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Autore: Lovingit    19/05/2016    2 recensioni
"Ho diciotto anni da due settimane, una vita sociale inesistente, sono depressa, vivo la mia vita tra casa e ospedale e il mio fegato è andato. Come se non bastasse il mio dottore mi ha abbandonata, lasciando letteralmente la mia vita nelle sue mani. E Dio solo sa se non preferirei affidarla al diavolo in persona."
Dal primo capitolo: "Cercherò di essere più chiaro: ci sono due tipi di pazienti. Il primo tipo: quelli rassegnati, le vittime quelli che ormai non sentono più nulla. Il secondo tipo è quello degli incazzati- non potevo credere che avesse appena usato una parolaccia -che ti attaccano per ogni cosa- dice per poi sedersi sul mio letto, con mio enorme disgusto -Per quanto mi riguarda non sopporto nessuno dei due tipi ma se possibile sopporto ancora meno quelli incazzati che però non reagiscono"
Questa è la storia di una ragazza rassegnata e di un uomo fin troppo duro. La medicina non è mai stata più amara.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non mi sono mai piaciuti i giovedì: quando la salute ancora me lo permetteva andavo a scuola e il giovedì era il giorno della ginnastica: ricordo che mi alzavo la mattina ed ero già nervosa e di malumore. La odiavo e speravo solo che quelle due ore passassero subito. Oggi mi sembra stupido pensare che quelli fossero i miei problemi. 
Questa mattina mi sono svegliata sola in camera, è passata solo un'infermiera per chiedermi se stessi bene: le ho risposto mestamente di sì tenendo la testa bassa...ho visto solo lei in tutta la mattinata e mi sembra di esser stata dimenticata. Dove sono tutti? 
Nemmeno la TV che sto tenendo ad un volume fin troppo alto riesce a distrarmi da questa domanda. 
-Ehi...- sento una voce, la sua voce e per la prima volta in questo giorno mi sento felice. Alzo lo sguardo e sorrido apertamente vedendo Lear.
-Ciao- rispondo caldamente cercando di non suonare fin troppo entusiasta -pensavo fossi scappato con i tuoi amici alieni- gli dico non riuscendo a trattenermi e suonando quasi ridicola. Volevo sapere cosa aveva fatto da quando ieri mi aveva lasciata, letteralmente scappando, dopo il nostro abbraccio. 
Lear mi guarda, fa un sorriso accennato ma poi si riprende subito: assume un'espressione grave e, oserei dire con fare nervoso e imbarazzato, congiunge le mani per poi lasciare ricadere velocemente ai fianchi. 
Si avvicina incerto e si siede accanto a me sul letto. 
-Oh- dico mettendomi sedendomi meglio -oh- ripeto con una faccia illuminata -ho capito: gli alieni ti hanno rubato il cervello sostituendolo con un altro: è per questo che non parli? Perché in realtà sei- 
-Max- mi interrompe grave lui, chiaramente non apprezzando il mio maldestro tentativo di fare dell'ironia. Lo guardo attentamente cercando di capire cosa gli passa per la testa. 
-Smettila- gli dico impaziente -qual è il problema?- Chiedo ormai preoccupata. 
-Io...- inizia con voce bassa -Max, questa notte il tuo compagno di stanza...John...ha avuto una complicazione e...- non sento nemmeno più la sua voce: quando fa per prendermi la mano capisco tutto: "probabilmente non supererà la notte" mi aveva detto. La vista mi si appanna e mi rendo conto che è per colpa delle lacrime solo quando una di loro mi scivola sulla guancia. L'espressione di Lear si contrae in una smorfia di compassione e dispiacere e mi stringe la mano ancor di più. 
-Non ha sofferto, o almeno credo...era sotto morfina e...-
-Lo sai che non conta nulla. Lui è morto- lo interrompo cattiva.
-Io...- dice interdetto.
-No- scuoto la testa -mi dispiace, tu non c'entri nulla...- gli dico affranta. Non riesco a credere che John non ci sia più. Lo conoscevo da poco ma potevo ormai definirmi sua amica. Avevo conosciuto suo figlio, la sua storia...
-Max- sento richiamarmi da Crow. 
-Eh?- Rispondo disorientata, mentre cerco di guardarlo negli occhi. 
-Ascolta non ho molto tempo prima che il tuo nuovo dottore venga qua, mi trovi e poi vada a lamentarsi dal direttore- mi dice scocciato  -voglio che tu mi prometta una cosa: devi reagire, ok?- Mi guarda fisso negli occhi -so che gli eri affezionata ma non puoi permetterti di debilitarti anche psicologicamente- mi dice. 
-Lo dici da medico? O lo dici perché ci tieni a me?- Chiedo stizzita. 
-Max io non sono un uomo buono e vuoi la cruda verità? Lui per me era un paziente come un altro, è morto come muoiono tanti! Ma tu non sei una qualunque e Max, permettimi di essere egoista e di dirti che se ti lasci andare adesso non te lo perdonerò!- Conclude furioso.
-Cosa ti fa pensare che io mi lasci andare? O sei tu che ti stai arrendendo? Ieri mi hai detto di avermi vista al suo posto...-
-Ti ho vista e ti vedo ancora al suo posto!- Sibila alzandosi per poi iniziare a girare nervosamente per la stanza. 
-Posso...posso non so...salutarlo?- Chiedo tornando lucida e cercando di cambiare discorso. 
-Il funerale è domani ma- 
-Cosa?- Irrompo.
-Non credo ti permetteranno di lasciare l'ospedale, o meglio, Stein non te lo permetterà- mi dice dispiaciuto.
-Ma non possono, cioè è un funerale!- Gli dico con ovvietà. Lui non mi risponde, si appoggia al muro della stanza e chiude gli occhi sospirando. 
Siamo entrambi distrutti e tristi.
-Lear- lo richiamo -ti prego...ho bisogno di- cerco di dire sincera ma prima che io possa finire lo vedo venire a grandi passi verso di me e prendermi in un abbraccio strettissimo. Quando sento il suo odore entrare nelle narici e le sue braccia forti attorno a me, non posso più trattenermi e scoppio a piangere. Non ricordo quando è stata l'ultima volta che ho pianto così tanto, così forte...Lear mi stringe ancor di più, non posso quasi respirare ma non mi importa nulla:
-Mi dispiace- lo sento sussurrare di continuo. 
Quando mi stacco da lui per guardarlo ci ritroviamo con il viso a pochi centimetri uno dall'altra ma l'incantesimo è presto spezzato dall'intrusione del dottor Stein. 
-Oh- fa falsamente sorpreso -eccovi, tutti e due...Crow, ti sta cercando il direttore- gli dice con tono infastidito -e se non ti dispiace vorrei controllare la mia paziente- continua avvicinandosi. Lear si allontana fissandolo ma prima di uscire gli dice:
-I suoi parametri sono buoni, credo sia meglio lasciarla sola in questo momento- 
-Beh non darà fastidio a nessuno se io controllo personalmente- ragionare con questo uomo sembra impossibile...
Lear mi guarda un'ultima volta e sparisce.
-Allora Max- inizia Stein -come va stamattina?- Mi chiede controllando la cartella. 
Decido di essere sincera con lui.
-Di merda- lui alza lo sguardo spiazzato e fa una risatina nervosa.
-Oh beh...come mai?- Chiede nervoso. 
-Un mio amico è morto e domani ci sarà il funerale e non so perché ma mi è stato detto che io non posso andare- 
-Non puoi infatti- mi gela lui -mi dispiace per la tua perdita ma le tue condizioni non ti permettono di uscire- spiega. 
-Ma sarà per due ore al massimo, posso essere seguita da un'infermiera o-
-O dal dottor Crow?- Mi chiede cattivo -Sai non ho mai creduto alle voci di corridoio ma comincio a pensare che non siano poi tutte false- continua sibillino -da come si comporta sarebbe in grado di infrangere tutte le regole pur di accontentarti, ma lascia che ti dica una cosa: io sono il tuo medico e, ripeto, mi dispiace ma sei sotto la mia responsabilità e perciò non puoi lasciare questo ospedale, o questa stanza o persino questo letto se non per andare in bagno o fare esami- dice ormai senza fiato -ti consiglio di non cercare scorciatoie e, se ci tieni, di non coinvolgere il dottor Crow: ha già abbastanza problemi a causa tua- conclude facendomi sbarrare gli occhi. 
Penso immediatamente all'episodio di Nora o alle voci che ho sentito su di noi. Non posso fare a meno di sentirmi uno schifo. Lo sto rovinando? È giovane e ha una splendida carriera davanti...
-Mi sembri apposto, tornerò più tardi per controllare ancora- mi dice neurale. Lascia la stanza senza nemmeno salutarmi, lasciandomi attonita. 
Dopo essermi ripresa, decido di mandare un messaggio a Molly e ai miei genitori dando la notizia della morte di John. I miei si presentano nella mia stanza dopo poco, c'è anche la mamma. Ci guardiamo e il primo a rompere il silenzio è papà:
-Mi dispiace tanto Max- dice abbracciandomi -sappiamo quanto ti eri affezionata a lui- continua. Io guardo mia madre che, incerta, mi prende una mano e la stringe; le sfugge una lacrima e capisco che nulla conta più difronte a una tale tragedia. Stiamo così, in silenzio, per un po'.
-Non mi lasciano andare al suo funerale- dico d'un tratto, sperando nel loro supporto. 
-Max...piccola...non sei nelle condizioni- dice dolce mio padre.
-Ma io mi sento bene! Non mi succederà nulla se- 
-Ehi, non voglio discutere, è fuori discussione che tu vada- dice mia madre cercando di mantenere un tono dolce. 
Li guardo arrabbiata ma contino:
-Ma- 
-Scusate- sentiamo dire da una voce quasi sconosciuta -Buongiorno signori Stone, Max- è Mark, il figlio di John ed è nella mia stanza: ha gli occhi rossi come i mei e sembra a disagio mentre si chiude la porta alle spalle. Vedo mio padre riconoscerlo subito: una sera si erano parlati.
-Salve- dicono i miei in coro -mi dispiace per la sua perdita, davvero, le mie più sentite condoglianze- gli dice mio padre stringendogli la mano -suo padre deve essere stato un uomo fantastico- continua. 
-Si...già, grazie- dice Mark a disagio -po...potrei parlare un attimo con vostra figlia?- Domanda con voce flebile. 
-Certo- dice inaspettatamente mia madre prendendo sottobraccio papà. Una volta usciti, il giovane ragazzo nella mia stanza mi fa un sorriso tirato. 
-Ehi- mi dice.
-Ehi- rispondo anche io. 
-Sono...insomma sono qui perché...beh lo sai- inizia incerto.
-Si lo so- confermo -Dio che stupida non ti ho nemmeno fatto le condoglianze- mi riscuoto.
-Non importa, davvero: non mi sono mai piaciute- dice con un breve sorriso -sono qui solo perché volevo sapessi che mi farebbe davvero piacere che tu ci fossi...al funerale intendo...sai, per quanto poco io ne sappia di mio padre ho capito che non doveva avere molti amici e...-
-Piacerebbe tanto anche a me, non sai quanto- dico sconsolata -ma il mio medico non mi vuole far mettere piede fuori da questo stupido letto- spiego. 
Mark mi guarda sorpreso:
-Oh! Già che stupido, davvero Max fai finta che non abbia detto nulla. Non ci avevo davvero pensato-
-Non preoccuparti, volevo davvero esserci!- Ripeto. 
-Beh volevo anche dirti che un giorno eravamo io e lui soli e mi ha fatto promettere di dirti, se mai se ne fosse andato all'improvviso, che devi seguire il tuo cuore e devi fregartene degli altri. Mi ha anche detto che non devi aver paura e che sarebbe impossibile non volerti bene.-
Sento riaffiorare le lacrime mentre sento le sue parole. Questo è il suo testamento per me. Le sue parole sono la mia parte di eredità e le custodirò con grande cura. 
-Ti ringrazio, davvero- sorrido -E Mark?- Lo richiamo facendolo voltare -Domani cercami, non sia mai che riesca a far cambiare idea a qualcuno- gli dico speranzosa. 
-Ci conto Max- mi saluta uscendo. 
Già...lo spero davvero. 

Nel pomeriggio ho ricevuto una chiamata da Molly, era davvero dispiaciuta per John ma ancora più arrabbiata per tutta la "situazione Stein", il quale, mi è venuto a controllare come promesso poco prima della cena a base di brodo che ora sto cercando di ingoiare. 
Adesso che ci penso oggi è giovedì. Che strani scherzi riserva il destino. 
Voglio solo annullare per un attimo la mente e lasciarmi andare, voglio dormire senza vedere il viso di John o di Lear. Voglio un attimo di pace: lo penso mentre cerco di addormentarmi e, forse per la stanchezza o la tristezza, mi trovo ben presto nel mondo dei sogni. 

-Max- mi sento scuotere -Max, per favore svegliati- scuoto la testa e mi rigiro ancora addormentata. 
-Maxwell!- Mi sento richiamare più forte. Apro leggermente gli occhi e per poco non soffoco nella mia stessa saliva: Lear Crow piegato su di me che cerca di svegliarmi. 
-Lear...- dico infatti ancora intontita.
-Avanti, non abbiamo molto tempo- mi scuote ancora mentre io mi riprendo velocemente; è senza camice, anzi indossa un completo...nero, ha in mano una busta e un'espressione preoccupata. 
-Cosa diavolo...?- Faccio per chiedere. 
-Vuoi andare al funerale giusto?- Mi domanda quasi scocciato -Mi sono letto e riletto la tua cartella: non hai avuto importanti peggioramenti ultimamente, sembri stabile e farti stare sempre a letto non è la migliore delle idee: ti concedo tre ore- mi dice come se stesse leggendo la lista della spesa. 
Io lo guardo incredula: non posso credere che abbia fatto tutto ciò per me. 
-Allora?- Mi incalza -Qui dentro c'è un vestito per te, vai in bagno e mettilo- mi ordina. 
-No- dico veloce ripensando alle parole di Stein riguardo al creare a Lear problemi -le persone già parlano, tu non sei il mio medico e non puoi scegliere se dimettermi o meno, finiresti nei casini- gli dico razionale. 
-Max sono già nei casini fino al collo- dice estraendo dalla busta un semplice vestito nero e delle ballerine:
-Spero siano della tua taglia...ho visto le scarpe con cui sei arrivata e...-
-Lear- cerco di richiamare la sua attenzione -non possiamo- faccio triste -non voglio causarti nessun problema e poi-
-Max- dice prendendomi il viso tra le mani costringendomi a guardarlo -vuoi andare al funerale di John?- Domanda. 
-Certo che lo vo- mi interrompe dandomi un veloce bacio sulle labbra.
-Allora fammi staccare la flebo, prendi questa- dice dandomi una pasticca -e vai a vestirti- conclude. Io lo guardo commossa, annuisco, aspetto di essere libera e corro in bagno. 
Sono felice e l'adrenalina mi scorre in tutto il corpo, ci metto 2 minuti a vestirmi. La mia faccia è bianca e gialla ma non mi interessa. Esco, lo trovò ad aspettarmi e giurerei di averlo visto squadrarmi: è la prima volta che mi vede vestita e non con grossi camici.
-Come pensi che non si accorgano che io manco?- Gli domandò avvicinandomi. 
-Stein ha la mattina libera, le infermiere non si interessano di te- mi dice. 
-Sembra perfetto- 
-Lo è- mi risponde veloce -dovrai comunque sembrare abbastanza in forma da passare per un visitatore e non un malato, quindi, fai un bel respiro- dice aprendo la porta -e...scena- mi spinge leggermente fuori e iniziamo a camminare a passo spedito verso l'uscita. Lear non vuole darlo a vedere ma è nervoso: lo sento. 
La sua macchina è parcheggiata vicino all'uscita; è nera e grande come mi sarei aspettata da lui. Mi apre lo sportello e mi aiuta ad entrare per poi correre al posto del guidatore.
-Promettimi una cosa- dice prima di mettere in moto -se hai un minimo sintomo, se ti fa male qualcosa anche poco me lo devi dire, intesi?- Chiede grave. 
-Si, capo- rispondo felice. Come potrei sentirmi male? Mi sento invincibile e piena di forze. 
Mi guarda per vedere se sono sincera e poi, finalmente, mette in moto.
Per i primi 10 minuti stiamo in silenzio poi la situazione si fa insostenibile. 
-Hai una grossa macchina- gli dico cercando di iniziare un discorso. Lear non si degna nemmeno di mettere della musica. 
-Si- risponde laconico -posso permettermela- continua lanciandomi un'occhiata. Mi guardo nervosamente le mani poi rialzo lo sguardo...
-Sai che si dice di quelli con le macchine grosse- dico guardando fuori dal finestrino un po' imbarazzata non prima di averlo visto fare un mezzo sorriso. 
-Non vorrei turbarti con la verità- mi dice sarcastico -non puoi immaginare- calza la parola -la verità- conclude sardonico. Gli lancio uno sguardo scettico e per la prima volta da ieri riesco a concedermi un sorriso sincero. 
-Grazie- gli dico d'un tratto -per tutto: per il passaggio, per la copertura, per essere stato il mio medico...-
-Io sono il tuo medico- mi interrompe -forse non ufficialmente ma poco importa- dice convinto. 
-Già...mi dispiace averti creato problemi al lavoro: le persone parlano e tu sei famoso e-
-Sono deluso- mi interrompe -speravo che a questo punto mi conoscessi meglio: dovresti sapere che non mi interessa cosa pensano le persone di me; mi interessava ed è andata male- aggiunge sommessamente. So che non è il momento giusto per fargli un interrogatorio, so che è un uomo dal passato oscuro e non voglio forzarlo a parlare anche se muoio dalla voglia di sapere. 
-Scusami. Ancora- dico imbarazzata lasciando cadere la discussione. 
Guardo Lear con la coda dell'occhio: osservo i suoi movimenti decisi, i suo lineamenti...
-Smettila di fissarmi ragazzina- mi riprende. Non lo contraddico.
-Ehi Lear...mi sembra di vivere un periodo assurdo della mia vita; insomma sono al limite di un baratro eppure ci sei anche tu e ho paura-
-Non devi averne. Hai dei genitori che ti amano e non ti succederà nulla: devi fidarti di me, fidati di questa mia promessa: tu non morirai- conclude guardandomi fisso negli occhi. Mi accorgo che siamo ormai fermi, lui ha parcheggiato e, alzando lo sguardo, vedo una grande chiesa. 
-Siamo arrivati- mi conferma Lear -sei ancora convinta?- Mi chiede preoccupato.
-Certo. Sto benissimo- lo rassicuro scendendo dalla macchina. Lui mi è subito accanto mettendomi un braccio attorno alla vita. Riesce ad abbracciarmi completamente facendomi sentire protetta e tranquilla mentre mi accompagna all'entrata. Dopo aver superato il portone riesco ad intravedere in fondo alla navata una bara semplice e poche persone sedute nella prime file. Prendo un profondo respiro e mi avvicino a loro. Scorgo subito Mark che, nel momento più giusto si gira, mi vede e mi regala un grosso sorriso. Lo vedo alzarsi e venirmi incontro:
-Max!- Esclama sottovoce -Sono così felice di vederti- 
-Io lo sono di più, devo ringraziare il dottor Crow- dico indicandolo. Lui sembra a disagio anche se non lo da a vedere e, mentre continua a tenermi un braccio avvinghiato alla vita, si sporge per dare la mano al figlio di John aggiungendo un laconico:
-Condoglianze- 
Mark annuisce e ci fa strada facendoci sedere accanto a lui. Ci sono davvero poche persone, sopratutto anziane, probabilmente suoi amici...
La funzione è semplice, siamo tutti in silenzio e con i nostri pensieri; quando Mark prende la parola per ricordare suo padre, sento salire la tristezza. Lear deve averlo notato, come se sapesse leggermi il pensiero e mi prende saldamente la mano nella sua; rimaniamo così per tutta la durata del funerale e, al termine, quando penso che stia per lasciarmi, rinsalda la presa e rimane così quando salutiamo Mark, quando usciamo dalla chiesa e fino alla macchina. 
-Abbiamo rispettato il tuo coprifuoco capo- dico scherzosa cercando di scrollarmi di dosso un po' di tristezza. 
-Già- mi risponde lui serio -non posso credere di averlo fatto- dice sorpreso. 
-Sei pentito?- Chiedo preoccupata.
-No- mi rassicura veloce -No. Sono solo sorpreso di me stesso- 
-Beh sei solo infatuato- gli dico alzando la voce di un'ottava e prendendolo in giro.
Mi guadagno una sua occhiata stranita:
-E tu sei pazza- dice ridendo sotto i baffi. 
-Dimmi perché Stein- sbottò non riuscendo più a trattenermi 
-Di che parli?- Chiede distaccato. 
-Insomma, non sembravi sorpreso e non ti ha dato fastidio e-
-Non hai idea di quanto sia fastidioso per me è quanto vorrei cambiare la situazione- inizia arrabbiato -ma non posso e soprattutto non voglio: ci sono cose più grandi di te, che non devi per forza controllare e che fidati ti gioveranno...un giorno-
-Gioveranno- ripeto imitandolo malamente -sembri mio nonno- spiego -e non mi piace che tu mi menta-. 
-Non ti spiego nulla proprio perché non voglio mentirti-
-Sei estenuante- sbuffo. 
-Lo sei anche tu...di più- mi dice petulante. 
-Stasera quando verrai in camera con la tua cena da ristorante vedi di portare qualcosa anche per me- 
-Non verrò in camera tua- dice poco convinto. 
-Verrai- insisto capendo il suo bluff.
Continuo a guardarlo per il resto del viaggio. Sembro una di quelle giovani e stupide ragazzine alla loro prima cotta...e forse lo sono. 
Tornati all'ospedale riusciamo ad entrare di soppiatto e arriviamo alla camera rimandando in silenzio. Apro la porta e...
-Oh...salve signorina Stone...dottor Crow...- 
 





Autrice: Salve a tutte. Forse non sarebbe neanche il caso di ripresentarmi dopo tutto questo tempo ma ahimè o ahivoi non posso lasciare questa storia. La scuola è un grosso impedimento ma io credo molto in questa storia e non voglio lascarla incompleta. 
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo se vi piace o se vi annoia. 
Vi ringrazio tantissimo e spero di sentirvi presto! 
F.  
   
 
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