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Autore: nana1827    19/05/2016    4 recensioni
L'asta di Yorkshin City è stata un trappola. Killua viene ferito e soccorso da Kurapika...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Killua Zaoldyeck, Kurapika
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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La luce entra, tenue, dalle tende semi chiuse dell'enorme stanza d'albergo. Cerco di aprire gli occhi ed alzarmi, ma una potente fitta alla testa mi dissuade dal compiere quell'azione. Faccio ricadere la testa sul cuscino e mi guardo intorno: quella stanza è grande, davvero enorme, ma mi rendo conto che non è la mia.
Un rumore improvviso mi fa scattare la testa verso la porta: in queste condizioni non sarei in grado di combattere come si deve. Con tutti i sensi all'erta aspetto che la maniglia s'abbassi e la porta si apra, prima di tirare un sospiro di sollievo: è Kurapika.
- Oh, sei sveglio. Come ti senti? - mi chiede il biondo, passandomi una pastiglia e un bicchiere d'acqua.
- Come se mi fosse passato sopra un camion. 
- Lo posso immaginare, ti hanno trovato sotto un mucchio di macerie.
- Cosa è successo? - chiedo, cercando di mettermi seduto. Mi sorprendo quando Kurapika si avvicina per aiutarmi, sistemandomi il cuscino dietro la schiena. Il suo profumo m'investe all'improvviso e faccio fatica a trattenermi dall'arrossire.
- Non ricordi? L'asta era una trappola: siamo stati attaccati e voi ci siete finiti di mezzo. Gon se l'è cavata con qualche livido, mentre tu eri immerso in una pozza di sangue. - dice, sedendosi accanto a me sul letto. - Ti ho portato nell'albergo che la famiglia per la quale lavoro ci ha messo a disposizione. Questa è la mia stanza.
- Capisco... Per quanto ho dormito?
- Tre giorni.
Annuisco, per poi poggiare la testa alla testiera del letto e sbuffare: odio rimanere fermo! Faccio vagare lo sguardo sulla stanza fino a soffermarmi sulla figura del ragazzo, ancora seduto accanto a me: i capelli biondi gli ricadono sugli occhi, mentre sta giocando con le catene e mi sembra un po' nervoso.
- Riposati ora. Se avrai bisogno, sono di là. - mi dice, alzandosi improvvisamente e sparendo dietro alla porta della stanza.
Nell'esatto momento in cui la porta si chiude tiro un sospiro di sollievo e, finalmente, riesco a rilassarmi davvero. La verità è che, ogni volta che Kurapika è nei paraggi, non riesco a mantenere la calma: da quando ci siamo conosciuti, all'esame per diventare Hunter, sono sempre rimasto affascinato da quei occhi blu ma, quando assumono quel tipico colore scarlatto, mi fanno perdere la testa. Non mi ricordo l'esatto momento in cui ho iniziato a provare queste emozioni in sua presenza, ma so che all'inizio è stato traumatico: io non sono abituato a provare nulla. Sono una macchina per uccidere, lo sono sempre stato, fin da quando avevo tre anni eppure, proprio nel momento in cui mi ero arreso all'idea di dover vivere una vita predestinata, siete arrivati voi. Anzi, sei arrivato tu. 
Avevi quell'aria misteriosa, quella che hai ancora in realtà, ma che non ha fatto altro che attirarmi ancora di più verso di te. Quando ho fallito l'esame e ho deciso di tornare a casa, pensavo di essere riuscito a dirti addio, anche se non abbiamo mai avuto chissà quali interazioni, ma quando ho saputo che eravate venuti a prendermi, il mio cuore ha iniziato a battere all'impazzata al solo pensiero di rivederti. 
Incatenato, frustato da mio fratello, non sentivo nulla perchè in quei momenti la mia mente era altrove: era ancora all'esame, ai momenti in cui ti osservavo di nascosto, sempre immerso nella lettura di un qualche libro, cosi concentrato ed affascinante. Credevo di non avere un cuore, di non poter provare dei sentimenti eppure, ogni volta che sei con me, quel muscolo riprende a battere, ricordandomi di essere ancora li, protetto dalla gabbia toracica.
Non so quanto tempo è passato, ma il dolore si è affievolito cosi decido di alzarmi e farmi una doccia. Entro nella doccia e lascio che l'acqua scorra sul mio corpo, lavando via le fatiche degli scontri dei giorni precedenti; prendo il flacone del bagnoschiuma e ne riconosco il profumo: era quello che aveva addosso anche Kurapika. Sorrido al pensiero e riprendo a strofinarmi la pelle con la spugna.
Esco dal bagno con solo i boxer addosso e mi guardo allo specchio: ho molti lividi sul torace, che devono essere di nuovo bendati. Mi guardo intorno alla ricerca dei miei pantaloni, che infilo con non poca fatica, per poi uscire dalla stanza in cerca del biondino.
- Oi, Kurapika. Avrei bisogno di una mano. - esordisco, entrando nell'enorme salone e, neanche a dirlo, trovo il mio amico a leggere un pesante tomo dall'aria antica. Sentendo la mia voce si gira e posso giurare di vederlo arrossire, appena si rende conto che sono a petto nudo.
- Di.. Di cosa hai bisogno?
- Mi sono fatto la doccia, dovresti rimettermi le fasciature.
- Ah, si... Certo, mettiti qui. - m'indica il posto accanto a lui, mentre si alza e sparisce in un'altra stanza, per poi ritornare poco dopo con un barattolo e delle bende.
- Sdraiati.
- Ok... - una smorfia di dolore deforma il mio viso.
Le mani di Kurapika sono dannatamente delicate mentre spalma la pomata sulle parti lesionate del mio corpo. Guardare le sue dita strofinarmi gli addominali mi fa galoppare il cuore e, col silenzio che si è creato, ho paura che possa sentirlo. Faccio vagare lo sguardo verso l'alto e mi stupisco quando vedo le sue guance tinte di rosso. Deve essersi accorto del mio sguardo perchè sento il suo tocco farsi un po' incerto e mi chiedo il perchè.
- Kurapika? - la mia voce rompe il silenzio che si è creato e fa sussulatre il ragazzo.
- Si?... - chiede, incerto.
- Sei fermo in quel punto da un po'... - gli faccio notare, sussurrando piano.
- Ah... Si...
- C'è qualcosa che ti turba? - azzardo, vedendolo irrigidirsi e pentendomene subito.
- No! - risponde infatti, facendomi alzare e iniziando a fasciarmi l'intero busto. I nostri visi sono molto vicini ora e posso vedere come è arrossito, proprio come me del resto, mentre le sue mani sfiorano la mia pelle. Sento i brividi percorrermi tutto il corpo e prego che Kurapika non se ne accorga.
Quando finisce, si allontana da me e si siede sul divano, non troppo vicino. Lascio vagare lo sguardo sulla sua figura e, solo ora che lo guardo bene, noto che i capelli gli sono cresciuti, rendendolo ancora più affascinante. Dopo un tempo che mi sembra interminabile, la sua voce interrompe i miei pensieri.
- Io... Io... Ho avuto paura... - il suo è poco più di un sussurro e sono costretto ad avvicinarmi per poterlo sentire.
- Di cosa? - chiedo, mentre il mio cuore inizia a battere più forte.
- Quando ti ho visto, riverso a terra, in una pozza di sangue... Ho avuto paura... Paura che fossi morto... - dice infine, alzando finalmente lo sguardo su di me. I nostri sguardi s'incontrano e ci posso leggere tutto il dolore e la preoccupazione, che logorano ancora il suo cuore.
- Kurapika... - sussurro, per poi appoggiare la mano sulla sua spalla.
- Killua... Io... - lo guardo negli occhi e noto che che sono diventati più scuri del solito. Mi sembra di perdermi nelle profondità dell'oceano.
Non so cosa mi prende ma decido di seguire il mio istinto: non lo lascio finire ed annullo la distanza, già minima, che separa le nostre labbra. Chiudo gli occhi e mi aspetto un rifiuto, un pugno, uno schiaffo... Eppure non avviene. Dopo un primo momento d'irrigidimento, si scoglie e lo sento rispondere al bacio, facendo scivolare la lingua sul mio labbro, per poi immergere una mano nei miei capelli e tirarmi ancora più vicino a sè. Di riflesso stringo la sua maglietta e mi lascio cadere sul divano, sdraiandomi e attirandolo su di me. Continuiamo a baciarci con sempre più passione: le sue labbra sono cosi morbide, il suo profumo m'inebria i sensi, mentre le sue mani mi accarezzano con delicatezza, cercando di non farmi male.
Ci stacchiamo solo quando il bisogno di respirare si fa impellente e Kurapika appoggia la fronte alla mia, respirando affannosamente, ma non smettendo mai di accarezzarmi il braccio. Mi lascio cullare dal suo tocco e sospiro, sentendomi finalmente vivo.
- Se avessi un cuore, ti amerei... - sussurro piano.
- Lo hai. Lo sento battere proprio ora. - mi dice, poggiando il palmo della mano sul mio petto.
- Si fa vivo solo quando ci sei tu. - confesso, arrossendo leggermente.
- Allora d'ora in poi batterà per sempre. - mi dice, per poi baciarmi di nuovo.
Si, da quel giorno non ha smesso di battere: quello è il giorno in cui ho inziato a vivere davvero.


  
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