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Autore: Napee    25/05/2016    10 recensioni
Storia scritta per il contest Sfida delle regioni del gruppo Efp famiglia: recensioni, consigli e discussioni
***
Elise approda in una fiorente cittadina a causa del lavoro del padre.
Presto si troverà costretta ad assumere un comportamento che non le appartiene e verrà condannata ad un matrimonio non voluto, ma riuscirà a trovare il modo per fuggire?
Genere: Romantico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Erano appena arrivati nei pressi del porto, già i gabbiani svolazzavano sulle loro teste da un po’ di tempo ed Elise corse sul ponte per vedere la costa frastagliata sempre più in avvicinamento.
Trattenne il respiro, si mise sulle punte e si sporse dal parapetto.
L’acqua sotto di lei era meravigliosa, talmente tanto limpida da riflettere la sua figura.
Sorrise emozionata, finalmente avrebbe visitato una città straniera, finalmente avrebbe vissuto in una città di mare.
“Che diamine stai facendo?!” La voce oltraggiata di sua madre le giunse alle orecchie forte e chiara, gracchiante e fastidiosa come solo quella di una madre insopportabile poteva essere.
Sbuffò scocciata, non degnandola minimamente della sua attenzione e continuando ad alternare lo sguardo fra la costa ed i pesci nell’acqua che sembravano andarla a salutare.
Sua madre si avvicinò spazientita a grandi falcate, ticchettando sul legno del ponte con i suoi tacchi da signora,  l’afferrò malamente per un braccio strattonandola all’indietro e la riportò all’interno della nave.
“Sei una donna Elise! Inizia a comportarti come tale ed abbandona questo tuo atteggiamento selvaggio ed irriverente!” La sgridò ancora mentre le sistemava il pomposo  vestito ceruleo nel quale l’aveva costretta ad entrare.
“Sì..certo, madre.” Rispose esasperata la giovane seguitando a guardare il mare blu che tanto l’affascinava.
“Ascoltami quando ti parlo, non sopporto quando fai orecchio da mercante con..”
“Perché urli?” L’arrivo tempestivo di suo padre la salvò dall’ennesima strigliata.
“Tua figlia ed il suo temperamento ribelle ereditato certamente dalla tua famiglia!” Spiegò brevemente la madre stufa di dover sempre riprendere la figlia.
“Ci penso io cara..” Bisbigliò all’orecchio della moglie e sorridendole complice, tanto che la donna si convinse e si allontanò, tornando nei suoi alloggi per sistemare le ultime cose nella valigia.
L’uomo attese che la moglie fosse lontana,o almeno non a portata d’orecchio, e poi sbuffò una risatina divertita.
“Che hai fatto stavolta?” Chiese sorridendo bonariamente.
“Niente, padre. Volevo solo vedere il mare.. Venite!” Disse la giovane, prendendolo per la mano e conducendolo fino al parapetto del ponte.
“Guardate che meraviglia!” Esordì ancora riempiendosi gli occhi con tanta bellezza.
“Sì tesoro, è davvero meraviglioso.” Concordò l’uomo stringendole la mano e sorridendole complice.
“Ma contemplalo come vuoi solo  quando non ti vede tua madre.” Aggiunse poi, riportando la figlia lontano dal parapetto.
“Fallo almeno per me, così non dovrò sorbirmi le sue lamentele continue.”
“Va bene..” Rispose Elise abbassando il capo sconfitta.
“Brava bambina..” Le disse il padre depositandole un bacio sulla fronte prima di allontanarsi di qualche passo.
“Elise.” La chiamò di spalle con voce seria e non più calda e dolce come prima.
“Padre?” Rispose lei titubante e spaventata per quel cambiamento repentino.
“Questo lavoro è importante, sono stato chiamato da Cosimo de Medici in persona per costruire il castello..”
“Lo so, padre..”
L’uomo si voltò incontrando lo sguardo sottomesso della figlia sentendosi tremendamente crudele.
“Non rovinare tutto.” Disse infine congedandosi e lasciandola sola sul ponte, accompagnata solamente dal suo senso di colpa crescente.
Suo padre si ricordava ancora di quando, con i suoi modi singolari non proprio da signora, gli aveva quasi  rovinato la reputazione e fatto perdere molti promettenti lavori.
Elise sbuffò scocciata.
Non era stata colpa sua, non sapeva che quel Signore fosse il compratore e che  collezionasse pennuti rari nella voliera, tantomeno sapeva che non poteva aprirla.
Dopo quella sera, suo padre non le aveva parlato per giorni interi, fino a che non era giunta la commissione di Cosimo de Medici.
Volse ancora lo sguardo al mare, ormai erano approdati nel porto.
Sconsolata, si diresse nei suoi alloggi per prendere la sua valigia.
 
 
 
 
Ripose l’ultimo indumento nella valigia, la chiuse e sospirò soddisfatta del suo operato.
Nonostante la sua perenne disorganizzazione era riuscita a preparare i bagagli in tempo, prima che sua madre corresse da lei a rimproverarla.
“Elise.” La voce della madre, che la chiamava sulla soglia della stanza, la distolse dal suo autocompiacimento riportandola con i piedi per terra.
“Sono pronta, madre.” L’anticipò la giovane voltandosi verso la donna e sorridendo trionfante.
“Non dirmi che vuoi presentarti dinnanzi ad un Medici in questo stato!” Gracchiò spaventata sua madre portandosi la mano sul petto con fare teatrale.
“Perché? Cos’ho che non va?”Chiese Elise guardandosi il vestito.
“I capelli, il trucco, le scarpe e persino le pieghe del vestito sono orribili.. Dio Santissimo, come farai a trovarti un brav’uomo?!” Gracchiò esasperata facendo segno alla figlia di sedersi sulla sedia dinnanzi allo specchio.
“Se sarà attratto solo dal mio aspetto e non da come sono davvero, come potrà essere un brav’uomo con me?” Chiese Elise inchiodando la madre con il suo sguardo più curioso.
La donna restò spiazzata da quella domanda e, con un gesto annoiato della mano, seguito da un bisbigliato “che domanda sciocca!”, liquidò la questione iniziando a dipanare la matassa di nodi dei capelli della figlia.
Elise sospirò rassegnata, quando sua madre faceva così non vi era alcun modo di ricevere una risposta sensata.
La madre pettinò sapientemente la capigliatura rosso fuoco della figlia ed iniziò ad intrecciare ciocche su ciocche formandole una sorta di corona attorno alla testa, sulla quale incastonò un piccolo fermaglio ornato di zaffiri che teneva fermo il leggero velo bianco signorile.
In seguito passò al trucco e le tinse le labbra di un candido rosa che le donava un’aria più giovane.
L’urlo del capitano che invitava ad uscire da sottocoperta interruppe il suo meticoloso lavoro.
“Oh.. Che peccato! Per una volta che ero riuscita a farti star buona senza problemi!”Scherzò su la madre, riuscendo a strapparle un sorriso.
“Forza, andiamo!” La esortò ad alzarsi dandole un affettuoso bacio sulla fronte e stringendola a sé per qualche secondo, per poi bisbigliarle un accorato “non rovinare tutto” fra i capelli.
Elise sciolse l’abbraccio e sorrise mestamente a disagio.
Per quell’unica volta in cui aveva sbagliato, adesso nessuno le dava più fiducia..certo, il suo animo ribelle ed il suo carattere singolare non agevolavano la situazione.
Elise seguì la madre fin sul ponte, portandosi appresso il suo bagaglio e consegnandolo al valletto che le si palesò davanti sul ponte.
“Cara, lasciate che vi presenti il Signor Cosimo de Medici.” La voce di suo padre la fece trasalire e bloccare sul posto, mentre con lo sguardo seguiva la figura della madre che scendeva dalla nave per incontrare il Signore.
I brividi le corsero lungo tutta la schiena ed inconsciamente arretrò di qualche passo.
Perché all’improvviso si sentiva così spaventata?
 
Sarà solo una sciocca sensazione.. Magari mi intimidisce l’idea di incontrare il Signore de Medici.
 
Scosse il capo e si apprestò a scendere anche lei dal vascello, sfoggiando il suo miglior sorriso per nascondere la naturale smorfia di inadeguatezza che spontaneamente le avrebbe adornato la faccia.
“Ed ecco, questa è mia figlia: Elise.” La presentò il padre indicandola garbatamente con la mano, mentre con lo sguardo l’ammoniva di astenersi da qualsiasi comportamento per lei ritenuto “normale”.
Piano, scese dal vascello studiando l’uomo dinnanzi ai suoi genitori, ridendo fra sé e sé per la giovane età che dimostrava e per l’appellativo col quale doveva rivolgersi a lui.
“È un onore incontrarvi, Signore.” Rispose garbatamente, tenendo lo sguardo basso ed inchinandosi elegantemente.
“È un onore, per me, incontrare voi. Si dice che la vostra bellezza surclassi anche quella dei pennuti variopinti che avete lasciato fuggire.” La schernì il Signore sorridendo, mentre il colorito dei suoi genitori stava pian piano svanendo.
“Odio vedere delle creature maestose rinchiuse in una gabbia” rispose lei sorridendo ed alzando lo sguardo fino ad incontrare quello dell’uomo dinnanzi a lei e guardandolo con una punta di sfida che non passò per niente inosservata agli occhi della madre.
“Il vostro è stato un gesto nobile, allora.” Rispose garbato baciandole una mano e sorridendole complice, mentre il pallore sul volto dei suoi genitori andava via via acquietandosi.
“Ma torniamo a noi, vorrei che mi costruiste un castello qui a Livorno, vicino al porto.” Esordì infine Cosimo, rivolgendosi al padre ed iniziando a disquisire dei dettagli pertinenti alla costruzione, mentre sua madre la portava via, trascinandola in malo modo lontano dagli uomini.
“Si può sapere cosa ti passa per la testa?!” Iniziò a sgridarla guardandola male, mentre ringraziava mentalmente la stravaganza del Signore e la sua reazione per quel dannato inconveniente con i pennuti che, disgraziatamente, aveva fatto il giro del paese.
In quel momento, Elise ruotò gli occhi scocciata dall’ennesimo rimprovero e, quasi per caso, incontrò lo sguardo di un giovane ragazzo ,poggiato contro un carro a qualche metro di distanza da loro, che le stava osservando con un sorrisetto sghembo stampato sulle labbra.
Elise rimase qualche secondo a fissarlo mentre sua madre continuava a rimproverarla, e si rese conto della bellezza di quel ragazzo.
I suoi occhi erano di un verde scuro, simile alle foglie delle tamerici che ornavano i dintorni del porto, la  pelle olivastra, così in contrasto con la sua diafana, sembrava brillare sotto i caldi raggi solari,  quei denti smaglianti sembravano tantissime perle bianche e quei capelli neri come la pece gli incorniciavano perfettamente il viso fino ad accarezzargli le spalle delicatamente, in una cascata soave di pura seta lucida.
 
Chi è quell’uomo?
 
Si chiese mentalmente distogliendo lo sguardo e cercando di concentrarsi sui rimproveri della madre, ma senza troppo successo, considerando che continuava a sentire su di lei quegli occhi incandescenti e derisori.
Si voltò ed incontrò ancora quei due smeraldi che la fissavano schernendola.
 
Cos’avrà mai da fissare?
 
Quasi come se avesse udito la sua domanda, il ragazzo ampliò maggiormente il sorriso, quasi fino a ridere di quella scena, e improvvisamente le strizzò audace l’occhio destro.
Elise avvampò a quella vista e, rapida, distolse lo sguardo sentendosi totalmente oltraggiata da quel gesto inadeguato e per niente garbato.
Distrattamente, annuì dando ragione alle parole della madre e scusandosi per il suo comportamento fuori luogo, anche se non sapeva bene dove aveva errato.
Tornarono dagli altri uomini subito dopo ed Elise cercò di dissimulare il rossore che sembrava non voler abbandonare le sue guance.
 
 
Due giorni dopo, Elise era comodamente seduta fra le varie Signore a bere the, mangiare biscotti e sentirsi totalmente fuori luogo.
Sorrise cortese all’ennesima frase non ascoltata ed all’ennesima occhiataccia ammonitrice della madre.
Da quando erano approdati in quella città libertina, aveva avuto una strana sensazione che presto le si era materializzata sotto forma di discorsetto da parte della madre nel quale le imponeva di assumere un comportamento garbato e di riuscire ad entrare nelle grazie di qualche Signora che magari le avrebbe presentato un figlio facoltoso.
“Elise, saresti bellissima al fianco del mio primogenito.” Cinguettò una signora grassottella addentando un biscotto compiaciuta.
Elise sospirò esasperata senza farsi notare e sorrise alla signora annuendo cortesemente.
 
Non ci penso neppure..
 
Si disse fra sé e sé sorseggiando il the con fare elegante.
“E dimmi cara, a cosa è dovuto questo nome esotico?” chiese un’altra col naso aquilino ed una capigliatura alquanto esagerata.
“Il mio nome rende omaggio alle origine straniere di mia nonna materna.” Spiegò sorridente e garbata, come sua madre voleva.. Ma quella non era lei, non era la vera Elise.
Quella bambolina educata era solo la sua brutta copia che cercava di adeguarsi alla società.
Ascoltò per svariati minuti i discorsi civettuoli delle Signore, poi esasperata e satolla di quel clima di finta amicizia, si congedò da loro con un inchino, abbozzando come scusa un lieve mal di testa.
Uscì dalla tenuta nella quale alloggiavano e s’immerse nelle strade cittadine, brulicanti di mercanti, bancarelle e compratori.
Il porto di Livorno era famoso per la sua tolleranza verso le altre culture e verso le altre regioni, quindi non c’era da stupirsi se vi erano mercanti provenienti da tutto il mondo che andavano decantando di come la loro merce fosse infinitamente meglio di quella degli altri.
Elise sorrise a quel clima pacifico che mai aveva respirato in altre città.
“Signora.. Vuoi dei gioielli?” Una voce roca le soffiò sul collo facendola balzare in avanti spaventata.
Si voltò sfoggiando la sua faccia più sicura e garbatamente rifiutò l’invito, indietreggiando di qualche passo.
“Andiamo..abbiamo delle cose che ti piacerebbero da morire!” Sogghignò un’altro uomo, al suo fianco, facendola indietreggiare ancora, fino a condurla in una piccola via buia.
 
Chi sono questi uomini? Cosa vogliono?
 
Elise indietreggiò ancora fino a toccare con la schiena il freddo legno del retro di una locanda, mentre i due uomini dinnanzi a lei già se la ridevano soddisfatti.
Esaminò velocemente i due uomini: il primo che le aveva parlato, quello sulla destra, era alto almeno il doppio di lei e largo il triplo.
Non aveva capelli e la testa era avvolta da una bandana rossa, mentre indosso aveva solo vestiti scuri e stivalacci vecchi e sbiaditi dal salmastro.
L’altro, quello sulla sinistra, era longilineo, alto poco più di lei.
Aveva i capelli scuri, gli occhi piccoli ed arcigni, ma quello che attirò maggiormente l’attenzione della donna fu il tatuaggio a forma di teschio che gli deturpava una buona parte del collo.
 
Pirati?
 
Pensò terrorizzata fra sé e sé vedendoli avanzare mentre già armeggiavano con le chiusure dei loro calzari.
“Cosa volete da me?!” Gridò nel panico lasciando fluire dai suoi occhi alcune lacrime di disperazione.
“Credo sia ben chiaro.. Bambolina” sibilò quello sulla sinistra avvicinandosi ancora, fino a sfiorarle il braccio con le sue mani lerce.
“Non toccarmi!” Gli urlò contro, allontanandosi da lui e sottraendosi alla sua presa, ma finendo inesorabilmente preda dell’altro.
“Così ci offendi, bambolina!” Bisbigliò l’altro al suo orecchio e strattonandole i capelli per farla stare ferma.
“Lasciami!” Ordinò lei dimenandosi e scalciando a più non posso.
“E perché dovremmo?” Chiese quello magro avvicinando il volto a quello della ragazza ed investendola col suo fiato che puzzava d’alcol.
Elise, forse preda di una scarica d’adrenalina, alzò la mano e colpì il pirata davanti a lei con uno schiaffo che echeggiò per tutta la via.
Seguì qualche secondo di silenzio in cui i due pirati si scambiarono un’occhiata sbalordita e compiaciuta allo stesso tempo.
“Bene ,bene.. La  bambolina ama picchiare forte!” Sibilò quello dietro di lei, afferrandole un braccio e portandolo dietro la schiena della giovane in modo da bloccarle la fuga.
“Vediamo se dopo avrai ancora voglia di menare le mani..” Ironizzò quello davanti a lei catturandole l’altro braccio, mentre con la mano libera già iniziava a slacciarle i lacci che tenevano chiusa la scollatura.
Elise cadde nel panico più assoluto, iniziò a dimenarsi disperata cercando di liberarsi in qualche modo, in qualsiasi modo, ma più si dimenava e più le prese sulle sue braccia andavano stringendola e più i capelli le venivano tirati, fino a che non la costrinsero ad alzare la testa totalmente esponendo la pelle pallida del suo collo.
L’uomo davanti a lei, si avvicinò e le leccò la clavicola salendo fino all’orecchio, beandosi delle sue lacrime e dei suoi brividi di paura, ricompensandola con un sorriso maligno.
“Signori miei!” Una terza voce li chiamò interrompendo il loro svago.
Tutti si voltarono verso il nuovo arrivato in quel vicolo che seguitava a restare nell’ombra.
I presenti mutarono repentinamente espressione:c’era chi lo scrutava con sguardo scocciato, chi con sguardo irato e chi con le lacrime agli occhi sperando in un salvataggio tempestivo.
“Non mi pare proprio il luogo più consono per fare..” S’interruppe cercando le parole più appropriate e scuotendo una mano come se ciò agevolasse la sua ricerca.
“Bhe.. Quel che volete fare!” Concluse uscendo dalla zona d’ombra e rivelando infine la sua figura.
All’istante, i due pirati impallidirono e lasciarono la donzella, che ricadde a terra cercando di coprirsi alla bene meglio.
“C-ci dispiace!” Balbettò quello grasso.
“Noi non volevamo.. Non sapevamo..” Tentennò quello smilzo alzando le mani in segno di resa.
“Non preoccupatevi, amici miei!” Disse sorridente l’ultimo arrivato con fare amichevole.
“Se ve ne andate adesso, farò finta che non sia mai successo nulla!” Concluse poi poggiando le mani sulle spalle dei due che tremavano come foglie al vento.
“C-certamente!!” Disse uno.
“Filiamo subito!” Aggiunse l’altro, ed insieme se la diedero a gambe levate.
Elise continuò a piangere silenziosamente per tutto il tempo.
La paura che aveva provato in quei pochi minuti era stata devastante, l’aveva svuotata completamente del suo solito spirito battagliero e l’aveva ridotta un miserabile ed effimero guscio vuoto.
Si sedette per terra, con le mani strette a tapparle il seno scoperto e lo sguardo vacuo, ma colmo di lacrime.
“Signorina, tutto bene?” Le chiese il giovane, togliendosi la casacca e porgendogliela in modo che potesse coprirsi, ma la ragazza seguitava a restare immobile.
Solo in quel momento, Elise riconobbe in lui il bel giovane irriverente che le aveva strizzato l’occhio qualche giorno addietro.
Istintivamente annuì lenta, scandendo quel gesto della testa come se volesse convincersene anche lei.
“Elise, giusto?” Chiese il giovane inginocchiandosi al suo fianco e poggiandole la casacca sulle spalle.
La ragazza annuì ancora.
 
Sembra un fantasma..
 
Pensò fra sé e sé, incolpandosi per non essere accorso prima da lei.
Elise in quel momento si voltò verso di lui, verso il suo salvatore, con lo sguardo colmo di lacrime ed un pallido sorriso di ringraziamento ad abbellirle le labbra.
Il cuore del ragazzo subì un arresto momentaneo dei battiti vedendo quel sorriso rivolto a lui, proprio a lui, ed in seguito iniziò a battere forsennato ed impazzito.
 
Che diamine mi prende?!
 
Si chiese, ma non volle cercare una risposta e dissimulando, la prese fra le braccia, diretto verso la magione dove l’aveva vista recarsi in quei giorni.
Non aveva mai fatto una cosa simile per nessuna, un nobile gesto come quello non gli si addiceva proprio.
 
Un pirata che porta in braccio una Signora.. Devo essermi rincitrullito!
 
Pensò sorridendo sghembo mentre s’incamminava verso la tenuta, favorito dal buio della sera che nel frattempo era calata.
Magari così non li avrebbero visti e lei non avrebbe avuto nessun tipo di ripercussione.
 
Lei?! Dovrei pensare alla mia testa invece che al suo nome infangato..
 
Scosse il capo facendo ondeggiare i lunghi capelli sulle spalle ed accantonò quegli stupidi pensieri.. Non era proprio il caso di rincitrullirsi in quel momento!
Col favore del buio, riuscì ad intrufolarsi nella magione portando Elise fra le braccia e, senza dare nell’occhio, si recò sul giardino nel retro e la lasciò sul porticato, intimandole di andarsene in camera al più presto e non raccontare niente a nessuno, ma ancora una volta non volle investigare sul motivo per il quale agiva così se si trattava di lei.
 
 
Si sdraiò sulla branda in sottocoperta, sospirando soddisfatto con un sorrisetto felice ad adornargli le labbra.
“Fammi indovinare, si tratta di una donna?” Lo prese in giro bonariamente il suo compare arabo.
“Ah! Qasim.. Non sai quanto hai ragione!”
“Sei innamorato?”
“No.. Non credo, è solo che non faccio altro che pensare a lei.” Confessò, coprendosi il viso, per celare il rossore agli occhi del compagno pirata.
 
Un pirata che arrossisce.. Questa è bella!
 
Si diede dello stupido e del rammollito mentalmente.
“La rossa dell’altro giorno?” Chiese Qasim strizzandogli l’occhio con fare complice.
“Già..”
“Ottima scelta. Quella sembra proprio una in grado di far innamorare il famigerato pirata delle dodici navi!” Commentò l’uomo sorridendo sornione e voltandosi in cerca di una posizione più comoda per prendere sonno, lasciando così il “famigerato pirata” in balia dei suoi pensieri fatti di chiome rosso fuoco, occhi viola da gatta e scollature slacciate.
 
 
Elise, comodamente sdraiata sul suo letto, non riusciva a prendere sonno: troppi i sentimenti che le si agitavano nel cuore.
Era scampata per miracolo ad uno stupro, era riuscita a cavarsela grazie ad un giovane ragazzo irriverente che si era dimostrato anche tremendamente dolce e premuroso.
Sorrise nel buio della notte voltandosi su di un fianco ed estraendo, da sotto il cuscino, la casacca che lui le aveva donato per coprirsi il seno.
Ne carezzò la stoffa morbida ed improvvisamente l’odore dell’uomo le arrivò alle narici facendo aumentare la frequenza del battiti del  suo cuore.
 
Ma che diamine mi prende?! Non posso stare così per uno sconosciuto..
 
Si brontolò da sola riponendo la casacca sotto il cuscino, ma continuando a stringerne la stoffa fra le mani.
 
È stato molto gentile ad aiutarmi, ma lo avrebbe fatto chiunque..
 
Pensò fra sé e sé per poi smentirsi subito dopo.
Non era vero, chiunque altro avrebbe preteso una ricompensa da parte dei suoi genitori.. Nessuno al mondo non ne avrebbe approfittato, solo lui lo aveva fatto.
Era stato gentile e premuroso con lei, senza avere un secondo fine, senza cercare nessun tornaconto personale.. Anzi le aveva detto di non dire niente a nessuno, come se volesse proteggerla ulteriormente, come se non avesse voluto far sapere in giro il suo nobile gesto.. E per di più  non lo aveva neppure ringraziato!
Balzò seduta sul letto con gli occhi sbarrati, scioccata da quella rivelazione.
Anni e anni di galateo e poi si dimenticava pure una cosa così basilare..
Quella sera, Elise decise che l’indomani  sarebbe tornata in quelle vie commerciali per cercarlo e ringraziarlo adeguatamente, come era giusto fare e come le era stato imposto di fare innumerevoli volte.
Si addormentò dopo poco, stretta a quella casacca che profumava di lui e con un sorriso sereno ad adornarle le labbra.
 
 
La mattina dopo, Elise si svegliò molto presto, indossò degli abiti poco appariscenti e si recò subito nelle vie cittadine, alla ricerca di quegli occhi color smeraldo.
Girò il mercato in lungo ed in largo, senza trovarlo e, quasi sconsolata dopo tre ore ininterrotte di ricerca, si sedette su una roccia isolata a riposare.
Neppure sapeva fin dove era arrivata o quanto si era allontanata dalla tenuta dove alloggiava, sapeva solo che ormai la sua assenza era stata certamente notata e che sua madre l’avrebbe strigliata a dovere per l’ennesima azione sconsiderata fatta senza pensare.
Già si figurava la sua voce gracchiante intenta ad urlarle contro.. E per che cosa? Per una misera passeggiata nel mercato!
 
Da sola e senza scorta, in balia dei briganti..
 
Commentò mentalmente, rabbrividendo al sol pensiero di quello che le era successo solamente il giorno prima.
 
E se mi capitasse di nuovo?
 
Lesta, schizzò in piedi terrorizzata con tutta l’intenzione di tornarsene a casa a subire tutte le sgridate della madre, quando, ad un tratto, qualcuno le sfiorò il viso catturandole una ciocca dei suoi capelli ribelli.
Elise si voltò spaventata e pronta a gridare a squarcia gola, ma quando i suoi occhi viola incontrarono quelle gemme smeraldine, il grido le si mozzò in gola ed il cuore prese a palpitare con ardore.
“Voi..” Bisbigliò piano, sorridendo timidamente.
“E voi, Mia Signora..”La prese in giro bonariamente, rigirandosi quella ciocca di fuoco fra le dita e beandosi del rossore che le andava mano a mano a colorare le guance.
“Mi stavi cercando?” Chiese sorridendo nel vederla stuzzicarsi le mani a disagio.
“S-si.. Ecco..” Si schiarì la voce, prese un profondo respiro ricomponendosi ed alzò lo sguardo incrociando quegli occhi verdissimi.
“Volevo ringraziarvi per l’aiuto di ieri, siete stato estremamente gentile e cortese nel soccorrermi.. Dunque, vi ringrazio.” Snocciolò velocemente inchinandosi garbata.
Il ragazzo rise di gusto a quella situazione paradossale.
Una Signora che s’inchinava davanti ad un pirata, davvero esilarante!
Elise impallidì udendo la sua risata.
 
Si prende gioco di me?
 
Offesa, alzò lo sguardo inchiodandolo con i suoi occhi  più truci ed avanzò minacciosa di un passo.
“Non è così che si tratta una Dama, soprattutto se la sta ringraziando come si deve!” Lo brontolò piccata muovendogli l’indice sotto il naso a mo’ di minaccia.. Tutto l’opposto del comportamento che dovrebbe tenere una Signora.
“Allora mi perdoni, mia Signora!” Rispose il pirata con aria teatrale,inchinandosi profondamente e  schernendola ancora.
Elise gonfiò le guance oltraggiata e fece per andarsene, quando il pirata le artigliò all’improvviso una mano e gliela baciò delicatamente.
Elise si godette il contatto con quelle labbra morbide e piene, chiedendosi come sarebbe stato ricevere un bacio vero da lui.
Avvampò per i suoi stessi pensieri poco appropriati e si sbrigò a distogliere lo sguardo con aria colpevole, mentre il pirata la guardava di nascosto, ridendo della sua reazione.
Le aveva baciato la mano da vero gentiluomo.. Paradossale per il famigerato pirata delle dodici navi!
Ma quando si trattava di lei, improvvisamente si rammolliva, diventando un ragazzino alle prime armi.
Le liberò la mano e tornò eretto ad osservare le sue guance arrossate, a bearsi di quegli occhi grandi e schivi, a contemplare quelle labbra rosee ed invitanti.. Tremendamente invitanti..
 
E se la baciassi?
 
Si chiese d’istinto, per poi scuotere la testa e darsi dello stupido da solo.
Non poteva baciarla, lei era una Signora, avrebbe solamente infangato il suo nome e non avrebbe portato a niente.. Forse ad uno schiaffo ben assestato.
Eppure voleva.. Lo voleva tremendamente..
Preda dei suoi pensieri, si avvicinò di un passo a lei, riducendo la distanza che li separava a solo una misera manciata di centimetri.
 
Se non lo vuole, può sempre tirarsi indietro..
 
Elise, in quel momento, alzò lo sguardo verso di lui, puntando i suoi occhi viola in quelli smeraldini del giovane pirata.
Si contemplarono a lungo, perdendosi nell’ammirare ogni minima parte del viso l’uno dell’altra.
 
È meraviglioso..
 
Pensò la giovane arrossendo ancora ed iniziando a torturarsi le dita a disagio per via di quella vicinanza.
Il pirata notò quel particolare comportamento della fanciulla e, sfacciatamente, portò una mano fra le sue, arrestando il suo operato.
“Sei nervosa.” Constatò l’uomo scrutandola con attenzione ed adorando quel tenue rossore che le adornava le gote ogni volta che si guardavano.
“No..” Bisbigliò lei in risposta, smentendo le sue parole di poco prima.
“La mia non era una domanda..” Bisbigliò roco sistemandole una ciocca ribelle sfuggita alla sua acconciatura.
“È solo che.. Non so come vi chiamate.”
“Il mio nome è Miguel, ma tutti mi conoscono come “ il pirata delle dodici navi”” confessò infine, convinto di vederla andar via correndo e strillando, ma la ragazza restò lì, davanti a lui, a guardarlo incuriosita.
“Come mai avete questo soprannome?”
“Perché ho affondato dodici navi in una battaglia, tutto da solo.” Rispose lui mascherando la sua sorpresa nello scoprire che la sua fama non aveva raggiunto le orecchie della bella fanciulla.
“Ed è stato difficile?” Chiese ancora, ormai la curiosità si era impossessata di lei.
“Affatto..” Rispose in un sussurro il pirata, alzando una mano fino ad incontrare la pelle candida della guancia della ragazza.
Elise sussultò leggermente per quel contatto inaspettato, tuttavia non seppe scostarlo, non fu in grado di allontanarlo, qualcosa che bruciava nel suo cuore le impediva di allontanare il giovane, benché sapesse che era un pirata.
E non fu in grado di allontanarlo neppure quando Miguel si calò su di lei, lambendole le labbra dolcemente con le sue, assaporandola piano, senza fretta, prendendosi tutto il tempo per far danzare le loro lingue insieme, dolcemente, inesorabilmente complici, mentre i loro cuori battevano forti ed all’unisono, in una canzone vecchia come il mondo.
Una volta separati rimasero a fissarsi a lungo, in una sorta di dialogo silenzioso e segreto alle orecchie degli altri.
“Accetto le tue scuse.” Esordì Miguel sorridendo sghembo.
 Elise dapprima non capì cosa intendesse  il pirata con quelle parole, poi, elaborandole meglio, intuì a che cosa si stava riferendo.
 
Si sta prendendo gioco di me!
 
Offesa, gonfiò le guance e lo spinse via, allontanandolo da lei, allontanando da lei anche quel sorriso derisorio che tanto le piaceva e che tanto l’attirava.
“Cafone!” Sbottò in risposta cercando di nascondere il viso arrossato voltandosi.
“Non è propriamente un linguaggio che si addice ad una signorina!” La rimproverò lui scherzosamente, accalappiandole una mano per riportarla inesorabilmente fra le sue braccia.
Elise si lasciò andare in quella stretta forte e protettiva, sorridendo serena contro il suo petto marmoreo.
Allungò le braccia e cinse la vita del pirata, ricambiando quel dolce gesto.
Miguel le carezzò dolcemente la riccia chioma rossa, beandosi del profumo floreale che le arrivava alle narici.
 
Un gesto che non si addice proprio ad uno come me..
 
Si disse fra sé e sé sorridendo ironico.
Improvvisamente, Elise alzò lo sguardo in quello verdissimo di lui e sorrise con fare sornione.
“Dunque, se il mio linguaggio vi ha recato offesa.. Dovrò farmi perdonare?”
Miguel le sorrise di rimando, accarezzandole una guancia finché il pollice non incontrò quelle labbra perfette, rosse di baci.. Ma non abbastanza!
“Temo proprio di sì, mia Signora..” Sussurrò roco, scendendo a baciarla ancora e ancora e ancora.
 
 
Il giorno seguente, Elise indossò ancora quegli abiti spartani ed uscì dalla tenuta mescolandosi facilmente alla gente comune e respirando quell’aria salmastra che, in quei pochi minuti, aveva il sapore della libertà.
Cercò di non lasciare mai la via principale e di avere quante più persone possibili intorno.
Non voleva affatto correre il rischio di esser nuovamente avvicinata da qualche pirata.. O peggio.
La fortuna l’aveva baciata una volta e non era affatto sicura che Miguel sarebbe  accorso ancora così tempestivo.
Camminò a lungo, finché non giunse nuovamente nel piccolo spiazzo nel quale aveva rincontrato Miguel il giorno prima, ma constatò subito di non esser da sola.
Un uomo se ne stava voltato di spalle e comodamente seduto su quell’unica roccia in mezzo al verdeggiante giardino.
Istantaneamente un sorriso le nacque sulle labbra: avrebbe riconosciuto quella chioma corvina ovunque.
Decisa, avanzò verso quella figura con il cuore che le batteva a mille, colmo di gioia ed aspettativa.
Girò intorno alla roccia e si palesò davanti al giovane che adesso la guardava con i suoi occhi, sorpreso per quella visita del tutto inaspettata.
“A cosa devo il piacere?” Esordì il pirata sorridendole sghembo, mentre con una mano andava sistemarsi qualche ciocca di capelli mossi dal perenne vento che persisteva in quel porto.
“Passavo di qua per caso..” Cercò di restare sul vago Elise, mentre faceva vagare lo sguardo sul paesaggio circostante.
“Se i baci di ieri non vi sono bastati, dovevate solo chiederne ancora.” Snocciolò lui distrattamente, godendosi il rossore che era salito ad imporporare le gote della giovane.
“C-cosa?! No.. Io..” Balbettò a disagio lei, cercando una qualsiasi scusa plausibile, ma invano.
“Sapete? Me ne torno a casa!” Sbottò infine voltandosi e facendo per andarsene con aria alquanto offesa.
“Aspettate!” La chiamò lui, alzandosi e seguendola per qualche passo.
 
Adoro quando fa l’offesa..
 
Pensò fra sé e sé sorridendo nervoso.
In quelle ventiquattro ore aveva scoperto che il suo passatempo preferito era farla arrabbiare e godersi quelle gemme viola che proiettavano ogni stato d’animo della ragazza.
“Ebbene?” Sbottò Elise voltandosi a fronteggiarlo con le braccia incrociate sotto il seno.
“Quanti anni avete?” Domandò lui spiazzandola completamente.
“C-Cosa vi interessa?” Chiese lei, a sua volta, cercando di dissimulare la sorpresa e imponendosi di mantenere un tono quantomeno offeso.
“Vorrei conoscervi.”
Elise si mosse a disagio iniziando a torturarsi nervosamente le mani.
 
Ma che mi prende?
 
Si chiese mentalmente senza riuscire a darsi una risposta.
Quella semplice frase la stava spaventando tantissimo, nonostante fosse una semplice affermazione.
Voleva conoscerla, lui voleva conoscerla.. Perché le risultava così difficile parlargli?
Era come se avesse paura.. Paura di deluderlo, paura di non essere all’altezza, paura di risultare troppo noiosa..
 
É un pirata..un uomo che vive d’avventura ogni giorno.. Perché gli interessa una noiosa come me?
 
Scosse il capo cercando di scacciare quegli strani pensieri che sembravano volerla tormentare.
“Perché siete così nervosa quando siete con me?” Le chiese Miguel raggiungendola e bloccandole le mani, impedendole di continuare a torturarle ancora.
Elise tacque mantenendo lo sguardo basso, incapace di guardarlo in faccia a causa della sua troppa insicurezza.
Miguel le catturò il mento fra l’indice ed il pollice, costringendola a guardarlo in faccia.
Non appena i loro occhi si specchiarono gli uni negli altri, Miguel avvicinò il suo viso a quello della giovane, tendendo le labbra verso le sue in una tacita ed ovvia richiesta.
 “Diciassette..” Confessò lei voltandosi da un lato ed interrompendo quel quasi bacio.
Miguel rimase stupito da quella affermazione.
 
Sembra più grande..
 
Pensò tra sé e sé, mentre sorridendo dissimulò la sua sorpresa e si allontanò dalla ragazza sentendosi vagamente sconfitto a causa di quel bacio mancato.
“E voi?” Si azzardò lei a chiedere guardandolo di sottecchi.
“Ventiquattro.”
“Da quanto siete un pirata?”
“Non vale, facciamo una domanda per uno!” Esordì lui facendo il finto offeso e riuscendo a strapparle un sorriso.. Il primo dei tanti di quella giornata che passarono insieme.
 
 
La risata cristallina di Elise echeggiava in tutto il giardino, donandogli un po’ di vita in alternativa al solito silenzio austero che attanagliava quel luogo isolato da tutto.
“Aspetta, quindi sei stata tu a liberare quei pennuti?” Chiese Miguel sbalordito, mentre si teneva la pancia dolorante a causa delle troppe risate.
“Ebbene sì, in un atto di coraggio ho deciso di liberare quelle povere creature!” Rispose lei scherzosa assumendo i panni di una Signora ben educata, ruolo che proprio non le calzava affatto.
“Hai fatto bene! Quello è un tizio strano e la sua passione per gli uccelli non mi ha mai convinto!”
Elise avvampò al sol udire quelle parole compromettenti.
“Miguel!!” Lo richiamò nascondendo il viso fra le mani cercando di occultare il rossore delle sue gote.
“Cosa? Guarda che non sto insinuando niente.. Ho solo constatato i fatti!” Si difese lui avvicinandosi maggiormente alla giovane e togliendole le mani da quel viso deliziosamente arrossato che cercava di nascondere.
“Non nasconderti.. Sei bellissima quando arrossisci.” Esordì infine prima di baciarla velocemente, un incontro di labbra fugace ed effimero, ma che la  colse totalmente di sorpresa facendola avvampare ancora.
Elise lo scrutò a lungo, incapace di proferir parola che non fosse un insensato borbottio.
Miguel le sorrise a pochi centimetri dal viso, godendosi quella reazione così dolce e spontanea.
“Anche questa era una constatazione su un fatto vero..” Bisbigliò roco avvicinandosi ancora alle sue labbra e godendosi quel dolce “scemo!”, quella piccola offesa ben poco signorile, che veniva soffocata dall’unione delle loro labbra.
 
 
 
I giorni si susseguirono uno dopo l’altro velocemente, divenendo ben presto settimane e poi mesi interi.
La permanenza di Elise in quella piccola cittadina di mare sembrava averle donato una gioia inaudita.
C’era chi diceva che fosse la vicinanza col mare, chi diceva che fosse per quel vento bizzarro che spirava perenne da sud-ovest: agli occhi di tutti sembrava solo che la giovane gradisse molto quel luogo, eppure solo lei sapeva quanto tutti si stessero sbagliando.
Ogni giorno, Elise ,all’insaputa di  tutti, si recava in città di mattina presto e tornava a casa solo poco prima di pranzo.
Nessuno sospettava di quelle fughe, nessuno l’aveva notata e nessuno sapeva dei suoi incontri con il famigerato pirata delle dodici navi.
Ogni giorno trascorrevano quelle poche ed effimere ore insieme, beandosi della compagnia l’uno dell’altra e coltivando involontariamente un nobile sentimento nei loro cuori.
Dopo l’ennesima mattinata passata con Miguel, Elise tornò a casa con un sorriso raggiante sulle labbra che prometteva di illuminare anche il più buio anfratto della tenuta.
Entrò nella magione, si richiuse la porta alle spalle e tentò di sgattaiolare al piano di sopra,nella sua stanza,  senza destare sospetti, ma la voce di sua madre non tardò a raggiungerla.
“Elise, cara!” La chiamò squittendo con il suo tono più garbato, segno che avevano ospiti.
“Vieni a salutare il Signor de Medici che è stato così gentile da venire fin qua per salutarti!”
“Non proprio.” La corresse l’uomo a disagio.
“In verità volevo parlare da solo con la signorina Elise..”
La ragazza avanzò fino al soggiorno dove, seduti all’immenso tavolo a prendere il the, vi erano i suoi genitori ed il Signore de Medici.
Non appena gli occhi di sua madre videro le condizioni in cui versava la figura della figlia ( che sembrava più una popolana che una nobildonna), improvvisamente impallidì fin quasi ad imitare la parete pallida delle mura.
Elise rise di quella reazione esagerata e si affrettò ad inchinarsi chiedendo perdono per le sue condizioni poco presentabili, accampando come scusa quella dell’essersi dedicata alla cura del pollaio.
“Devono piacervi particolarmente i pennuti, se per loro vi abbassate persino a lavorare!” La schernì Cosimo alzandosi dalla tavola e dirigendosi verso di lei all’ingresso, ma dalla giovane ribelle ottenne solamente un’occhiataccia ammonitrice in risposta.
Si congedarono garbatamente ed uscirono in giardino, sul porticato, accomodandosi sull’altalena.
“Di cosa volevate parlarmi?” Chiese Elise iniziando a dondolarsi piano.
“Ho parlato con i vostri genitori del  matrimonio fra le nostre famiglie.
Loro sono entusiasti all’idea, ma volevo sentire la vostra opinione lontano dall’influenza di vostra madre.”
Elise si sentì morire al sol udire quelle parole, restò pietrificata, schiacciata dal loro significato.
 
Matrimonio..
 
Si sentì mancare il respiro mentre la velocità acquisita con l’altalena andava via via scemando per poi fermarsi del tutto.
“Chi?” Chiese lei in un sussurro ammala pena udibile, era come se il suo corpo fosse stato svuotato di ogni cosa, ogni emozione, ogni fibra.
“Fra voi e mio zio: Giovanni Salviati.”
“Perché?” Chiese ancora, scrutandolo con i suoi occhi colmi di furia.
Cosimo fu sorpreso da quella domanda, ma dissimulò facilmente schiarendosi la voce e sistemandosi la camicia pregiata stretta al collo, dove spiccava in bella mostra la spilla con il simbolo della sua casata.
 “Non c’è bisogno di un motivo.. Questo accordo è stato già preso tempo fa, sta solo a voi rispettarlo o meno.”
“Ho davvero questa libertà di scelta?” Chiese ancora, stavolta non nascondendo l’astio nella voce.
Cosimo la guardò a lungo, soppesando le parole da usare e studiando quella giovane ragazza così inusuale, così strana.. Così  ribelle, chiedendosi perché continuasse a comportarsi così, cosa la spingesse a non adeguarsi, a non uniformarsi ,alle altre dame.
“No, non ce l’hai.” Rispose serafico tornando dentro la tenuta e lasciandola da sola nel giardino, in balia dei suoi più tristi pensieri.
 
Presto sposerò un uomo mai visto e dovrò rinunciare a Miguel..
 
Al sol pensiero, calde lacrime le scesero dagli occhi, esprimendo tutta la sua frustrazione, tutta la sua rabbia e tutto il suo dolore.
 
 
Rientrò in casa solo all’ora di cena, quel clima di falsa indifferenza le dava la nausea.
Non solo i suoi genitori l’avevano presa in giro e le avevano celato una così scomoda verità, ma persistevano con quella pantomima pretendendo di comportarsi esattamente come sempre, come se niente fosse successo.
Elise lasciò cadere la forchetta sul tavolo e, disgustata dal loro atteggiamento, si alzò facendo per andarsene.
“Elise! Non osare abbandonare la tavola senza il permesso di tuo padre!” La richiamò all’ordine sua madre, riuscendo a strappare alla giovane donna un sorriso ironico.
“Madre, adesso dovrò rispondere solamente all’uomo che avete scelto per me.” Rispose irriverente senza neppure voltarsi, tanto sapeva già di aver scatenato l’ira di suo padre.
“Elise, non costringermi a punirti seriamente per questo tuo atteggiamento irriguardoso.” Tuonò il padre perforandole la schiena col suo sguardo arcigno.
“Seriamente, padre.. Credo che un matrimonio non voluto sia già abbastanza.” Rispose sfidandolo prima di abbandonare la sala e dirigersi in camera da letto, dove le sue lacrime sarebbero fluite libere per molte ore.
 
 
Pianse a lungo  silenziosamente, cullata dall’oscurità  della notte.
Attese pazientemente che i suoi genitori si fossero recati nella stanza da letto ed infine agì.
Lesta preparò il suo bagaglio, mettendoci dentro solo qualche vestito più spartano, qualche gioiello e qualche moneta d’oro.
Doveva viaggiare leggera per essere veloce e non essere raggiunta dai suoi genitori o gli scagnozzi del Signore de Medici.
Ma dove andare?
Inizialmente aveva pensato di rifugiarsi in un paesino vicino a Livorno, magari nelle campagne, comprando il silenzio dei cittadini.
Ma quanto sarebbe durata?
I poteri di Cosimo arrivavano ovunque e sarebbe stata solo questione di tempo prima che qualcuno la trovasse e la riportasse al suo dovere.
La seconda opzione che le venne in mente, quella che aveva infine decretato come più saggia,  fu di chiedere aiuto a Miguel.
Certo, non era una scelta intelligente chiedere aiuto ad un pirata,  ma certamente era più semplice affittarlo con tutta la ciurma per potersene andare finalmente via.
Prese il bagaglio e silenziosamente scese le scale, dritta verso l’uscita.
Si guardò intorno circospetta, cercando qualche serva o qualche guardia che potesse fare la spia, ma fortunatamente non trovò nessuno.
Uscì piano, controllando meticolosamente di non esser né vista né udita e, per sua fortuna, capitò proprio nel momento in cui le guardie notturne si stavano dando il cambio di turno, dunque fu facile sgattaiolare via passando per il cancello principale delle mura di protezione.
Corse veloce per le vie della città, cercando con lo sguardo quei due occhi verdissimi.
Rubò un mantello steso su dei fili per i panni e lo indossò per non farsi riconoscere e non essere facilmente rintracciabile.
Raggiunse il porto e cercò la locanda nella quale alloggiava Miguel.
Fu una ricerca abbastanza facile dato che vi era solo una locanda che serviva da bere e da dormire ai pirati.
Senza troppi problemi, entrò spedita cercando il suo amato con lo sguardo fra migliaia di uomini all’apparenza tutti uguali.
“Dolcezza, posso aiutarti?” Chiese mellifluo un uomo mastodontico.
“Cerco Miguel.”
“Per te ,dolcezza, posso diventarlo per stanotte..”
“Il pirata delle dodici navi.” Lo interruppe guardandolo male e vedendo il suo colorito rossastro a causa dell’alcol scemare veloce.
“È nella sua camera, la prima al primo piano.. Se avete bisogno, posso accompagnarvi.” Disse improvvisamente cortese e chinando il capo a mo’ d’inchino.
 
È strabiliante l’influenza che ha un semplice nome..
 
Pensò fra sé e sé mentre seguiva il pirata su per le scale.
Arrivarono velocemente alla stanza indicata ed Elise si sorprese ancora quando il pirata sconosciuto le s’inchinò davanti prima di annunciarla.
La ragazza entrò nella camera trovandovi dentro Miguel in compagnia di un altro uomo, probabilmente un altro pirata, mentre studiavano una cartina nautica.
I due si somigliavano molto, stessa altezza, stesso fisico e stessa chioma corvina, ma lo sconosciuto non aveva gli occhi smeraldini del suo amato, anzi i suoi erano scuri, neri come una notte senza stelle.
“Felipe, lei è la donna di cui ti parlavo.” Esordì Miguel andandole incontro e stringendole amorevolmente la mano, mentre seguitava a guardarla con quegli occhi ammaliatori colmi di amore.
“Vedo..” Commentò l’uomo squadrandola con fare attento.
“Signorina, le parole spese da mio fratello sulla vostra bellezza non vi rendevano affatto giustizia.”
“Grazie mille.. Siete incredibilmente gentile.” Rispose lei garbata accennando un lieve inchino.
“Elise, lui è mio fratello Felipe, capitano della Rosa Azul” lo presentò Miguel sfoggiando un sorriso smagliante.
“Piacere di conoscerla.. Vi prego di perdonare il mio comportamento scortese, ma devo chiedervi di lasciarmi da sola con Miguel.”
“Certamente.. A dopo signori miei!” Rispose garbato Felipe facendo un piccolo inchino con la testa, riponendo la cartina ed infine uscendo veloce dalla porta per lasciare da soli i due.
Elise, finalmente da soli, lasciò cadere pesantemente a terra il suo bagaglio ed inspirando profondamente cercava le parole più giuste per confessare la nuova triste notizia.
“Miguel..”
“Dove?” La interruppe lui fissando il bagaglio con aria assorta.
“Non capisco.. Cosa vuol dire “dove”?” Chiese a sua volta Elise, sentendosi stranamente a disagio e vagamente in ansia.
“Una giovane donna che fugge di notte dalla sua casa con un bagaglio.. Mi vien da pensare che voglia scappare da qualche parte.
Dunque la mia domanda è: dove vuoi scappare?”  Confessò l’uomo voltandosi ed accomodandosi pigramente seduto sul letto.
Elise arrossì a quelle parole colta in fallo, chiedendosi come potesse aver capito tutto solo da un borsone, senza neppure ispezionarne il contenuto.
“Non ha importanza.. Basta che sia lontano da qui.” Rispose lei raggiungendolo e sedendosi al suo fianco, mentre una strana angoscia le andava ad attanagliare lo stomaco in una morsa atroce.
“Presumo che tu voglia la mia protezione..”
“Intendo comprarla!” Lo corresse lei guardandolo con occhi di fuoco.
Miguel sorrise sornione sistemandole una ciocca ribelle scesale sulla fronte.
“Non hai bisogno di comprarmi.”
Elise arrossì ancora, distogliendo lo sguardo a disagio, mentre una strana calura le torturava il corpo.
 
Perché ho così caldo adesso?
 
Pensò fra sé e sé muovendosi a disagio e cercando di mettere un po’ di distanza fra loro due.
“Posso sapere da cosa scappi?” Chiese Miguel guardandola con occhi famelici che sembravano divorare ogni suo centimetro di pelle.
“Da un matrimonio.” Confessò lei infine alzandosi dal letto ed allontanandosi da lui il più possibile.
“Vogliono costringerti?” Chiese lui non nascondendo l’ira che gli soffocava la voce in gola.
Elise si voltò infine a guardarlo, scoprendolo frustrato ed oltraggiato quasi quanto lei.
Inconsciamente, quella sua reazione così istintiva la fece sorridere.
Si riavvicinò a lui, gli s’inginocchiò dinnanzi e gli catturò il volto fra le mani, sorprendendosi della loro diversità d’incarnato e del bellissimo contrasto che creavano.
Quando gli occhi verdissimi del pirata incrociarono i suoi viola, tutto il coraggio trovato andò scemando in fretta, ma si costrinse lo stesso a continuare a parlare.
“Non m’importa cosa vogliono loro, ma solo cosa voglio io..” S’interruppe a causa delle lacrime che minacciavano di uscire prepotentemente dagli occhi.
“E tu cosa vuoi?” Chiese lui con voce roca, portando le sue mani sul volto della giovane ed avvicinandolo al suo lentamente, con tutta calma, godendosi il suo respiro accelerato, il suo piacevole rossore che le imporporava le guance ed i suoi battiti accelerati.
“Te..” Bisbigliò lei a pochi millimetri dalle labbra del pirata, per poi unirle alle sue in un bacio appassionato e colmo d’amore sofferto e voluto, desiderato ed angosciato, come se fosse il primo e come se fosse l’ultimo.
“Scappa con me..” Le sussurrò Miguel a fior di labbra, fra un bacio e l’altro, con una voce strascicata che sapeva  di supplica.
“Non posso saperti fra le braccia di un altro..” Aggiunse poi scendendo a lambirle il collo con una scia proibita di baci umidi che riuscirono a strappare alla giovane qualche gemito.
“Scappa con me mi amor..sii mia. Mia soltanto.”
In quel momento, Elise smise di respirare e qualche lacrima di gioia  scese dai suoi occhi.
Sentirlo parlare così, chiamandola amore, supplicandola di partire con lui, per stare con lui.. Ciò ebbe un effetto devastante nel suo animo, ed il cuore di Elise prese a batterle così forte che quasi temeva che potesse sfondarle il petto.
“Elise..?” La chiamò il giovane, allarmato dal sentirla così rigida d’improvviso fra le braccia.
“Sì.. Sì, portami via da qui!” Esordì lei infine, afferrando il pirata per il bavero e trascinandolo in un bacio irruente e passionale.
Miguel rispose al bacio con ardore, mentre il cuore minacciava di esplodergli per la felicità.
La prese per i fianchi e la portò accanto a lui su quel letto troppo grande per una sola persona.. Almeno per quella notte.
Ben presto le loro mani iniziarono ad esplorarsi, graffiarsi, spogliarsi, desiderose di toccare di più, di carezzare di più.
I loro baci divennero morsi, poi ancora baci, poi ancora morsi, ed infine furono solamente labbra incollate l’une alle altre cercando di soffocare quei gemiti sconci e quelle parole bisbigliate che sapevano tanto d’amore.
 
 
“Dobbiamo andarcene.” Esordì Miguel entrando nella camera del fratello senza troppi preamboli.
“Di grazia, hai idea dell’orario indegno al quale ti presenti?!” Protestò Felipe cacciando la testa sotto al cuscino per schermarsi dalla luce.
“Sono stato occupato..” Rispose il pirata a disagio arrossendo.
“Lo so.. Tutta la locanda vi ha sentiti e quando avete finito, finalmente, siamo riusciti a prendere sonno.”
“Smetti di scherzare.. Parlo sul serio, dobbiamo andarcene e portarla via con noi.”
“Perché?” Chiese il capitano riesumando il capo dal suo nascondiglio.
“Perché vogliono costringerla a sposare un uomo che non ama!”
“Fratello, sono un pirata, un bastardo figlio di puttana.. Non corro certo ad aiutare giovane donzelle in difficoltà!” Rispose sprezzante uscendo dal letto e stirando le membra intorpidite da quelle misere ore di sonno.
“Per una volta potresti fare un’eccezione!”
“Perché?” Chiese ancora il capitano mentre s’infilava gli stivalacci logori.
“Perché sono tuo fratello.”
“E...” Lo esortò ancora a continuare mentre si allacciava i calzoni e la cintura alla quale era ben allacciata la spada.
“Ed io l’amo.” Confessò Miguel voltando il capo a disagio.
“No.. Non salpiamo perché tu l’ami o perché sei mio fratello.” Esordì infine il capitano recuperando il cappello ornato con una sgargiante piuma azzurra.
“Ma perché sei il mio miglior pirata, il più temuto dei sette mari e comunque.. La ciurma ti avrebbe seguito in ogni caso, senza doversi sorbire quelle stronzate che hai detto prima!” Aggiunse poi sorridendogli complice.
Miguel lo abbracciò commosso, stringendolo forte per dimostrargli tutta la sua gratitudine per quel gesto.
“Dai.. Andiamo a svegliare gli altri..” Disse Felipe sciogliendo quel momento d’amore fraterno che ben poco si addiceva a due come loro.
“Di certo non  risparmieranno le battute allusive per te e per la tua donna! L’hai fatta cantare stanotte!” Lo schernì ancora il capitano uscendo dalla camera accompagnato da un “vai al diavolo!” paradossalmente bisbigliato con affetto.
 
 
Elise guardava il mare dinnanzi a lei  assorta, mentre il vento salmastro le scompigliava la lunga chioma rossa lasciata libera e non più costretta in strane acconciature.
Si affacciò dal parapetto ed osservò il blu profondo delle acque, vedendo di quando in quando passare qualche pesce.
Ormai i suoi giorni erano scanditi dal sole che le abbronzava la pelle non più tanto chiara e dalle onde che schiaffeggiavano dolcemente la carena della nave.
Sorrise felice della sua nuova vita.
Solo da qualche mese aveva assaggiato la libertà, la  vera libertà, grazie al suo unico amore, e mai vi avrebbe più rinunciato.
Una mano che correva sul suo ventre non più piatto la distolse dai suoi pensieri.
“Non sporgerti così dal parapetto o qualche sirena potrebbe restare incantata dalla tua bellezza!” Una voce inconfondibile le sussurrò all’orecchio quelle dolci parole, mentre un’altra mano le si andava a depositare sul ventre in una sorta di carezza un po’ impacciata.
Elise arrossì all’istante, sorrise ancora e si voltò verso il suo amato pirata, il suo salvatore, incontrando i suoi occhi verdissimi e stupendosi ancora della fortuna che aveva trovato per caso in una piccola città di mare.
 
  
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