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Autore: PandorasBox    21/05/2016    0 recensioni
Si era quasi illuso che la qualità dei suoi sogni sarebbe potuta cambiare, con il passare del tempo e con la sua permanenza al Campo ma, anche a mesi di distanza, nulla sembrava esser effettivamente migliorato o peggiorato. Tutto sembrava una stupida calma prima di una stupida tempesta.
Gli incubi vanno e vengono, certo, ma il Tartaro resta e resta Bryce Lawrence e resta Octavian. Resta Bianca anche se non è più un incubo quanto più un ricordo dolce-amaro e un po' nostalgico[...]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incredibile ma vero, mi sono fatta trascinare dalla moda ed ho scritto una Solangelo. Incredibile ma vero, non è una AU: c’è sempre una prima volta nella vita ma non ero sinceramente pronta. Non c’è niente da spiegare se non il fatto che l’introduzione è di nuovo offerta da Area765 e se ancora non li avete mai conosciuti...conosceteli perché meritano ♥

 




 

Nonostante tutto quanto passa, nonostante c'è sempre qualcosa che resta,

la polvere negli angoli distanti o il riflesso di sguardi che tanto non scordi.

Nonostante abbia camminato, nonostante tutto quello che m'è sembrato,

la distanza, la fatica del viaggio e tutta l'aria che scansi per non stare peggio.

Che se il peggio te lo porti dentro

al primo raggio di sole devi stare pronto

e sarà vero che domani è un altro giorno

o che a sperare si fa sempre in tempo.








 

Sono le quattro del mattino e lui non riesce ad addormentarsi quando qualcuno bussa alla sua porta costringendolo ad interrompere il filo dei suoi pensieri: tre colpi, due lunghi ed uno breve, c’è qualcosa di musicale in quel bussare.

Non è stata una nottata facile, la sua, e lui continua a pensarci, però si alza e si dirige verso la porta.

Non è stata una delle peggiori, è vero, ha avuto incubi più violenti e vividi ma non è stata una nottata facile.

Si era quasi illuso che la qualità dei suoi sogni sarebbe potuta cambiare, con il passare del tempo e con la sua permanenza al Campo ma, anche a mesi di distanza, nulla sembrava esser effettivamente migliorato o peggiorato. Tutto sembrava una stupida calma prima di una stupida tempesta.

Gli incubi vanno e vengono, certo, ma il Tartaro resta e resta Bryce Lawrence e resta Octavian. Resta Bianca anche se non è più un incubo quanto più un ricordo dolce-amaro e un po' nostalgico: a volte il dolore torna ma, da quando è riuscito a perdonare sua sorella, Percy Jackson (ma non Artemide, no, lei non l'avrebbe mai perdonata) e sé stesso, le cose sono migliorate.

Ora se si guarda allo specchio, certe mattine, quasi si sente umano e deve essere un gran passo avanti. Lui è vivo, se lo ricorda.

I pochi ragazzi rimasti al Campo dicono che lo trovano bene ed anche lui si trova bene, di giorno, però i problemi arrivano la notte e lui non ha la forza di affrontarli.

Perché ora sono rimasti solo i ricordi, il dolore è diventato un po' meno lacerante, Bianca non se ne andrà mai davvero dai suoi sogni e lui lo ha accettato. Fine.

Però la sua vita è come un film della Marvel e dopo i titoli di coda c’è sempre qualcos’altro, quindi la fine non è mai una fine. E lui è stanco.

Ha promesso a sé stesso, prima ancora che ad Hazel e Jason, di provare -almeno provare- a voltare pagina. Se ci stia riuscendo o meno, però, non lo sa nemmeno lui.

 

Sulla porta della sua cabina, adesso, fissa una massa di capelli biondi che ha inizialmente (e inspiegabilmente) scambiato per quelli di Jason. Ma Jason è a Nuova Roma, ora, e quello che ha davanti è "solo" Will Solace avvolto in una orribile felpa con su il logo di non sa bene quale località sciistica — come possa indossare felpe del genere anche in piena estate rimane per lui un mistero, comunque.

Sul suo viso può leggere che, anche per lui, quella nottata non deve esser stata facile.

«Ho visto Michael cadere. Di nuovo. Non sono più riuscito a riaddormentarmi.» si sbriga a spiegare Will, quasi a volersi scusare, prima ancora che Nico possa chiedergli il perché di quella visita. E a Nico non servono molte altre spiegazioni per chiudersi la porta alle spalle e raggiungere l'altro fuori dalla cabina -gli è bastato quel sorriso nervoso e tirato, le mani infilate nelle tasche- e cominciare a camminare verso quella stupida rimessa delle canoe che sembra essere l'unico posto in cui si possa davvero parlare, al Campo.

Camminano in silenzio, i loro passi e gli sbuffi provenienti dalla stalla dei pegaso come unico rumore, le vie deserte e gli alberi che frusciano.

Da sopra la collina l’Atena Parthenos li osserva e lui la fissa di rimando: può permetterselo, dopotutto se lei è lì è merito suo e del suo aver quasi rischiato la vita per farle attraversare l’oceano.

Will gli tira un pugno perché, probabilmente, sta pensando la stessa cosa.

Sa di essere stato un pessimo paziente, comunque.

 

«È tutta una questione di reazioni chimiche, neuroni e sistema simpatico, comunque.» se n’era uscito Will, ad un certo punto, rompendo il silenzio; le mani ancora in tasca e lo sguardo rivolto al cielo. «Il fatto che alle persone piacciano gli abbracci, intendo. È tutta una questione di endorfine e muscoli che si rilassano e battito cardiaco che si regolarizza. Quindi è impossibile che non piacciano.»

Si sono fermati sul bordo del laghetto e Will ha spostato gli occhi dalla luna a lui mentre lo dice e, dèi!, quanto è strano non vedere quel suo sempiterno sorrisetto a stirargli le labbra, sostituito da una smorfia pensierosa che poco gli si addice.

Poi il silenzio è tornato e lui non ha avuto il coraggio di romperlo: per quanto stia migliorando nei rapporti con gli altri esseri viventi (compresa, inspiegabilmente, quel pitbull di Clarisse), Will rimane per lui un soggetto abbastanza complicato.

Quel tipo di persona che non accetta la tristezza altrui e ancor meno la propria, che tende a trattare la vita o troppo scientificamente o con troppa leggerezza, senza una via di mezzo.

Ma in realtà loro due non sono così diversi, entrambi si costruiscono un muro intorno anche se per ragioni diverse. Nico perché gli atri non possano entrare, Will perché gli altri si sentano protetti. Alla fine, però, quel che conta è il fatto che stiano male entrambi.

Se così non fosse non sarebbero lì a parlare.

Nonostante questo, però, negli ultimi mesi Will era stato una delle poche persone che si fosse davvero impegnata a far amicizia con lui, che si fosse preoccupata.

Era stato Will il primo a mostrare al mondo che Nico Di Angelo non avrebbe mangiato la loro anima se solo avessero provato a parlare con lui e all'epoca, anziché ringraziarlo, le aveva provate tutte pur di allontanarlo.

Evidentemente non c'era riuscito o, adesso, non sarebbero sul bordo del laghetto ad aspettare l'alba.

«Sei riuscito a rendere "medico" anche un abbraccio, Solace, complimenti.» è l'unica cosa che riesce a dire, sedendosi a terra mentre l'altro, ancora impettito come una dannata colonna, resta in piedi, immobile.

Non è la prima volta in cui si ritrovano a parlare in piena notte e in barba al coprifuoco, non è la prima volta in cui Will si esibisce nella sua migliore imitazione di una statua di sale, non è la prima volta in cui, entrambi in silenzio, stanno lentamente affondando ognuno nei propri pensieri utilizzando la presenza altrui come ancora.

Potrebbero restare così fino alla colazione e, probabilmente, nessuno dei due se ne lamenterebbe a parte Chirone che è un po’ stanco di ripeter loro quali sono le regole. Ma le regole Nico non le ha mai seguite e, finché non lo beccano le arpie, in realtà va tutto bene.

 

«È che Michael ci ha salutati tutti con un abbraccio, prima della battaglia, prima che...succedesse.» aveva ripreso Will, sedendosi finalmente accanto ad un Nico particolarmente attento, tirando sassolini nel lago ad ogni parola e storcendo il naso quando la loro parabola non finiva dove lui avrebbe voluto «Solo ora capisco che, probabilmente, lo ha fatto per scaricarsi, per essere sicuro e rassicurare anche noi. Era un tipo particolare, Michael, odiava certe cose, non l'avrebbe mai fatto se non avesse saputo. E stanotte l'ho sentito di nuovo abbracciarmi e l'ho visto di nuovo cadere.»

Nico afferra un sasso, lo getta nel lago imitando il ragazzo accanto a sé, accorgendosi, con sua grande sorpresa, che la sua mira sta lentamente migliorando.

A volte si chiede quanto una persona debba piangere prima di asciugarsi completamente, a volte si chiede se l’altro si sia mai concesso una lacrima.

«Una volta un tizio biondo e molto fastidioso mi ha detto che, con il passare del tempo, il nostro cervello dimentica le immagini più traumatiche lasciando solo i ricordi migliori ad esse legati. È autoconservazione, ha detto.» mormora, prendendo a giocare con un filo che penzola dalla sua maglietta.

Vede Will storcere il naso, quasi infastidito da quella rivelazione, e lo sente sospirare.

«Quell'abbraccio, allora, lo sognerò tutta la vita.»

Nico si limita ad annuire e stringersi nelle spalle, osservando il figlio di Apollo gettare l'ennesimo ciottolo nel laghetto. Ha un'espressione concentrata, Will, un'espressione che sfoggia di rado se non quando è chiuso nella sua infermeria o quando, corda tesa e freccia in cocca, mira ad uno dei bersagli.

 

Ha un rapporto conflittuale con arco e frecce, Nico, lo ha da quando Artemide e le sue cacciatrici hanno "portato via" Bianca, da quando Cupido lo ha colpito in Croazia, da quando è stato inseguito da Orione nella sua corsa contro il tempo appena un anno prima.

Will sembra essersi accorto della cosa ed evita di portare arco e faretra con sé, durante le loro passeggiate giornaliere, quando passano per i campi di fragole e, nei giorni migliori, il biondo lo spinge a socializzare con i figli di Demetra («È come se foste parenti, avanti!», gli dice Will ogni volta, salutando qualcuno a caso, spesso Miranda) mentre lui non riesce a trovare il coraggio di lamentarsi né di rompere effettivamente il ghiaccio.

Forse è colpa di quel suo irritante sorriso, o forse del suo parlare cantilenante con quell’accento che a volte non capisce proprio bene o, ancora, di quel modo che ha di tranquillizzare la gente senza volerlo davvero. O forse è colpa di quelle tante chiacchiere che ha ascoltato -perché è bravo ad ascoltare, Nico, aprirsi è ancora difficile ma sta migliorando anche in quello- che hanno cominciato a mostrargli Will sotto una luce diversa: Will che non è solo il tizio cocciuto con le infradito e l'aria da surfista che dice di trovare adorabile il modo in cui lui, da bravo italiano, gesticola mentre parla; Will che è tanto risoluto quando si tratta di "lavorare" quanto insicuro in qualsiasi altro aspetto della sua vita («Sono l'unico figlio di Apollo che non centra tutti i bersagli, capisci? E non so suonare neanche, che so?, il tamburello! Tutti sanno suonare il tamburello!»); Will che sorride sempre ma ha visto parecchia sofferenza, in quell'infermeria come fuori, che ha visto ed ha sentito gente morire sotto le sue mani, che non accetta la guerra e non capisce perché dei ragazzini debbano combattere e morire per il bene di grandi e potenti dèi immortali.

Will che non ha passato il Tartaro e non ha ucciso nessuno ma che, un po' come tutti loro, si porta dietro un paio di scheletri nell'armadio, un po' di rimorsi, più tristezza del previsto e che chiede sempre troppo a sé stesso.

Will che ora sta blaterando di qualcosa che lui non coglie distintamente –qualcosa riguardo al fatto che potrebbe e dovrebbe fare di più, riguardo quell'ansia che ha di non vivere abbastanza a lungo da poter diventare un vero medico ed aiutare davvero- perché i suoi pensieri fanno sempre tanto rumore dopo una nottata difficile, anche se ha Will vicino.

E sa che anche i pensieri di Will fanno rumore quella notte, solo lui è più bravo a tirarne fuori almeno un po', così fa una cosa molto stupida ma che rilassa i muscoli, regolarizza il battito cardiaco e tutte quelle cose scientifiche: si sposta quel che basta per star comodo e lo abbraccia.

«Prenditi ste endorfine, o qualsiasi cosa siano, ma taci, altrimenti me ne vado.» lo blocca prima che possa dire qualsiasi cosa, borbottando, perché lo sente blaterare ancora e lui vorrebbe solo che stesse zitto, per una buona volta, e si prendesse qualcosa che si merita senza chiedersi il perché o il per come.

L'ultima volta che Nico ha abbracciato qualcuno di sua spontanea volontà, Bianca era ancora viva e lui non era ancora com'è ora, quindi ha deciso che un po' di quella roba che sembra far tanto piacere gli abbracci se la merita anche lui.

Merita di sentire la sorpresa dell'altro e le sue braccia che ricambiano la stretta, merita di non pensare al gesto che ha appena fatto, merita di ammettere a sé stesso che abbracciare quel Will Solace gli piace e che, sì, evidentemente piace anche a quelle stupide farfalle che sente nello stomaco un po' ogni volta in cui è con l'altro.

Se solo ne avesse il coraggio, probabilmente, oserebbe di più —ma non è ancora tanto bravo e in questo non sta migliorando poi tanto, quindi si accontenta di sentire la leggera risata di Will che finisce per contagiare anche lui.

Perché entrambi meritano di poter ridere in barba ai loro incubi e, se un abbraccio è una medicina che funziona davvero, allora entrambi ne meritano uno.

Perché non è stata una nottata facile, la loro. Non è stata una delle peggiori, è vero, ma comunque non facile. Perché Bianca e Bryce e Octavian e Michael (e Lee ed altri di cui Will parla ma che lui non ha conosciuto) non se ne andranno mai davvero e loro lo sanno. Il Tartaro non se ne andrà neppure tra mille abbracci e Nico lo sa.

Ma ora sa anche che è una cosa di sistema simpatico e battito che si regolarizza ed endorfine se, per un po', riesce a toglierselo da davanti agli occhi. Non dura molto ma è già tanto, dura quel che basta per ricordargli ancora una volta che è vivo ed in mezzo ai vivi, che quell’abbraccio è caldo come deve essere, che non è solo e deve impararlo.

Sono pochi secondi che durano un’eternità, sciolti in quella risata che viene da chissà dove.


Sono quasi le cinque del mattino quando entrambi smettono di ridere, di parlare, e, se solo Nico fosse un po' più bravo con certe cose, probabilmente bacerebbe Will. Ma Nico non è bravo, forse un po' ha paura perché non sa bene come funziona, ed è stata una nottata difficile.

Accanto alla rimessa delle canoe, quindi, lo abbraccia di nuovo.


Se Will non fosse timido quanto basta, se non avesse un po' paura, bacerebbe Nico. Ma il suo cervello sembra prenderlo in giro e lui sa che dovrebbe spegnerlo ma non ci riesce perché è stata una nottata difficile, quindi, accanto alla rimessa delle canoe, ricambia quell’abbraccio abbastanza forte da sentire l’altro borbottare.
   
 
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