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Autore: lawlietismine    14/05/2016    4 recensioni
Sterek di poco più di 2800 parole.
Si rigira a fatica fra le lenzuola del letto dove è stato trascinato durante la notte e affonda la testa nel cuscino per non urlare, si odia a morte perché avrebbe dovuto sapere che bere fino a sfondarsi il fegato e poi andare al loft non era affatto una buona idea.
Genere: Angst, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi purtroppo non mi appartengono
e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Note: allora, sono in un momento di massima depressione, perché non ho la forza di fare niente.
Non ho più scritto nulla, non ho più letto nulla, nada de nada, la mia testa non c'è in questo periodo e spero che mi torni presto la voglia/l'ispirazione, magari dopo questa dannata maturità.
Sentivo di dover assolutamente scrivere qualcosa, soprattutto su loro due, perché altrimenti sarebbero passati mesi. 
Perciò ho preso un pezzo di una ipotetica One-Shot che avevo iniziato e abbandonato, l'ho unito a un altro, ho aggiunto pezzi ed è uscita questa cosa qui.
Il titolo è preso dalla canzone Faded di Alan Walker, ma non c'entra molto... Solo che l'ho ascoltata parecchio in questo periodo. 
Spero vi piaccia, anche se mi fa storcere un po' la bocca, e fatemi sapere cosa ne pensate, se ne avete voglia.
Alla prossima, 

Lawlietismine

I'm breathing alive

 

Stiles è in una di quelle fasi post-sbornia atroci, quelle in cui sembra che il mondo si sgretoli sotto i tuoi piedi e che tu non possa fare niente a riguardo: umiliato e patetico, ecco come si sente, e questo gli provoca una nausea tremenda anche senza l'aiuto dell'alcool che ancora probabilmente gli scorre un po' dentro.
Si rigira a fatica fra le lenzuola del letto dove è stato trascinato durante la notte e affonda la testa nel cuscino per non urlare, si odia a morte perché avrebbe dovuto sapere che bere fino a sfondarsi il fegato e poi andare al loft non era affatto una buona idea, accidenti a lui e al suo essere un ragazzino incontrollato.
È assurdo rovinarsi con le proprie mani e non ha il diritto di prendersela con Scott per non averlo fermato, come invece gli ha urlato contro quando nelle prime ore del mattino l'amico l'ha preso e portato a casa sua dopo averlo trovato vagante e ferito emotivamente nel buio della riserva deserta, senza sapere come ci fosse arrivato: qualcosa si ricorda, dopo essersi svegliato infatti qualche immagine della serata precedente lo ha investito senza preavviso e ne è rimasto senza fiato, con un desiderio immenso di potersi sotterrare visto che tanto ormai si è scavato la fossa da solo.
Non sa con quale coraggio si alzerà e uscirà, restare lì per sempre sembra un'ottima idea, perché non vuole affrontare le conseguenze delle sue stesse cazzate.

 

“Stiles” eccolo, Scott, a fare il guastafeste e rovinare i suoi buoni propositi, ma il diretto interessato non apre gli occhi, né pare voler rispondere a quel richiamo inopportuno per il suo stato emotivo decisamente alterato.
“Stiles, lo so che sei sveglio!” sembra che lo stia perfino rimproverando, probabilmente fermo in piedi a guardarlo con uno sguardo mezzo truce per il suo ignorarlo e mezzo dispiaciuto per lui: no, Stiles non può affrontare la compassione impressa negli occhi di nessuno in questo momento.
“Lo sento” aggiunge, riferendosi alle sue stupide capacità sovrannaturali, dannato lui.

E Stiles davvero non se lo aspettava – forse nemmeno Scott – ma un secondo dopo scatta in piedi e corre alla cieca verso il bagno di casa McCall per rimettere tutto il maledetto alcool che ha ingerito la sera prima, l'amico subito dietro per controllare che stia bene, e in un moto improvviso vorrebbe sia piangere che spaccare tutto, perché così insignificante non si è mai sentito in tutta la sua breve vita.
Non tutti sono dei dannati licantropi resistenti agli alcolici, capaci di combattere, percepire le emozioni degli altri e chissà che altro, no, lui è un umano del cavolo che si illude perché incapace di sapere cosa provano gli altri, che con un po' di vodka si gioca il poco autocontrollo che ha e che senza il suo stupido sarcasmo non è niente.

“Stiles...” il ragazzo si dice mentalmente che se sente di nuovo il suo nome, è probabile che dia seriamente di matto, perché Scott in quelle poche lettere – con il suo dannato tono impregnato di pena – ha già detto tutto quello che vorrebbe dirgli. Pietà, odiosa pietà.

E forse è proprio per questo che in uno scatto d'ira, dopo essersi sciacquato la bocca e le mani, Stiles afferra la bottiglietta di sapone lì vicino e gliela scaglia contro con rabbia all'accenno di un ennesimo richiamo, rialzandosi a fatica per poi sorpassarlo con una spallata, scendere le scale e uscire da lì: ritornare a casa sua e lasciarsi a della sana autocommiserazione davanti alla play, è l'unica cosa che vuole fare.

“Stiles!” lo richiama Scott dalla porta di casa, fissandolo sconcertato per la reazione avuta.
Ma la risposta non arriva e, anzi, lui continua a camminare spedito e un po' barcollante, senza nemmeno voltarsi indietro.


Quando arriva a casa, ringrazia mentalmente tutti gli Dei di essere solo, perché non ce l'avrebbe fatta altrimenti ora come ora a spiegare a suo padre perché si trova in queste pessime condizioni, vuole solo tornarsene nel suo letto, sprofondarci e restarci per sempre. Si ferma in cucina per prendersi una bottiglia d'acqua fresca da portarsi in camera e poi passa anche dal bagno per farsi una veloce doccia, si lava i denti, si riveste e alla fine, con un sospiro arrendevole, si lascia cadere seduto sul bordo del letto con la testa fra le mani.

Si sente estremamente patetico. È estremamente patetico.

Una parte di lui vorrebbe mettersi a urlare per sfogarsi, un'altra forse a piangere come una ragazzina ferita e un'altra ancora vorrebbe essere capace di tornare indietro nel tempo, o magari di cancellare la memoria alle persone.
Perché, insomma, come può continuare a vivere, adesso? Come potrà continuare ad affrontare il branco? Ad affrontare lui? Come riuscirà a guardarlo ancora in faccia dopo quello che è successo?
Se solo ripensa a quello che ha fatto, a tutto quello che ha detto e, soprattutto, a quello sguardo che lui gli ha rivolto subito prima che Stiles se ne andasse, gli viene da vomitare di nuovo.
Si stringe ancora più forte i capelli incasinati tra le dita e digrigna i denti fino a sentire un incessante stridio nelle orecchie, pur di trattenersi dal fare qualsiasi altra cosa. Vorrebbe alzarsi e distruggere tutta la camera, così da tirare fuori tutta la frustrazione, ma la vergogna che prova per se stesso lo tiene inchiodato su quel letto e gli impedisce di muoversi.
Lui è bravo a ignorare i problemi finché non vanno via, lo è sempre stato, quindi magari funzionerà anche stavolta. Capisce subito che non sarà possibile, perlopiù per come è fatto lui: conoscendosi, ora che le carte sono in tavola, finirà per ridicolizzarsi ancora di più, fino allo stremo.

Nel momento in cui l'ennesimo ricordo della sera precedente gli invade la testa, il suo corpo si muove in automatico e l'attimo dopo Stiles è di nuovo sotto la doccia, l'acqua che gli cade addosso mentre si strofina freneticamente le mani sul volto, poi si lava di nuovo i denti e si riveste, tornando in camera.
Si sente patetico, ridicolo, finito e sporco, come se l'acqua non fosse capace di far scivolare via tutto.

Quando si richiude stancamente la porta alle spalle, la nausea gli opprime il petto e gli fa storcere la bocca, non sa bene se sia dovuta all'alcool o al resto, ma per un attimo è costretto a fermarsi e poggiarsi con le spalle al muro. Poi però la rabbia lo invade, facendosi spazio fra l'ansia e la tristezza, e l'attimo dopo sta correndo giù per le scale, afferra bruscamente le chiavi della Jeep ed esce di fretta, furibondo ed esasperato fino al limite.


Derek gli rivolge l'espressione più spersa che Stiles abbia mai visto, quando quest'ultimo spalanca la porta del loft senza tanti discorsi. Il licantropo sembra apprensivo e combattuto, mentre lo guarda avvicinarglisi con quello sguardo dapprima di fuoco, ma ora un po' più titubante, e non dice una parola, né di rimprovero né di altro. Questo non fa che infuriarlo di più.

Stiles ripensa alle immagini vaghe della notte precedente che riesce a ricordare nonostante la sbronza. Lui che arrivava al loft fin troppo barcollante, l'adrenalina maledetta che non gli permetteva di rendersi conto del suo errore; Lui che bussava rumorosamente e che, poi, fissava sconvolto quella dannata Braeden, che gli aveva aperto la porta e lo aveva guardato come se lui avesse appena interrotto qualcosa. Ricorda vagamente la sensazione di vuoto che aveva preso il posto del suo cuore nel giungere a una semplice conclusione, perché quella odiosa donna se ne stava lì mezza nuda e probabilmente gli aveva rubato da sotto gli occhi tutto quello che, in realtà, non era ancora suo.
Perché Derek non lo era, per quanto in fondo lo desiderasse.
Rabbrividisce nel ripensare in modo un po' offuscato alla sua reazione, a come l'aveva spinta furente, urlandole chissà cosa contro, prima che fosse proprio Derek a intervenire vista l'arma che improvvisamente la mercenaria gli aveva puntando contro per difendersi.
Poi, ovviamente, la sua infantile fragilità si era rifatta proprio contro il licantropo e allora aveva lasciato perdere lei, così da gridare contro di lui tutta la sua frustrazione, così da buttargli addosso tutta la sua rabbia e, probabilmente, l'odio che provava per se stesso, perché stava reclamando un diritto che non era suo.
Derek non gli doveva niente e, anzi, probabilmente non aveva neanche compreso il senso del suo sfogo, visto che – da ottimo codardo – lui si era accanito senza nemmeno spiegare il motivo, prima di scappare praticamente via con la coda tra le gambe e finire chissà come nella riserva, sfinito.

Sicuramente l'altro quella notte ha sentito l'odore dell'alcool, mentre lui lo strattonava e lo accusava di essere un egoista, e questo lo fa sentire ancora più patetico, mentre si guardano senza parlare: Stiles si sente stupido per la rabbia ingiustificata che prova e che lo ha portato lì, perché Derek non ha nessuna colpa. È lui, in fondo, l'idiota che si è innamorato di qualcuno che non può avere.

“Mi dispiace di aver interrotto qualsiasi cosa tu e... lei steste facendo” dice, distogliendo a dir poco coraggiosamente lo sguardo e con la voce secca, ma la bugia non ha bisogno di un udito sovrannaturale per essere colta e lo sa bene. Non riesce nemmeno a chiamarla per nome. La odia solo perché si è presa ciò che lui non può avere e solo al pensiero che abbia toccato Derek, gli viene la nausea e vorrebbe scappare.
L'altro lo osserva corrucciato, le labbra strette in una linea, e sembra sul punto di voler dire qualcosa ma Stiles ormai ha iniziato a parlare e probabilmente non riuscirà a fermarsi presto.
“Dimentica la scenata, per favore, non ero in me ed è bene continuare... Insomma, sì, continuare a far finta di tutto come sempre, quindi sì, ti chiedo di rimuovere la mia uscita inopportuna e di lasciare tutto come era prima, non lo farò mai più” aggiunge tremolante, riferendosi al fatto che, beh, è certo ormai che Derek sappia cosa prova, ma entrambi hanno sempre ignorato la cosa e finto che non fosse così, o che non fosse un problema, magari perché l'altro prova anche un po' di pena per questo ragazzino che si è inevitabilmente innamorato di lui.
Si sente patetico e codardo, perché parla con lo sguardo fisso sulle sua mani, che si sta torturando, ed è pronto a voltarsi e svignarsela non appena avrà finito il suo discorso.
Spera solo che Derek gli permetta di continuare quella farsa e che l'episodio non l'abbia infastidito più del dovuto. Non è pronto a dire ciò che prova ad alta voce e a essere rifiutato sempre ad alta voce, perché allora non saprebbe più come raccogliere i pezzi e come affrontare tutte le conseguenze.
“Io e Scott abbiamo bevuto e... Sì, insomma, su lui non... Su lui non ha effetto, come ovviamente sai, e io invece” si interrompe un attimo, passandosi in modo frenetico una mano fra i capelli, perché se continua così come minimo gli prende un attacco di panico ma vorrebbe evitare di ridicolizzarsi ancora di più ai suoi occhi.

“Stiles” Derek lo chiama piano, quasi avesse paura di interromperlo, e probabilmente a questo punto sente l'odore frizzante delle lacrime che stanno riempiendo gli occhi del ragazzo.
Quando muove un passo avanti per raggiungerlo, Stiles sente qualcosa dentro di sé incrinarsi.
Non sa per quanto ancora potrà resistere, perché stare ogni giorno a contatto con lui, nel branco, senza poterlo avere, è la cosa più atroce di sempre.
“Non hai interrotto niente” parla di nuovo il licantropo, avvicinandosi ancora, e lui stenta a crederci, ne dubita, ma non lo dice. E forse è una delle tante cose che invece farebbe bene a dire.
“Stiles” adesso gli è davanti, la testa leggermente chinata per riuscire a incrociare inutilmente il suo sguardo, e “Non hai interrotto niente” ripete, come se la cosa gli facesse quasi male, con il tono di uno che vuole essere creduto a tutti i costi.


Stiles, poco dopo, non sa dire bene come è successo. O meglio, non sa come ripercorrere chiaramente con la memoria gli eventi che l'hanno portato a questo momento, ma sa benissimo il perché c'è arrivato.

Le sue braccia sono intrecciate intorno al collo di Derek e pian piano scivolano giù in modo da circondargli le guance con le mani, beandosi del graffiare leggero dato dal lieve strato di barba; le loro labbra sono unite, rosse e gonfie, si cercano e si assaporano in modo vorace, scambiandosi respiri e sapori, in aggiunta a ogni goccia d'emozione che stanno provando.
Derek gli stringe un fianco con una mano e la nuca con l'altra, così da avere un migliore accesso e un contatto più intimo: gli toglie il respiro e gli fa mancare un battito, quando gli traccia una lunga scia umida con la lingua da quelle labbra, che sta mordendo e baciando, fino al petto scoperto.
Stiles inarca di riflesso la schiena e butta leggermente la testa indietro, socchiudendo gli occhi ambrati per il piacere.

Non saprebbe dire, ora come ora, com'è che lui e Derek Hale sono finiti contro una delle pareti del loft, uniti e ansanti, ma saprebbe perfettamente spiegare il perché non si è tirato indietro al primo bacio oppure quando la maglia gli è stata sfilata e, anzi, lui ha fatto lo stesso con quella dell'altro: perché lo vuole. Da molto, in effetti. Desidera Derek da parecchio tempo e interrompere ciò che stanno facendo, non gli passa neanche per l'anticamera del cervello, soprattutto non mentre il licantropo gli sgancia il bottone dei pantaloni e nel frattempo gli morde la spalla.

Stiles trattiene a stento un gemito, ma non riesce affatto a non afferrarsi forte i capelli scombinati con la mano che non è saldamente arpionata all'altro. Se li stringe e cerca di resistere, mentre probabilmente ogni parte razionale della sua testa pian piano lo abbandona.

Poi Derek all'improvviso lo volta bruscamente e allo stesso tempo non troppo, così da fargli premere il petto contro il muro, e a lui a questo punto quel gemito gli ripercorre prepotentemente la gola, quasi strozzandolo, perché le labbra di Derek ora sono sulla sua nuca, poi sulla sua schiena, la sua lingua traccia percorsi improvvisati, scendendo sempre più giù con estrema lentezza, e le sue mani sono entrambe sui suoi fianchi, tenendolo irrimediabilmente fermo con delicatezza.
Lo strato di barba gli preme sulla pelle sudata e Stiles, mentre sente le gambe tremare e si tiene al muro per non scivolare dall'emozione, deve stringere i denti per placare i brividi e i mormorii sconnessi che gli escono dalla bocca, soprattutto il nome dell'altro che continua a ripetere quasi come se fosse l'unica parola che conosce.

Forse riderebbe istericamente o sverrebbe lì sul posto, se non fosse troppo distratto da Derek e dai suoi tocchi, perché a una parte di lui sembra impossibile.
Ha passato così tanto tempo a immaginarsi una situazione del genere, che viverla sembra pura fantasia, una cosa irrealizzabile. Ma a un'altra parte di lui, quella che probabilmente lo spinge a non fermarsi, sembra assolutamente perfetto e giusto, e lo è, perché loro sono Stiles e Derek e sono fatti per stare insieme, perché si completano e si capiscono, e hanno così tante cose in comune, che, insomma, non poteva non succedere prima o poi.

Non si è mai sentito più sicuro di qualcosa in vita sua, come lo è di ciò che sta accadendo fra loro, e si sente stupido per averne spesso dubitato.

Quando sono in camera, su quel letto dalle coperte sfatte, e Derek è finalmente dentro di lui, Stiles smette definitivamente di trattenere i suoni osceni che gli impastano la bocca e stringe con forza le lenzuola, inarcandosi in modo da far congiungere sempre di più la sua schiena col petto dell'altro, che gli va in contro in modo da trovarsi a metà strada, fino a scontrarsi e avvicinarsi all'estremo.
Ogni bacio sulla pelle, o sulle labbra quando lui tenta di voltare la testa abbastanza per farsi raggiungere, ogni segno di denti sulla carne e ogni goccia di sudore. Stiles si incide nella memoria ogni singola cosa, ogni minimo suono, come quello melodioso ed elettrizzante, eccitante, che lo rende quasi ubriaco, del suo nome detto da Derek tra una spinta e l'altra, in un soffio sfinito vicino all'orecchio, che lo fa rabbrividire, o fra i denti nell'essere travolto dal piacere.

È certo di non essere mai stato più felice di così, più travolto dai sentimenti che prova per l'altro, più desideroso di poter fermare il tempo. Una confessione da tempo segreta gli si blocca in gola, ma è certo che l'altro lo sappia, e al posto suo esce l'ennesimo richiamo strozzato e quasi urlato, ricambiato in poco tempo da Derek, prima che entrambi raggiungano il culmine e si perdano in un lungo bacio che spiega qualsiasi altra cosa che entrambi non hanno mai detto.

 

  
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