The whip
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“Ciao, Cipollotto,” Alec alzò gli occhi al cielo nel sentire la voce di Magnus, meccanica attraverso il cellulare, che lo chiamava con l'ennesimo nomignolo, e continuò a prendere a pugni il sacco nella palestra, “sembra che i miei servigi siano richiesti per un tempo più lungo del previsto.” Ci furono dei rumori attutiti mentre Magnus litigava con qualcuno dall'altro capo della linea e Alec lanciò un'occhiata stranita al cellulare sul tavolo. “Mai portare un gatto in un covo di vampiri che si trasformano in topi” consigliò lo stregone quando il telefono fu di nuovo al suo orecchio. “Dicevo: i miei servigi sono ancora richiesti qui – rudemente, aggiungerei. Se non l'avessi conosciuta di persona, avrei detto che la madre di Raphael non avesse fatto un buon lavoro. I tuoi, di servigi, mio dolce passerotto, saranno richiesti con maniere molto più gentili quando sarò tornato a casa.” La sua voce si era fatta più sottile verso la fine e Alec arrossì, fermando per un attimo il suo allenamento. “Non dimenticare la frusta di Izzy. Le ho chiesto il permesso, tranquillo.”

Il messaggio terminò e Alec ebbe l'impressione che il tempo fosse scaduto appena prima che Magnus potesse dirgli che lo amava, come sua abitudine prima di staccare, ma questo non gli impedì di arrossire da capo a piedi al pensiero del suo ragazzo che chiedeva in prestito la frusta a sua sorella. E davvero – davvero – non voleva pensare a cosa le avesse detto per convincerla.

Asciugò il sudore dalla fronte e fece per prendere il cellulare dal tavolo, ma i suoi occhi si posarono sulla figura di Jace, poggiato contro lo stipite della porta, le braccia incrociate sul petto e un sorriso da schiaffi sul bel viso.

“E dimmi, tu sei il frustato o quello che frusta?” domandò, le sopracciglia bionde aggrottate in un'espressione incuriosita.

L'unica risposta che Alec riuscì a trovare fu correre via a testa bassa.

Solo il suo amore per la sua famiglia gli impedì di comprare un biglietto di sola andata per la Cina.