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Autore: Cinzia N Spurce    22/05/2016    2 recensioni
[Terza classificata al contest "Il Citazionista" indetto da SherylHolmes sul forum di EFP]
Dal testo:
«Non si uccide mai senza un perché» lo senti sicuro e tu non puoi accettarlo.
«Magari mi è solo piaciuto» rispondi continuando a ghignare cattivo.
Quanto ancora ti farai male?
«Magari non hai avuto scelta»
Fottuto Derek Hale.
Genere: Angst, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Punto di rottura.
Citazione: «È impossibile» «Solo se pensi che lo sia». Alice in Wonderland
Titolo: Broken pieces.
Autore: Cinzia N. Spurce.
Fandom: Teen Wolf.
Wordcount: 2915.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: un filino OOC, Oneshot, What if.
Note dell’autore: Dunque, innanzi tutto, è ambientata nella prima metà della quinta stagione, in particolar modo prima della 5x11, ma dopo la 5x09, quindi se non l’avete ancora vista non leggetela, ci sono spoiler, se continuate a vostro rischio e pericolo. È ambientata dopo la morte di Donovan e la successiva scoperta di questo evento da parte di Scott, ma prima della riappacificazione tra i due.
È abbastanza angst, ci sono pensieri sul suicidio, un po’ di instabilità emotiva e mentale e tanta tanta sofferenza. È una potenziale pre-slash Sterek, anche se la vedo più come una connessione spirituale che come una connessione romantica. Qui il nostro Stiles non sta affatto bene, non ha superato benissimo la possessione del Nogitsune, anzi è come se lo continuasse sentire dentro di sé, come se effettivamente una parte del demone fosse rimasta dentro di lui.
L’avvertimento What if sta non perché gli avvenimenti cambiano, ma perché viene inserito un avvenimento che nella quinta stagione non c’è, OOC sta per il modo in cui Stiles affronta questo punto di rottura, che penso non sia proprio fuori dal personaggio, reagire in questo modo, ma comunque mi considero lungimirante e metto l’avvertimento xD.
Partecipa al contest “Il Citazionista” di SherylHolmes, indetto sul forum di EFP con la citazione
«È impossibile» «Solo se pensi che lo sia»” del film Alice in Wonderland e all’iniziativa Piscina di Prompt, con il prompt “Punto di rottura” indetta su Livejournal, mi sento in dovere di dire che il prompt è stato interpretato e non inserito letteralmente, semplicemente il punto di rottura è la morte di Donovan e il cadere nuovamente nel baratro.

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Cosa è successo nelle successive quarantotto ore, effettivamente, non lo sai. Ne hai un vago ricordo, solo un lieve sentore, tutto è immerso nella confusione, ricordi solo l’acqua della doccia che ti bagna, lo strofinio forsennato delle tue mani, ma come si toglie il marcio della morte dalla propria pelle?
L’acqua non basta, nemmeno il sapone.
Cominci a pensare che scorticarti la pelle sia una buona idea, perché – Cristo Santo – dentro quella pelle costellata da nei non sai neanche più chi si nasconde, allora strofini e strofini e continui a strofinare fino a far diventare rossa la pelle lattea, fino a sentire bruciare sotto le dita quei lembi di pelle che non vorresti più vedere.

Come si fa a cambiare pelle?
Non ci si libera della propria pelle, né delle proprie colpe.

Ti sussurra nella testa una voce che è troppo simile a quella Nogitsune, troppo simile a quell’oscurità latente che Deaton ti aveva detto che avresti percepito e tu l‘hai percepita in pieno, quella notte, quella fottutissima notte in cui un filo si è spezzato, quello della tua sanità mentale, dell’innocenza, della morale.
Cosa è successo, poi, proprio non riesci a ricordarlo, solo non ti spieghi come Scott, Liam e Malia non abbiano percepito con i loro maledetti sensi sovrannaturali del cazzo l’odore del senso di colpa, quello inaspettato del sollievo, quello inquietante della potenza.

Non ti libererai mai di me.
Lo senti sussurrare a lezione, quasi dento le orecchie, ti giri e vedi Lydia lanciarti uno sguardo sorpreso.

Loro non lo sapranno mai.
Dirlo ti aiuterebbe e far finire quel tormento che ti sta lacerando l’anima, pensi convinto, ma per dirlo ci vogliono le palle di ammettere che hai ucciso una persona, che hai deciso che la tua vita valesse più della sua e, in fondo – se ancora una parte del vecchio te esiste dentro te stesso –, sai che non è così, che tu quella possibilità non la meritavi, perché tu, al contrario di quel ragazzo, avevi già preso delle vite, le hai sentite morire e ti è piaciuto. Come ti è piaciuto uccidere Donovan, non lo hai mai ammesso a te stesso, ma oltre al sollievo dello scampato pericolo hai sentito anche la scintilla del potere, un leggero e dolcissimo piacere per averlo ucciso, con le tue mani.

Credevi che bastasse davvero mettermi dentro una scatola di legno per liberarti di me?
Il Nemeton non ti ha dato solo l’oscurità, ha dato una casa alla volpe.
Lo sai da sempre, da quando hai riaperto gli occhi dopo averlo affrontato, da quando hai guardato il tuo migliore amico ed eri combattuto tra il chiedergli scusa un infinità di volte per avergli rigirato una spada nel petto e il sentirti tremendamente elettrizzato da quella crudeltà che ti ha invaso il cervello e che ti stuzzica i sensi.

Non resistermi, Stiles.
Hai cercato di resistere per mesi interi a quella fottutissima sensazione di potere che la volpe scaturisce in te. Sai di avere il potere di uccidere e che farlo ti procura piacere, ti fa sentire forte, ti fa scoppiare il cuore, ma hai sempre cercato di seguire la retta via e poi è successo Donovan, la sua morte, la tua vita e il silenzio, perché non puoi sul serio dirlo agli altri, Scott ti giudicherebbe, tuo padre si rovinerebbe la vita… e un pensiero ti serpeggia nella mente, si fa spazio prepotentemente tra i tuoi pensieri scoordinati, tra le tue elucubrazioni mentali più raccapriccianti, per tradursi in immagine proprio dentro i tuoi occhi e dirti che una persona al mondo che potrebbe dirti come si sopravvive a quello prima di sfiorare la follia c’è, esiste, devi solo chiederglielo.

Lui non sa come si vive da ingannatori.
«Ma sa cosa vuol dire sopravvivere da colpevoli» sussurri al nulla, mentre ti guardi allo specchio e tra le tue iridi ambrate vedi il luccichio del Nogitsune, la sua fame, la sua voglia.
Serri gli occhi, volti il capo, li riapri per cercare forsennatamente il tuo telefonino e noti che non hai mai avuto niente di suo, nemmeno il numero di cellulare, solo la consapevolezza che gli hai salvato la pelle, che avrebbe continuato a sopravvivere grazie a te.
Adesso, realizzi, non sai se gli hai fatto un favore o un terribile torto.
Sai però come rintracciare la mercenaria che lo ha salvato dal baratro, poco tempo prima, e allora la chiami e glielo chiedi, senza dirle ciao, né darle spiegazioni.
«Ho bisogno del suo numero» non hai bisogno di specificare di quale numero stai parlando. Tu e Breaden avete solo lui in comune, e la Lupa del deserto, ma con lei non vuoi certo farci una chiacchierata. Breaden non si fa problemi a dartelo e tu fissi quel pezzo di carta in cui lo hai appuntato in un misto tra trepidazione e paura.

Non lo accetterà mai.
Il pensiero di sentirti giudicato anche da lui ti fa mancare il fiato, è una variabile che non hai calcolato, l’indignazione di Derek, il suo disprezzo.
Lui ha ucciso Paige ma non è un assassino, tu invece lo sei, ti sei macchiato e adesso il peso della colpa e il senso di potenza ti stanno facendo a brandelli e ti scappa una risata strana, quasi pazza, stai cedendo e prima di lasciare il controllo a quella fottutissima bestia che ha preso possesso di te decidi che non andrà così, che puoi fermarlo, c’è sempre un modo.
Guidare la tua Jeep è sempre stato calmante, ma adesso non puoi fare altro che pensare a quanto sia stretta, a quanto ti manchi l’aria, a quanto sia fottutamente sbagliato tutto quello.
È un vecchio luogo dimenticato, una strada sterrata che si apre tra gli alberi e che porta a un altrettanto dimenticato ammasso di rocce che danno su un dirupo.
È affascinante.
Lo chiami, senti gli squilli prima della sua voce assonnata.
Sono le tre di notte e probabilmente dorme, vuol dire che non è poi tanto distante da voi, che siete più o meno in luoghi con lo stesso fuso orario.
«Derek» dici atono. Non è un saluto, né una supplica, solo il suo nome e il miliardo di domande che vuoi fargli, ma non sai da dove cominciare.
«Stiles?» non si aspettava la tua voce, tu per qualche secondo non sai cos’altro dirgli, come si chiede a qualcuno come si sopravvive a un omicidio?
«Stiles, cosa diavolo è successo?» lo senti irritato, perché potrebbe essere successo di tutto e tu non glielo stai dicendo, stai perdendo tempo. Vorresti dirgli che qualcosa è successo, che è successo il dramma, la catastrofe, la volpe non è mai andata via, tu sei un assassino e Scott non lo accetterà mai, vorresti dirgli che hai una fottutissima paura di rifarlo, che non sai come fermarti perché la verità è che ti è piaciuto da morire farlo e ci sono momenti in cui quei sensi di colpa ti infastidiscono, ma poi capisci che quello ti renderebbe un mostro e allora fai un passo indietro e resti spezzato, con il tuo dolore, con il tuo terrore.
«Come si sopravvive a un omicidio?» gli dici senza aggiungere altro, ti si incrina solo un po’ la voce, perché dirlo è come buttare giù un muro che avevi costruito, non sai più se per proteggere te o gli altri.
«Cosa?» le parole gli si strozzano in gola, non capisce di che stai parlando.
«Come hai fatto, tu, a sopravvivere a un omicidio...» ti fermi e lo senti trattenere il fiato, ha capito che ti riferisci a Paige, alla sua morte, al suo dolore. Solo non capisce perché credi di avere il diritto di chiederglielo.
«Di che cazzo stai parlando?» sputa tra i denti e tu non sai come dirglielo che lo hai pensato perché avete così tanto in comune, voi due. Avete in comune il dolore della morte, il peso della colpa, la debolezza che vi ha resi così manipolabili.

Cristo, siete uguali.
Ma lui non è un assassino.

«Ho ucciso, Derek. E alla fine non mi è nemmeno dispiaciuto» la butti lì così, quella frase, dopo un silenzio che sembra essere durato anni. Glielo dici con un mezzo sorriso sulle labbra, lui lo sente e sai che sta chiudendo gli occhi, sta stringendo i pugni, perché non sa cosa sta succedendo, non glielo stai spiegando. Non sa che Donovan era un wendigo del cazzo con manie di vendetta e che voleva mangiarti, non sa che hai cercato di scappare e che alla fine non hai potuto fare altrimenti, non glielo vuoi dire. Vuoi punirti e sentirti dire che sei un maledetto assassino, come hai letto negli occhi di Scott, come ti ha punito Theo.
La verità è che vuoi pagare per peccati che nessuno ti ha fatto pagare, vuoi punirti per Allison e Aiden, per i morti innocenti e per Lydia in preda alla paura. Vuoi sentirlo il disprezzo, ti fa sentire meno mostro, più umano e Dio solo sa quanto tu abbia bisogno di sentirti umano, in certi momenti, ne hai bisogno più dell’aria a volte, perché ti illudi di poter sopraffare il Nogistune, di battere la volpe e ami quella sensazione. Ma adesso non sai cosa ami di più, se la voglia di sopraffare o di farti sopraffare, non sai se è più piacevole vincere o farti cadere giù, nel baratro di una possessione mai del tutto vinta. Hai vinto una battaglia contro quella specie di mostro, ma non la guerra e non sai più se vuoi ancora vincerla, ti piacerebbe perderla in certe mattine, quando ti alzi senza aver chiuso occhio e ti senti così stanco da sentire la storia del mondo tutta sulle tue spalle.
Non sai se quella sensazione appartiene a te o al Nogitsune, non capisci più quanto c’è di te e quanto di lui e questo ti fa impazzire
«Stiles...» lo senti mormorare, probabilmente non sa cosa dirti. Lo senti trattenere il fiato e tu lo trattieni per un attimo assieme a lui. Cosa ti aspettavi da Derek Hale? Sul serio, cosa pensavi di fare?
Poi parla, dopo minuti interi in cui guardi il dirupo e un pensiero ti nasce nella mente. Lo senti parlare quando ti esce una risata aspra e folle.
«Non si uccide mai senza un perché» lo senti sicuro e tu non puoi accettarlo.
«Magari mi è solo piaciuto» rispondi continuando a ghignare cattivo.

Quanto ancora ti farai male?
«Magari non hai avuto scelta»
Fottuto Derek Hale.
Ti sta distruggendo. Ti sta facendo male e bene, perché lui non ha avuto esitazioni nel crederti innocente, nemmeno quando tu gli hai detto che ti è piaciuto uccidere.
Lui semplicemente ti crede, come non ha fatto Scott, sa che togliere una vita ti cambia nel profondo e anche le possessioni da parte di demoni oscuri e millenari non fanno bene alla stabilità mentale. Lui sa cosa significa essere schiacciato dai sensi di colpa e lo legge tra le righe della tuo tono crudele, nella tua voce incrinata che chiede aiuto, nell’urlo silenzioso della follia dilagante e dirompente.

Lui lo sa, come ci si sente.
«La volpe è tornata» confessi. La tua voce è un sussurro, le sue imprecazioni invece sono perfettamente udibili.
«Non fare cazzate, ragazzino» ti chiedi da quando ha imparato a conoscerti così bene.
«Sarebbe tutto così semplice» mormori e prendi coscienza che toglierti di mezzo adesso sarebbe sul serio la soluzione più indolore.
«Cristo Santo, Stiles dove sei?» te lo urla arrabbiato.
«Io ci ho provato sul serio, Derek. Davvero. Ma non va mai via, non...» prendi un respiro, comincia a tremarti la voce, poi ti appigli alla lucidità, a quello che sempre più chiaramente ti sembra un messaggio d’addio e sorridi al pensiero di come tu sia incasinato anche in quelli, potevi semplicemente lasciare un messaggio e dire che lo facevi per tutti loro, invece hai chiamato Derek e lo stai ammorbando con parole confuse e sensazioni schiaccianti. «Ho provato di tutto, ho fatto quello che so fare meglio: fare ricerche, mettere insieme i pezzi, ragionare e dedurre, ma non sono riuscito a trovare una soluzione, non sono riuscito a rimettere insieme i pezzi. Sono il mio caso irrisolto, Derek» ridi tra le lacrime, «sono un caso irrisolto e non so sistemarmi e ucciderò ancora, perché
il Nogitsune lo vuole, io lo voglio... non voglio farlo, Derek. Non voglio essere un mostro» la tua confessione è la cosa che ti fa più male.
Finalmente lo hai detto, e quello che ti schiaccia più dei sensi di colpa e dello schifo verso te stesso è la paura di fare ancora del male. Ne sei terrorizzato.
«Puoi ancora batterlo». Lui ne è così sicuro, come fa? Ti chiedi.
Tu non sei più sicuro di niente.
«Non posso»
«Lo hai già fatto una volta, stupido ragazzino, puoi farlo ancora», ti dice scontroso, «non lasciarlo vincere, non dargli la possibilità di farti cadere. Sei un sopravvissuto, non possono distruggere un sopravvissuto»
«Perché?»
Ti concedi la speranza.
«Perché siamo già spezzati, Stiles. Ci hanno già uccisi, non possono farlo di nuovo» e sai quanto gli costi dirlo, che lui è spezzato.
Siete ridotti a pezzi, dentro.
Avete l’anima a brandelli e sapete che certi pezzi di voi non li ritroverete mai, altri invece saranno lì a ricordarvi gli errori commessi, come un eterno promemoria di dolore, altri ancora vi si conficcheranno dentro fino a farvi sanguinare, perché vi faranno sempre male, come una lama affondata nel petto, o come la morte di un amico.
«Come?» speri che lui abbia le risposta, perché a te ne mancano un bel po’.
«Puoi cominciare dal perdono» e ti si rompe qualcosa dentro. Qualcos’altro, ti correggi.
«Non so nemmeno da dove cominciare a farlo» ridi isterico.
«Scendi a patti con te stesso, accetta che non è stata colpa tua» ti sussurra. La sua voce è una carezza leggera sul capo.
«È impossibile» e lo credi davvero.
«Solo se pensi che lo sia» risponde sicuro.
Quando è diventato così ottimista, così fiducioso, così non Derek.
«Tu come hai fatto? Come sei riuscito a non impazzire?» glielo domandi perché davvero non lo capisci come sia stato possibile, per lui.
«Non passa mai» mormora con il respiro spezzato.
I ricordi devono straziarlo, come straziano te.
«Non superi mai la morte, non passa mai il dolore, non diventa mai un eco, non cambia mai intensità, ma puoi imparare a piegarlo, puoi decidere di usarlo e allora avrai vinto, ragazzino» il suo tono acquista sicurezza e i suoi silenzi dopo simili parole sono un balsamo sulle tue ferite. Non ti guariscono ma leniscono il bruciore al petto, lo fanno apparire meno insopportabile, come se così potessi anche decidere di reggerne il peso per tutta la vita.
«Non voglio perdonarmi» lo sputi come un insulto.
«Non è stata colpa tua» la sua voce è ferma.

Perché ha così tanta fiducia in te?
Siete Derek e Stiles, non siete amici, vi salvate a vicenda per muto accordo di sopravvivenza. Non siete mai nemmeno stati parte dello stesso branco.
Però avete tante ferite tremendamente simili, e un sopravvissuto malamente al baratro ne riconosce facilmente un altro.
«Non sai nemmeno cosa è successo»
«Non mi serve saperlo per crederti, mi hai salvato la vita, so che non è colpa tua»
Non sai se la sua fiducia ti uccide o ti tiene in vita, ma è una cosa nuova, una cosa che avevi dimenticato.
«Se non riesco a controllarlo?» hai una paura fottuta.
«Sei più forte del suo gioco mentale» sospira, «se non riesci a batterlo da umano, allora battilo da volpe» la sua voce ti colpisce a bruciapelo.
Realizzi il significato di quelle parole e ti sconvolgi, mentre gli angoli delle tue labbra un po’ si innalzano per lo stupore.
«Vuoi dire...»
«Usalo a tuo vantaggio, dominalo, sii la volpe», sorride malizioso.
Sai cosa vuole dire, sai che è possibile, perché è quello che fai quando scatta il pericolo.
È l’oscurità intorno al cuore di cui parlava Deaton, ma forse credi che quell’oscurità l’abbia chiunque ha perso se stesso, per questo Derek lo capisce, per questo lui sa farti ritornare il respiro regolare.
«Non so se posso farlo» hai paura di perdere.
«Non hai scelta»
Capisci che ti ha appena detto in silenzio che qualsiasi altro pensiero deve essere bandito.

Che quel pensiero deve essere bandito.
Non esiste perdere. Non esiste arrendersi. Non esiste mollare.
«Se prendesse il sopravvento...» non vuoi credere di potercela fare, sarebbe un passo verso il perdono.
«È la tua mente, Stiles. Sei più forte di lui»

Sei più forte del male.
Sai che ha appena messo fine alla conversazione, non accetterà una conclusione diversa.
Sai che potresti sempre ignorarlo e fare di testa tua, far finire il tuo strazio stasera, su quel dirupo, un colpo di acceleratore e fine.
Finisce il male, il dolore, il bisogno di proteggerli, perché li avrai salvati, ma sai che lui ne resterebbe deluso e non vuoi. Semplicemente non vuoi.
Allora gliela dai vinta, a Derek.
«Derek?»
«Mh?»
«Grazie»
Gli esce fuori un mormorio di assenso, non avete più niente da dirvi, tu e Derek Hale. Non avete mai avuto nulla di dirvi, voi due.
Avete solo il dolore, tutto quel dolore inespresso che vi ha compromessi e che vi ha resi simili.
«Ciao Derek» lo saluti e sai che ti ha salvato, ancora.
«Ciao Stiles» ti saluta e sai che lui lo sa, allo stesso modo in cui lo sai tu, che vi salverete sempre, in un modo o nell’altro.

Click.
Chiudi la comunicazione.

Non sarete mai amici, ma vi salverete sempre.

 

 

 

Note 2.0: Eccoci arrivati alla fine di questa one shot abbastanza angst, ma io amo l’angst.
Dunque, chiarimenti che non ho messo prima altrimenti vi spoileravo troppo, il Nogitsune, effettivamente, non c’è, Stiles lo sente, come se stesse impazzendo, ma in realtà il capitolo Nogitsune è bello che chiuso. Solo che il senso di colpa lo sta distruggendo e lui non sa più come affrontarlo. La sensazione di Stiles di sentire ancora il Nogitsune e anche ciò cui fa riferimento Derek quando gli dice “Sii la volpe”, è un’idea che ho letto in giro e che mi ha stuzzicato abbastanza: in soldoni, il Nogitsune non c’è più, ma è come se alcuni residui, come l’oscurità, il cedere a compromessi, l’essere ingannatori, siano comunque rimasti in Stiles a causa della possessione. Poi ammetto che mi sarebbe davvero piaciuto vedere Stiles, Scott e la dipartita Allison a fronteggiare questa “oscurità intorno al cuore” di cui parlava Deaton.
Niente, fine delle delucidazioni.
Spero vi piaccia, a presto,
Cinzia N. ^^

   
 
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