And I feel like everything I saw
Is being swept away
When I refuse to let you go
(Map of the Problematique, Muse)
Le prove sono tutte qui, disposte
in bella mostra davanti ai tuoi occhi. Sei a capo chino, il viso rigato di lacrime.
Non hai commesso tu questo delitto, ma la colpa dell’accaduto è
solo tua, e lo sai. Avresti dovuto fermarlo prima che la situazione degenerasse
a tal punto, ma era più comodo tenere la testa sotto la sabbia; fingere
che lui fosse quello di prima o che, perlomeno, un briciolo di coscienza gli
fosse rimasto. E se a volte si lasciava prendere un po’ troppo da una
caccia, beh non stava certo a te giudicarlo. Quante volte ti eri buttato nel
lavoro per non sentire la paura o il dolore? Quante il sangue di un mostro
qualsiasi aveva lavato via i tuoi sensi di colpa? La differenza fra te e Sam
è soltanto una e, purtroppo, sostanziale: tuo fratello non sapeva
più riconoscere le proprie prede. Non faceva più differenza fra
buoni e cattivi, umani e demoni; l’importante era uccidere, poco
importava cosa o chi. L’ubriaco che vi aveva seguito nel parcheggio
perché tu avevi guardato troppo insistentemente la sua ragazza; il
custode del cimitero che aveva assistito alla vostra ultima performance. Non sapevi
ancora esattamente cosa lo scatenasse, poi l’avevi capito: Sam uccideva
chiunque si avvicinasse troppo a te. Aveva sviluppato un inquietante istinto di
protezione nei tuoi confronti, ti seguiva ovunque e se per caso ti allontanavi
troppo… preferisci non ricordarlo. Neppure a Ruby era consentito vederti.
Non che sentissi la mancanza di quella sgualdrina, ma eri così
desideroso di un contatto umano che ti saresti accontentato persino di lei. Poi
se Sam avesse pensato bene di uccidere il suo mentore non ti saresti di certo
disperato…
Sam comunque continuava a
vederla, anche se non in tua presenza. Usciva chiudendosi la porta alle spalle,
sicuro che non saresti mai uscito rischiando la vita di qualcuno.
L’ultima volta che ci avevi provato aveva dato fuoco al motel e a tutti i
suoi occupanti… Sam sì che sapeva come tenere qualcuno al suo
fianco.
Passavi i rari momenti da solo
maledicendoti per la tua debolezza. Neppure ora che la verità ti colpiva
con la sua evidenza potevi deciderti a fare quello che gli altri si aspettavano
da te, a prendere la decisione più giusta. Continuavi a mentire a te
stesso: è troppo forte, un attacco frontale sarebbe suicida;
aspetterò l’occasione più adatta. Peccato però che
quel momento non arrivasse mai. Preferivi la coscienza dilaniata da centinaia
di morti senza volto, piuttosto che macchiarti le mani del sangue di tuo
fratello. Come si poteva chiedere a te di ucciderlo quando l’avevi
salvato così tante volte da non ricordarle neppure più, quando
avevi tirato su e amato con tutto te stesso il vero Sam? Tuo fratello non
è un mostro, è una vittima. Se solo Azazel non avesse scelto lui,
se solo il suo sangue non fosse ormai parte di lui… In genere questi
ragionamenti erano il preludio di una crisi: passavi le ore
successive seduto sul letto, le gambe al petto, gli occhi fissi nel
vuoto. Cercavi di uscirne, ma la tua mente si ostinava a riandare ad un passato
non troppo lontano in cui Sam non era un assassino e tu non eri suo
prigioniero. La mancanza di cibo ti rendeva difficile mantenerti vigile e
concentrato. Sapevi che Sam metteva sempre qualcosa nei tuoi pasti, quindi
avevi smesso di mangiarli; la soluzione si era rivelata però poco
efficace: ogni volta che Sam riteneva che tu avessi bisogno di riposo, ti
iniettava qualcosa direttamente in vena. Almeno non faceva più niente
alle tue spalle, avresti dovuto esserne grato. Lo sentivi spesso urlare al
telefono, minacciando i suoi interlocutori; ti chiedevi quante volte mettesse
in pratica le sue minacce, sebbene i vestiti grondanti sangue fossero una
risposta molto eloquente. Sam era ormai incapace di contenere la sua rabbia. Ti
auguravi che un giorno si scagliasse contro di te; lo provocavi in ogni modo,
sperando ti attaccasse, mettendo fine alle tue sofferenze. Tuo fratello
però ti riservava sempre un sorriso gentile; quando si posavano su di te
i suoi occhi si riempivano immancabilmente d’amore e questa, se
possibile, era la cosa che ti spaventava di più. Una parte di te si
illudeva di essere l’unico legame di Sam col suo lato ancora umano,
l’unica persona che avrebbe potuto farlo tornare in sé;
un’altra, decisamente più razionale, sperava ardentemente di
morire. Persino all’Inferno saresti stato più in pace che al
fianco di questo surrogato della tua famiglia. Purtroppo però eri uno
dei pochi fortunati ad avere un angelo custode sulla spalla, quanto
c’avrebbe messo quel figlio di puttana a riportarti in vita? Un attimo,
Castiel... Come avevi potuto non pensarci prima? Gli angeli non esorcizzano i
demoni, li purificano. Un’angelica manata sulla fronte e tanti saluti al
fratello psicopatico, ai poteri demoniaci e al sangue di occhi gialli.
Avevi sfiorato il marchio ancora
visibile sulla tua spalla sinistra, il palmo della sua mano impresso a fuoco
nella tua carne, e avevi pregato per ore, prima sotto voce poi fino a quando la
voce non ti era venuta a mancare. Niente.
Avevi scacciato via calde lacrime
di frustrazione, perché ti aveva abbandonato anche lui? Beh,
l’avresti scoperto presto: se non si faceva vivo con le preghiere,
l’avresti fatto arrivare con un’invocazione, per poi prenderlo a
calci nel culo. Non sapevi officiare un rito tanto complesso, quindi avevi
preso la macchina meno squallida fra quelle presenti nel parcheggio del motel e
ti eri fiondato a casa di Bobby. Eri certo di aver trovato la soluzione ai tuoi
problemi e invece ti eri ritrovato, poche ore più tardi, a stringere il
cadavere dell’uomo che consideravi quasi un padre…
-“Dean,
sei così prevedibile. Sapevo saresti corso a chiedere aiuto a
Bobby.”
La voce di Sam è calma,
controllata. Sembra quasi uno speaker radiofonico.
-“Sam, che diavolo hai
fatto?” chiedi, sollevando lo sguardo su di lui.
-“Che ho
fatto io? Che hai fatto tu, Dean!”
Lo guardi qualche secondo,
esterrefatto.
-“Sei
scappato, di nuovo. Continui a farlo. Non mi hai
lasciato altra scelta: dovevo insegnarti una lezione, Dean” sospira.
Basta, non ne puoi più.
Scatti in piedi e lo spingi contro il muro, poi cominci a colpirlo. Continui
per un’eternità: pugni al volto, allo stomaco; ovunque. Ti fermi
solo quando non hai più la forza di sollevare il braccio, quando le dita
ormai rotte ricadono inerti lungo il tuo corpo. Fai un passo indietro e osservi
quell’ammasso di carne sanguinolenta in cui hai trasformato il suo volto.
L’innato bisogno di proteggere tuo fratello ti spingerebbe a chinarti su
di lui, a rimetterlo in sesto; cazzo, persino in questo momento una parte di te
urla affinché lo aiuti. Indietreggi ulteriormente.
Sam ti guarda, un occhio ormai
completamente chiuso. Si deterge il sangue dal viso, senza mostrare il minimo segno
di dolore. Ben presto capisci anche il perché: le sue ferite sono
completamente guarite. L’ennesima prova di quanto ormai poco di umano sia
rimasto in tuo fratello.
-“Perché non uccidi
anche me, Sam?”
Il tuo tono è stanco; a
questo punto non sai né ti importa sapere se la tua sia una domanda o
una preghiera. Lo guardi dritto negli occhi e per la prima volta da mesi nei
suoi ritrovi qualcosa del vecchio Sam.
-“Non
potrei mai farti del male. Tu sei la mia famiglia,
Dean.”
Senti le gambe cederti, di colpo.
Sam ti prende prima che tu possa cadere, ti stringe a sé e ti lascia
scivolare delicatamente a terra. Avverti il calore del suo abbraccio, il
profumo di tuo fratello misto a quello del sangue di Bobby e non riesci
più a trattenere le lacrime. I singhiozzi ti squassano il petto, tremi
incontrollabilmente. La mano di Sam descrive ampi cerchi sulla tua schiena,
l’altra ti carezza i capelli.
-“Ssshh, tranquillo
Dean” sussurra, stringendoti ancora più forte. Sarebbe fisicamente
impossibile essere più vicini di così, eppure non ti sei mai
sentito tanto solo in vita tua. Questo non è il tuo Sam, non hai
più nessuno al mondo. Sammy è morto fra le tue braccia quella
notte in Wyoming, questo è uno sconosciuto, un mostro, un nemico e la
colpa di tutto questo è solo tua. Avresti dovuto lasciarlo andare allora, Sam non avrebbe mai voluto diventare questo.
-“Scu… sa… mi, Sam…” cerchi di dire, in respiri sempre
più laboriosi. Ti manca l’aria, senti la testa leggera, avverti un
ronzio nelle orecchie…
-“Dean, resta
calmo. Non vorrai svenire come una ragazzina?”
ti canzona Sam. “Prendi dei respiri profondi, coraggio.”
Fai come ti dice e ben presto sei
di nuovo in grado di metterlo a fuoco. Sul suo viso è comparsa un’espressione
triste, decisa. Che gli prende? Non
hai il tempo di rispondere a questa domanda, Sam ha estratto un lungo coltello,
sembra si sia finalmente deciso. È strano, hai atteso così
disperatamente la morte e adesso quasi la temi. Lo guardi negli occhi; speri
che capisca che lo perdoni per quello che ha intenzione di fare e che ti
perdoni per quello che tu hai fatto a lui. Sam alza la lama al di sopra della
tua testa.
-“Non volevo che andasse
così, ma non posso più aspettare...”
sussurra.
Il pugnale fende l’aria; un
grido ti sfugge dalle labbra, mentre il sangue comincia a cadere in piccole
gocce scure sul pavimento sporco.
-“Che cazzo hai fatto,
Sam?” domandi, allibito. Il polso di tuo fratello è squarciato in
due, riesci ad intravedere il bianco dell’osso e il fitto reticolo di
tendini e terminazioni nervose.
Sam trattiene una smorfia di
dolore, poi sposta il braccio in modo che sia a pochi centimetri dalle tue
labbra.
-“Bevi.”
-“Cosa?”
Ti ritrai immediatamente,
sconvolto. Sam è messo molto peggio di quanto immaginassi.
Tuo fratello sospira, esasperato:
-“Se lo bevi non avremo più problemi Dean” cerca di farti
ragionare. “Io non dovrò più preoccuparmi
che qualcuno possa farti del male e tu… beh, la smetterai di tormentarti.
Saremmo di nuovo fratelli, saremmo felici. Vuoi?”
chiede.
Ti porge nuovamente il braccio,
sorridendo come se ti stesse passando un cosciotto di tacchino il giorno del
ringraziamento. Ormai non dovresti stupirti più di
nulla, invece… Reprimi un conato di vomito e punti gli occhi in quelli di
Sam: -“No Sam, non voglio. Preferisco i sensi di
colpa e una coscienza a... –agiti una mano in direzione di Bobby- quello
che mi prometti tu” concludi.
Non saprai più dove
sbattere la testa, è vero, ma sai che quello che ti sta offrendo Sam
è sbagliato e almeno uno di voi deve continuare a ragionare in termini
di bene e male.
-“Mi dispiace,
Dean…” mormora.
Scuoti la testa, non
c’è nulla di cui scusarsi: Sam voleva il meglio per entrambi,
l’unico problema è che non sa più cosa sia.
Sam ti ghermisce il braccio e ti
costringe a sollevare lo sguardo su di lui.
-“Ti prometto che è
l’ultima volta” si scusa.
Un veloce lampo di giallo sporca
le sue iridi: -“Bevi” ordina.
Senti la mente svuotarsi, ogni
possibile obiezione bloccata; devi fare quello che ti ha comandato Sam.
Chiudi gli occhi, la bocca ormai
vicinissima alla ferita, quando di colpo sei spinto lontano. La morsa mentale
di Sam è svanita,
sei di nuovo liberissimo di prenderlo a calci e sembra che ci sia
qualcuno disposto ad aiutarti: Castiel si è finalmente deciso a farsi
vivo.
-“Non osare toccarlo”
sibila, furibondo.
-“Cas, non ucciderlo”
gridi, convinto che stia per fargli del male.
Sam ti sorride: -“Credi che
questo moscerino possa crearmi problemi?”
Castiel lo guarda, altrettanto
sicuro. Un’aura di potere lo circonda; non ti è mai sembrato
così pericoloso, letale… angelico. Solleva una mano e Sam viene
investito da una raffica di vento. L’angelo spalanca gli occhi, sorpreso.
Sam fa un movimento col braccio sinistro e Castiel si ritrova immobilizzato
contro un muro.
-“Credi che i tuoi
trucchetti da demone possano avere qualche effetto su di me?” chiede,
senza fiato.
-“Onestamente?
Sì” ribatte Sam. Chiude le dita a pugno.
-“Fermati, Sam!”
Un’accecante luce bianca
inonda la stanza. Quando riesci a riaprire gli occhi li punti sul muro
dov’era Castiel, ma del tuo angelo non resta che l’ombra delle ali
ormai bruciate sulla parete. Sembra che neppure i guerrieri di Dio siano immuni
alla tua maledizione: qualsiasi cosa tocchi si
distrugge e Castiel non faceva eccezione…
Sam si inginocchia nuovamente al
tuo fianco e ti offre il suo polso. Non provi neppure a scacciarlo via; mormori
un vaffanculo e posi le labbra sul taglio. Le dischiudi; la tua lingua si
immerge in tutto quel rosso, dividendo delicatamente i lembi della ferita.
Senti il sapore ferroso del sangue inondarti la bocca; è caldo contro il
palato, ma quando scende lungo la gola brucia. Ti sembra quasi di percepirlo
mentre si fa strada nel tuo corpo: estraneo, velenoso, malvagio. Continui a
bere finché Sam non si ritrae.
“Bravo Dean” ti dice,
soddisfatto.
Lo guardi, confuso. Ti gira la
testa, stai malissimo. Sam ti stringe nuovamente a sé, ti fa distendere
sulle sue gambe e prende a carezzarti i capelli. Sorride. Dice che presto
tornerà tutto come prima e voi resterete insieme, per sempre. Stai
tremando; senti il buio scendere su di te, avvolgendoti fra le sue braccia. Non
riesci più a vedere Sam, anche le sue parole sono ormai solo un mormorio
indistinto. Sorridi, qualsiasi cosa accada presto non sarai più solo.
Mai più. Te l’ha assicurato Sam.
Note:
Il titolo è
l’ispirazione per questa ff vengono dalla canzone “Map of the
Problematique”, dei Muse. La dedico a due persone molto speciali: a Nicole che me l’ha commissionata,
ama quello che scrivo e mi insegna il fiorentino; e a Silvia che è una delle persone più dolci che abbia
mai conosciuto e oggi compie 23 anni, auguri tesoro!
Spero vi piaccia, fatemi sapere ^^