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Autore: Stella Dark Star    16/05/2016    1 recensioni
Sono trascorsi quattro anni da quando Obi-Wan e Leia hanno rinnovato il loro giuramento d’amore. Come deciso, Leia è tornata a vivere su Naboo con il piccolo Han e si reca a Coruscant solo per rivedere gli altri figli. Benjamin è ancora in addestramento, nonostante il suo desiderio di abbandonare la tunica Jedi; Alastair è un eccellente Padawan che segue fedelmente il Maestro Windu. La storia con Obi-Wan invece è ancora altalenante, soprattutto a causa della convinzione che lui abbia una relazione segreta con Padme. Fatto che porta lei e Anakin a diventare ufficialmente amanti. Ma l’equivoco con Padme è il problema minore, poiché il Senatore Palpatine stravolgerà le loro vite e questo “quadrato” amoroso avrà un tragico epilogo. Le perdite strazianti lasceranno un segno profondo nella vita di Obi-Wan , solo dopo aver perso tutto capirà il valore di ciò che aveva.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Han Solo, Nuovo personaggio, Obi-Wan Kenobi, Padmè Amidala
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Triangolo
- Questa storia fa parte della serie 'La saga dei Kenobi'
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Star Wars III
Obi-Wan&Leia
Per un atto d’amore
 
 
Concentrazione era la parola chiave. Una cosa che per lei era sempre stata difficile da apprendere e che nemmeno il saggio Maestro Yoda era riuscito ad insegnarle. Ma ugualmente Leia ce la metteva tutta, voleva riuscire, voleva superare i suoi limiti e vedere cosa era in grado di fare. L’unico modo per svuotare la mente  era cancellare tutte le distrazioni. I capelli raccolti in una lunga treccia che partiva dalla sommità del capo ed era decorata di perline colorate era ciò di cui andava orgogliosa, ma quello non era il momento di vantarsi. La tunica Jedi color beige che le avvolgeva il corpo accentuando le sue forme perfette le donata molto, ma sentirsi bella e desiderabile non l’avrebbe aiutata. La spada di suo padre Qui-Gon stretta tra le mani era diventata un tutt’uno con lei, come se attraverso di essa potesse sentire la sua Forza. Lo sguardo fisso di fronte a sé era inutile, lei sapeva che la vista l’avrebbe tradita, che le avrebbe inviato segnali troppo tardi. L’unico modo per vedere davvero era abbassare le palpebre e guardare con gli occhi della mente. Ma soprattutto, percepire con i sensi che aveva ereditato.
Un respiro profondo. Il silenzio. Un altro respiro profondo. Una sensazione. Accese la spada laser mentre ancora aveva gli occhi chiusi e in un attimo zach! Tagliò di netto il droide da battaglia dalla spalla sinistra al fianco destro. Tagliato in due, questo cadde a terra. I resti si dissolsero.
“Ti è andata bene che eri solo un ologramma d’addestramento! Fossi stato vero ti avrei fatto piangere! Ha!” Lo canzonò, gettandosi la treccia all’indietro con la mano.
La sfacciataggine era assolutamente anti-Jedi ed il gesto altezzoso un tantino infantile, ma a lei non importava. In fondo era solo un allenamento e si trovava da sola all’interno della sala.
“Non c’è droide che possa sconfiggere Leia Kenobi-Jinn!” Gridò entusiasta, elogiando se stessa come una bambina che gioca ad essere una eroina stellare.
Per continuare la recita, decise di esibirsi per un pubblico immaginario, eseguendo delle mosse di combattimento brandendo orgogliosamente la spada laser. Non sarebbe mai diventata un Jedi, ovviamente, e non aveva desiderio di diventarlo, però nessuno poteva impedirle di divertirsi quando si recava al Tempio, di tanto in tanto.
“Mamma, cosa stai facendo?”
Nel sentire quella voce dal tono leggermente imbarazzato, Leia s’immobilizzò all’istante, però in una posa alquanto ridicola. Deglutì come per tentare di ingoiare la vergogna, quindi spense la spada laser e si voltò di scatto con un sorriso stampato sulle lebbra.
“Tesoro! Non ti aspettavo così presto!”
Sulla soglia della sala, Alastair fissava la madre con un sospettoso sopracciglio sollevato. Accanto a lui, Windu sembrava trattenere un sorriso.
Leia si fece avanti, affettuosa: “Lasciati abbracciare, tesoro mio.” Avvolse il figlio in un abbraccio, al quale il ragazzo rispose con ben poco trasporto, con poca emozione. Lo sciolse per poterlo guardare bene, esaminandolo minuziosamente: “Ma guardati! Ogni volta che ti rivedo sei più alto! Ora mi hai raggiunta ma sicuramente la prossima volta dovrò alzarmi sulle punte dei piedi per guardarti negli occhi!”
“Mamma!” Rispose lui, infastidito.
“Tua madre ha ragione, Alastair. Stai crescendo rapidamente. Non dovresti contraddirla in questo modo.”
Il ragazzo lanciò uno sguardo a Windu e rispose umilmente: “Sì, maestro.”
Leia non si offese per quell’intromissione. Erano ormai tre anni che Windu aveva preso Alastair come allievo Padawan ed era diventato lui la sua guida e la sua autorità. Era il prezzo da pagare, non poteva farci nulla. Si limitò a fare un cenno a Windu: “Spero che mio figlio si sia comportato bene, maestro.”
Windu rispose orgoglioso: “E’ un ottimo allievo. Tranne qualche scivolone linguistico. Le sue imprecazioni potrebbero far rivoltare i morti nelle loro stesse tombe.”
Leia buttò fuori una risata: “Di certo non ne sono io la responsabile!”
Windu rassicurò il ragazzo, avendo percepito disagio in lui: “Oltre a questo, sono fiero di lui. Apprende con gran rapidità e mi rimane accanto fedelmente.”
“A proposito, venite dall’orlo esterno, giusto?”
“Sì, è così.”
Gli occhi di Leia si velarono di preoccupazione materna: “Non sarà troppo pericoloso per lui? Ha solo tredici anni, non è pronto per una battaglia.”
“Non hai nulla da temere, damigella Leia. Come ti promisi, tuo figlio è al sicuro. Lo tengo lontano da ogni pericolo. Le nostre visite all’orlo esterno sono puramente informative. Non potrei mai dirgli di scendere in un campo di battaglia, così giovane.”
Leia sapeva già tutto questo, ma non aveva potuto evitare di chiederlo. Che suo figlio le appartenesse o no, lei restava sua madre e aveva il diritto di preoccuparsi.
“Siamo tornati su Coruscant perché il Maestro Windu accoglierà il Cancelliere Palpatine al suo arrivo.”
“Palpatine? Ma non era stato catturato?”
Windu la informò: “Ci è appena giunta notizia che è stato salvato. Da Kenobi e Skywalker, che per l’occasione torneranno qui a Coruscant.”
Leia sentì qualcosa di piacevole nel petto, i suoi occhi si illuminarono anche se lei non avrebbe voluto che fosse evidente. La voce le uscì sospirata: “Obi-Wan sta venendo qui?”
Alastair abbozzò una risata: “Mamma, quando fai così sembri una bambina! Non capisco il tuo entusiasmo!”
“Oh, be'… Lo sai che io e Obi-Wan siamo legati da una profonda amicizia. Sono felice di rivederlo e di sapere che sta bene. Credo che gli farò una sorpresa. Lui non sa ancora che mi trovo qui.”
“Quanto ti fermerai?”
“Non lo so ancora, tesoro. Ero venuta per trascorrere un po’ di tempo con tuo fratello Ben.”
“E Han? Hai portato anche lui?”
“No, tesoro. E’ a Theed con Dormé, mi dispiace. Volevi salutarlo?”
Alastair fece spallucce: “Non importa. Magari la prossima volta. Oppure quando il Mastro mi concederà un breve congedo per andare su Naboo.”
Ovviamente Leia si voltò speranzosa verso Windu, il quale, vedendo quell’espressione innocente, questa volta non riuscì proprio a trattenere un sorriso: “Lo farò di certo.” Diede un colpo di tosse e tornò serio: “Alastair, io ora devo andare. Ci rivedremo fra due ore fuori dalla sala del Consiglio.”
Il ragazzo chinò il capo rispettosamente. “Sì, maestro. Sarò puntuale.”
Non appena Windu si fu allontanato, Leia prese sottobraccio il figlio e insieme camminarono per i corridoi del Tempio.
“Ti vedo sereno.”
“Lo sono. Accanto al mastro Windu mi sento più forte. Ogni parola e ogni gesto si imprimono nella mia mente in attesa di metterle in pratica.”
Leia scherzò: “Parli come se dovessi fare i Test per diventare Cavaliere da un giorno all’altro!”
Alastair rimase serio: “Non da un giorno all’altro, ma senz’altro prima del previsto. Voglio mettere il mio talento a disposizione dell’Ordine e difendere gli interessi della Repubblica.”
“Hai tredici anni!”
“Quasi quattordici, mamma.” Puntualizzò, lanciando un’occhiata significativa alla madre.
Leia colse il suo sguardo nel profondo, era evidente che suo figlio non era più un bambino. Era maturo, non solo rispetto ai ragazzi della sua età ma anche rispetto a tutti gli aspiranti Jedi.  
“Molti tuoi coetanei in questo momento si stanno preparando per il Torneo e sperano ardentemente di essere notati e scelti per diventare Padawan.”
“Io invece li ho battuti sul tempo.”
Era così. Leia ricordava bene quel ragazzino di dieci anni che si esibiva con la spada laser. Nonostante Windu avesse già deciso di prenderlo come apprendista, aveva comunque insistito affinché Alastair partecipasse al Torneo, in modo da esaminare le sue capacità a fondo e vedere il suo atteggiamento di fronte ad un pubblico. Alastair aveva vinto tutti gli incontri ed era stato da esempio persino per i ragazzi più grandi di lui.
Camminarono in silenzio per un buon tratto, fino a quando non giunsero ad una sala di Meditazione. Alastair azzardò una proposta: “Vorrei dedicarmi un po’ alla meditazione. Ti dispiace se ci vediamo più tardi?”
Leia scosse il capo, un sorriso triste affiorò sulle sue labbra: “Ti rivedrò quando Windu te lo permetterà.”
“Gli chiederò il permesso per questa sera. Mi piacerebbe passare a prendere Ben al termine del suo allenamento pomeridiano e cenare assieme a te come una volta.”
“Il mio appartamento è sempre lo stesso quindi…direi che si può fare! Dirò ai droidi di preparare una bella cena.”
Alastair sorrise appena, ma i suoi occhi sinceri svelarono più di quanto volesse. Era felice di poter stare in compagnia della madre e del fratello.
*
Leia prese tra le mani un abito bordeaux particolarmente aderente. Lo appoggiò al proprio corpo, coperto da una sottoveste, e si voltò con espressione interrogativa.
Di fronte a lei, l’immagine ologrammata della dolce Dormé con un bellissimo Han seduto sulle ginocchia. Il piccolo aveva i capelli di un semplice castano chiaro, lunghi quasi fino alle spalle, gli occhi blu sfumati di nocciola e la pelle abbronzata per via di molte ore passate a giocare all’aria aperta. Un orsacchiotto di tenerezza.
Dormé sembrava leggermente a disagio per via di quello che Leia le stava mostrando: “Non vorrei essere scortese ma… quell’abito non è lo stesso che indossavi da ragazza?”
“Sì. E allora? Vorresti dire che non ho più l’età per essere sexy?”
“No, certo che no! Solo che…dopo la maternità il tuo corpo non è più….lo stesso. Sulla parte alta, intendo. Non rischi di…” Abbassò lo sguardo sul piccolo che, all’apparenza, sembrava intento a giocare con un ologramma a forma di coccinella, quindi terminò la frase con: “Non rischi di fare boom?”
Han cominciò a strillare giocoso: “Boom! Boom! La mamma fa boom!”
Leia rise divertita: “Tranquillo, tesoro, la mamma non farà boom! Dormé stava solo scherzando!”
L’ancella si schiarì la voce e lanciò uno sguardo a Leia: “Ad ogni modo mi sembra eccessivo.”
“Esattamente quello che voglio! Non lo vedo da mesi, Dormé. O almeno non in carne ed ossa. Voglio che il nostro incontro sia indimenticabile.” Rispose Leia, piena di aspettative.
Indimenticabile è proprio il termine adatto.” Sottolineò Dormé, tenendo lo sguardo puntato sull’abito incriminato.
“Comunque ho deciso e nessuno potrà farmi cambiare idea!” Sentenziò Leia, con la stessa cocciutaggine di suo padre.
Dormé sospirò: “Come vuoi tu… Ora vorrei portare Han a giocare alla prateria. Ti dispiace se…”
Leia abbassò il vestito: “Certo che no! Andate pure! Vi richiamerò domani per un saluto.”
Il piccolo Han sollevò la mano abbronzata: “Ciao mamma!”
“Ciao tesoro, a domani. Comportati bene, mi raccomando.”
Dormé sorrise: “Più facile a dirsi che a farsi!” Fece scendere Han dalle ginocchia e si chinò verso il dispositivo di trasmissione con aria maliziosa: “Buon divertimento!”
La trasmissione terminò, ma ugualmente Leia rimase ancora un po’ a fissare il vuoto scuotendo il capo e sorridendo per l’augurio dell’ancella.
*
Gambe accavallate, braccia stese ai fianchi, sguardo concentrato sulle figure presenti nella sala, Obi-Wan era completamente assorbito dalla riunione. Il comlink sul suo polso si illuminò ed emise un suono, distogliendolo così da ciò che veniva detto. Sbirciò i dati sullo schermo. Era una fotografia in movimento da parte di Leia. Si voltò, cercando di sporgersi dalla poltrona affinché nessuno potesse vedere di cosa si trattava. Avrebbe potuto aspettare, ma qualcosa gli diceva che doveva guardarla subito. Sicuro di non avere nessuno sguardo puntato contro, premette il tasto di avvio. L’immagine uscì dal piccolo schermo e Obi-Wan si ritrovò davanti agli occhi una Leia incredibilmente sensuale con addosso un abito provocante, i seni che minacciavano di uscire dalla profonda scollatura, i capelli sciolti, distesa su un letto. Lui riconobbe subito il letto. Leia si portò due dita alle labbra e gli mandò un bacio. L’immagine rientrò nello schermo.
Due emozioni contrastanti si impossessarono di lui: eccitazione e paura. Lanciò un’occhiata ai membri del Consiglio, sperando vivamente che nessuno avesse visto l’immagine. Facendo finta di niente, si portò una mano chiusa a pugno all’altezza della bocca e diede un colpo di tosse. Doveva assolutamente calmarsi o almeno schermare le proprie emozioni, altrimenti sarebbe stato scoperto.
Quando finalmente Yoda annunciò che la riunione era terminata, Obi-Wan fu il primo ad alzarsi dal posto e ad uscire senza incrociare lo sguardo di nessuno. Sarà stato anche un Jedi, ma era pur sempre un uomo con un corpo perfettamente funzionante.
Nemmeno se avesse avuto il dono del teletrasporto avrebbe potuto arrivare più velocemente a destinazione. Aveva camminato senza nemmeno guardare dove stesse andando e quando si rese conto di essere entrato nell’appartamento di Leia ne fu quasi sorpreso. Si diresse alla camera da letto e la trovò lì, esattamente nella stessa posizione provocante della foto. Solo che, ora che la vedeva dal vivo, le sue curve erano ancora più attraenti. Nelle mani poteva già sentire la stoffa liscia del vestito. O forse non era solo una sensazione. La strinse tra le dita e udì il rumore della stoffa che si strappava. Non sapeva nemmeno lui come fosse arrivato lì, talmente era inebriato dal desiderio. Sentì il calore del corpo di Leia contro il proprio, i suoi sospiri di piacere contro l’orecchio, la sua pelle di seta a contatto con le dita, il suo profumo di rose. Ecco la risposta! Leia aveva spruzzato uno dei suoi profumi allucinogeni e ora lui si trovava intrappolato tra il sogno e la realtà. Per questo non aveva ricordo di essersi avvicinato al letto, né di essersi tolto la tunica. Le sensazioni arrivavano alla sua mente come frammenti di un mosaico, alcuni all’udito, all’olfatto, altri al tatto, al gusto. Il sapore fruttato delle sue labbra era dissetante e allo stesso tempo gli faceva desiderare di averne ancora e ancora. E poi si ritrovò supino, il cuscino e il materasso già caldi sotto di lui e i capelli biondi di Leia accarezzargli il viso, il suo respiro contro la guancia. Giusto un pizzico d’istinto primitivo quando l’afferrò per i fianchi per darle il ritmo e raggiungere insieme quella dimensione dove avrebbero voluto restare per sempre.
Si risvegliò di soprassalto, agitato. Una mano sul petto lo rimandò giù.
“Va tutto bene, amore.”
Riconobbe la voce di Leia, dolce e vellutata. Voltò il capo e incontrò il suo sguardo, blu e infinito come il cielo.
Sospirò: “Non mi abituerò mai alle tue fragranze. Era proprio necessario? Sono tuo marito, non hai bisogno di ricorrere a questi stratagemmi per sedurmi.”
Leia lasciò una risatina: “Così mi toglieresti la metà del divertimento!”
Obi-Wan le sorrise con complicità, quindi le prese una mano e se la portò alle labbra per baciarla. Leia aveva gli occhi persi nei suoi, una sfumatura di luce a rassicuragli che si sentiva felice.
“Sarei venuto tra qualche giorno a trovati a Theed.”
“Non importa. Ora siamo qui.”
“Se potrò verrò con te al ritorno. Mi farebbe piacere stare un po’ con Han.”
“E’ un bambino meraviglioso. Così pieno di vita…”
“E’ come lo desideravi, giusto? Tutto tranne Jedi.”
Leia abbassò lo sguardo: “Devi dirlo tutte le volte?”
“No.” Obi-Wan scosse leggermente il capo sul cuscino, lo sguardo sollevato al soffitto: “Come sta?”
Leia mise da parte la punta di malumore, con la mano si mise ad accarezzare i morbidi riccioli sul petto di suo marito: “Bene. Anche se la sua intelligenza a volte mi sorprende.“
“Cosa intendi?”
“Qualche settimana fa ha fatto una cosa pazzesca per la sua età. Non so davvero come abbia fatto. Per dirla in breve, ho trovato un piccolo nascondiglio nella sua stanza, dove teneva dolciumi e piccoli giocattoli e poi, spiandolo, l’ho beccato mentre barattava un biscotto con un bambino alieno in cambio di una biglia blu.”
Obi-Wan rise: “Un talento naturale per gli affari!”
“E non è tutto. Pare che i dolciumi li abbia sgraffignati dalle cucine senza che nessuno lo vedesse, il che è incredibile visto che io e Dormé siamo sempre con lui.”
“Che piccolo delinquente! Scommetto che ne ha approfittato mentre giocavate a nascondino.”
Lo sguardo di Leia si fece serio e pian piano si illuminò di consapevolezza: “Ecco perché ci mettiamo sempre tanto a trovarlo! Non posso crederci. Ci ha giocate a suo piacimento.”
“In questo di certo non ha preso da me. Io non sono così sveglio, temo.”
“In effetti. Però tu hai altre qualità.” Si sollevò su di un gomito e si sporse su di lui per stampagli un bacio sulle labbra.
Obi-Wan aggrottò le sopracciglia con fare sospettoso: “Cosa vorresti dire con ‘in effetti’?”
Leia sorrise divertita: “Quello che ho detto, amore.”
Per vendicarsi, Obi-Wan l’avvolse in uno stretto abbraccio e la rovesciò sul materasso, strappandole un gridolino.
“Adesso ti faccio vedere io quali sono le mie qualità!”
*
“Sai, Al, sono contento che la mamma sia venuta a trovarci! E’ passato tanto tempo!” Disse Benjamin sorridente, con la testa sollevata per poter guardare il fratello maggiore in faccia.
Alastair, perennemente serio, rispose senza nemmeno ricambiare lo sguardo: “Solo un mese, Ben. Non è molto tempo come dici tu.”
Ben fece spallucce: “Per me lo è. Io voglio bene alla mamma.”
“Anch’io gliene voglio. Ma questo non significa che io senta la sua mancanza ogni giorno.”
“Tu sei un Jedi.”
Alastair si fermò e piazzò una mano sul petto del fratello per obbligarlo a fermarsi a sua volta. Gli lanciò un’occhiata di sbieco: “Cosa vorresti dire?”
Gli occhi grandi e azzurri del bambino non mostravano alcun timore: “I Jedi non hanno sentimenti. Io invece li ho, quindi sono un bambino normale nonostante i Maestri continuino ad allenarmi.”
Il fratello maggiore sbuffò, accennando un sorriso: “Sei proprio come la mamma, Benny.”
Pochi passi ed arrivarono di fronte all’appartamento. La porta si aprì in automatico dopo che lo scanner li ebbe riconosciuti. Ad accoglierli vi erano Obi-Wan e Leia. Mentre Benjamin correva incontro alla madre per abbracciarla, Alastair si avvicinò ad Obi-Wan per scambiare un cordiale saluto.
“Maestro. Sono lieto di rivederti.”
Obi-Wan rispose con lo stesso tono formale, le mani riposte dentro le ampie maniche del mantello Jedi come se fosse lì per una breve visita solamente.
“Anch’io Alastair.”
“Permettimi di congratularmi per il tuo successo nel salvataggio del Cancelliere. Ho saputo tutti i dettagli dal mio Maestro.”
“Ti ringrazio, ragazzo. Anch’io vorrei congratularmi con te.”
Alastair si sentì fiero prima ancora di sapere: “Per quale motivo?”
“Windu mi tiene aggiornato sui tuoi progressi e ora che sei qui posso sentire la Forza dentro te nitidamente. Sono fiero di te.”
Il ragazzo non tentò nemmeno di nascondere i propri sentimenti, essendo inutile in presenza di un Maestro. Che Obi-Wan gli leggesse pure nell’anima, lui non aveva timore di mostrare ciò che provava quando si trattava di meriti.
Dietro a loro, Leia stava caldamente coccolando il figlioletto, mentre questo le raccontava a ruota libera ogni cosa gli passasse per la testa. Certo non era indispensabile, visto che comunicavano spesso tramite ologramma, però averla di fronte in carne ed ossa per lui era importante, per questo si lasciava andare liberamente.
“Sai mamma, l’altro giorno ho litigato con Zyck.”
Non era la prima volta che Leia sentiva quel nome. Si trattava di un Duros che faceva parte del Clan del Bergruufta, ma che lei avrebbe tranquillamente piazzato in quello del Serpente Velenoso se fosse esistito, poiché il marmocchio spesso si divertiva a stuzzicare Ben.
“Per quale motivo, tesoro? Oh scommetto che sei stato rimproverato per non aver mantenuto la calma.”
“Sì, ma non m’importa. Ha detto delle cose orribili, non potevo fare finta di niente.”
“Cos’è accaduto?” Gli accarezzò una guancia con tenerezza. Era in ginocchio di fronte a lui anche se non era più necessario da qualche anno, poiché ormai Benjamin era diventato più alto. Pur essendo comunque un bambino dolcissimo dalle guance tonde, ora portava i capelli lunghi fino alle spalle, solo che in quel momento erano legati da un laccio sulla nuca poiché veniva dall’addestramento pomeridiano. Era lui il motivo che aveva spinto Obi-Wan ad accorciarsi i capelli e far crescere di più la barba. Aveva timore che coi capelli lunghi tutti avrebbero rivisto Ben in lui. E anche se il nuovo look lo invecchiava, poco gli importava. Leia riportò l’attenzione al presente, sentendo la voce squillante del figlio.
“Be'…” Esitò, indeciso se parlare o meno, poi prese respiro e confessò: “Ha detto che sono uno stupido perché non so nemmeno chi sia mio padre.”
Lo sguardo turbato di Leia di puntò sul bambino, ma anche Obi-Wan dietro di lui sentì quella frase e si mise in ascolto.
Benjamin continuò: “Io gli ho riposto che lo stupido è lui perché io so benissimo chi è mio padre. E per dimostrarglielo gli ho detto che vive su Naboo assieme a te e Han.”
“Hai detto una bugia, tesoro. Tu non sai chi sia tuo padre.”
“Lo so, ma non volevo dargliela vinta. E poi tu hai sempre detto che il mio papà vive su Naboo. Questo è vero, no?”
Leia esitò a labbra socchiuse, quell’argomento era sempre spinoso per lei e la storia di Naboo era una bugia che aveva inventato tanto tempo fa per deviare la curiosità dei figli: “Sì. Sì, è così.”
“Per me potrebbe anche vivere sulla Luna. Non me ne importa un bel niente.” S’intromise Alastair.
Ben si voltò, sgranando gli occhi per la sorpresa: “Perché dici così?”
“Non l’ho mai visto. Non so che faccia abbia. Non so niente di lui.”
Obi-Wan rimase immobile, probabilmente intento a controllare le proprie emozioni, Leia invece si alzò in piedi e affrontò apertamente il figlio maggiore: “Lo sai che non può rivelarsi.”
“Qualunque sia il motivo, non è degno di essere chiamato padre.”
“Alastair, non mi piace questo tono. Tuo padre ti vuole bene.”
Lui fece un verso di diniego: “Bene? Non si è mai degnato di venire a dirmelo. Non si è mai degnato di dirmi il suo nome e mostrarmi il suo volto. Che razza di padre è?”
Ben cercò di aiutare la madre: “Se la mamma dice che per lui è pericoloso non puoi pretendere che rischi la vita per noi.”
“Per quanto mi riguarda io sono un figlio della Forza. Non voglio avere un vigliacco per padre.”
Obi-Wan sentì una dolorosa scossa nella testa, il suo sguardo turbato tremò. Quelle parole erano troppo dure perfino per lui e il suo autocontrollo aveva pur sempre un limite. Ma fortunatamente Alastair non percepì nulla, essendo in collera.
Leia alzò la voce contro il figlio: “Non ti permetto di parlare così. Non sai niente.”
Alastair ribatté con forza: “Infatti! E’ questo il problema, mamma. Io non so niente. Non mi hai mai detto niente.” Quindi, inaspettatamente, si rivolse ad Obi-Wan: “Non ho forse ragione?”
Obi-Wan si ritrovò addosso lo sguardo infuocato del figlio e non riuscì ad aprire bocca.
“Che tu lo conosca o no, dimmi, un uomo così spregevole può essere considerato un padre?”
Lui vide gli occhi del ragazzo inumidirsi, sentì una stretta alle viscere.
“Dimmelo? Può essere considerato un padre?”
Se fosse scoppiato a piangere lo avrebbe ucciso nell’anima. Come poteva guardare negli occhi il suo stesso figlio e mentirgli?
“No.” Sussurrò, per poi abbassare lo sguardo. Nonostante la tempesta di emozioni negative emanate sia da se stesso che da Alastair, sentiva che anche Leia stava soffrendo. Mosse leggermente lo sguardo e la vide in lacrime.
Alastair se ne andò pronunciando la sua ultima sentenza: “Allora ho ragione io.”
Uscì dalla stanza, lasciandoli nel silenzio e nel vuoto. Obi-Wan si voltò per andarsene a sua volta, ma la voce stridula e disperata di Leia lo bloccò: “Non andartene, ti prego.”
Deglutì, ma non si mosse. Sentì alle proprie spalle la voce di lei rivolgersi al bambino.
“Tesoro, vai nella tua stanza. Ti chiamerò quando i droidi avranno portato la cena.”
Ben, col visetto tondo e triste, fece un cenno affermativo e obbedì. Non appena udì il rumore della sua porta automatica che si richiudeva, Leia si gettò alle spalle di Obi-Wan per abbracciarlo, il viso premuto contro la sua schiena.
“Mi dispiace.”
Obi-Wan scosse leggermente il capo, strinse le mani di lei intrecciate sul suo petto.
“No, ha ragione lui. Sono un vigliacco.”
Leia non rispose, le lacrime cadevano copiose dai suoi occhi.
*
Il giorno dopo era tornata su Naboo. Giusto un saluto a Benjamin ed aveva lasciato Coruscant di nascosto e in fretta come una ladra. Aveva timore di incontrare ancora Alastair, dopo tutto ciò che aveva detto; sapeva che rotolare ancora tra le lenzuola con Obi-Wan non l’avrebbe aiutato a riprendersi; non aveva la forza di incontrare Padme e mostrarsi felice per la sua gravidanza; non aveva nessun motivo per restare là. Rivedere il piccolo Han e stringerlo a sé era ciò di cui aveva davvero bisogno. Aveva segretamente sperato che Obi-Wan venisse, si aspettava di vedere una nave atterrare e di vedere lui uscirne per venirle incontro, invece tra loro non ci fu alcun contatto per giorni. Ancora una volta, si ritrovavano separati in un momento in cui avrebbero dovuto essere più uniti. Per scacciare la tristezza, decise di dedicare del tempo a se stessa e di andare a fare il bagno in uno dei laghi dove nessuno l’avrebbe disturbata. Pace e tranquillità erano sempre state la medicina migliore.
Raccolse i capelli sopra la spalla e li strizzò energicamente. Le sue gambe lunghe sembravano voler scavalcare l’acqua limpida, dominarla, imporle di sottomettersi a tanta bellezza, quasi fosse una sirena. Il tramonto alle sue spalle le colorava la pelle e la luce che si rifletteva sulle gocce d’acqua sul suo corpo la faceva brillare.
Si chinò sul fagotto abbandonato sul prato, che poi si rivelò essere un semplice abito rosa con le maniche a palloncino e la gonna leggermente svasata. Fece per sollevarlo sopra il capo per infilarselo.
“E’ un vero peccato. Sei così bella nuda.”
Al suono di quella voce, Leia sussultò e si premette l’abito contro i seni. Il suo sguardo sorpreso si posò sulla figura che aveva parlato, per poi lasciare il posto ad un lieve sorriso.
“Anakin!”
Il giovane Jedi, dalla figura più imponente rispetto agli anni scorsi e i capelli lunghi sulle spalle,  ricambiò il sorriso e lasciò l’ombra nel quale si era volutamente nascosto per sorprenderla. Nel vedere l’amica infilare il vestito, rimarcò la propria opinione: “Dicevo sul serio. Potresti farne a meno.”
Leia gli lanciò un’occhiata in tralice: “Ma così non potrei più tornare a Palazzo. La Regina non mi farebbe certo entrare!”
“Il che è esattamente ciò che voglio. Restare qui tutta la notte ad accarezzarti.” Si sporse su di lei e le rubò un lungo bacio.
Dopo aver deciso di essersi lasciata assaporare abbastanza, Leia si ritrasse come nulla fosse accaduto: “Padme sa che sei qui?”
“No.”
“E Obi-Wan?”
“Nemmeno.”
Leia prese un respiro profondo e gli fece un cenno di assenso, al quale Anakin non dovette chiedere spiegazioni. Le rubò un altro bacio, ma questa volta si prodigò a sfilarle il vestito di dosso e ad avvolgerla in un abbraccio possessivo stringendola forte a sé.
Sfruttando un momento per riprendere fiato, Leia chiese: “Non vuoi dirmi perché sei qui?”
“Dopo.” Buttò fuori in un soffio, troppo preso dal desiderio.
Abbracciati sul prato, gli sguardi persi nel cielo dove erano comparse le prime stelle, entrambi si stavano affidando alla quiete per riordinare i pensieri. Sembravano essere passate ore, quando il silenzio fu interrotto dalla domanda di Leia: “Si tratta di lui?”
Anakin sospirò: “Come sempre.”
Obi-Wan era sempre il fulcro delle loro conversazioni, l’anello che li univa in quella catena di sofferenza da cui cercavano di liberarsi inutilmente da anni.
“Ti và di parlarne?”
“Non c’è gran che da dire. Ancora una volta mi ha fatto capire che sono una delusione.”
“Allora perché stai male? Dovresti averci fatto l’abitudine, ormai.”
“E tu perché stai male?”
Leia deglutì, all’improvviso si sentì la gola stretta per la tensione. Stava male perché continuava ad illudersi che un giorno sarebbe cambiato, che avrebbero avuto una vita normale, che l’avrebbe amata senza riserve. Ma non aveva la forza di dire tutto questo. Rispose solo: “Perché lo amo.”
“Appunto. Lo amo anch’io, anche se in modo diverso.”
Ci fu ancora silenzio tra loro, mentre Leia si accoccolava meglio contro il corpo di lui per sfuggire alla brezza della sera.
“Hai freddo?”
“Un po’.”
Anakin la strinse più forte, con entrambe le braccia, e le stampò un bacio sulla fronte.
“Anakin, tu ti senti in colpa?”
Non serviva specificare, lui sapeva perfettamente che si riferiva al loro rapporto adultero. Soprattutto da quando si era intensificato negli ultimi tre anni.
“Non più. Non dopo aver saputo il loro segreto.”
Leia sollevò il capo e lo guardò dritto negli occhi: “Non sappiamo cosa ci sia tra loro. Non abbiamo prove.”
Anakin si alterò: “E’ chiaro come il sole che la loro non è solo amicizia.”
“Probabilmente loro pensano lo stesso di noi.”
“Noi non siamo innamorati. Facciamo questo solo per sostenerci, per aiutarci a vicenda. E per vendetta.”
Leia sbuffò quasi divertita: “Abbiamo iniziato noi, ricordi? Da prima che tu la sposassi. Non possiamo incolparli di tutto.”
Anakin le lanciò un’occhiata significativa: “Davvero non ti dà fastidio sapere che tuo marito ha una relazione con mia moglie?”
La mano di Leia, posata sul petto di lui, tremò leggermente: “Ovvio che mi dà fastidio, ma non posso farci niente. Obi-Wan…avrebbe molto più da ridire su di me. E Padme è come una sorella per me.”
“E Obi-Wan è come un padre per me.” Emise un suono sprezzante: “Mi ha detto di accettare la proposta di Palpatine ma di spiarlo per conto del Consiglio. Ecco perché sono arrabbiato.”
“Onestamente, Anakin, quell’uomo non piace nemmeno a me. Ma se ciò che ti ha offerto può renderti felice, allora puoi infischiartene del Consiglio.”
Anakin le sorrise, constatando che il suo odio per il Consiglio Jedi era immutato: “Sei l‘unica in tutta la galassia che riesce a capirmi. Cosa farei senza di te?”
Lei fece spallucce: “Ti daresti all’alcol, semplicemente. Come fa Obi-Wan.”
“In effetti non rinuncia mai ad un bicchierino!”
Giusto il tempo di condividere una risata e rotolare sul prato come bambini e si rialzarono per indossare i propri vestiti. Gli animi decisamente più sereni.
“Quando tornerai a Coruscant? Padme mi ha chiesto di te. Era addolorata nel sapere che non le hai nemmeno fatto visita nei due giorni in cui sei stata là.” Disse Anakin allacciandosi la cintura sopra la tunica.
Leia sospirò: “Non saprei. Dipende da Obi-Wan.”
“Cosa intendi esattamente?”
“Se verrà a trovarmi qui, allora avrò di nuovo la forza di rivedere Padme e fingere di non sapere nulla. Se invece non viene… Be', significa che sta trascorrendo del tempo con lei.”
I loro sguardi si incontrarono. Quella seconda ipotesi pesava ad entrambi.
*
Il respiro ansante, l’andatura meccanica causata da una forte agitazione e dalla fretta di fare subito qualcosa. Schizzò all’interno della stanza dove, teoricamente avrebbe dovuto dormire, e si gettò sullo sgabello per poter armeggiare con il dispositivo di comunicazione. Era talmente agitato che le sue dita mancarono il bersaglio per ben tre volte. Il suo sguardo si fissò dove in breve sarebbe comparso l’ologramma e finalmente eccola, la sua amica, bella e sorridente, le spalle nude, i capelli acconciati in una stravagante acconciatura che la faceva sembrare una principessa guerriera con addosso la criniera di un leone.
“Anakin, ci siamo sentiti pochi giorni fa!” La voce squillante arrivò a lui leggermente ovattata, a causa della trasmissione. Vedendo l’immagine pallida dell’amico, il tono si fece subito più serio: “Anakin, stai bene?”
Lui chiuse gli occhi e prese respiro, giusto per calmarsi un po’: “Sì. Sono solo in preda ad uno dei miei attacchi. Ho fatto di nuovo quel sogno.”
“Quello su Padme? Non capisco davvero quale sia il problema. E’ raro che una donna muoia di parto con la tecnologia avanzata che abbiamo!”
“Non è solo questo. Da ieri si è aggiunto un nuovo dettaglio al sogno. Non ti piacerà.”
“Piacermi? Ci sono anch’io, forse?”
Lui scosse il capo: “No, Leia. Però…c’è Obi-Wan.”
L’espressione di Leia si fece severa: “Continua.”
Anakin le trasmise uno sguardo di assoluta serietà: “E’ accanto a Padme e la incoraggia. Io e te non ci siamo.”
Vedendo Leia abbassare lo sguardo, lui sottolineò: “E so per certo che ieri si sono visti.”
Gli occhi di Leia si fecero di ghiaccio: “Pensi che loro…? Che il bambino…”
“Comincio ad avere i miei sospetti, Leia. Ma mi rifiuto di crederci.”
“Anakin. Io ti giuro che…” Si fermò per deglutire, quindi sollevò una mano per dare maggior enfasi alle parole: “Ti giuro, che se Padme aspetta un figlio da Obi-Wan io mi convertirò al Lato Oscuro e non mi darò pace fino a quando anche l’ultimo Jedi non sarà steso a terra.” Gli occhi fiammeggianti di collera e gelosia.
Anakin si sentì tremare dalla testa ai piedi. Capiva perfettamente i sentimenti dell’amica, anche se sapeva che quelle parole erano dettate più dalla gelosia, che da un vero bisogno di distruzione. Ma la cosa peggiore era che nella propria mente poteva vedere lo stesso disegno.
*
Padme si alzò dalla poltrona di fronte alla vetrata e si diresse verso l’ingresso con un luminoso sorriso ad accenderle il volto. L’abito largo di un bel tessuto blu avrebbe coperto ancora per poco le sue condizioni.
“Leia, amica mia! Sono così felice di vederti!”
Allungò lo sguardo per cogliere i dettagli, quali l’acconciatura ribelle, il corpetto bordeaux aderente e i pantaloni dello stesso colore che fungevano da seconda pelle da quanto erano stretti e sottili. Il dettaglio insolito era la cintura Jedi.
Leia la raggiunse in poche falcate e, non appena le fu di fronte, le diede uno schiaffo con tanta forza che Padme cadde in ginocchio. Confusa per il gesto inaspettato e con la guancia pulsante per il colpo, dovette sostenersi puntando una mano a terra. Attraverso i capelli sciolti, riuscì a vedere il volto contratto dell’amica.
“E’ mio marito! E’ mio marito! Cosa ti dice la testa?” Gridò Leia a pieni polmoni.
Padme prese respiro, con la mano libera si scostò i capelli dal viso, lo sguardo addolorato e l’espressione di chi non capisce. La voce le si spezzò nel chiedere: “Cos…?”
Leia riprese a gridare e a gesticolare in preda alla collera: “Dimmi la verità! Non sono stupida! E’ di Obi-Wan il bambino che aspetti?”
Padme, cominciando a collegare le frasi, si portò istintivamente una mano al ventre in segno di protezione, la voce ancora spezzata: “Non è… Non è come pensi.”
“E’ suo o no?” Il viso congestionato per lo sforzo e le vene in evidenza sulla fronte.
Padme deglutì come per ingoiare lo smarrimento e poter parlare con sicurezza: “E’ di Anakin. Io e Obi-Wan non abbiamo fatto niente di male.”
Leia sbuffò sarcastica, ma almeno smise di gridare: “Questa è la più grande menzogna che tu abbia mai detto. Perfino come Senatrice!”
Padme si rimise in piedi a fatica, più che il fardello che portava in grembo, a pesare erano le accuse di lei.
“Leia, cosa ti succede? Non ti ho mai vista così. Mi hai insultata, mi hai…” Si indicò la guancia gonfia, gli occhi pieni di sgomento: “Mi hai colpita.”
Negli occhi di Leia non vi era traccia di pietà: “Ti meriteresti ben altro. Credi che io non sappia di te e Obi-Wan?”
Padme alzò il tono di voce, esasperata: “Me e Obi-Wan cosa? Non è come credi, io e lui siamo solo amici.”
“Amici? Vai a letto con mio marito e siete solo amici?”
“Questo sei tu a farlo, non io.” Quella frecciatina era prova che Padme sapeva tutto di lei e Anakin. Accidenti!
“E secondo te di chi è la colpa?”
“Mia non di certo, Leia. Tuo marito si confida con me perché tu e Anakin lo opprimete.”
Leia spalancò la bocca per l’indignazione: “Noi, cosa? Ma con chi credi di parlare? Non siamo ad una riunione del Senato! Obi-Wan mi trascura con ogni scusa possibile però per te è sempre presente. Cosa hai fatto per portarmelo via?”
Padme sfoggiò un’espressione disgustata: “Io non ho fatto niente. Sei tu ad averlo allontanato. Sei andata a vivere a Naboo, quando sai bene che il suo posto è qui a Coruscant.”
“Io ho fatto una scelta per il bene di mio figlio Han.”
“No, tu hai pensato solo a te stessa. Non potevi avere Obi-Wan ai tuoi piedi per ogni capriccio così hai fatto i bagagli e te ne sei andata. Lo ricordo bene. Più di tre anni fa entrasti nel mio vecchio  appartamento in lacrime dicendo che volevi andartene da lui.”
Leia si voltò di scatto, come se avesse ricevuto una frustata. Era vero. Era tutto vero. Ma questo non cambiava le cose. Parlò sibilando, dandole di spalle: “Stai lontana da mio marito, Padme, o ne pagherai le conseguenze.”
La Senatrice rimase ferma ad osservare quella che era sempre stata la sua più cara amica andarsene contrariata, gli stivali di pelle marocchina che sbattevano prepotenti sul pavimento.
*
Anakin aveva svoltato l’angolo per dirigersi all’appartamento di Padme, quando si scontrò in pieno con una furibonda Leia che veniva proprio da là.
“Perdonami. Ti ho fatto male?”
Lei ringhiò: “Dov’è quel bastardo?”
La guardò di sbieco: “Perché sei così arrabbiata?”
“Non ti ci mettere anche tu. Tua moglie mi ha già mandato su tutte le furie.”
“Padme?” Si allarmò all’istante: “Non le avrai detto quello che penso, spero.”
“Che altro avrei dovuto fare? Mandarle un droide con un messaggio vocale di ringraziamento accompagnato da un mazzo di fiori?”
Anakin si portò una mano alle labbra, più per non scoppiare a ridere, che per riflettere.
“Hai scoperto qualcosa?”
“Sì. Giura e spergiura che il bambino è tuo. E poi ha detto che io e te siamo gli oppressori di Obi-Wan.”
“Che cosa?” Sbottò lui.
Leia continuò con voce cantilenante: “E per questo il poverino è costretto ad andare da lei a confidarsi.”
Anakin sospirò: “Va bene, le parlerò. Tu cosa pensi di fare?”
“Se trovo il tuo maestro gli spacco la faccia.”
Un momento di sospensione, quindi Anakin disse: “E’ partito per una missione. Lo trovi a Utapau.”
Leia gli fece un cenno col capo e lo oltrepassò: “Grazie. Scusa se ho schiaffeggiato tua moglie.”
Mentre sgusciava via, Anakin si voltò per farle ancora una domanda, ma poi lasciò perdere. Sospirò con un pizzico di divertimento.
*
Ora che il Generale Grievous era stato sconfitto, ergo, ucciso da lui, Obi-Wan doveva solo accertarsi che le truppe di cloni eseguissero gli ordini per vincere la battaglia. I suoi pensieri erano ottimisti, una volta ucciso il capo si rivelava tutto più facile. Il suo compito era quasi giunto al termine e poi avrebbe potuto fare una capatina a Naboo. Non ricordava nemmeno l’ultima volta che aveva visto Han e se ne vergognava. E poi aveva davvero voglia di passare una notte di fuoco con sua moglie.
Con lo sguardo vagava tra le rocce dalle forme armoniose. Ogni linea sembrava fatta a mano e le sfumature dei colori creavano un acquerello delicato. Lo stesso corso d’acqua che scorreva sul fondo, infilandosi tra le strette vie e insinuandosi negli spazi più nascosti, contribuiva ad ingentilire il paesaggio. L’unica nota negativa, quel piccolo ma fastidioso dolore allo stinco che martellava senza sosta. Ma come poteva lamentarsi? Era l’unico danno che aveva subìto durante la lotta con Grievous e sapeva che sarebbe potuta andare peggio. Nei suoi occhi limpidi si rifletteva lo splendido paesaggio, voleva concedersi ancora qualche minuto di quiete prima di riprendere il controllo delle truppe, ma un particolare ronzio ruppe l’incantesimo. Le sopracciglia di Obi-Wan si aggrottarono e in un attimo scartò di lato. Ricordò all’improvviso di aver perso la spada laser durante il combattimento. Dopo la capriola scattò subito in piedi e si mise in guardia contro l’inaspettato aggressore. Inaspettato era la parola esatta, il suo volto cambiò rapidamente espressione nel ritrovarsi davanti…
“Leia?”
“Sì, tesoro. La tua mogliettina è venuta a trovarti. Sei contento?” Il tono marcato di sarcasmo.
Obi-Wan era esterrefatto: “Cosa volevi fare? Sei forse impazzita?”
Invece di rispondere alla domanda, Leia ne porse una a sua volta, la spada di Qui-Gon stretta tra le mani: “Cosa c’è tra te e Padme?”
“Non è come credi.”
Di nuovo quelle parole! Le stesse di Padme. Leia sentì il sangue salirle alla testa: “Risposta sbagliata.”
Avanzò con sicurezza e sferrò un altro colpo, che lui mancò di poco, gettandosi all’indietro. Ancora una volta scattò in piedi: “Ma insomma, vuoi smetterla? Cosa ti prende?”
“Voglio la verità, Obi-Wan. Dimmela e forse non ti farò diventare uno spiedino di carne!”
Gli corse incontro con tutta l’intenzione d’infilzarlo, ma questa volta Obi-Wan fu più veloce. Con una rapida mossa riuscì a disarmarla, quindi le bloccò le braccia per tenerla ferma. Ovviamente Leia si ribellò, col risultato che si ritrovarono entrambi a terra. Tenendola ferma sotto di sé, Obi-Wan la guardò dritta negli occhi e avviò le ‘trattative’: “Adesso vuoi spiegarmi cos’è questa storia?”
Leia lo fulminò con lo sguardo: “E hai il coraggio di chiedermelo?”
“Cosa credi che ci sia tra me e Padme?”
“Dimmelo tu, imbecille! Io sono convinta che ci vai a letto perché sei innamorato di lei!”
Lo sguardo di Obi-Wan manifestò pura sorpresa di fronte a quell’accusa: “Non dirai sul serio! Non farei mai una cosa del genere!”
“E ti aspetti che ci creda? Fino a un’ora fa pensavo che fossi il padre del suo bambino.”
“E’ assurdo! Credi davvero che potrei mai tradirti?”
“Non è forse quello che fai? Passi più tempo con lei che con me. Non ti vedo mai.” Gli occhi di Leia ora erano pieni di lacrime. Era inevitabile che quel momento arrivasse prima o poi, solo sperava di essere più coraggiosa e saper dominare la situazione. Aveva fallito miseramente.
“Leia, non so come sia nata questa idea, ma ti giuro sulla mia vita che tra me e Padme non c’è altro che un sentimento di affetto e una profonda amicizia.”
Leia lasciò un singhiozzo: “E perché con lei? Perché non posso essere io tua amica e tua confidente?”
Obi-Wan scostò lo sguardo un istante, ormai era inutile mentire: “Perché tu molto spesso non mi capisci. Ci sono momenti in cui tutto mi appare complicato ed ho bisogno di qualcuno che mi sostenga. Ogni volta che mi sono rivolto a te l’unico consiglio che sapevi darmi era di lasciare l’Ordine. Hai sempre odiato il mio mondo.”
“Dovrei essere io il tuo mondo, Obi-Wan.” La voce contorta dal pianto, un altro singhiozzo. “Io e i bambini. Siamo noi il tuo mondo. Non…” Mosse lo sguardo vagando in varie direzioni: “…tutto questo.”
Lui poteva percepire tutto ciò che lei provava. Non erano sensazioni nuove. Erano le stesse di sempre, solo che nel corso degli anni si erano intensificate. Era lui la fiamma della sua sofferenza. Chinò il viso verso quello di Leia, fino a ritrovarsi a contatto con la sua guancia. Sussurrò: “Hai sempre saputo chi sono. Non avrei potuto fare di più per te.”
Le sue mani, che prima stringevano il corpo di Leia per impedirle di attaccarlo, ora si erano allentate in un abbraccio. Era così che voleva restare. Era così che doveva essere.
Leia fece scivolare le mani su di lui, ricongiungendole sulla sua schiena. Parlò al suo orecchio: “Anche tu hai sempre saputo chi sono io. Sapevi che volevo una vita normale, che ti volevo accanto come un normale marito. Avremmo vissuto su Naboo, crescendo i nostri tre figli come tutti gli altri bambini.”
Obi-Wan risollevò il viso giusto quel poco che bastava per poterla guardare negli occhi. Riconobbe gli occhi blu della fanciulla che lo aveva conquistato quattordici anni prima. Sembrava tutto così facile, allora.
“Non potrei amarti più di così. E gli Spiriti dei Grandi Maestri Jedi del passato sono testimoni che ti amo con tutte le mie forze.”
Gli occhi di Leia ora brillavano tra le lacrime. Non poteva dire di essere felice, però sapeva che quelle parole erano vere. Una lacrima sbocciò dai suoi occhi e scivolò delicatamente sulla guancia.
“Anch’io ti amo così.”
Le loro labbra si unirono in un bacio carico di sentimento, mentre si stringevano l’un l’altra. La loro storia d’amore era stata un disastro, ma questo non significava che non potessero recuperare. C’era ancora tempo per costruire una nuova vita, per trovare un nuovo punto d’incontro. Tra carezze, sospiri furtivi e qualche mugolio, non si resero nemmeno conto che qualcuno si stava avvicinando. Il Comandante Cody, clone soldato non che amico di Obi-Wan, manifestò la propria  presenza schiarendosi rumorosamente la voce.
Leia lo vide dal basso all’alto, trovandosi supina sul pavimento, Obi-Wan invece sollevò la testa di scatto, lo sguardo sorpreso e imbarazzato puntato sul clone.
“Chiedo scusa per il disturbo, Generale Kenobi.”
Si ricompose velocemente e porse una mano a Leia per aiutarla a rialzarsi da terra.
Diede un colpo di tosse: “Nessun disturbo. Stavo giusto per venire.”
“Lo vedo, signore.” Rispose il clone compiaciuto, scorrendo con lo sguardo le curve armoniose di Leia, mentre lei era china a raccogliere la spada laser di suo padre da terra.
Nonostante l’imbarazzo, Obi-Wan si mostrò subito serio e presente: “Intendevo che stavo per venire da te.” Lanciò un’occhiataccia al clone e si affrettò a prendere Leia per mano, quasi trascinandola  dietro a sé.
Aggiunse seriamente: “Sei tenuto al Segreto Professionale. Chiaro?”
Il comandante fece un cenno affermativo col capo e tutti e tre scesero dalla piattaforma. Ad attenderli, una bestia sellata dall’aria molto stupida. Mentre Obi-Wan dava le ultime istruzioni ai cloni, Leia squadrò la bestia con occhio critico, e quando il marito si avvicinò a prendere le briglie e le fece un cenno d’invito, lei si sentì obbligata a chiedere: “Non vorrai farmi salire su quella gallina, vero?”
I cloni alle sue spalle risero discretamente, Obi-Wan invece le lanciò un’occhiata di sbieco: “Cosa? Non…” Guardò la bestia, dalle sembianze molto simili a quelle di una lucertola gigante, e poi di nuovo Leia: “Non è una gallina! E una varactyl!”
“A me sembra una gallina con la coda lunga!” Ribatté Leia.
La bestia, per quanto potesse essere stupida, capì di essere al centro dell’attenzione e fece un verso contro la creatura che la stava deridendo. Obi-Wan le carezzò il muso: “Buona, Boga. Sta solo scherzando.”
“Le hai anche dato un nome?” Sbottò la sua dolce metà.
“Leia, datti una calmata. Non mi sembra il caso di mostrare gelosia per una gall…ehm, una varactyl.”
“Non sono gelosa! Ho solo paura che ci faccia spezzare l’osso del collo.”
Obi-Wan le si avvicinò e la strattonò per un braccio, sibilando: “E andiamo. Mi stai mettendo in imbarazzo.” Non ebbe il coraggio di sostenere gli sguardi divertiti dei cloni.
La fece salire in sella con ben poca gentilezza e salì dietro di lei, impossessandosi delle briglie. Un attimo prima di partire, fu richiamato dal Comandante.
“Generale, aspettate. Credo che ne avrete bisogno.” Gli lanciò la spada laser, che lui prese al volo.
“Grazie, Cody. Ora muoviamoci, c’è una battaglia da vincere.” Schioccò le redini e la bestia partì.
Aveva appena fatto saltare la bestia sulle alte rocce, quando udirono dei proiettili laser evidentemente troppo vicini.
Leia diede un’occhiata all’indietro: “Che sta succedendo?”
“Non lo so.” Rispose Obi-Wan, un momento prima che le rocce iniziassero a franare sotto le zampe della bestia. Si ritrovarono tutti e tre a precipitare verso il basso, dove fortunatamente li attendeva un corso d’acqua. Il grido di Leia riecheggiò tra le rocce e venne coperto solo dal tonfo nell’acqua in cui caddero.
*
Leia riemerse annaspando in cerca d’aria, lo sguardo spaventato che cercava ovunque, la mente talmente piena di domande da essere sul punto di esplodere. Obi-Wan emerse all’improvviso di fronte  a lei, anche lui disperatamente bisognoso di aria, la frangetta incollata alla fronte. Si diede una spinta in avanti per afferrare Leia e stringerla a sé.
“Stai bene?”
“Credo di sì.”
“Dobbiamo immergerci e nuotare fino alle grotte prima che ci vedano. Hai con te il respiratore aquata?”
“Io…” Era confusa, Obi-Wan la scosse: “Leia, resta lucida. Ce l’hai?”
Lei fece un cenno affermativo: “Sì. Sì, ce l’ho.”
“Bene. Prendilo. Al mio tre ci immergiamo.”
Leia obbedì, lo cercò con la mano nella cintura e dopo alcuni tentativi lo afferrò e lo sollevò dall’acqua.
Obi-Wan contò lentamente, tenendo il contatto visivo con lei e si immersero. Sott’acqua, le indicò con il braccio la direzione da prendere e si misero a nuotare fianco a fianco. La guidò come se riconoscesse perfettamente ogni pietra del fondale, l’acqua cristallina in cui erano immersi dava loro senso di protezione e di pace. Quando riemersero erano entrambi vigili e consapevoli che la prudenza era l’arma migliore per uscirne vivi e scappare da quel pianeta. Si arrampicarono su una roccia fino a che non trovarono un’apertura, un passaggio che attraversava la montagna e che, a detta di Obi-Wan, portava dritto alla base dove erano le truppe dei cloni. E quindi anche mezzi di trasporto per fuggire.
Schivarono i cloni con abilità. Se Leia era preoccupata, sapeva che per Obi-Wan doveva essere un duro colpo ritrovarsi contro gli stessi uomini con cui aveva lavorato e a volte fraternizzato fino a pochi minuti prima. Seguì il suo sguardo fino a vedere Cody. Lui più di tutti era un amico, non solo un clone soldato. Vide Obi-Wan scuotere la testa e muovere lo sguardo verso di lei: “Andiamo.” Disse sottovoce e muovendosi furtivo per non fare rumore.
Imboccarono un’uscita per una piattaforma su cui vi era ancora il caccia che Obi-Wan aveva usato per arrivare su quel pianeta. Corsero per raggiungerlo, Obi-Wan diede il comando perché si aprisse la capsula della cabina di pilotaggio e con un salto fu all’interno.
“Vieni.”
Leia lo guardò con tanto d’occhi: “E’ un Monoposto! Non possiamo starci entrambi!”
Lui le lanciò un’occhiata: “Preferisci stare qui coi cloni a farti torturare fin che non dirai loro dove sono scappato?”
Arricciò le labbra come una bambina e rispose: “No, vengo con te.”
Facendo attenzione, salì a bordo e cercò di scivolare al meglio dentro la cabina senza urtare Obi-Wan. Impresa non semplice, viste le dimensioni ridotte della cabina. Dopo un “Ahi!” di Leia per aver battuto la testa contro la capsula in chiusura e due “Whuf” di Obi-Wan per aver ricevuto una gomitata nello stomaco prima e una schiacciatina ai gioielli di famiglia dopo, finalmente poterono decollare. Leia era praticamente schiacciata tra la coscia di Obi-Wan e la parete della cabina, ma questo non le dispiaceva. Era da tempo che non erano così uniti!
Lasciato il pianeta senza incidenti, Obi-Wan cercò di rintracciare qualche segnale Jedi. Qualunque cosa stesse accadendo era molto grave. Quando si ritrovarono di fronte l’ologramma del Senatore Organa, rimasero entrambi sorpresi, ma mai quanto lui nel vederli stretti in quel modo.
“Damigella Jinn?”
Lei rispose un po’ incerta: “Ehm… buongiorno, Senatore. Come vanno le cose lì?” Ovunque fosse il ‘lì’, ben inteso.
Obi-Wan s’intromise: “Lasciamo perdere i convenevoli. Senatore, non riesco a rintracciare nessun segnale Jedi.”
Con poche parole, Organa fece capire loro che la situazione era disperata.
*
Momentaneamente al sicuro a bordo di una Nave capitanata da Organa, appresero con sollievo che Yoda si era salvato. Rivederlo nella sua bassa statura e con le sue buffe orecchie verdi, fu per Leia un momento di conforto. Si inginocchiò a lui, devota come un Padawan: “Maestro Yoda.” Gli occhi in cerca di un segno che tutto sarebbe andato bene.
Yoda le posò una mano sul capo, con gentilezza: “Giovane amica mia, lieto io sono di vederti sana e salva.”
Obi-Wan, uomo pratico e dai pochi convenevoli, passò subito al punto: “Maestro, sai cosa stia accadendo? Perché i cloni ci attaccano?”
Prima che Yoda potesse aprire bocca, Organa fece loro segno di seguirlo lungo l’ampio corridoio centrale della Nave.
Quel poco che sapeva lo condivise con loro, raccontò brevemente come aveva rintracciato Yoda, fuggito grazie all’aiuto dei Wookie, e li informò che il Tempio Jedi era stato brutalmente attaccato.
A quell’ultima frase, Leia si fermò, attirando così l’attenzione dei tre uomini. Obi-Wan fece un passo verso di lei: “Leia. Cosa c’è?”
Gli occhi turbati dalla notizia, Leia rispose senza esitazioni: “Il Tempio. I bambini sono là.  Dobbiamo fare qualcosa.”
Obi-Wan lanciò una rapida occhiata per indicare Organa. Ma se sperava di farla tacere, ottenne l’esatto contrario. Leia gli portò le mani al petto e disse disperata: “I nostri figli sono là, dobbiamo tornare subito.”
“Leia, dannazione, vuoi controllarti?”
Lei continuò con maggior foga: “Non mi importa chi ci sta ascoltando! I nostri figli sono in pericolo!”
Obi-Wan mosse lo sguardo e incontrò gli occhi sorpresi del Senatore. Poteva rimediare?
“Ehm, Senatore, quello che la Damigella intende è….”
Leia gli afferrò la tunica coi pugni: “Non farlo! Non negare! Sono figli tuoi, sono sangue del tuo sangue! Smettila di nasconderti dietro un paravento!” Quindi si rivolse ad Organa: “Sì, è così. Abbiamo tre figli. Due sono aspiranti Jedi e uno vive con me su Naboo. E c’è dell’altro. Siamo sposati da quattordici anni, alla faccia del Codice Jedi!”
Si fermò per riprendere fiato. Se Yoda poteva contare sul fatto di essere già stato dimenticato, Organa invece si era ritrovato nel bel mezzo del conflitto e non sapeva cosa dire. Chiese aiuto ad Obi-Wan, lanciandogli un’occhiata, e Leia se ne accorse.
“Visto, Obi-Wan? A lui non importa niente di quello che hai fatto. A nessuno importa. Ti decidi a capirlo? Non siamo criminali, siamo solo due persone che si amano e che hanno scelto di ribellarsi a delle regole ingiuste.”
Obi-Wan le afferrò le mani, cercando di calmarla. Il tono rassicurante: “Adesso calmati, amore. Andremo al Tempio, te lo prometto. Ma prima io, Yoda e il Senatore dobbiamo discutere sul da farsi.”
Era rimasta incantata per la naturalezza delle sue parole. L’aveva davvero chiamata ‘amore’ di fronte a due persone o si stava immaginando tutto?
“Ascoltami, voglio che tu vada nella cabina dove eravamo poca fa e che aspetti il mio ritorno. Faremo ogni cosa con giudizio. Insieme.”
Leia abbozzò un sorriso, riconoscente, e gli stampò un bacio a fior di labbra. Obi-Wan le liberò le mani delicatamente e la osservò mentre s’incamminava verso la cabina. Quando la vide entrare, lasciò un lungo sospiro: “Sono spiacente che abbiate dovuto assistere. E’ molto impulsiva, non pensa mai alle conseguenze.”
Essendo la porta rimasta aperta, Leia aveva sentito e si era avvicinata all’uscio per origliare meglio. Udì la voce del Senatore, calma e piena di calore: “Non c’è nulla di cui scusarsi, Kenobi. E’ una madre in pena per i propri figli. Lo sarei anch’io, se ne avessi.”
“Non parlavo solo di questo. Ora che sapete la verità mi considererete un pessimo Jedi.”
“No, affatto. So che il vostro Codice non lo permette, ma io credo che sia una benedizione amare una donna per tutta la vita e generare dei figli che tramandino il nostro sangue.”
“Il vostro pensiero è ammirevole, tuttavia mi chiedo spesso come sarebbe stata la mia vita se avessi seguito e onorato il Codice, invece di ascoltare i miei sentimenti.”
Quelle parole entrarono nel cuore di Leia come una lama rovente. Lasciò andare il capo all’indietro, contro la parete, e puntò lo sguardo triste verso il soffitto illuminato dai neon. Erano accecanti, se ti fermavi a fissarli, il che era la metafora della sua vita. Aveva mantenuto la sua attenzione fissa su Obi-Wan così a lungo che ne era rimasta accecata e non aveva più potuto vedere la verità. Per lui era stata un piacevole svago in gioventù, poi solamente un peso. In una situazione normale si sarebbe messa a piangere e avrebbe aspettato il ritorno di Obi-Wan per fare una bella litigata e poi perdonarlo ancora una volta. Ma ora aveva cose più urgenti a cui pensare. I suoi figli erano in pericolo, il suo obiettivo era raggiungere il Tempio il prima possibile.
*
La porta automatica si aprì ed Obi-Wan fece il proprio ingresso nella cabina inondata dalla luce bianca.
“Leia, siamo pronti per partire. Tu sei…?”
Si bloccò, il suo sguardo scrutatore percorse la stanza rapidamente ma cogliendone ogni dettaglio. Per quanto sperò ardentemente di aver torto, dovette guardare in faccia alla realtà: lei non c’era.
Scosse il capo, soffiando l’aria fuori dalle narici come una bestia infuriata. La voce gli uscì in un ringhio: “Leia.” Balzò verso l’uscita e si diede alla corsa nel lungo corridoio.
Nello stesso momento, su Coruscant, Leia aveva appena messo piede all’interno del proprio appartamento. Non aveva trovato nessuno sulla piattaforma di atterraggio e nei corridoi interni del palazzo aveva giusto scavalcato qualche corpo di Jedi annientati. Suo malgrado fu lieta di conoscerli a malapena e di non dover soffermarsi a piangere la loro morte. Attraversò la sala di corsa, per poi precipitarsi nella stanza di Ben gridando il suo nome. Si voltò su se stessa più e più volte, ma nella stanza non c’era traccia del bambino.
“Mamma, da questa parte.”
La voce era quella di Alastair e proveniva dalla nursery in fondo al corridoio. Leia corse fino a lì con la velocità di un fulmine e trovò il figlio maggiore ad accoglierla a braccia aperte. Non era chiaro chi stesse abbracciando chi, la cosa importante era che lui stava bene. Leia gli incorniciò il viso con le mani e lo guardò negli occhi per accertarsi che stesse bene davvero: “Grazie a tutti i Saggi sei salvo, tesoro. Ho saputo di quello che stanno facendo i cloni. E’ terribile.”
“Lo so, mamma.” Abbassò lo sguardo.
“Hey, cosa c’è? Tesoro, parlami.”
Lui scostò le mani della madre dal viso: “E’ che sono stato un codardo. Quando ho visto coi miei occhi cosa stava accadendo, invece di scendere in campo e difendere gli altri Jedi, mi sono dato alla fuga. Non so nemmeno dove sia finito il Maestro Windu. Sono venuto a nascondermi qui nella speranza che i cloni non venissero a cercarmi. E…”
“Ha trovato noi.”
Leia guardò nel buio in fondo alla stanza, da cui comparve Dormé con Han in braccio.
“Dormé.” Le andò incontro allarmata: “Perché siete qui? Vi avevo detto di restare a Naboo.”
L’ancella era seriamente dispiaciuta: “Lo so, Leia, ti chiedo perdono.”
“Perdono? Il Tempio è sotto attacco e tu porti il mio bambino qui?” Disse lei, alterata.
“E’ colpa mia, mamma. Sono stato io a chiederglielo.” Disse Han con la sua vocina.
Leia gli diede un’occhiata e spostò subito lo sguardo sull’ancella con aria interrogativa.
“E’ vero. Voleva farti una sorpresa. E aveva voglia di vedere i suoi fratelli maggiori. Siamo venuti qui credendo di trovarti. Siccome non c’eri abbiamo deciso di aspettarti.”
“E quando li ho trovati era troppo tardi. Non mi fidavo a farli uscire e metterli su una navetta.” Alastair comparve alle spalle di Leia, inducendola a voltarsi.
“No. Hai fatto bene. Anche se Han non è un Jedi, sarebbe comunque rischioso per lui. Specialmente se i cloni sono stati informati sull’identità di vostro padre.”
Alastair le artigliò un braccio: “Nostro padre è un Jedi?”
“Sì, tesoro.” Disse semplicemente, senza manifestare alcun che.
“E non me lo hai mai detto?”
“Da chi credi di aver preso le tue capacità?”
“Dal nonno, ovviamente!” Rispose con tono offeso, come se avesse subìto un attentato alla propria  intelligenza.
“Be', ora sai che non è così.”
“Chi è mio padre? Se è un Jedi lo conosco per forza.”
Leia sospirò: “Non è il momento.”
“E quando sarà il momento?” L’aggredì.
Dormé strinse a sé il bambino, intimorita da quei modi bruschi, Leia invece si mostrò comprensiva.
“Te lo dirò quando sarà presente anche lui. Comunque hai ragione. Lo conosci. Lo conosci benissimo. E’ incredibile che tu non lo abbia capito. E’ stato sotto i tuoi occhi per tutto il tempo.”
Alastair rimase colpito da quella dichiarazione, lasciò andare il braccio della madre e si voltò come per meditare su quelle parole. Leia lo richiamò all’attenzione: “Hai visto tuo fratello Ben?”
“No. Dovrebbe essere al Tempio. O almeno, doveva essere là quando è cominciato tutto. Sarà scappato.”
Era il tramonto quando i cloni avevano dato il via al massacro e ora era quasi l’alba. Un’intera notte in cui Ben avrebbe potuto andare ovunque.
Leia fece un cenno affermativo col capo: “Vado a cercarlo. Tu resta qui con loro.”
Fece per correre via, ma Dormé la fermò: “Se quanto hai detto è vero, siamo in pericolo anche qui. Potrebbero venire ad ispezionare l’appartamento. Non possiamo restare.”
“Non saprei dove altro mandarvi.”
“Dalla Senatrice. Il palazzo dove vive non è distante da qui, possiamo raggiungerlo facilmente.”
Alastair confermò: “Sì, conosco dei vicoli per fare più in fretta. Dormé ha ragione, lei ci nasconderà e ci proteggerà.
“Ma…” Leia sentiva il cuore battere come un tamburo. Come poteva presentarsi alla porta di Padme dopo quello che le aveva fatto?
“Mamma. Non c’è tempo per pensare. Dobbiamo farlo subito.” La spronò Alastair.
Sì, era la cosa migliore. Padme non avrebbe negato asilo politico ad un ragazzo, un bambino e la sua vecchia ancella.
*
Era rimasta davanti alla porta d’ingresso a guardare la scena. Come previsto, Padme aveva accolto calorosamente tutti e tre e aveva ordinato ai droidi di preparare due stanze per loro, dove si sarebbero nascosti all’occorrenza e dove avrebbero potuto riposare. Solo dopo il colloquio con loro aveva allungato lo sguardo su di lei e Leia aveva subito distolto lo sguardo, sentendosi imbarazzata. Li osservò mentre si ritiravano, sapeva che ora era il suo momento. Non poteva evitarlo.
Padme le fu di fronte in un tempo che a Leia parve brevissimo.
“Leia, io…”
“Non vorrei essere qui a supplicarti, sappilo. Sono orgogliosa e…”
“Leia, ti prego, calmati!” Il tono di Padme era allegro, come se stessero chiacchierando di cose futili durante una passeggiata al sole. Leia ne rimase colpita.
“Non voglio litigare. E non sono in collera con te.”
“Davvero? Dopo quello che ho fatto?”
Padme scosse il capo: “Lo schiaffo non è stato piacevole, questo te lo dico. Però so che non volevi davvero farmi del male. Eri solo in preda alla gelosia.”
“Io... Non so cosa dire.”
“Non dire niente, allora. Anakin mi ha spiegato tutto. E’ evidente che entrambi avete frainteso. Ma ora che è tutto chiaro voglio dirti che non ti porto rancore. E’ stato un incidente.”
Leia strinse le labbra, si sentiva in imbarazzo. Optò per un abbraccio, di quelli che solo due sorelle che si amavano molto potevano condividere.
Col viso semi-affondato nei folti ricci dell’amica, Leia sospirò: “Tutto ok?”
“Tutto ok.” Rispose Padme, stringendola ancora più forte.
Quando si sciolsero, si scambiarono uno sguardo d’intesa. Tutto ciò che era accaduto il giorno prima era già dimenticato.
Padme posò una mano sulla sua: “Non temere. Saranno al sicuro qui. Dormé avrà cura del piccolo Han e io terrò d’occhio Alastair perché non faccia sciocchezze.”
Leia la guardò di sbieco: “Sciocchezze?”
Padme sorrise: “Sapendo quanto ti somiglia, non mi stupirei se si presentasse al Senato con la spada laser in pugno!”
L’umorismo servì ad allentare la tensione, entrambe lasciarono una risata.
“Ora vai, Leia. Trova tuo figlio.”
*
Fin dalla piattaforma, Obi-Wan e Yoda avevano dovuto scavalcare sagome. Dei numerosi corpi a terra, la maggior parte erano Jedi di tutte le razze e di tutte le età. I cloni erano pochissimi.
Entrarono nel Tempio in silenzio, guardandosi attorno minuziosamente e facendo attenzione a non urtare nessun corpo. Probabilmente nessuno di loro avrebbe avuto una degna sepoltura. La cosa terribile, era che all’interno del Tempio i corpi appartenevano quasi tutti ai bambini, i piccoli Iniziati e i giovani Padawan che erano stati sorpresi durante l’orario di addestramento con le spade utili allo scopo. E quindi innocue.
Obi-Wan, affiancato da Yoda, tenne lo sguardo puntato a terra mentre percorrevano il corridoio principale. Aveva paura di quello che avrebbe potuto trovarvi. O meglio, di chi. Ma contro la crudeltà, difficilmente si poteva trovare uno scorcio di speranza. Dapprima non lo aveva notato. Tutti i bambini indossavano la stessa tunica, con giusto qualche variazione di colore. Tutti avevano mani piccole e innocenti. Eppure il suo sguardo puntò quella mano, corse lento lungo il braccio coperto dalla cappa marrone, salì sulla testa dai capelli biondi legati in un codino. E si posò sul viso tondo impallidito dalla morte. Si fermò di fronte a quel corpo. Era suo figlio Benjamin.
Spostò lo sguardo, come non avendolo visto.
“Nemmeno i bambini hanno risparmiato.” Compassione generica. Una maschera perfetta per coprire i propri sentimenti. Per non far vedere che il cuore gli stava esplodendo nel petto e che la sua anima era in frantumi.
Yoda avrebbe potuto assecondarlo, ricorrendo ai suoi novecento anni di vita passata e di esperienza Jedi. Ma nessun addestramento poteva dirgli come si sentiva un padre di fronte al corpo senza vita del suo stesso figlio. Percepiva le emozioni di Obi-Wan come se fossero state dentro di sé. Se qualunque parola di condoglianze sarebbe stata inutile, perlomeno poteva evidenziare una linea di verità. Non erano stati i cloni a compiere quel gesto orrendo.
“Ucciso non dai cloni, questo…” Esitò non sapendo se pronunciare il nome del bambino. Decise di restare sul vago, come aveva fatto Obi-Wan: “…Padawan. Ma una spada laser è stata.” Sollevò lo sguardo su di lui. Aveva detto ciò che era necessario dire. Il resto poteva aspettare. Ora era il momento che lui si abbandonasse.
Obi-Wan sentì le proprie gambe cedere sotto il suo stesso peso. Si ritrovò in ginocchio: “Chi? Chi può averlo fatto?”
Yoda non rispose, semplicemente gli lanciò uno sguardo e si voltò, concedendogli un po’ di intimità.
In cuor suo grato per quel gesto umano, Obi-Wan si dedicò al proprio figlio. Allungò la mano, tremante, fino a sfiorare la guancia morbida e vellutata. Anche se gli occhi erano chiusi, poteva vederne ancora l’azzurro puro. Erano come i suoi, solo più brillanti. I capelli di un biondo scuro, che a volte aveva potuto vedere incorniciargli il viso. E i lineamenti delicati, proprio come i suoi. Leia aveva avuto ragione fin dall’inizio. Sia Benjamin che Alastair gli somigliavano come gocce d’acqua e chiunque avrebbe potuto vederlo. La sua vita gli ripiombò addosso come un macigno. Tutti i momenti sprecati che avrebbe potuto trascorrere con suo figlio, tutte le volte che lo aveva rimproverato invece di incoraggiarlo, tutte le volte che avrebbe desiderato chiamarlo ‘figlio mio’ e sentirsi chiamare ‘papà’. Tutto quello che non avrebbe più potuto avere. Deglutì il groppo in gola, come se potesse servire ad ingoiare la colpa. Le mani ora ferme, sollevò il corpo tra le braccia e lo strinse a sé.
Ben.”
Chinò il capo su quello del bambino e pianse calde lacrime silenziose.
*
“Devo chiedere aiuto a qualcuno, non sono riuscita ancora a….” Leia era praticamente entrata al galoppo all’interno dell’appartamento, ma la vista di Obi-Wan la bloccò un istante. Era evidentemente appena atterrato con il Caccia sulla piattaforma subito all’esterno dell’appartamento di Padme. Il suo sguardo era atterrito. Gli corse incontro, preoccupata: “Perdonami se ho disobbedito. Era importante che io trovassi i bambini e…”
Lui l’avvolse tra le braccia e la rassicurò: “Hai fatto bene. Davvero. Sei stata più saggia di me. Sarei dovuto venire qui subito.”
Quelle parole la allarmarono, ma prima che potesse chiedere qualunque cosa, un grido attirò la loro attenzione.
“E’ lui, non è vero?” Alastair sembrava fuori di sé. Camminò minaccioso puntando lo sguardo su Obi-Wan.
Lui la lasciò e fece un passo verso il giovane: “Alastair, cosa ti prende? Di cosa stai parlando?”
Continuò a fissarlo, ma si rivolse ancora alla madre: “L’ho sempre avuto sotto gli occhi, giusto? E’ così che hai detto?”
“Alastair, devi calmarti. Posso spiegarti tut…”
Il giovane impulsivo sfoderò dalla cintura un pugnale Jedi e lo puntò contro il petto di Obi-Wan.
Leia gridò: “Cosa credi di fare?”
Obi-Wan era immobile, lo sguardo amalgamato a quello del figlio.
Alastair gridò ancora: “Dimmelo!”
Non ebbe scelta, si avvicinò a loro e disse con voce spezzata: “E’ tuo padre. Sì.”
Spense la lama del pugnale, abbassò il braccio. Gli occhi tremanti per le lacrime che chiedevano disperatamente di uscire.
Obi-Wan parlò con tono calmo: “Non potevo dirtelo, Alastair. Ma sappi che ti ho amato fin dal giorno della tua nascita. Ti ho seguito nella tua formazione meglio che ho potuto. E riconosco che tutto quello che hai detto quel giorno è vero. Sono un vigliacco e non sono degno di essere considerato un padre. Ma spero che un giorno tu possa imparare ad accettarmi come tale.”
Gli occhi di Alastair non erano più induriti dalla rabbia. Ora stava guardando quell’uomo sotto un altro aspetto, dando un nuovo significato alla sua presenza nella propria vita.
“Tu sei il mio papà?”
La vocina squillante fece distogliere lo sguardo di Obi-Wan da lui: “Sì, piccolo mio.”
Han sgranò gli occhioni e rimase a fissarlo qualche istante, per poi scoppiare in un gioioso: “Papà!”
Obi-Wan rimase sorpreso da quella reazione, ma quando Han gli saltò in braccio ne fu felice.
“Recupererò ogni momento. Lo farò per voi, figli miei.” Disse, guardando prima Han e poi Alastair.
Leia aveva osservato la scena senza dire una parola. Il suo sguardo emozionato si mosse altrove e notò la figura in fondo alla sala. Dormé le sorrise dolcemente, lei rispose facendo un cenno col capo.
“Mamma, hai poi trovato Ben?”
Obi-Wan si sentì raggelare.
Leia riportò l’attenzione sul figlio maggiore, gli rispose: “Non ancora. Sono molto preoccupata. Sono tornata con l’intenzione di chiedere aiuto a Padme, magari lei può consigliarci qualcuno di fidato per le ricerche.”
“Sì, è una buona idea. Ora si trova ad una riunione di Senato, ma dovrebbe tornare a breve.”
“Bene, l’aspetterò e…”
“Non è necessario chiedere aiuto.” La voce di Obi-Wan s’intromise tra loro come una ventata di aria gelida.
Leia gli lanciò uno sguardo sospettoso: “Che significa? Ben è qualche parte là fuori, dobbiamo trovarlo.”
“Io so esattamente dove si trova.”
“Lo sai? E perché accidenti non l’hai detto prima?”
Vedendo che lui non rispondeva, lo richiamò: “Obi-Wan?”
Lui scambiò un’occhiata con Alastair, facendogli capire. Nonostante il ragazzo si sentisse tremare, fu di nuovo sotto controllo quando lui gli porse il bambino: “Porta tuo fratello di là.”
Il piccolo si aggrappò al fratello maggiore: “Allora dov’è Ben?”
“Shh. Andiamo da Dormé.”
Leia guardò i suoi figli dirigersi verso la camera da letto momentaneamente assegnata all’ancella, la tensione la stava divorando dentro. Quando sentì il tocco di Obi-Wan sulla mano, scattò come una molla.
“Mi stai spaventando! Vuoi dirmi dove si trova mio figlio?”
Obi-Wan le prese entrambe le mani e le tenne salde nelle proprie, lo sguardo pieno di dolore.
“L’ho trovato al Tempio. Non c’era niente che io potessi fare, Leia.”
Gli occhi di lei tremarono: “Ho passato delle ore a cercarlo là. Non c’era. Ne sono sicura. Avrei visto il mio bambino se fosse…” Non terminò la frase perché le lacrime l’assalirono.
“Yoda si sta occupando di lui. E’ nella camera ardente. Quando tutto questo sarà finito andremo a raccogliere le ceneri e…”
Leia iniziò a gridare e liberò le mani per potergli colpire il petto coi pugni, più e più volte: “No! Non ti credo! Il mio bambino è vivo! Il mio…. E’ tutta colpa tua! Non era adatto a quella vita, ma tu hai insistito perché venisse addestrato! Non doveva trovarsi lì! Doveva essere con me su Naboo!”
Obi-Wan parò ogni colpo, fin che non riuscì a fermarle le mani e ad intrappolarla in un abbraccio a cui lei poi si abbandonò, non avendo più difese contro quel dolore incredibile.
Dalla stanza, le grida erano state udire anche dai figli e dall’ancella. Han, ancora in braccio al fratello, chiese con occhi tremanti di preoccupazione: “Hanno fatto male a Ben?”
Alastair non rispose, lo sguardo lucido fisso nel vuoto, la mascella stretta per non scoppiare.
Placata la foga iniziale, Leia affondò il viso sulla spalla del marito. Nonostante i singhiozzi, continuava ad accusarlo: “E’ colpa tua. E’ tutta colpa tua. E’ colpa tua.”
“Lo so. Perdonami.” La voce incrinata dal senso di colpa. Strinse le palpebre, la sua mano si sollevò leggermente sopra il capo di Leia. In un attimo, se la ritrovò incosciente tra le braccia. La sollevò e la portò nella stanza dove erano gli altri.
Dormé si portò una mano al cuore: “E’ svenuta?”
Obi-Wan ripose la propria sposa sul letto: “No. Sta solo dormendo. Ho dovuto usare la Forza. Quando si sveglierà starà meglio.”
Non avendo il coraggio di dire altro, fece per uscire dalla stanza, ma Alastair lo richiamò: “Papà, aspetta.” Posò Han a terra e andò incontro a suo padre: “Volevo solo dirti… Non sei un vigliacco.”
Obi-Wan lo guardò con gratitudine, gli fece un cenno col capo: “Torno presto, figliolo.”
Giusto il tempo di uscire dalla stanza e la porta automatica all’ingresso dell’appartamento si aprì. Vide Padme entrare, intenta a togliersi di dosso un ampio mantello color porpora. Sospirò. Adesso era il momento del Secondo Atto: scoprire dove si nascondeva Anakin.
*
Dapprima fu solo un forte odore di bruciato. Poi divenne una sensazione di calore asfissiante. Cos’era? Forse un incendio? No, era molto peggio. Pian piano comparvero delle forme e dei punti di luce indistinti. Più l’immagine diventava nitida, più dettagli spettrali poteva vedere. Le alte sagome nere si rivelarono essere monti che si confondevano col cielo dello stesso colore. I punti di luce altro non erano che lava incandescente che scorreva lenta e minacciosa. Una struttura di acciaio si elevava ai bordi di una delle montagne, una figura incappucciata contemplava l’inquietante paesaggio. Il suo volto era nascosto, ma qualcosa s’intravedeva nell’ombra. Due occhi rossi come quelli di un demonio.
Leia si risvegliò all’improvviso, in cerca d’aria. Accanto a lei vegliava Dormé, il volto preoccupato.
“Leia, va tutto bene. Sei al sicuro.” La voce gentile e delicata.
“So dove si trova.” Disse Leia, tornando lucida.
“Chi?”
Si voltò a guardarla: “Anakin. Devo andare a parlargli.”
Saltò giù dal letto con agilità e afferrò gli stivali di pelle riposti lì accanto.
“Leia, hai bisogno di riposare.” Dormé le andò incontro, in pena per lei, ma qualunque cosa avrebbe detto o fatto sapeva che non sarebbe servito a nulla.
“Devo parlare con Anakin. E’ importante.”
“Padme è partita per raggiungerlo, credo. E ho visto Obi-Wan salire di nascosto sulla sua nave.”
“Bene. Così li ritroverò tutti.”
Fece per uscire dalla stanza, ma Dormé la bloccò afferrandole il braccio: “Leia, tu non lo sai. Mentre dormivi ho sentito…”
Leia le lanciò uno sguardo per indurla a continuare, l’ancella prese un respiro: “E’ stato Anakin ad uccidere i bambini. Questo significa che anche Ben è… Lui è stato…”
Le pupille degli occhi si assottigliarono per l’orrore, ma qualcosa nella mente le diceva che lo sapeva già, che lo aveva capito. Liberò il braccio dalla presa di Dormé e si recò nella stanza accanto. Sul grande letto rotondo e dalle lenzuola blu, Han stava giocando con una piccola pistola laser giocattolo mentre Alastair se ne stava sdraiato a riflettere, lo sguardo grave. Nell’udire un rumore all’ingresso, entrambi puntarono gli sguardi.
“Mamma, ti sei svegliata!” Han saltò giù dal letto, abbandonando il suo giocattolo, e si gettò tra le braccia della madre.
Alastair aveva notato qualcosa di strano in lei, poteva sentire il conflitto interiore tra la sua mente ed il suo cuore. Le si avvicinò lentamente, le mise una mano sulla spalla: “Mamma?”
Leia sollevò il viso dai capelli castani del figlioletto che teneva in braccio e guardò Alastair senza manifestare emozioni.
“Cosa hai in mente di fare?” Chiese lui, intuendo qualcosa.
Leia non rispose. Con un braccio avvolse le spalle del figlio maggiore così che tutti e tre fossero stretti in un caldo abbraccio famigliare. Baciò il capo di Han, attese che lui alzasse il visetto abbronzato per poterlo guardare bene. I suoi occhi di un colore incredibilmente variante dal blu al castano erano meravigliosi.
“Il sole è vita, piccolo mio. Promettimi che ti nutrirai della sua luce e che manterrai la tua pelle caramellata, così come piace a me.”
Il bambino rispose deciso: “Sì, mamma.”
“E tu Alastair.” Accarezzò il viso del figlio maggiore: “Promettimi che avrai cura di tuo fratello.”
Alastair sentì un nodo alla gola, ma lo stesso chiese: “Fino al tuo ritorno?”
Leia accennò un sorriso: “Fino al mio ritorno.”
Lui fece un cenno col capo: “Allora va bene.”
Leia gli porse il fratellino, che lui prese in braccio. Li guardò con ammirazione: “Sono fiera di voi. Non dimenticate mai quanto vi voglio bene.” I suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Anche noi ti vogliamo bene, mamma.” Rispose Alastair con trasporto.
“Sì. A te e a papà Obi-Wan.” Aggiunse Han.
Leia gli sorrise.
“Stai attenta.” Disse Alastair, scambiando un ultimo sguardo di complicità con la madre.
*
Riconobbe la nave argentea di Padme. Spiccava come un raggio di sole in mezzo al buio e al fumo che soffocava il luogo. Atterrò col Caccia accanto alla nave, poco importava se lo spazio ormai era limitato. Scese velocemente e si guardò attorno. Il suo sguardo incontrò subito la figura svenuta sulla piattaforma.
“Padme.”
Le corse incontro e si inginocchiò accanto a lei. Respirava, per fortuna, ma uno svenimento in avanzata gravidanza non era mai un buon segno.
“C-3PO!” Gridò rivolta verso il portellone aperto.
Il droide protocollare dorato arrivò di corsa, con i suoi movimenti impacciati e le braccia sollevate come se fosse in preda alla disperazione.
“Oh cielo!”
“Aiutami a sollevarla. Dobbiamo portarla a bordo e farla stendere sul morbido.”
“Subito, Damigella.”
Mentre Leia si assicurava di tenerla stretta perché non cadesse, il droide l’aiutò a sollevare il corpo appesantito dalla gravidanza. Erano necessari movimenti cauti ma decisi. Insieme riuscirono a trasportarla all’interno della nave e la adagiarono sul primo letto che trovarono sul loro cammino. Leia osservò l’amica, cercando di percepire la sua forza vitale. Era debole, ma forse si sarebbe ripresa in fretta una volta tornata in sé.
“C-3PO, veglia su di lei. Se dovesse svegliarsi rassicurala. Deve stare tranquilla il più possibile. Al mio ritorno la porteremo al Centro Medico.”
“Contate su di me, Damigella.”
Leia gli fece un cenno col capo e corse via. Dovette affidarsi al Senso per trovare chi stava cercando. Poteva sentire le sensazioni di Obi-Wan e di Anakin scontrarsi cruente. E seguendo quella pista, li trovò. Dopotutto, qualcosa aveva appreso dagli insegnamenti di Yoda!
La situazione era critica, arrivò nel momento in cui Anakin aveva atterrato Obi-Wan e gli stava stringendo la gola per soffocarlo.
“Anakin, no!” Gridò lei, correndogli incontro.
Il richiamo lo distrasse quanto bastò ad Obi-Wan per allontanarlo con un calcio e liberarsi così dalla sua stretta mortale. Mentre Anakin giaceva a terra, Obi-Wan raggiunse Leia e la rimproverò esasperato: “Perché sei qui? Dovevi restare a Coruscant.”
Lei scosse il capo, lo sguardo di chi non ha più paura di niente: “Non potevo. Non voglio perdere anche te.”
“Ti prego, vattene. Me ne occupo io.”
Leia lo spinse via da sé, le prime lacrime le bagnarono il viso: “No! Non ti ascolterò mai più! E’ da tutta la vita che siamo separati! Sono stanca, Obi-Wan!” Quindi lo sorpassò e fece alcuni passi in direzione di Anakin, che nel frattempo si era rialzato. I loro sguardi si incontrarono, ma erano come distanti.
“Come hai potuto farmi questo, Anakin? Era mio figlio.”
“Di cosa stai parlando?” Sembrava confuso, come se non sapesse il terribile gesto che aveva compiuto.
“Lo hai ucciso. Al Tempio. Lo sapevi che non sarebbe mai diventato un Jedi, avresti potuto risparmiarlo.”
Lui scostò lo sguardo, riflettendo, e in breve riportò l’attenzione su di lei: “Non ho ricordo di aver sollevato la spada su di lui. Non ho guardato in faccia a nessuno, ho solo svolto il mio dovere. Se lui era al Tempio non è colpa mia, Leia.”
Leia inghiottì le lacrime, ma servì a poco visto che aveva già il viso rigato: “Non accetto questa giustificazione. Non dopo quello che…” S’interruppe per dare un’occhiata ad Obi-Wan e cambiò frase: “Io ti ho dato tutto. Ti ho sempre dato ragione, ho quasi mandato in pezzi il mio matrimonio.”
“Non è il momento di parlarne. Fatti da parte, Leia. Io e lui abbiamo dei conti da regolare.”
Obi-Wan sfiorò la spalla della moglie, senza rivolgerle lo sguardo: “Fa come dice.”
Leia rimase lì ferma a guardarli mentre ricominciavano il combattimento. Parte di quello che era accaduto era stato a causa sua. Ora lo sapeva. Se avesse sostenuto di più suo marito, se non avesse aperto quella relazione con Anakin, forse la situazione non sarebbe precipitata in quel modo.
Tra colpi di spada laser e calci ben assestati, Anakin mostrò appieno la propria conoscenza delle tecniche di combattimento Jedi. E nonostante Obi-Wan non fosse da meno, avendo maggiore esperienza, rischiò di essere infilzato più volte. Anakin fece una finta, costringendo Obi-Wan a parare nel vuoto lasciando la destra scoperta. Anakin fu lì per trafiggerlo, sollevò la spada per affondare la lama dritta nella carne e sferrò il colpo.
Quando Obi-Wan abbassò lo sguardo su quel punto, il suo mondo crollò di nuovo. Leia scivolò lungo il suo corpo fino a terra, la bruciatura della spada laser in pieno stomaco.
Anakin, sentendo il respiro mancargli, indietreggiò come terrorizzato, la spada laser spenta stretta nella mano tremante.
Obi-Wan cadde in ginocchio e sollevò il busto di Leia, il viso alto per poterla guardare bene.
“No, no, no, no. Leia. Amore.”
Lei faticava a respirava, la ferita la trapassava da parte a parte.
“Obi-Wan.”
Le scostò una ciocca di capelli dal viso, accarezzandola: “Andrà tutto bene, stai tranquilla. Guarirai. Io…”
Leia sorrise a stento, la voce sospirata: “Non importa. Va bene così.”
“No. Tu non te ne andrai. Non te lo permetterò.” Disse con enfasi, gli occhi lucidi di lacrime.
“E’...una tua prerogativa?” Dove trovasse la forza di scherzare, nessuno avrebbe potuto dirlo.
“Ho troppe cose da dirti, ancora. Ho troppe cose da fare insieme a te.”
“Le faremo, amore. Sarò lì con te. Faremo ogni cosa.”
Obi-Wan scacciò le lacrime dal viso con la manica: “Voglio portarti via da Coruscant. E comprarti una casa dove vivere assieme ai nostri figli. I nostri…” Il viso di Benjamin gli comparve nella mente come una stilettata, bloccandolo.
Leia fece per sollevare una mano, ma non ebbe forze sufficienti, così lui l’aiutò, le prese la mano e la guidò al proprio viso, dove lei voleva portarla. Leia sentì la morbida barba bionda sotto le dita: “Ti ho amato moltissimo. Anche se a volte non te l’ho dimostrato bene.”
Obi-Wan le baciò le dita, stringendo quella mano contro le labbra.
“Anch’io, Leia. Anch’io. E continuerò a farlo. Ogni giorno della mia inutile e miserabile vita lo dedicherò ad amarti come meriti. Saremo una vera coppia. Una vera famiglia. Te lo prometto.”
Lei riuscì ad accennare ancora un sorriso, la voce ormai ridotta ad un sussurro: “Ora è Padme ad aver bisogno di te. Vai da lei, amore mio. Io sarò al tuo fianco quando....” Lasciò un ultimo respiro e il suo corpo si spense tra le braccia di Obi-Wan come una stella cadente.
Lui la scosse, il respiro affannato dal dolore: “No. Leia, torna da me. Torna da me, non farmi questo.” Le lacrime caddero dai suoi occhi e finirono sul viso pallido di lei, bagnandolo come gocce di pioggia. Un singhiozzo. Un lamento disperato. La strinse a sé, accarezzandole i capelli con gesto meccanico, fuori controllo.
“Io non volevo.” Anakin era impallidito, il senso di colpa gli premeva nello stomaco. Scosse il capo violentemente: “Non lei!” Gridò.
Obi-Wan sollevò leggermente il viso, lo sguardo carico di collera, la voce rabbiosa: “Tu.”
Adagiò il corpo di sua moglie a terra con premura, la mano sotto il capo perché non battesse al suolo. Si rialzò in piedi, ogni principio del Codice improvvisamente dimenticato.
“Tu non meriti di vivere!” Il suo grido riecheggiò tra le rocce.
*
Era tutto finito. Si era lasciato alle spalle il corpo moribondo di Anakin. Che si consumasse pure tra le fiamme, a lui non importava più niente. Infliggergli un colpo mortale sarebbe stato un atto di pietà che non voleva concedergli per nulla al mondo. Non dopo Leia.
Ripercorse il cammino del combattimento, il passo pesante, lo sguardo puntato nel vuoto. Si chinò sul corpo senza vita di Leia, lo sollevò con cura tra le braccia. Osservò il bellissimo viso, dai lineamenti gentili, che nemmeno il pallore della morte poteva alterare. Le sfiorò le labbra con un bacio e sussurrò: “Ti porto via di qui, amore.”
Giunto alla nave, trovò ad accoglierlo il fedele C-3PO.
“Maestro Kenobi, c’è la signorina Padme a bordo.” Vide il corpo tra le braccia del Jedi ed esclamò il suo tipico: “Oh cielo. Posso fare qualcosa per aiutare?”
Obi-Wan non rispose, non lo guardò nemmeno.
“Vi prego, vi prego. Presto. Fuggiamo da questo orribile luogo.”
Salirono a bordo, il portellone si chiuse dietro di loro.
“Inserisci le coordinate per tornare dal Senatore Organa e imposta il pilota automatico. Ti raggiungerò tra poco.” Disse Obi-Wan, prima d’infilarsi in una stanza.
Stese il corpo sul letto con gran premura. Aggiustò i capelli con le dita, per poi posare le lunghe ciocche bionde sulle spalle nude e delicate. Le mani le appoggiò sul ventre, una sopra l’altra. Si soffermò ad osservare il viso ancora una volta.
“Staremo insieme per sempre. Te lo prometto.” Sussurò.
Si alzò e lasciò momentaneamente la stanza per andare a vedere le condizioni di Padme.
*
Al Centro Medico, ricevuta la notizia che Padme stava morendo e che i droidi l’avrebbero operata per far nascere i due bambini che portava in grembo, Obi-Wan ricordò le parole di Leia. Avrebbe rispettato la sua volontà, sarebbe stato accanto a Padme finché avrebbe avuto bisogno di lui. Represse il sentimento che aveva provato per lei, quello che talvolta lo aveva spinto a pensare a Padme come qualcosa più di un’amica. Non aveva detto tutta la verità. Non ne aveva avuto la forza. Ma almeno era vero che tra loro non c’era mai stato niente di sconveniente. Fisicamente era sempre stato fedele a sua moglie. Con la mente…be', qualche volta aveva trasgredito, e non solo con Padme.
Entrò all’interno della piccola stanza dove si sarebbe svolto il parto. Fuori, seduti su dei sedili, Yoda e Organa assistevano silenziosamente, guardando il parto attraverso i vetri.
Quando Obi-Wan fu accanto a Padme, lei gli regalò un sorriso.
“Obi-Wan, dov’è Leia? Ho così tanta voglia di rivederla.”
Lui dovette abbassare lo sguardo. Il dolore era troppo forte.
La fronte di Padme si aggrottò: “Oh no. Povera amica mia.” Le doglie la colpirono improvvisamente, costringendola a mettere da parte ogni altro pensiero. Prese un respiro profondo e iniziò a spingere.
Il droide avvolse in una copertina il corpo del neonato e lo porse ad Obi-Wan.
“Luke.” Padme pronunciò il nome di suo figlio come fosse stato una divinità sacra. E forse doveva crederlo davvero, visto lo sguardo luminoso con cui guardò il figlioletto. Altre doglie, altre spinte. Il droide annunciò il secondo nascituro parlando nel proprio linguaggio robotico.
Obi-Wan tradusse, anche se non era necessario: “E’ una femmina.”
Gli occhi di Padme si riempirono di lacrime. Sbatté le palpebre e guardò Obi-Wan: “Leia. Come la mia amata amica e sorella.”
Obi-Wan la ringraziò con lo sguardo e anche lui dovette battere le palpebre per impedire alle lacrime di sopraffarlo.
Il parto era andato bene. Le ultime parole di Padme furono per Anakin.
*
Per quanto rischioso, aveva deciso di farlo.
Dopo aver raccolto le ceneri di Ben e dato la tragica notizia ad Alastair e Han, Obi-Wan aveva preso una nave e li aveva portati con sé a Theed, su Naboo. Compresa Dormé, che poi congedò per il suo bene. Mentre tutta la città era riunita per seguire il corteo funebre di Padme, riportata sul suo pianeta natale come era giusto che fosse, lui e i suoi figli organizzarono una ben più intima funzione. Il posto era il terrazzo di fronte al luogo di culto dove lui e Leia si erano segretamente uniti in matrimonio quattordici anni prima. Nel ricordarlo, Obi-Wan si sentì mancare il respiro. Leia era morta a soli ventinove anni, dopo averlo amato e avergli dato tre splendidi figli.
La pira era pronta per essere accesa. Alastair camminò fino ai piedi dell’altare per posare il vaso con le ceneri di Benjamin, quindi tornò sui suoi passi e si mise accanto al padre. Il piccolo Han dalla parte opposta.
Obi-Wan stava stringendo nel palmo il medaglione che Leia aveva creato con la sua treccia da Padawan. Quando lo lasciò andare, i segni dell’oggetto rimasero impressi nella carne. Percorse la breve distanza con passo rallentato, gli occhi fissi sulla figura stesa. L’aveva abbigliata come una principessa, con un abito bianco di pizzo che le lasciava le spalle scoperte, proprio come piaceva a  lei. I capelli erano stati pettinati e acconciati in una cascata di onde. Leia aveva sempre adorato i propri capelli.
Obi-Wan si chinò all’altare, poggiò il ginocchio a terra. Unì le mani sopra l’altro ginocchio. Il suo sguardo, apparentemente fisso sulla pietra di fronte a sé, si perse in lieti ricordi. Gli parve di sentire nitida la voce di Leia ripetere il giuramento d’amore che aveva fatto la notte in cui le loro anime si erano unite nel dolore dopo la scomparsa di Qui-Gon.
“Io ti amo Obi-Wan Kenobi. Per quanto la vita possa essere dura, io non smetterò un solo istante di amarti.”
Nella sua mente entrarono prepotenti i ricordi più belli che aveva di lei. I suoi grandi occhi blu che lo guardavano, il giorno in cui si erano incontrati fuori dal Palazzo Reale; il suo sorriso luminoso quando gli aveva detto di essere in attesa del loro primo figlio; la luce che le aveva illuminato gli occhi quando avevano rinnovato il loro giuramento d’amore durante la cerimonia nuziale segreta di Padme e Anakin. Nonostante quei momenti fossero comparsi quasi sovrapponendosi l’uno con l’altro, Obi-Wan si ritrovò devastato. I suoi occhi erano tanto gonfi di lacrime che sembravano voler scoppiare. Dovette chiuderli. Non voleva esternare il dolore che provava. Non in quel momento. Solo una lacrima sfuggita all’autocontrollo gli attraversò la guancia per poi cadere silenziosamente al suolo.
Riaprì gli occhi, si rimise in piedi. Allungò una mano per posarla su quelle giunte di lei. Si chinò sul suo bellissimo viso e posò le labbra sulle sue un’ultima volta, soffermandosi il più possibile. Il coraggio lo abbandonò ancora, la sua mano tremò su quelle fredde di lei. Espirò il male dalle narici e si risollevò, mentre i suoi figli gli venivano accanto.
Alastair ebbe l’onore e l’onere di accendere il fuoco. Il visetto tondo di Han era triste, ma i suoi quattro anni di età non potevano consentirgli di capire a fondo la situazione. Alastair invece voleva apparire imperturbabile, ma la sua mascella contratta e le sopracciglia aggrottate per impedire lo sfogo del pianto lo tradivano. Obi-Wan gli cinse le spalle col braccio e avvolse la testa di Han con la mano. Mentre il fuoco avvolgeva il corpo di Leia nel suo abbraccio luminoso, lui strinse entrambi i suoi figli a sé. D’ora in poi sarebbe vissuto per loro, perché loro erano tutto ciò che gli restava.
*
L’alba di Tatooine non aveva nulla di speciale, nonostante i tre soli che accendevano il cielo. Ma sapeva che d’ora in poi sarebbe stata l’unica che avrebbe mai visto, perciò era meglio che si abituasse fin da subito. Il piccolo Han dormiva sulla sella di fronte a lui, la testa appoggiata al suo petto, il respiro pesante. Alastair seguì l’impulso di coprirlo meglio con il mantello. Aveva indossato la cappa Jedi, come aveva fatto suo padre, subito dopo la funzione funebre di Leia. Se n’erano andati di soppiatto, come fuggitivi quali in effetti erano, ed erano volati lì su quel pianeta desertico e desolante.
Un movimento richiamò la sua attenzione. Obi-Wan aveva consegnato il neonato agli zii ed era tornato indietro. Si guardarono di sfuggita, non una parola, non un cenno. Risalì in groppa alla propria bestia e la spronò a mettersi in marcia. Alastair fece lo stesso con la propria.
Percorsero il deserto per una ventina di minuti. Il paesaggio era così monotono che avrebbero potuto essere trascorse delle ore. Sollevò lo sguardo su una collina rocciosa e vide un’abitazione, una struttura di grandi dimensioni dalla forma quadrata e con una cupola sulla sommità. Probabilmente una tipica abitazione locale. Orrenda. Si rese conto con dispiacere che suo padre li stava dirigendo proprio là.
Quando giunsero in prossimità della struttura, Obi-Wan fece fermare la bestia e Alastair lo imitò. Dapprima lo sguardo puntato sulle pareti del colore della sabbia, si voltò per guardare il figlio negli occhi. Non aveva espressione.
Han si svegliò in quel momento, probabilmente per via della fermata improvvisa. Si stiracchiò contro il corpo del fratello maggiore e sgranò gli occhi.
“Dove siamo, papà?” Chiese con voce un po’ curiosa e un po’ assonnata.
“Siamo a casa, figliolo.” Il tono fermo, senza nemmeno un cenno di speranza.
Alastair sentì il vuoto dentro di sé crescere alla velocità della luce, come un buco nero che lo stava inghiottendo. I suoi sogni di gloria. La sua carriera Jedi. Tutto era perduto.
  
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