadagnerei a continuare a vivere dopo aver subito una tale umiliazione?-
-Potremmo continuare a vivere, entrambi e insieme. Continuare a governare su queste terre, a migliorarle e a renderle giuste. Tu sei una parte di me ed io sono una parte di te, non voglio che tu muoia, che abbandoni questa vita, perché in tal caso morirebbe anche una parte della mia anima. Resta con me, vivi. E se veramente vuoi morire, puoi farlo in qualunque momento-
Giappone abbassò la pistola e la fece scivolare sul fango, lontano dalla sua portata. - In caso contrario uccidimi qui ed ora, con queste tue mani e distruggi con esse una parte di te-
Kuro chiuse gli occhi e abbassò le mani, facendo cadere la katana lontano dal corpo, fissò lo sguardo in quello di Kiku e gli mise una mano sulla guancia.
-Ti ho sempre invidiato, sei sempre stati amato da tutti ed io, nonostante sia come te, sono sempre stato ignorato, quasi come un'ombra. Nemmeno tu ti sei mai accorto di me, nemmeno quando ti ero accanto, probabilmente non ricordi quando giocavamo insieme. Ti ho odiato, ti ho odiato con tutto me stesso per esserti dimenticato di me, ma non potrei mai ucciderti, perché in fondo anche io amo questo Stato, questo bellissimo Giappone-

Successivamente Le truppe imperiali continuarono ad avanzare verso nord, sconfiggendo la Shinsengumi nella battaglia del passo Bonari, che aprì la strada all'attacco del castello di Aizu-Wakamatsu nella battaglia di Aizu nell'ottobre 1868.
Il 26 ottobre Edo venne ribattezzata Tōkyō, e iniziò ufficialmente l'Era Meiji. Le forze imperiali consolidarono rapidamente il loro controllo delle isole principali e nell'aprile 1869 inviarono la flotta a Ezo, iniziando la battaglia di Hakodate. Le forze imperiali avanzarono con rapidità, vinsero la prima battaglia navale giapponese su larga scala tra marine moderne, la Battaglia navale di Hakodate, e in breve tempo circondarono la fortezza di Goryokaku.
Anche l'ultimo sostenitore dello shogunato si arrese il 18 maggio 1869 e accettò il governo dell'imperatore Meiji; la Repubblica cessò di esistere il 27 giugno 1869.


Il vento soffiava fresco trasportando con se l'odore dell'estate che era ormai giunta.
Giappone sedeva sul bordo del tatami, i piedi nudi che sfioravano l'erba del giardino.
Indossava un kimono leggero, estivo, il vento gli scompigliava i capelli mentre sorseggiava del thé verde.
Meiji gli si sedette accanto, era cresciuto nel corso della guerra, era più robusto e i lineamenti del visto si stavano definendo dando spazio ad un aspetto più adulto e raffinato.
-Stai ancora aspettando il suo ritorno?-
Giappone posò la tazza col tè  sul tatami e fece scorrere lo sguardo all'orizzonte, oltre i giardini curati, oltre i laghetti con le carpe rosse, oltre i cancelli di recinzione, lontano, verso le montagne coperte dai boschi più intricati.
-Sono sicuro che tornerà, non importa se passeranno anni, secoli o millenni, Kuro tornerà. Come amico o come nemico, non ha importanza. Tornerà, è una promessa.-

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Fuyumeakane