Foche monache e altri animali.
{.Perché
è istintivo
pensare che se corri avanti ti sarà più facile
non
voltarti indietro.
Perché
pensi che più
vai lontano e più vedrai piccolo e distante quello che ti
sei
lasciata alle spalle.
Ma
le regole della prospettiva non
sono valide in amore.}
Sono
certa, o quasi, che oggi non è
esattamente la mia giornata ideale.
Intanto
appena ho aperto gli occhi, al
suono gracchiante della mia sveglia a forma di pellicano, la vocetta
striduda della mia sorellina mi ha informato molto cortesemente che
erano già le sette e cinquanta e che era stata lei a
spostarla
la sera prima perchè “si
annoiava”.
Inoltre
tutti miei jeans migliori erano
a lavare e rimanevano dentro al mio squallido armadio solo un paio di
pantaloni skinny di un rosso
acceso, che avevo
comperato solo per sfizio, pensando solamente dopo che non avrei mai
raccumulato il necessario coraggio per riuscire a infilarmeli.
Ma
comunque li ho indossati lo stesso,
pensando che dopo tutto non erano poi così male. Il problema
infatti non erano i pantaloni, ma la maglietta (la prima che mi
è
capitata tra le mani) che era gialla. Finita di vestirmi assomigliavo
vagamente a un semaforo e i miei capelli biondicci non
miglioravano la situazione.
Forse
anche il fatto che sono
precipitata per le scale di casa mia, facendomi quattro piani di
gradini rotolando, mi fa pensare che questa non è
decisamente
la mia giornata migliore.
In
compenso il ragazzo carino del
pianterreno mi ha aiutato a rialzarmi quando sono rotolata come un
cucciolo di foca monaca ai suoi piedi. Inutile dirvi che colore ho
assunto nel momento in cui ho incrociato il suo sguardo blu intenso,
mentre la mia mano era intrecciata alla sua.
Dopo
di che sono corsa a scuola, con un
cornetto in bocca e i capelli raccolti in una coda alta molto
arruffata. Ed ora eccomi qui, dopo cinque lunghe ore di studio,
seduta ad un tavolo della mensa della mia scuola, la Hayer School.
Addento la mela che fino a poco prima occupava solitaria il mio
vassoio vuoto e sospiro.
Prima
che possa alzarmi e raggiungere
l'aula di filosofia in tutta solitudine, quando una voce stridula mi
riscuote dai miei pensieri.
“Melitta!
Melitta!” l'unica
persona in grado di chiamarmi con il mio nome per intero, senza farmi
impazzire è Rosaline, la mia migliore amica dai tempi delle
elementari. “ Ci sono grandi novità!”
non posso
trattenermi nell'alzare gli occhi al cielo. Quando Rose dice che ci
sono novità, vuol dire che nella sua testa bacata ha dei
grandi piani per me.
“Cosa
è accaduto di tanto
grave da far alzare il tuo culo?” domando io, mantenendo un
sorrisino strafottente. Il punto debole di Rosaline è sempre
stato il suo culo, che è comunque di proporzioni generose,
ma
ai ragazzi non pare dispiacere molto.
Rose
tira fuori la lingua e riduce i
suoi enormi occhi verdi in due piccola fessure.
“Dai
su, parla.” dico io
raccogliendo i miei libri di scuola dal tavolo.
“Tra
solo due settimane, c'è
il ballo di Primavera! E poi giusto in tempo per la
partenza...”
risponde Rose ammiccando. Giuro che appena ha strizzato l'occhio tre
ragazzi si sono voltati a guardarla ammirati. Ci credo... con quelle
ciglia lunghissime! Ricorda vagamente un cerbiatto.
“E
allora?”
Rosaline
spalanca gli occhi e subito
dopo la bocca, come se l'avessi detto che sono innamorata di lei e
che in realtà mi chiamo George.
“E
allora?!” ripete con qualche
decibel di troppo. La prof. di educazione fisica le lancia
un'occhiata d'ammonimento e Rose si fa piccola piccola ma comunque si
lascia scappare un sorrisetto divertito. Quanto vorrei essere come
lei e non arrossire appena qualcuno osa guardarmi.
“Ballo di
Primavera uguale ragazzi carini. Partenza uguale gita a Parigi.
Parigi uguale ragazzi carini. Insomma si va sempre a parare
lì!
Ragazzi carini! E' la nostra occasione Mel...”
Sospiro
e alzo gli occhi al cielo,
mentre sento gli occhi di Rose osservarmi sospettosi.
“Ma
come diamine ti sei vestita?”
mi domanda squadrandomi.
Ad
un tratto mi sento arrossire e
quindi sorrido imbarazzata.
“Le
prime cose che mi sono capitate
per le mani...” borbotto prendendo la mia borsa a tracolla.
Rose
alza le spalle e mi segue come un
cagnolino, solo per farmi innervosire.
“Che
c'è?!”sbotto stufa.
“Allora?
Hai intenzione di andarci al
ballo?” domanda lei sgranando gli occhi come il gatto di
Shrek.
Vuole solo ingannarmi.
“Non
credo. Lo sai che non sono
capace a ballare.”
“Sciocchezze!
Tutti sanno ballare, te
sei solo un filino più scordinata di... noi... altri.”
Detto
così però mi fa
sembrare un fenomeno da baraccone. Raggiungo l'aula di filosofia e mi
volto verso la mia amica sbarra cagnolino sbarra gatto sbarra
cerbiatto.
“Senti.
Io non so ballare e basta,
come te lo devo dire? Tra l'altro già è tanto che
vengo
a questa stupidissima gita, quando non ne avevo nessuna
voglia. E sei stata tu a convincermi quindi non
cercare di
trascinarmi pure al ballo!”
Rosie
mi guarda come se l'avessi
schiaffeggiata davanti a tutti e per un attimo mi sento in colpa, ma
poi la campanella suona e io entro nella classe, senza voltarmi.
E'
colpa sua dopo tutto, io che
c'entro? Non ho voluto io essere così scordinata e negata in
ogni genere di movimento che non sia camminare.
La
prof di filosofia continua a
blaterare, mentre una classe di venti alunni sonnicchia comodamente
seduta. C'è chi ascolta la musica con l'i-pod, chi gioca a
briscola, chi scarabocchia e perfino chi predice il futuro con i
tarocchi al compagno di banco. Altri dormono e basta.
L'ora
di filosofia è sempre
quella che preferisco, anche se non riesce mai a distrarmi dai brutti
pensieri. E il mio brutto pensiero oggi è quella
stramaledittissima Rose.
Riesce
a sempre convincermi,
perfino un mese fa, quando si è annunciato che la classe
d'arte sarebbe partita per una gita di sette giorni a Parigi,
è
riuscita a farmi cambiare idea, quando io non avevo nessuna voglia di
partire e avrei preferito alla lunga restarmene a casa tutta
tranquilla.
E
invece tra quattro settimane mi
tocca partire e tra tre settimane dovrei anche andare ad uno stupido
ballo in maschera? Ma nemmeno per idea!
“Melitta
” mi volto di scatto
e mi accorgo che Nathan Harris sta guardando proprio me. Nathan
è il
ragazzo più in di tutta la Hayer School.
Ha gli occhi
di marrone dorato, che sembra quasi caramello e i capelli neri e
lucenti. Tra l'altro è dotato di un fisico scolpito che fa
sbavare ogni ragazza al suo passaggio. Ma naturalmente io non faccio
parte di quel gruppetto di disperate. Ma figuriamoci.
Lo
guardo con aria interrogativa e
spero sotto sotto che non si accorga di come sono vestita.
“Mel,
te stai in classe con Jean
ad arte, vero?”
Annuisco.
Pronunciare parola è
proibito davanti Nat Harris.
“Potresti
darle questo, per
favore?” mi porge un bigliettino piegato in due. Gli sorrido
e mi
volto di nuovo al mio posto. Forse non dovrei aprirlo... mi
mordicchio una pellicina nervosa ma poi cedo alla curiosità
e
lo apro.
Domani alle otto alla piscina della Villa abbandonata.
Un bacio, Nat.
Questa è
davvero una cattiveria!
Dare
un bigliettino
così... va be' non importa quel che importa è il
fatto
che non si fanno certe cose! Farmi fare la postina!
Con
il fumo che mi
esce dalle orecchie mi volto scocciata e lo guardo dritto negli
occhi.
“Ma
per chi mi
hai preso?!” sbotto, facendo girare almeno metà in
classe,
compresa la prof.
“Te
non sei...”
mi osserva per un minuto lasciando la frase in sospeso.
Perfetto.
Già
si è scordato il mio nome.
“Melitta.
Mi
chiamo Melitta Taylor. E' anche uno dei cento cognomi più
diffusi,
in America! Non è mica difficile da ricordare...”
Forse
sto un po'
perdendo il controllo, ma non mi importa niente e continuo a sputare
parole come fossero arsenico
“Tra
l'altro,
sebbene molte mie coetanee ti considerano un dio, o qualcosa che ci
si avvicina molto, non sei niente di che, lo sai vero?"
Harris
mi guarda con
gli occhi spalancati, rosso di rabbia.
“Senti
un po'
te... come hai detto che ti chiami?”
Ma
allora lo fa
solo per farmi innervosire!
Grugnisco
e mi alzo
dalla mia sedia, ignorando le urla della prof ormai allo stremo delle
forze.
Esco
dalla classe e
mi richiudo la porta alle spalle con un tonfo.
Non
mi era mai
capitato di arrabbiarmi così... la docile, dolce e gentile
Mel
non si comporta mai così. La Mel carina e timida arrossisce
e
annuisce, al massimo.
Non
si mette a
sbraitare nel bel mezzo della lezione, anche se di filosofia, urlando
insulti contro la gente più in della
scuola.
Poco
dopo Rose mi
corre incontro con un sorriso raggiante.
“Mel!
Ma davvero
hai urlato contro Nathan Harris?!”
Aggrotto
le
sopracciglia confusa e faccio una smorfia.
“Girano
così
in fretta le voci?”
Rose
scoppia a
ridere come un'isterica.
“Oddio
Mel, non
hai idea! Lo sanno tutti quanti! E Nat pare sia furioso!”
“Bene...”
abbasso lo sguardo, sentendomi improvvisamente in colpa. “Ne
sono
felice.”
Mi
poggia una mano
sulla spalla, solidale.
“E
dai non te la
prendere a male...” mi guarda un attimo con un'aria strana e
poi
continua a parlare. “Potresti sempre venire al ballo, sai per
tirarti un po' su!”
Se
continua così
giuro che l'ammazzo.
“Rose.
Non. Ne.
Ho. Voglia.” le dico, scandendo parola per parola.
“Ok,
ok... non ti
scaldare.”
Sto
per ribattere
quando qualcuno mi viene addosso, staccandomi quasi un braccio.
“Ehi!”
urlo, massaggiandomi intanto il braccio dolorante.
Nathan
Harris mi guarda
sghignazzando.
“Scusami,
sai...
non ti ho vista... Me... Melissa?”
Se
continua a
sorridere in quel modo strafottente un bel pugno sul naso non glielo
nega proprio nessuno. Ringhio come un cane rabbioso e lo fulmino con
un'occhiata che non ha proprio bisogno di essere accompagnata da
insulti. Basta da sè.
“Melitta.”
mi
limito a dire, o meglio, a grugnire.
Nat
ridacchia
divertito e lancia un'occhiata a Rose, che vicino a me ci osserva
incuriosita. Ho quasi paura che gli occhi le escano dalle orbite
quando Nat le fa l'occhiolino. Dopo questo gesto plateale, si
allontana correndo e sale su un auto all'ultima moda, salutando con
un saluto tipicamente maschile il fratello più piccolo, Ian,
che seduto al posto del guidatore con gli occhiali da sole calati sul
naso, attira molte occhiate, soprattutto quelle delle ragazze.
“Oooooh”
Mi
volto e con
sorpresa vedo Rose a occhi aperti, che in realtà sembrano
più
due cuoricini, che due occhi.