May 5th

 “Buon Cinco de Mayo!”
L'occhiata che gli lanciò Raphael avrebbe potuto ucciderlo, se non fosse stato già morto.
“È… il… sai? Sei messicano… non… no?”
Raphael continuava a guardarlo senza nessuna espressione particolare, un bicchiere di sangue in una mano e le caviglie accavallate.
“Non festeggi l'orgoglio messicano?”
“Non festeggio nemmeno il mio compleanno.”
“Triste” commentò Simon sottovoce, ma non abbastanza per l'udito di un vampiro.
Un sopracciglio di Raphael si sollevò, inquisitore. “Prego?”
“Niente” si affrettò a dire. “È triste che tutto quello che avevo organizzato per te andrà sprecato.”
Raphael assottigliò lo sguardo. “Cosa hai combinato, pajarito?”
Simon si accigliò al nuovo nomignolo, ma lo mise da parte per quando avrebbe potuto tradurlo. “Niente” ripeté, timoroso della furia dell'altro.
“Hai detto che hai organizzato qualcosa” gli fece notare, sempre più sospettoso.
“Uh, niente di speciale” assicurò. “Tanto non ti sarebbe piaciuto comunque.”
Raphael leccò via la colazione dalle labbra e posò il bicchiere sul bancone, per poi avvicinarsi a lui. “Non vorrei mai che i tuoi sforzi andassero sprecati” disse, un sorrisetto da schiaffi a piegargli le labbra.
Simon ingoiò a vuoto, ma prima che potesse insistere Raphael gli posò una mano sul fondo della schiena, appena sotto la cinta dei jeans, e lo sospinse verso l'uscita.
Si arrese a condurlo in camera, le mani che torturavano l'orlo della maglietta durante tutto il tragitto.
Quando entrarono nella stanza, Raphael si guardò intorno, per nulla sorpreso di trovarla in disordine.
“Allora?” domandò, le mani nelle tasche dei pantaloni e le spalle dritte.
“Uh.” Simon si guardava intorno.
“Non hai organizzato niente, vero?” suppose quindi Raphael.
Simon assunse un'espressione colpevole. “Credevo tu avessi un modo tutto tuo di festeggiare, sai, visto che non mangiamo e tutto il resto. Speravo mi venisse in mente qualcosa lungo il corridoio, ma niente. Mi dispiace.”
Raphael fece un mezzo sorriso e gli si avvicinò. Simon credette che stesse per colpirlo – giocosamente, sul bicipite, come suo solito –, ma lo oltrepassò e chiuse la porta.
“Non dispiacerti” gli disse, tornando verso di lui. “Fortunatamente è venuta a me un'idea per festeggiare.”
La sua voce si era fatta più rauca e lo guardava con gli occhi scuri carichi di sottintesi.
Simon non si lamentò quando fu spinto sul letto dietro di sé. “Immagino di dovermi far perdonare per la gaffe.”
Raphael si arrampicò sul letto, sopra di lui. “Hai un mare di cose da farti perdonare. Sarà meglio iniziare subito.”
Simon non si lamentò nemmeno quando gli impedì di ribattere con un bacio.