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Autore: GlendaSinWrasprigrel    19/05/2016    2 recensioni
Sonic si liberò dalle macerie urlando dal dolore per lo sforzo e si piegò in due per riprendere fiato. Alzata la testa, spalancò gli occhi davanti a quell’orrore: le colline verdi erano ormai diventate nere come la pece e il fiume era diventato una pozza di fuoco. Tutto bruciava di uno spaventoso colore cremisi.
« Ma che… ahi!» Bastò un passo e Sonic si trovò a terra. Portatosi una mano alla caviglia la sentì gonfia. «Che cosa è successo?» si chiese il riccio preoccupato.
«Quello che vedi, topastro.»
Alzata la guardia Sonic squadrò una palma alla sua destra, dove una ragazza vestita da abiti orientali lo fissava con un sorrisetto compiaciuto.
«Tu…chi diavolo sei?!» le ringhiò Sonic.
«Calma, Sonic the Hedgehog.»
«Sei stata tu? Cos’hai fatto ai miei amici?!»
«Tranquillo. Li raggiungerai molto presto» la ragazza scese con un salto dall’albero e, cogliendo Sonic di sorpresa, gli si avvicinò e lo alzò da terra con facilità prendendolo per il collo. Il riccio sputò sangue, cercando di staccarsi da quella morsa.
«Questo pianeta è morto. Come te» dalla manica del prezioso vestito ricamato, la ragazza estrasse una lama, pronta a colpire il riccio ormai privo di forze. «Addio, topastro.»
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Le condizioni di John si sono stabilizzate, ma dovrà restare ancora sotto osservazione.» informò il medico con il consueto tono professionale.
«La ringraziamo, dottore.» disse Anthony forzando un sorriso.
«Ora scusatemi, ma devo andare dalla madre per varie firme. Potete restare qui ancora per dieci minuti.»
Salutato il medico, i True si avvicinarono al vetro della finestra che li separava dal povero John, con la testa fasciata e una maschera per l’ossigeno. I battiti del cuore erano lenti, ma regolari.
Usciti dalla loro stanza, l’intera famiglia True volle andare a trovare il giovane assistente. Incontrata la madre, Veritas venne a conoscenza di come John avesse incontrato i suoi genitori.
John Murray era un ragazzo prodigio che ha avuto molte possibilità nel campo della mineralogia. Nonostante la sua giovane, poté partecipare a diverse conferenze e fu grazie ad una di esse che ebbe la possibilità di conoscere i famosi ricercatori Anthony e Martha True, finendo col diventare loro assistente.
«È stato molto fortunato» cercò di alleggerire l’atmosfera Veritas.
«Sì, tesoro. Hai ragione. Spero che si rimetta presto.»
«Tranquilla, Martha. Quel ragazzo ha la pellaccia dura.» la consolò il marito. «È giovane e con energia da vendere! Sono sicuro che si riprenderà presto!»
La donna gli sorrise annuendo.
«Però una cosa è certa. Se mai dovessimo ritornare là dentro, John non dovrà venire con noi.» disse Anthony grave.
Subito Veritas si voltò verso il padre allarmata. «Aspetta, papà! Non avrete intenzione di tornare lì? No! Non voglio!» urlò.
«Veritas, tesoro. Noi non vogliamo, credimi.»  la calmò Anthony con un sorriso.
«E allora cosa intendevi dire?»
«Ciò che voleva dire tuo padre era che dobbiamo per forza tornare per tirare fuori il diamante che stavamo studiando, così da spostarlo in un laboratorio in superficie.»
«Perché dovete per forza essere presenti anche voi? Non ci possono pensare dei… carpentieri o… insomma, quelli che usano le ruspe e tutto il resto?» Veritas iniziò a tremare. Non voleva assolutamente che i suoi genitori tornassero in quel posto. L’idea che potessero morire non la poteva sopportare. «Io… non voglio.»
I due scienziati si guardarono mortificati di vedere loro figlia in quello stato. «Ne abbiamo discusso» iniziò il padre. «Vogliamo cercare di recuperare i dati. Abbiamo controllato la linea delle apparecchiature e sono ancora in funzione.»
Veritas scosse la testa piano, con gli occhi leggermente lucidi.
«Veritas, tesoro. È il nostro lavoro. Ma non ti devi preoccupare» l’abbracciò teneramente Martha. Veritas inspirò il dolce profumo di pesca della madre. «Ti assicuro che verranno con noi persone pronte a portarci fuori, questa volta.»
Anthony si avvicinò alle sue donne e le abbracciò.
«Va bene» disse infine la ragazza. «Mi fido.»
«Grazie, amore.»
«Posso solo chiedervi una cosa?» chiese Veritas staccandosi dall’abbraccio.
«Certo, tutto quello che vuoi.»
«Come… è successo?»
Martha fece per aprire la bocca, ma la chiuse subito.
«Mamma?» insistette la ragazza.
«È… complicato. Non ci crederesti» rispose imbarazzata la donna, cercando manforte negli occhi del marito. «Ti sembrerebbe assurdo.»
Assurdo. Istintivamente Veritas ripensò ai due nuovi amici ricci Sonic e Shadow, divenuti umani a causa di un robot, non dimenticandosi dei suoi genitori ipnotizzati affinché li reputasse suoi lontani cugini. Sorrise divertita. «Siete i miei genitori. Non mi mentireste mai. Detto ciò, vi crederei anche se mi diceste che la luna è quadrata.»
I True ridacchiarono davanti al brillante sorriso della figlia e acconsentirono.
«È stata tutta opera del diamante che abbiamo denominato CHAOS» cominciò Martha.
«CHAOS?»
Annuì. «In realtà inizialmente aveva i valori di uno smeraldo, ma nel giro di questi giorni si modificarono.»
« Almeno ogni venti minuti» continuò Anthony. «Da lì capimmo che non era una pietra normale. Da smeraldo diventava un quarzo, poi un’ametista, di tutto e di più. Finché non diventò un diamante.  Senza dimenticare le innumerevoli interferenze che generava sulle nostre apparecchiature. » di volata prese il cellulare e mostrò subito una foto della misteriosa pietra.
Veritas rimase sorpresa dalla sua grandezza di circa un metro e mezzo. La forma effettivamente ricordava quello di uno smeraldo, solo non riusciva ad immaginare che potesse causare i danni descritti dai genitori.
Poiché aveva dato la sua parola, Veritas si limitò a dire:« Ma è pazzesco. Quindi… è colpa di questa pietra?»
«È difficile da credere, ma è così.»
La ragazza sfilò dalle mani il cellulare del padre per vederla da vicino. Per qualche strana ragione Veritas non riusciva a smettere di guardare quell’enorme pietra verde brillante, finendo col sussurrare:«il Master… Emerald
«Come hai detto, tesoro?» la chiamò la madre. Veritas si voltò dimenticandosi di quelle parole.
«Cosa?»
«Stavi dicendo qualcosa.»
«Io non ho detto niente.»
«Ok. Credo che sia meglio ritornare nella nostra stanza, ragazze» dichiarò Anthony guardando il suo orologio.
Madre e figlia acconsentirono. Diedero un ultimo saluto a John e uscirono, non curandosi dell’ombra nascosta vicino al letto del giovane assistente.
 
Tails lasciò cadere il cucchiaio nel piatto, ignorando gli schizzi di purè che finirono sulla sua faccia, poiché era impegnato a fissare il ragazzo dai capelli blu elettrico che era appena entrato nella sua stanza. «Non posso crederci» sbottò il rosso ramato con gli occhi velati di lacrime. «Sonic… Sei davvero tu?»
Il riccio blu allargò le braccia sorridendo. «Ma certo che sono io, Tails!»
La volpe a due code scese dal letto e si lanciò sul suo migliore amico, che lo prese al volo. «Sonic! Sei vivo! Non ci posso credere! Sono così felice di rivederti!» urlò tra le lacrime.
«Anche tu mi sei mancato, amico mio! Sono felice di vedere che stai bene.» Sonic strinse Tails con tutte le sue forze. Ora ne era certo: tutti i suoi amici erano sani e salvi. Sentì la piacevole sensazione del peso che lo abbandonava lentamente, facendolo sentire decisamente più leggero e meno teso. «Ora possiamo andarcene da questo postaccio.»
«Non è così facile» borbottò Tails staccandosi dall’abbraccio. «Il dottore non ha alcuna intenzione di lasciarmi andare.»
Sonic subito tranquillizzò l’amico dicendogli che era già stato tutto risolto da Shadow.
«Oh, davvero?» Tails allungò la testa per intravedere il riccio nero striato di rosso. Appena incrociò il suo sguardo, annuì esitante. Shadow rispose altrettanto. «E come ha fatto?»
«Be’, usando questa» Sonic mostrò la pietra blu che teneva al collo. Istintivamente Tails tirò su la sua. Era di un bel arancio acceso.
«Capisco. Significa che queste pietre sono più di semplice bigiotteria.»
«Direi proprio di sì.» ne convenne il blu.
«Bene, Ora che ci siamo tutti, sarà il caso di parlare di questa faccenda» Shadow avanzò al centro della stanza con le braccia conserte.
«Aspetta un momento, Shadow!» lo chiamò alterata Amy. «Per quale motivo dovremmo ascoltare proprio te, eh?»
Il moro si voltò, affrontando a testa alta la ragazza dai capelli rosa, impassibile. «Volete o non volete trovare una soluzione per tornare a casa?»
«Sai bene che non è quello che intendevo! Chi ci dice che tu non stia facendo il doppio gioco, eh?» Amy mise le mani sui fianchi con aria di sfida. «Non m’importa che Sonic ti abbia dato il permesso di stare in squadra con noi, io ancora non mi fido di te.»
Shadow inarcò un sopracciglio rimanendo in silenzio.
«Sono già capitati dei tradimenti da parte tua, questa non sarebbe una novità.»
«Amy, adesso basta» Sonic prese il polso dell’amica per avvicinarla a lui. «stai esagerando.»
«Io non esagero affatto, Sonic! Lo sai quanto me che di Shadow non ci si può fidare!»
«I tradimenti di cui parli erano causati da Eggman, non ricordi? Si è sempre preso gioco di lui e della sua memoria!» disse Sonic quasi urlando.
Amy distolse lo sguardo, incapace di ribattere. Nella stanza calò un imbarazzante silenzio.
«Amy, pensaci» disse con più calma il riccio blu. «Se fosse veramente come dici, perché mai sarebbe in questa situazione? Perché mai avrebbe provato a proteggermi?»
Amy si voltò verso Sonic incredula. Quest’ultimo le sorrise annuendo e le raccontò dello scontro con il robot trasforma-ricci.
«Io… non avevo idea.» come Tails, Amy cercò insicura lo sguardo cremisi del riccio nero e sussurrò:«Scusami…»
Shadow scrollò le spalle. «Senza rancori.»
«Dunque, fatemi capire» s’intromise Knuckles stanco di aspettare. «Queste pietre hanno il potere di.. ipnotizzare le persone?»
Sonic e Shadow annuirono.
«E siamo tutti d’accordo che la causa di questa nostra trasformazione sia Eggman.»
«Più o meno. Pensiamo che Eggman sia stato costretto a farlo» lo corresse Sonic.
«E allora chi c’è dietro a tutta questa storia?» chiese Tails.
Sia Sonic che Shadow non poterono dare una risposta.
«Siamo davvero messi bene.»
«L’unica cosa di cui siamo entrambi d’accordo», parlò Shadow, «è che una possibilità potrebbe essere una ragazza incappucciata.»
«Una ragazza incappucciata?» domandarono tutti all’unisono, cercando di ricordare le vicende successe su Mobius, ma a parte la consueta battaglia contro il Dr. Eggman, il resto era vuoto totale.
«Sì, ma per ora è solo un ricordo sfuocato. Ad ogni modo, Tails. Che cosa avete fatto per tutto questo tempo?»
Alla domanda dell’amico blu, Tails rispose il più chiaro e sintetico possibile. Dopo essersi risvegliati si erano ritrovati in una foresta e già trasformati in esseri umani. Vissero nei pressi di un fiume per un paio di giorni, finché un robot non li attaccò senza sosta per i seguenti due.
«Sono stato maldestro» disse la volpe imbarazzata. «Non sono riuscito a schivare un attacco del robot.»
«Non è vero, signor Tails!» la piccola Cream saltò in braccio a Tails in lacrime. «Lei ha solo cercato di proteggere Cream! Mi dispiace, signor Tails!»
«Oh, Cream. Non dirlo neanche! Non è stata affatto colpa tua.»
«In fondo, l’importante è che ora sta bene» Sonic prese in braccio Cream e le asciugò le lacrime con un pollice. «Dico bene, piccola?»
La bambina rispose al sorriso del riccio blu con uno altrettanto ampio e luminoso. «Grazie, signor Sonic.»
«E voi invece? Come ve la siete cavata?» chiese Amy.
«Io sono atterrato sul giardino di una ragazza. Si chiama Veritas» rispose Sonic.
«Più o meno come è successo a voi» seguì Shadow.
«Veritas?» ripeté perplessa la ragazza.
«Sì, Veritas True. Tra l’altro è venuta con noi. Anche i suoi genitori sono ricoverati qui.»
«Oh caspita! Stanno bene?»
«Fortunatamente sì. Essere ricercatori di pietre preziose è un lavoraccio.»
«Aspetta… Sonic, hai detto True?» domandò Tails come se avesse avuto un’illuminazione.
«Sì, perché?»
Senza perder tempo, Tails prese al volo il telecomando e accese il televisore sintonizzando sul primo telegiornale che gli capitò a tiro. «Me ne stavo per dimenticare! Mentre voialtri cercavate di farmi uscire da qui, ho sentito una notizia scioccante che riguarda proprio questi True!»
«Ah sì. Parli del crollo della cava, giusto? I True stavano studiando un diamante lì dentro. Per fortuna ne sono usciti illesi.» disse Sonic con tranquillità.
Tails scosse la testa serio.«No, Sonic. Non è un diamante.»
Guidati dal dito del ragazzo arancione, tutti si voltarono verso lo schermo e spalancarono gli occhi increduli. Nessuno prestò attenzione alla voce della giornalista, che descriveva la situazione della cava, poiché tutti erano concentrati sull’enorme pietra a loro familiare incastrata tra i denti di una gru.
Tails aveva ragione. Non si trattava di un diamante, bensì del Master Emerald.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Mi scuso per il ritardo. Sono stata molto impegnata tra scuola ed eventi molto spiacevoli che mi hanno segnata parecchio, ma ora le cose si sono sistemate e sono pronta a continuare. Vi dico la verità. Scrivere questa storia non è affatto facile, perché sto cercando di essere il più fedele possibile, ma soprattutto originale. Premetto che, nonostante siano passati tre anni, non sono ancora un’esperta sull’universo Sonic the Hedgehog, perciò se qualcosa non quadra vi prego di segnalarmelo.
Molto presto abbandonerò la forma umana dei nostri amici (sinceramente parlando, non mi piacciono… ma ho voluto inserire questa trasformazione giusto per creare un po’ di… suspense, credo).
Vi prego di essere pazienti. Le cose interessanti arriveranno a breve. Ho apportato un sacco di modifiche alla storia.
Grazie mille per la lettura!
Alla prossima!
 
Glenda
  
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