Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |      
Autore: xjnicodiangelo    22/05/2016    5 recensioni
Solangelo - AU
[...] Aprendo gli occhi, vedeva il moro che soppiantava un sorriso mordendosi il labbro, perché per quanto potesse essere un gesto romantico, lui era fatto così: lo metteva a disagio sentire Will esprimere così apertamente il suo amore per sé, perché sentiva che non sarebbe mai riuscito a reggere il confronto –nemmeno impegnandosi–.
Si stava sforzando, da quando il suo ragazzo era salito sul palco, ma non riusciva proprio a credere che quella canzone, il maggiore l’avesse scritta per lui; E il biondo lo conosceva troppo bene, perché nello sguardo del minore aveva letto tutti i pensieri che gli erano passati per la testa, ma non si lasciò scoraggiare perché per quanti dubbi e insicurezze Nico potesse avere, lo amava e diamine, se anche Will lo amava.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Piccola premessa: le frasi scritte in mezzo in “courier new” sono i versi della canzone che mi ha ispirato (appunto, perfectly perfect dei Simple Plan), mentre i pezzi in corsivo sono flashback della relazione tra Nico e Will. Buona lettura!
 
Perfectly Perfect
 
Will non aveva detto assolutamente nulla al suo fidanzato.
Non gli aveva detto che quella sera si trovavano in quello stupido bar dove si stava svolgendo una serata karaoke solo perché lui sarebbe dovuto salire sul palco.
Tantomeno gli aveva detto che aveva scritto una canzone per/su di lui.
Perché tenerlo all’oscuro di tutto? Semplicemente perché conosceva abbastanza il moro da prevedere la sua reazione –eccessivamente negativa–.
Ma Nico era fatto così: non gli piaceva essere elogiato, non ci era abituato.
 
Il biondo si riscosse dai suoi pensieri quando un ragazzo dello staff lo richiamò, informandolo che era arrivato il suo turno di salire sul palco. Trasse un respiro profondo mentre ascoltava il presentatore della serata annunciarlo –poteva immaginarsi la faccia scioccata del suo fidanzato che realizzava che no, non era veramente andato al bagno–.
Quando salì sul palco si sentì a disagio: avere tutti quegl’occhi addosso lo metteva in soggezione, ma era deciso a fare quella cosa –diamine, se lo era promesso!–, quindi si sedette sullo sgabello che si trovava dietro al microfono posandosi la chitarra sulle gambe. Alzò lo sguardo, teso come una corda di violino, e schiarendosi la voce esordì: «Ehm, questa sera farò l’intruso e canterò una canzone che ho finito di scrivere, beh … questa notte. Ho scritto questa canzone su e per il mio ragazzo, perché possa almeno provare a capire cosa vedo in lui.» La voce calda di Will s’interruppe, mentre i suoi occhi azzurri cercavano quelli scuri di Nico, che era appoggiato al muro infondo alla sala con le braccia conserte e un vago sorriso dolce ad increspargli le labbra.
Il biondo sorrise raggiante nella sua direzione prima di riprendere parola: «La canzone si chiama Perfectly Perfect: spero vi piaccia.»
Abbassò il capo cominciando a pizzicare delicatamente le corde e concentrandosi soltanto sulla dolce melodia. Si estraniò dal mondo, dalla sala semi-vuota, dal leggero chiacchiericcio delle persone: c’erano soltanto lui, la sua musica e le parole che cominciarono a venir fuori dalle sue labbra.
 
You might not think you’re a supermodel
But you look like one to me
I’d rather have your picture on my phone
Than on the cover of a magazine
 
«Perché mi fissi?» chiese il moro in quel pomeriggio afoso nel bel mezzo dell’estate. Erano nel giardino di casa sua, seduti sull’erba curata e bagnata dalla rugiada e Nico era bello, bellissimo: come sempre, d’altronde.
«Perché sei uno spettacolo.» rispose semplicemente Will, senza esitare, perché era ciò che realmente pensava. Il moro tuttavia era arrossito e imbarazzato gli aveva dato un pugno sulla spalla, che avrebbe dovuto essere amichevole, ma non lo era stato: «Ahia! Mi hai fatto male!» si era quindi lamentato il biondo massaggiandosi la parte colpita.
Il più piccolo lo guardò male prima di spingerlo leggermente e borbottare: «Ma smettila!»
Will lo guardò con un mezzo sorriso: «Di lamentarmi? Vorrei farti notare che è colpa tua, raggio di sole!» In risposta, ricevette uno sbuffo particolarmente seccato da parte del suo fidanzato che borbottò: «Di farmi stupidi complimenti!»
Il biondo evitò di replicare che era impossibile non fargliene, ma si trattenne perché sapeva che Nico era fatto così: non era abituato a sentirsi apprezzato, non lo era mai stato.
Il maggiore lo osservò attentamente, come se fosse la prima volta che lo vedeva. Il più piccolo aveva cambiato posizione, stava semi-steso con i gomiti poggiati all’erba e la testa tirata all’indietro con aria serena. I capelli, scompigliati e più mossi di com’erano di solito, neri e illuminati dalla luce del sole, arrivavano ad accarezzargli le spalle per via della posizione. I suoi bellissimi occhi –chiusi– erano coperti da occhiali da sole dalla montatura nera, mentre le sue labbra sottili erano incurvate in un piccolo sorriso, che lo rendeva ancora più bello.
Will osservò il contrasto tra la pelle diafana colpita dal sole e i vestiti completamente neri ed esageratamente grandi e pensò di ritrovarsi davanti un angelo, altro che re degli spettri.
Ritornò a guardare davanti a sé, appurando che il suo fidanzato fosse così bello che avrebbe potuto facilmente avere sue foto sul telefono così come sulla copertina di una qualsiasi rivista.
Ma evitò di esporlo: sentiva ancora la spalla pulsare.
 
It’s hard to think that a boy1 like you
Could have any insecurities
It’s funny how all the things you would change
Are all the things there are cute to me
 
«Di Angelo, perché non ti metti un campanello al collo2 così non rischio di schiacciarti?» Il moro sbuffò per niente colpito –almeno all’esterno–, e non staccò gli occhi dallo schermo del cellulare nemmeno per rispondere all’essere che si trovava davanti: «Solo se te ne metti uno anche tu, magari ci ricordiamo di non usare parole troppo difficili con te: mi dispiacerebbe metterti a disagio per il tuo poco intelletto.» Il massiccio giocatore di football strinse i pugni, guardando male il più basso, che tuttavia ancora non lo degnava di uno sguardo: «Vuoi proprio prenderle, Di Angelo?» Un altro sbuffo emesso dal minore, che si mise il telefono in tasca alzando finalmente lo sguardo al giocatore di football, sorridendogli angelico: «Magari un’altra volta, ora faccio tardi a letteratura inglese!» Non aspettò nemmeno una reazione da parte del ragazzo recuperando il suo zaino e uscendo velocemente dalla classe.
Qualcuno che non lo conosceva, avrebbe trovato davvero difficile pensare che un ragazzo come lui potesse avere così tante insicurezze.
 
«Will» l’aveva richiamato il minore. Quel giorno dopo scuola si erano ritrovati  a casa del moro, perché quella sera ci sarebbe stata la festa di compleanno della cugina di quest’ultimo –Thalia–, e Will doveva dargli una mano a decidere cosa mettere.
Il biondo voltò lo sguardo –che era precedentemente puntato sul telefono– verso il suo ragazzo imbronciato che aveva le braccia conserte mentre si guardava allo specchio appeso all’anta del suo armadio di mogano nero: «Secondo te, sono troppo basso?»
Il biondo arcuò leggermente le sopracciglia, abbandonando definitivamente il telefono con il quale aveva giocato fino a quel momento sul letto e sedendosi composto su quest’ultimo: «Perché me lo chiedi?» indagò con un’espressione dubbiosa. Il più piccolo sbuffò spazientito –la pazienza non era tra le sue qualità–: «Rispondi e basta!»
Will sospirò: «La tua altezza è okay, m-» Stava per aggiungere altro ma venne interrotto dal moro che lo guardò malissimo attraverso lo specchio e lo rimproverò: «Sei pregato di essere sincero!» Il volto del biondo assunse un’espressione piuttosto perplessa, mentre quest’ultimo si alzava dal letto per raggiungere il suo fidanzato, circondargli i fianchi con le braccia e poggiare il mento sulla sua spalla: «Io sono serio, raggio di sole. –Fece una pausa, riflettendo sulle sue parole.– Anzi no, perché io penso che la tua altezza sia perfetta. –Vide il suo ragazzo già pronto a replicare ma lo precedette:– È perfetta quando ci abbracciamo per farti scomparire tra le mie braccia; è perfetta quando ti siedi sulle mie gambe e ti appoggio il mento sulla spalla; e diamine, è perfetta anche adesso: quindi perché dovresti pensare che non lo sia? Perché dovresti pensare di non esserlo?»
Il più piccolo sembrò ragionare sulle parole del suo ragazzo. Quando riportò il suo sguardo al suo riflesso però borbottò: «Sono bianco come un lenzuolo.» Will alzò gli occhi al cielo sbuffando chiaramente seccato. Nico non sarebbe mai cambiato, era fatto così: non gli piaceva ricevere complimenti, non se ne sentiva all’altezza.
Mentre il moro elencava con tanto di dita tutti i suoi difetti, le cose che non gli piacevano di sé  e quelle che avrebbe voluto cambiare, il biondo non potette fare a meno di pensare che fosse buffo che quelle erano tutte le cose che lui amava di più.
 
And I know you don’t believe me
And you think that I’m a fool
But I don’t care
 
In quei giorni in cui l’ozio primaverile li coglieva in pieno, se ne stavano –a casa dell’uno o dell’altro– a letto abbracciati, rinchiusi in quel mondo che era solo loro. Will spostò una ciocca di capelli del moro dal suo volto, per poterlo guardare meglio in viso. Il biondo pensò, come ogni volta che si fermava a guardarlo, che fosse davvero troppo bello: «Come fai ad essere così bello?»
La reazione del moro lo lasciò totalmente spiazzato: l’aveva guardato malissimo –cosa che sarebbe anche potuta passare come azione di routine–, si era scostato dalle sue braccia e si era seduto di scatto: «Quando la smetterai? Lo sai che non voglio ricevere complimenti!»
Will boccheggiò qualche secondo: «Calmati, tesoro!» cercò di acquietare il suo ragazzo, invano. Il più piccolo lo spinse con forza mentre si alzava allontanandosi dal letto: «Calmati un cazzo! Smettila! Non sono bello, smettila di mentirmi!»
William Solace era noto per la sua infinita pazienza, ma quando si trattava di quel tipo di litigi –che erano piuttosto frequenti tra i due– il suo corpo sembrava svuotarsi di tutto e colmarsi solo di rabbia e furore: «Perché non la smetti tu invece? Puoi non credermi ma non potrei essere più sincero di così!» Si era alzato di scatto fronteggiando il suo –a dir poco sorpreso– fidanzato, che non si aspettava una reazione da parte sua; ma Nico si riprese ben subito dallo stupore: «Bugiardo! Credi che sia ceco? So come sono e so per certo di non rientrare nel concetto di “bellezza” delle persone, quindi perché continui a dirmi queste cose? Ad illudermi? Tanto lo so che tutte queste cazzate sulla bellezza e la perfezione non me le merito.» La fine della sua sfuriata era diventata un sussurro e Will si ritrovò a doversi confrontare con quel rifiuto cronico che il moro aveva per se stesso, e la sua rabbia non potette far altro che vaporizzarsi lasciandolo un attimo interdetto e indeciso su cosa fare. Sospirò semplicemente, perché sapeva che Nico era fatto così: non riusciva a vedersi per ciò che era, accecato dai difetti.
«Ma io non sono una persona qualunque, io ti amo e per me sei bellissimo!» La voce del biondo era quasi disperata mentre prendeva il volto del suo ragazzo tra le mani, costringendolo a guardarlo negl’occhi: «Puoi non credermi, ma questo non cambierà nulla. Puoi pensare che sia stupido, questo non m’impedirà di ricordarti ogni giorno quanto tu sia importante per me. A me non importa.»
Gli occhi neri e lucidi del moro lo guardavano, le labbra sottili unite in una linea rosea: «Idiota.» un borbottio appena udibile prima che la testa mora del minore affondasse nel suo petto in cerca di conforto e le sue esili e pallide braccia gli circondassero i fianchi.
Will sorrise genuinamente stringendo di più Nico a sé: sentiva di essere in paradiso con lui tra le braccia.
 
Maybe
You’ll never see in you what I see
The little things you do that make me go crazy
I’m not crazy
You’re perfectly perfect to me
 
Will non aveva idea di come si fosse fatto convincere ad andare a prendere un gelato a dicembre, nel bel mezzo della notte; poi si ricordò che il suo fidanzato quando voleva, sapeva essere terribilmente convincente.
Fatto sta, che stavano seduti vicini ad un tavolino della gelateria –deserta, se non per i due unici dipendenti– venendo colti ogni tanto da brividi di freddo per via della temperatura bassa presente nel locale. Nonostante i denti che battevano, però, Nico non sembrava particolarmente infastidito mentre affondava il cucchiaino nella sua coppetta al cioccolato.
Il biondo prese un cucchiaino dalla sua coppa di gelato alla frutta e ingoiandolo sentì il gelo colpirgli le tempie, così borbottò: «Non so se definirti pazzo o stupido!» Il ragazzo, chiamato in causa, lasciò andare il cucchiaino poggiando il gomito sul tavolo e posando il volto sul palmo aperto scrutandolo con un mezzo sorriso: «Io sarò pazzo, ma tu lo sei di più se acconsenti alle mie richieste strampalate. Non credi?»
Il maggiore guardò il suo ragazzo sbalordito: «Io non sono pazzo!» sbuffò lasciando, anche lui, cadere il cucchiaino nella coppetta e continuando: «Sono tutte queste tue idee, tutte queste cose improponibili che fai che mi rendono pazzo, ma io non lo sono!» Will avrebbe voluto mantenere l’arrabbiatura, ma la risata cristallina di Nico era abbastanza da calmarlo e stenderlo fino al prossimo millennio.
E Will lo osservò –accidenti, se lo fece–, con gli occhi che straboccavano d’amore e che non potevano fare a meno di posarsi sui lineamenti del volto del minore. Lo osservò, perché sembrava spensierato come non lo aveva mai visto; lo osservò, perché sapeva di avere davanti il custode della sua felicità; lo osservò, perché non ne avrebbe avuto mai abbastanza.
Non gl’importava se Nico aveva smesso di ridere assumendo un’aria perplessa e leggermente seccata, chiedendogli perché lo stesse fissando; il moro era fatto così: non era abituato ad essere guardato –ad essere ammirato–, nessuno lo aveva mai fatto abbastanza.
E lui aveva intenzione di rimediare.
Si ritrovò a pensare che probabilmente il suo fidanzato non avrebbe mai visto se stesso come lo vedeva lui, ma gli andava bene così semplicemente perché Nico era perfetto.
Diamine, era così perfettamente perfetto per lui.
 
You brush it off everytime I tell you
Your smile lights up the room
And I’m guessing that you don’t even notice
The whole world notices you
 
Will era terribilmente nervoso e aveva paura –e no, non stava esagerando–.
Quello era il giorno del matrimonio del padre di Nico e il giorno che aveva sperato per mesi non arrivasse mai, ed invece eccolo lì nel soggiorno di casa Di Angelo ad aspettare il suo ragazzo. Stava nel suo completo semplice, accanto a Frank –il fidanzato della sorella di Nico, Hazel–, che sembrava anche più spaventato di lui.
Il biondo sospirò cercando di calmarsi: non era normale essere così in ansia solo perché Ade Di Angelo era capace di mettere soggezione anche alle statue del museo in città! E si chiese, come avesse fatto, tra tutti i ragazzi presenti in quella cittadina, ad innamorarsi proprio di quello col padre più inquietante di tutti.
Quel dubbio non invase per troppo tempo i suoi pensieri, perché vide Nico e Hazel scendere le scale mano nella mano; Hazel era bellissima, ma il fratello di più. Non tanto perché aveva anche lui un completo abbastanza elegante, e nemmeno perché le sue occhiaie erano state abilmente coperte –idea della sorella, probabilmente–, ma perché sorrideva.
Will aveva sentito il cuore perdere qualche battito quando il moro aveva spostato lo sguardo su di lui, e il sorriso –di entrambi– si era ampliato.
Il minore scese gli ultimi scalini che li separavano e si gettò tra le braccia del suo fidanzato, abbracciandolo stretto; e mentre sentiva le guance imporporarsi non riuscì a non pensare a quanto gli fossero mancate quelle braccia intorno ai fianchi, e quel petto su cui poggiare la testa, e Will in generale. Dei, quanto lo amava.
«Il tuo sorriso illumina la stanza, lo sai?» Quel sussurro dolce nel suo orecchio gli fece stringere i pugni mentre sbuffando allontanava il biondo da sé scocciato: «Ma la smetti? Non è possibile che tu riesca a rovinare ogni momento romantico!» Le parole del moro erano state borbottate, ma il minore era stato tradito dal piccolo sorriso che aveva fatto capolino sulle sue labbra.
E Will rise avvolgendo le spalle del moro con un braccio, mentre camminavano nel giardino di casa Di Angelo, dove si sarebbe svolta la cerimonia; rise perché mentre camminavano abbracciati si sentiva gli sguardi dei presenti addosso, e rise ancora perché avrebbe scommesso oro che il suo bel fidanzato non si era accorto degli sguardi che i loro amici rivolgevano loro, felici che si fossero trovati.
Ma Will ormai ci aveva fatto il callo, sapeva che il moro era fatto così: tendeva ad ignorare gli sguardi della gente, timoroso che fosse sprezzanti.
 
You say you’re clumsy
I think you’re cool
You say you’re typical
But I think you rule
 
Era ora di pranzo e Nico e Will se ne stavano nel cortile della scuola, sotto la quercia a sgranocchiare caramelle. Di norma il biondo si sarebbe opposto, proponendo un pasto più consistente e salutare, ma –complici le capacità di manipolazione del suo ragazzo– aveva deciso di chiudere un occhio quel giorno.
Will stava sgranocchiando una liquirizia quando sentì il ragazzo al suo fianco cambiare posizione apparentemente seccato, ma non ci fece troppo caso: erano molteplici le cose che scocciavano il suo fidanzato; prese un’altra caramella dal sacchetto prima di volgere lo sguardo intorno a sé, guardando disinteressato alcuni ragazzi che passavano, fin quando il suo sguardo non si posò su una ragazza.
Questa indossava dei pantaloni neri, stretti, a vita alta e degli anfibi dello stesso colore nonostante fossero nel mese di maggio e sotto un sole cocente; portava una maglietta nera infilata dentro i pantaloni con sopra un teschio e qualche parola che dalla lontananza non si riusciva a decifrare. Il dettaglio che lo colpì di più però era la giacca, da aviatore, come quella di Nico. Il suo sguardo si posò automaticamente su quest’ultimo, che ispezionava una liquirizia, e notò la somiglianza del suo look con quello della ragazza, che si era appena seduta sul prato guardando il suo cellulare a qualche metro di distanza da loro.
Gli diede una gomitata, attirando l’attenzione del più piccolo, che puntò lo sguardo su di lui scrutando lo strano sorriso sulle labbra del suo biondo: «Che c’è?» Il maggiore indicò con lo sguardo la ragazza vestita completamente di nero: «Guarda: fai tendenza!» Il più basso alzò un sopracciglio osservando la ragazza e successivamente il suo fidanzato biondo: «Come fai a dire che si veste come me piuttosto che come uno dei 5 Seconds of Summer a caso, tipo Michael Clifford3
«Oh beh, le magliette con i teschi sono sicuramente roba tua, o sbaglio?» aveva replicato Will facendo un occhiolino al suo bel fidanzato, che sbuffò seccato.
«Smettila, io sono un tipico ragazzo italo-americano, non vedo perché qualcuno dovrebbe decidere volontariamente di vestirsi come me!» Il maggiore si stupì di quelle parole: «Tipico, tu? Scusami ma tu e quell’aggettivo nella stessa frase non state affatto bene! E per quanto riguarda il tuo look, approvo pienamente ogni parola che hai detto.»
«Will»
«Mh?»
«Inizia a correre!» E il biondo così fece, ridendo di gusto mentre il più piccolo lo inseguiva e i pochi ragazzi in cortile –compresa la ragazza vestita di nero, ora sorridente– li guardavano.
Ma Will sapeva che Nico aveva reagito in quel modo perché era fatto così: quando il discorso prendeva una piega che non gli piaceva, cambiava strada.
 
Sometimes I wonder if you’ll ever believe
That I wrote this song for you
 
Will si sentiva troppo bene su quel palco, a cantare a cuore aperto i suoi sentimenti, il suo amore per il piccolo moro infondo alla sala, che si sforzava di tenere un’aria impassibile, ma ogni tanto gli scappava un sorriso. Si sentiva in pace con se stesso, soprattutto quando vedeva i sorrisi delle persone sedute ai tavoli che apprezzavano la canzone. E mentre cantava, vedeva tutti i passi della loro relazione che l’avevano ispirato in un modo o nell’altro a scrivere quella canzone, e non riusciva a fare altro che sentirsi estasiato da tutte quelle emozioni e sensazioni.
Però aprendo gli occhi, vedeva il moro che soppiantava un sorriso mordendosi il labbro, perché per quanto potesse essere un gesto romantico, lui era fatto così: lo metteva a disagio sentire Will esprimere così apertamente il suo amore per sé, perché sentiva che non sarebbe mai riuscito a reggere il confronto –nemmeno impegnandosi–.
Si stava sforzando, da quando il suo ragazzo era salito sul palco, ma non riusciva proprio a credere che quella canzone, il maggiore l’avesse scritta per lui; E il biondo lo conosceva troppo bene, perché nello sguardo del minore aveva letto tutti i pensieri che gli erano passati per la testa, ma non si lasciò scoraggiare perché per quanti dubbi e insicurezze Nico potesse avere, lo amava e diamine, se anche Will lo amava.
 
You don’t have to try
To change a single thing
‘Cause just the way you are is sweeter than anything
Maybe I’m a fool, but it’s always been you
‘Cause no one ever makes me smile the way you do
 
Ancora una volta Will cercò di ricordarsi come facesse a trovarsi all’età di diciotto anni –appena compiuti–, in un parco giochi deserto, alle tre di notte, con la luna piena –che lo inquietava parecchio– e il freddo che gli attraversava i vestiti, attaccandosi alle ossa. Poi sentì il suo ragazzo chiamarlo, e si ricordò che era proprio lui la causa.
Il maggiore si voltò verso di lui, vedendolo seduto su un’altalena mentre gli faceva segno di seguirlo; sbuffò, ma si sedette comunque sull’altalena accanto a quella del suo fidanzato, oscillando leggermente. Nico non parlava così Will puntò il suo sguardo su di lui e notò che non indossava una delle sue solite magliette nere, ma una maglietta di un giallo tenue con alcune scritte grigie. Si chiese come avesse fatto a non notarlo prima, poi si ricordò di essere stato letteralmente trascinato fuori dal letto senza capire cosa stesse succedendo.
«Cos’è avevi finito le magliette nere, raggio di sole?» chiese ironico rivolto all’altro che alzò lo sguardo e prese a scrutarlo attentamente come in cerca di qualcosa, di cosa il biondo non lo capì. Lo sentì schiarirsi la gola, prima di portare lo sguardo agli anfibi che portava ai piedi: «Veramente, l’ho messa per te: pensavo ti facesse piacere.» aveva chiarito con una punta di imbarazzo che tradiva il suo tono. Il più grande si chiese se fosse il sonno a dargli le allucinazioni: «Perché?»
L’altro ragazzo lo guardò mordendosi leggermente il labbro inferiore adornato da un anellino nero a lato –fatto poche settimane prima–, sentendosi in imbarazzo a esprimere ciò che voleva dire: «Perché sei una persona così fantastica e logorroica e … luminosa –letteralmente–, e volevo provare a essere un po’ più come te … un po’ più alla tua altezza.»
Will si trovò spiazzato alle parole del moro, incredulo che l’insicurezza del suo ragazzo potesse davvero raggiungere quei livelli. Non ci mise molto ad alzarsi dall’altalena e inginocchiarsi davanti al suo ragazzo, sostenendosi con le mani sulle sue ginocchia: «Nico, guardami: sei una meraviglia? Perché mai dovresti voler essere come me?4» Vide le guance rosse del moro e non potette far altro che sorridere: «Diamine sei così carino, persino quando minacci di uccidermi nel sonno! E non pensare di non essere alla mia altezza, al massimo è il contrario, okay?»
E il biondo si aspettava che Nico abbassasse nuovamente lo sguardo, invece lo alzò puntandolo in quello del più grande nonostante le guance rosse che di solito avrebbe nascosto: «Come fai?»
Il maggiore piegò la testa di lato, confuso: «A fare cosa?»
«A farmi sentire così –una pausa in cui il ragazzo strinse le labbra in una linea sottile– giusto.»
E Will non potette far altro che sporgersi per unire le loro labbra, mentre il più piccolo lasciava le catene dell’altalena per posargli i palmi sulle guance; sorrise nel bacio perché Nico era fatto così: non riusciva a vedere l’effetto che aveva sulle persone, su di lui, che lo faceva sentire completo.
 
Someday
You’re gonna see you’re beautiful this way
And that you’re always gonna make me go crazy
I’m not crazy
You’re perfectly perfect
 
Quando aveva finito la canzone non si aspettava certamente una reazione del genere.
Non si aspettava di essere travolto da un bellissimo esemplare di Nico Di Angelo che gli saltava in braccio, facendolo quasi cadere e stringendolo in un abbraccio spacca ossa. E si sentì rincuorato, si sentì bene, perché aveva reso il suo ragazzo felice.
Quando il più piccolo alzò il capo dal suo petto e il biondo vide i suoi occhioni neri lucidi si sentì le farfalle nello stomaco –era davvero troppo bello, diamine!–: «Ti è piaciuta?»
«Secondo te?» aveva chiesto il più piccolo retorico, alzando gli occhi al cielo. Will rise leggermente mentre migliorava la presa sotto le cosce del minore, per evitare di farlo cadere. Nico portò le braccia dietro al suo collo, giocherellando con i capelli alla base del collo del biondo: «E quindi avevi organizzato tutto?» Il maggiore aveva annuito vigorosamente: «Incredibile, vero?»
Gli occhi neri dell’altro lo scrutarono per qualche secondo, mentre il ragazzo si mordeva il labbro inferiore in prossimità dell’anellino nero e Will non avrebbe voluto di meglio,quando dopo un flebile «Ti amo», a cui non ebbe nemmeno tempo di rispondere, si trovò le labbra dell’altro sulle sue.
E a loro non importava se le persone ancora in sala li guardavano inteneriti e nemmeno se delle ragazze li fotografano, perché erano fatti così: quando stavano insieme, c’erano loro e nessun altro.

Erano in macchina e il maggiore stava guidando verso casa del suo ragazzo, per accompagnarlo. Si fermò al semaforo, osservando Nico che con un grande sorriso guardava il paesaggio scorrere dal finestrino.
Lo richiamò e il ragazzo si voltò verso di lui, mantenendo invariato il sorriso dolce che sembrava non voler abbandonare le sue labbra da quando avevano sciolto il bacio: «Sei bellissimo.» A quel commento il ragazzo aveva arricciato il naso infastidito, ma si era limitato a voltarsi verso il finestrino e borbottare: «Tu di più.»
E mentre Will premeva l’acceleratore, non poté fare altro che pensare che c’era speranza, assolutamente.
 
 
 
 
[1] Il testo originale dice ‘it’s hard to think that a girl like you could have any insecurities’;
[2] Riferimento a “La Casa di Ade”: “Jason avrebbe voluto mettere un campanello al collo di Nico Di Angelo per ricordarsi che c’era.”
[3] Associamento che mi è venuto spontaneo dopo aver visto questa foto: http://data.whicdn.com/images/236073718/large.jpg
[4] Riferimento a “Beautiful Creatures”: «Lena sei una meraviglia! Perché mai dovresti essere normale?»

 
 --
Ehilà!
Allora, ce ne ho messo di tempo per scrivere altro, eh?
A dire il vero questa shot è stata un parto -letteralmente-. 
L'ho iniziato più o meno una settimana dopo l'uscita dell'album dei Simple Plan che contiene la canzone (pubblcità: ascoltatelo, merita), che risale a tipo a febbrario, e stasera l'ho miracolosamente finita.
Devo dire che mi piace particolarmente, sia per l'idea che mi sembra abbatanza innovativa, sia per come l'ho portata avanti (a parte la shitty end).
Spero che né Nico né Will siano troppo OOC, anche se penso che il primo lo sia abbastanza, ma vabs!
Ringrazio il mio raggio di sole,
Giorgia, che è sempre colei che legge per prima tutto ciò che scrivo, nonostante sappia a stento chi Percy Jackson sia.
Ora ringrazio tutte le personcine che sono arrivate fin qui sane, salve e spero sveglie (più di me, sicuramente)!
Mi farebbe piacere ricevere qualche parere, accetto tutto: complimenti e critiche (andateci piano, sono una persona sensibile)! 
Ora sparisco, ma state certi che ritornerò ad infestare questa sezione di efp!
A presto adorabili cupcakes!
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: xjnicodiangelo