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Autore: Alex995    16/05/2016    9 recensioni
-Scusate, Tommy e Laurel non vi hanno mai parlato della tutela legale di Sophie?-
-No.- diciamo all'uniscono Oliver ed io.
-Beh.... stilando il loro testamento, chiesi chi si sarebbe dovuto occupare di Sophie nell'ipotesi di un loro prematuro decesso e loro alla fine... nominarono voi. Voi due.-
Oliver e Felicity sono migliori amici: lui è il CEO dell'azienda di famiglia, lei è la sua fidata assistente. Sin dal loro primo incontro, Oliver è rimasto affascinato dalla giovane informatica, invitandola ripetutamente a cena ricevendo però sempre la solita risposta: NO.
Quando le cose sembrano andare per il verso giusto, Felicity viene a conoscenza di una verità che non riesce a tollerare e si allontana da lui.
Dopo ripetuti tentativi a riavvicinarli, è il decesso prematuro di Laurel e Tommy Merlyn, che lasciano la piccola Sophie di solo un anno, orfana di entrambi i genitori.
E nel giro di poco tempo, Oliver e Felicity si ritrovano a crescere una figlia, che fino ad allora avevano considerato solo una nipote.
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Sono tornataaaaaa!
Spero di avervi incuriosito. La storia si ispira al film "Life as we know it" cui regista è il nostro produttore preferito: Greg Berlanti.
E' una fanfiction AU. Spero vi piaccia ;)
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dinah 'Laurel' Lance, Felicity Smoak, Oliver Queen, Tommy Merlyn, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                              Capitolo 17



I raggi del sole entrano dalla finestra della mia camera da letto, costringendomi ad aprire gli occhi.
Subito mi rendo conto che Oliver non è al mio fianco, visto che il suo lato del letto è vuoto e freddo.
Dov’è?
Controllo di sfuggita l’orologio sul comodino e mi rendo conto che sono da poco passate le nove del mattino. E’ sabato, e l’azienda è chiusa. Potrebbe essere andato a correre? Perché non mi ha svegliato?
Mi metto seduta e mi guardo intorno, alla ricerca del passaggio di Oliver. Le scarpe da corsa sono ancora nella scarpiera, quindi a meno che non sia uscito a piedi scalzi, posso dedurre che è ancora a casa.
Starà preparando la colazione? Dio, sto morendo di fame.
In realtà è da un paio di giorni che ho sempre fame. Ma non posso lamentarmi, ne ignorare tutte le voglie che ho, visto che sono in quella particolare settimana del mese.
Dovrebbe arrivarmi il ciclo. E io odio i dolori del ciclo. Sarò intrattabile.
Mi alzo da letto, e esco dalla stanza solo per vedere se Sophie è nella sua culla.
-55.- sento Oliver dire dalla nursery con la voce affannata.
La risata di Sophie fa da sottofondo a qualunque cosa Oliver stia facendo. Deduco che la stia facendo giocare visto che la piccola sembra divertirsi davvero tanto. Apro leggermente la porta e capisco finalmente cosa sta accadendo: Sophie è stesa sulla mochette, indossa solo il pannolino. Oliver è sopra di lei, e sta facendo le flessioni per allenarsi.
Tutte le volte che si abbassa, facendo leva sui muscoli, da un bacio sulla pancia  di Sophie, facendola ridere per il solletico.
Oliver adora Sophie. Ormai sono passati già due mesi dall’affido e le cose vanno a gonfie vele. Certo, la piccola dovrebbe parlare e camminare (e non fa ancora nessuna delle due cose) ma va bene cosi.
Secondo il pediatra lo farà, quando si sentirà pronta. E’ una bimba molto intelligente, completa senza problemi i giochi che Thea le ha comprato dove deve collegare le figure, mettere in ordine i colori seguendo una legenda, e inserire delle forme geometriche nelle apposite sagome.
Ray, per avvicinarla al mondo della tecnologia, le ha perfino regalato un computerino della Disney che riproduce la voce di Topolino ogni qual volta si preme un maledetto tasto.
Mi appoggio allo stipite della porta, osservando la scena estasiata, concentrando ogni mia attenzione sui muscoli di Oliver. Ha il torace nudo, indossa un pantalone di tuta grigio che gli cade maledettamente bene sui fianchi.
Pian piano, dentro di me nasce quella solita voglia di lui che ormai mi accompagna da due anni.
Ufficialmente da due anni. In realtà credo di desiderarlo da quattro.
-Sapevo che fossi bravo negli affondi…-  sussurro attirando l’attenzione su di me. Oliver si gira verso la porta, e mi accenna un sorriso a trentadue denti. Sophie segue la mia voce e inizia a dimenarsi, muovendo le manine e i piedini. –Perché tu ed io non ci alleniamo mai cosi?-
-Ti sei svegliata finalmente.-
Oliver si alza e si mette seduto sul pavimento. Sophie, essendo già abbastanza grande per farlo, si gira e si poggia sulle gambe iniziando a gattonare verso di me.
-Perché non mi hai chiamato?-
-Ci ho provato…. russavi come un camionista.- puntualizza Oliver divertito.
Lo osservo incredula, cercando di trattenere una risata visto la cosa assurda che ha detto. Quando Sophie arriva ai miei piedi, si arrampica al pantalone con le matrioske che indosso e si alza all’in piedi, alzando una manina verso di me per essere presa in braccio.
-Io non russo come un camionista.- dico sulla difensiva. –Dì la verità… ovvero che volevi stare da solo con Sophie senza di me.-
-Qui qualcuno è geloso….- sussurra prima di alzarsi per venire verso di me.
-Senti chi parla..- dico prendendolo in giro.
-Mmm…. hai ragione.-
Inaspettatamente, mi prende in braccio, mettendomi una mano dietro la schiena e l’altra dietro l’attaccatura della ginocchia alzandomi da terra insieme a Sophie.
-Oliver!- trillo reggendo Sophie per paura che possa cadere.
Oliver scende al piano di sotto, come se niente fosse, portando in braccio Sophie e me come se non pesassimo niente. Sophie si sta divertendo, battendo le manine quasi come se fossimo su una giostra. So che è forte, ma non pensavo riuscisse a fare una cosa del genere.
-Andiamo a fare colazione.- esclama contento quando arriviamo al piano di sotto dopo essere arrivo alla fine della rampa di scale. –Pancake e caffè?-
-E  frutta.- dico seria ricordandogli che Sophie deve mangiare la sua mela.
Arriviamo in cucina, Oliver mi mette dolcemente giù, e io metto a mia volta la piccola a terra nel girello.
Pensavo che fosse un acquisto stupido da fare, ma poi ho capito che la schiena pian piano stava cedendo. Sophie vuole camminare, vuole essere aiutata. Io posso seguirla per qualche minuto ma poi dopo un po’ mi stanco visto che devo stare piegata alla sua altezza. Per questo motivo abbiamo deciso di comprarglielo e di regalarglielo per Natale.
Mentre la piccola peste gira per la stanza, io seguo Oliver superando l’isola della cucina per vedere se ha bisogno di una mano.
-Puoi tagliare la frutta.-
-Ci stai prendendo gusto, eh?- domando retorica visto che ogni volta che può ci prepara la colazione.
-E’ rilassante… ora capisco perché ti diverti cosi tanto a cucinare il venerdi sera.- dice prendendo una padella e una ciotola per preparare la pastella.
-Solo il venerdi sera?- chiedo scettica. 
-Soprattutto il venerdi sera…. se non fossi cosi brava, moriremo di fame.- dice sincero riferendosi a Kendra e Caitlin che poverine non sono tante portate ai fornelli.  –Uno dei tanti motivi del perché ti amo.-
-Mmm…. uno dei tanti?- chiedo spostandomi dietro di lui per abbracciarlo. Inizio a dargli dei baci dietro alla schiena, le mie mani intrecciate sul suo torace gli accarezzano la pelle.
-Che… che stai facendo?- chiede Oliver con voce maliziosa.
-Io? Niente..- dico scendendo con le mani lentamente sempre più giù, arrivando a toccare il suo membro al di sopra della stoffa del pigiama.
-Non provocarmi…- sussurra con la voce roca prima di gemere. –Non possiamo.-
-Lo so bene… ma è divertente vedere come ti tendi come una corda quando ti tocco.- dico punzecchiandolo lasciandolo andare.
-Ah si?- dice dandomi un calcio leggero sul sedere con il piede. –Ricordamelo stasera.-
Stasera abbiamo deciso di uscire a cena. E’ da un po’ che non lo facciamo, di solito siamo restii a farlo visto che non vogliamo lasciare Sophie per troppo tempo con Amy o con Moira.
Non c'è nessuna occasione particolare da festeggiare, ma visto come sta andando il lavoro (sono rare le volte che Oliver torna a casa prima delle sette e di solito è sempre stanchissimo) e Sophie sta pian piano crescendo, ci sembrava una buona idea avere una serata libera.
-Sicuro che per tua madre non sia un problema tenerla?- chiedo mentre inizio a tagliare la frutta sul tagliere. - E’ vero che ormai non si sveglia neanche più durate la notte ma…-
-E’ stata mia madre ad offrirsi volontaria.- dice aprendo le uova unendole poi alla farina e allo zucchero.      –Lo sai che muore dalla voglia di trascorrere del tempo con Sophie da sola..-
-Lo so è solo che…. non vorrei che creasse problemi.- ammetto sincera. –Tua madre non ha a che fare con un bambino da tanto tempo…. -
-Ci sarà Raisa con lei… sta tranquilla.- dice mollando per un secondo la frusta da cucina per avvicinarsi a me. –Godiamoci questa serata okey?-
-Non andiamo fuori a cena da troppo tempo…. Quindi lo farò sicuramente.- dico cercando di rassicurarlo.
-Bene… perché ho intenzione di farti divertire stasera.- dice malizioso provocandomi.

 
 
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-Mamma?-
Sono passate da poco le sette e Felicity non è a casa. 
Oggi pomeriggio, dopo pranzo, ho ricevuto una chiamata di Ray che mi chiedeva di raggiungerlo a casa sua per parlare di alcune cose importanti. Pensavo di trattasse di lavoro, ma alla fine ho capito che aveva bisogno solo di un consiglio sulla sua relazione con Kendra.
Ero un po’ restio ad accettare visto che  dovevo uscire con la mia fidanzata stasera, ma spinto proprio da lei ho accettato e ho raggiunto il mio amico al Verdant. Mi sembrava un po’ strana, ma ho ignorato la cosa, uscendo di casa come se nulla fosse.
Sono tornato e loro non c’erano più.
Avevo notato che la macchina non era nel vialetto. Ho provato a chiamarla , ma non mi ha risposto. Cosi ho chiamato a casa dei miei genitori, con la speranza che Felicity fosse li . Sophie doveva dormire a villa Queen stanotte , cosi ho pensato che Felicity avesse solo anticipato le cose  per portare la piccola dai miei.
-Oh tesoro…. dimmi.-
-Felicity è li con te?- chiedo un po’ preoccupato.
-E’ venuta qui circa un’ora fa  e mi ha lasciato Sophie… perché me lo chiedi? Non è ancora tornata?-
Un’ora fa? Dove diavolo è finita?
-No..- dico iniziando ad allarmami.
Dopo l’episodio con Daniel durante il party della vigilia di Natale, sono diventato molto più protettivo nei confronti nella mia futura moglie. E’ passato quasi un mese, Daniel ha avuto un’ordinanza del giudice di stare lontano dalla mia famiglia altrimenti sarebbe stato messo dentro.
In realtà ha passato già tre giorni in cella, ma poi visto il suo patrimonio, ha pagato una grande somma di denaro per uscire prima. Io ovviamente ho chiamato i miei legali, ma alla fine è stato tutto inutile.
-Hai provato a chiamarla?-
-Si… non mi risponde.-
-Tranquillo tesoro…. Starà bene. Forse ha solo bisogno di un po’ di tempo per smaltire la rabbia.- dice mia madre confondendomi.
Cosa?
-Mamma di che stai parlando?- chiedo perplesso.
-Felicity mi ha detto che avete litigato…. quando è arrivata qui era molto nervosa.-
Noi abbiamo litigato? Ma che cazzo sta succedendo?
Non è affatto vero. L’ultima volta che l’ho sentita stava bene. Cioè, è da un paio di giorni che è strana. Dovrebbe venirle il ciclo quindi i suoi sbalzi d’umore, le voglie strane e la nausea sono cose che rientrano nella norma.  Non ne ha mai sofferto, ma forse per una donna è normale.
-Oh giusto…- dico mentendo a mia madre non volendola  allarmare. –Si.. è stata una piccola discussione riguardo i preparativi del matrimonio… ma sta tranquilla. Dai un bacio a Sophie da parte mia, okey? –
Chiudo la chiamata, e risalgo al piano di sopra alla ricerca di qualche traccia del suo passaggio. In camera da letto ci sono dei vestiti sparsi sul pavimento, un pacchetto di assorbenti e la sua agenda. Non quella del lavoro, ma quella che ha iniziato a utilizzare per segnare gli appuntamenti del pediatra di Sophie, note da ricordare, appunti giornalieri riguardo le cose della casa come bollette o manutenzione.  
Un po’ titubante (visto che non voglio impicciarmi dei suoi affari), la apro, e inizio a sfogliarla alla ricerca di qualche appuntamento segnato di cui si era probabilmente dimenticata.
Non c’è niente in agenda, niente che possa farmi capire dove diavolo è finita la mia futura moglie.
Cosa dovrei fare? Chiamare la polizia? Chiamare Diggle?
E se stessi esagerando? Forse dovrei chiamare le ragazze e chiedergli se Felicity è con loro.
Dio, che confusione.
 
 
 
 
Felicity ritorna a casa due ore più tardi. Sono passate da poco le nove e ormai la prenotazione al ristorante è saltata.
Alla fine, dopo una serie di chiamate veloci alle ragazze, preoccupato sempre di più, ho chiamato Diggle e gli ho chiesto di raggiungermi a casa. Insieme ci siamo messi subito al lavoro per cercare Felicity.
E poi Daniel.
La mia mente non ha potuto non pensare al peggio. Visto ciò che è successo, e ciò che ha tentato di farle… è normale. Quando John mi ha detto che Daniel è fuori per un viaggio di lavoro, mi sono tranquillizzato. Almeno un po’.
Poi ho sentito il rumore delle chiavi nella serratura della porta di casa,  e sono scattato praticamente dal divano, andando dritto verso all’ingresso, trovandomela di fronte.
Occhi gonfi, viso stanco. Indossa un jeans e una maglietta con un cappotto rosso. Vado da lei e la abbraccio, rilassando finalmente i muscoli costatando che è qui di fronte a me ed è viva.
Quando la lascio andare, la osservo per vedere se è ferita. Non ha tagli, ne lividi, ma sembra essere molto scossa.
Vorrei farle tante domande, ma nella testa in questo momento me ne frulla una sola.
-Dove sei stata?- domando furioso.
Mi allontano da lei, aspettando una risposta. Quando sta per parlare, Felicity sposta lo sguardo alle mie spalle, dove c’è Diggle.
-Stai bene?- chiede John superandomi andando verso di lei. –Qualcuno ti ha fatto del male?-
-No….- dice Felicity scuotendo il capo. –No, niente del genere.-
-Ci hai fatto preoccupare.- aggiunge il nostro amico più tranquillo.
-Lo so… avevo solo bisogno di stare sola.-
-Per tre ore?- domando acido alzando la voce.
-Digg….  puoi…. lasciarci soli un secondo?-
Entrambi restiamo un po’ spiazzati dalla sua richiesta, visto che come minimo ci aspettavamo una spiegazione per questo suo comportamento, ma poi John annuisce, dandole un bacio veloce sulla fronte e dopo avermi guardato un’ultima volta, se ne va.
Felicity lo segue, poi lentamente torna a guardarmi.
-Oliv….-
-Sei stata via tre fottutissime ore! Hai lasciato Sophie da mia madre e poi sei sparita! Se volevi farmi morire di crepacuore ci sei quasi riuscita.- dico interrompendola.
-Mi dis….-
-Non dire che ti dispiace!- dico urlandole contro. –Dimmi dove sei stata. Qualcuno ti ha fatto del male? E’ stato Daniel?-
So che non le sto dando nessuna opportunità per spiegare le motivazioni di questa sua vera e propria fuga, ma devo smaltire tutta l’adrenalina che ho dentro. Un misto di rabbia, nervosismo e sollievo.
Felicity sbuffa rumorosamente, arrivando alla borsa solo per prendere qualcosa incartato nella carta di una farmacia. La osservo in silenzio, perplesso e confuso dal gesto, e quando lei mi porge il pacchettino non ci penso due volte a prenderlo.
Non so di cosa si tratti, ma continuo ad osservarla mentre inizio a scartarlo.
-Ho un ritardo.- dice con le lacrime agli occhi facendomi congelare sul posto.

Cosa?

Spalanco gli occhi per la sorpresa, abbassando lo sguardo sullo scatolino che contiene un test di gravidanza. 
Divento bianco come un lenzuolo, mentre dentro di me inizia a crescere un certo nervosismo.
Da quanto tempo lo sospetta? Una donna in genere, si accorge di queste cose. Perché non me ne ha parlato?
–Come?- chiedo a voce bassa incapace di portare avanti una frase di senso compiuto.
Lei resta basita dalla mia domanda quasi come se avessi appena detto un’assurdità.
-Lo sai come….. tutto quel sesso.- dice quasi come se volesse giustificarsi.
E la cazzo di pillola? Ne prende una al giorno e questo è il risultato?
So bene come si concepiscono i bambini. Lo so da quando avevo 14 anni. Tommy me lo diceva spesso di utilizzare il preservativo per non ritrovarmi con un neonato e….. ora?
Oh dio.
E se fosse vero? E se fosse davvero incinta?
-Il ciclo non mi è arrivato, pensavo che fosse legato allo stress ma poi…. stamattina ho avuto la nausea. E le voglie. Tante voglie. E ho anche sonno. Io…..-
Felicity inizia a parlare a vanvera come fa di solito, gesticolando nervosamente con le mani.
Dopo la colazione, avevo notato che c’era qualcosa che non andava. Mi ha detto che aveva lo stomaco sottosopra e pensavo fosse legato al fatto che aveva mangiato troppo velocemente i pancake che le avevo preparato. Dopo pranzo, dopo aver attaccato con Ray, l’ho trovata stesa sul divano mentre cercava di far addormentare Sophie e non lo so…mi sembrava stanca. Pensavo che si trattasse di influenza….
Questo è peggio dell’influenza.
-Dì qualcosa..- sussurra tra un singhiozzo e un altro.
Perché sono cosi infastidito dalla cosa? Voglio dei figli con lei. Li ho sempre desiderati, ed è sempre stato quello il nostro progetto. Non mi aspettavo che succedesse ora… forse questo è il problema.
-Non so che dire.- ammetto sincero. –Riusciamo a mala pena a crescere Sophie con tutti gli impegni che abbiamo… figuriamoci un altro figlio.-
Non posso mentirle. Non sono felice della cosa ma neanche arrabbiato.
Felicity abbassa lo sguardo verso il pavimento, piangendo silenziosamente per poi tirare su con il naso.
Non mi aspettavo questo. Quando sono tornato a casa oggi pomeriggio, tutto mi aspettavo tranne che fosse uscita per comprare un test di gravidanza.
Potrebbe essere incinta e io non so come comportarmi.
Sophie è ancora piccola, il lavoro mi toglie la maggior parte del tempo che vorrei trascorrere con la mia famiglia…. come posso salire su una barca quando non so dove sono le scialuppe di salvataggio?
Le ho chiesto di sposarmi solo un mese fa. La amo come il primo giorno ma non credo di essere pronto ad un figlio tutto mio.
 -Ho bisogno di aria.- dico prendendo al volo il cappotto dall’attaccapanni all’ingresso per poi uscire di casa.
Ho fatto cosi anche quando ho saputo dell’affido di Sophie. E’ quello che mi riesce meglio: scappare.
Anche se questo significa ferire la donna che amo. Perché sotto sotto sono ancora un bambino che deve crescere.
 
 
 

Ritorno a casa un’ora più tardi. Poso la moto in garage, la compro con un telo bianco e poi entro dentro grazie alla porta che collega il garage all’abitazione. Tutto tace. La televisione è spenta, le luci anche. Felcity non è in cucina. Salgo al piano di sopra, quando lo sento: qualcuno sta piangendo. Non qualcuno. Felicity. Sta praticamente singhiozzando.
Percorro velocemente il corridoio, ma quando arrivo alla porta della camera da letto, la trovo chiusa  a chiave.
Felicity si è chiusa dentro. Questo significa che non vuole vedermi.
Posso darle torto?
-Fel, aprimi.- supplico bussando alla porta.
-Vattene via.-
Due semplici parole che mi fanno gelare il sangue.
E’ normale che si comporti cosi. Io sono scappato, io l’ho lasciata da sola prima di fare un test che potrebbe cambiare la nostra vita. Io sono salito in moto e sono tornato a casa solo un’ora più tardi.
Ho capito troppo tardi di aver sbagliato. Lo so , sono un coglione. Con lei lo sono sempre stato.
Sbuffo rumorosamente, cercando di mettere le idee a posto.
Sta piangendo. Cosa potrebbe significare? Ha fatto il test ed è risultato positivo quindi ha paura di una mia ipotetica reazione? Oppure è negativo e ci è rimasta male?
Vado in bagno, alla ricerca del suo passaggio, e quando accendo la luce, trovo il test di gravidanza in bella mostra sul bordo del lavandino di marmo.
L’ha lasciato qui per me. Per farmelo vedere. Questo vale molto più di qualunque altra parola.
Prendo il foglietto illustrativo, lo leggo velocemente per capire quale sia il responso e poi prendo il bastoncino bianco in mano. Lo osservo, e subito il mio sguardo si focalizza sulla linea blu che risalta nel riquadro di plastica del test.
Non è incinta. 
  
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