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Autore: AlessiaCo    25/05/2016    0 recensioni
Era come se le loro labbra fossero state create per baciarsi in un solo modo, il loro
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- E questo che significa? -- L'ho fatto per non dimenticare - - Per non dimenticare che cosa? - - Che ho trovato il mio punto cardinale -
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti
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ALICIA
 
Il suono della sveglia si era fatto ogni giorno più insopportabile, dato che ormai era diventato troppo piacevole dormire in compagnia. Non lo avrei mai confessato ad alta voce, ma la presenza di Elyza mi rilassava e mi faceva sentire al sicuro. Le ero grata per non aver continuato con le domande la scorsa notte, riguardo ad Indra… Il rispetto con cui mi trattava era disarmante. I traumi portano ad affezionarsi alle persone molto più facilmente, ma dentro di me sentivo che in lei c’era qualcosa di diverso, qualcosa che andava ben oltre alla semplice simpatia. Le nostre chiacchierate non erano mai lunghe e non contenevano nemmeno segreti o discorsi intimi, no… I nostri dialoghi erano fatti per lo più da sospiri e sguardi. Quello sguardo blu che avrei riconosciuto tra mille… quello sguardo che desideravo incontrare alla mattina prima di tutti gli altri. “ Forse esiste davvero qualcuno in grado di capirmi, qualcuno a cui rimettere la mia fiducia… qualcuno a cui donare il mio affetto” commentai tra me e me.
Misi a tacere delicatamente il suono della sveglia, ma notai quanto ancora la stanza risultasse buia alle 7:30 del mattino. Curiosa, feci più attenzione ai suoni intorno a me e sentii dei forti scrosci d’acqua, mi stupii per non essermene accorta prima. Il temporale si palesò ancora di più con due potenti tuoni che fecero tremare addirittura i doppi vetri delle finestre – Noooo il temporale nooooo -. Sentii Elyza svegliarsi a causa di quel trambusto, ma il suo modo di lamentarsi appena aperto gli occhi, mi fece sorridere come al solito.
 
. - E’ permesso? – La testa di Raven fece capolino tra la fessura della porta, la sua espressione non era delle migliori, mi preoccupai. – Che succede? – sentii Elyza chiede, abbandonando in pochi secondi la sua pigrizia – Mi dispiace disturbarvi ma Bellamy e Octavia sono stanchissimi, sono stati sotto la pioggia tutta la notte, a fare di guardia. Lo so che il vostro turno inizierebbe tra un paio d’ore ma… non mi sembrano in forma e non vorrei… - Seguii con lo sguardo Elyza che, senza farselo dire due volte, si mise in piedi alla ricerca dei propri indumenti. Quei veloci gesti mi stupirono parecchio, ma mi fecero capire quanto fosse ligia ai propri doveri.  – Fa davvero schifo li fuori? – chiesi, sapendo quale in realtà fosse la risposta – Uno dei temporali più tremendi che io abbia mai visto. In più la radiotrasmittente non riceve nulla… credo che qualcosa stia disturbando il segnale – Rimasi in silenzio, l’angoscia di non trovare mio fratello mi trivellava il petto, perché doveva essere tutto così tremendamente complicato?
 
 
 
L’acqua cadeva fitta e a stento si riusciva a vedere la casa dei vicini. Il sottile telo che ci teneva riparate era praticamente già zuppo e non passò molto tempo prima che Elyza se lo togliesse definitivamente dalla testa e me lo concedesse tutto a me – Sei sicura? - - Non mi sono mai ammalata – mi rispose senza distogliere lo sguardo dal confine della villa. I nostri respiri creavano della nebbiolina a causa di tutta quella umidità, ma grazie ad essa notai quanto il suo respiro fosse accelerato . La mia mente suggeriva di chiederle qualcosa “ se stesse bene” per esempio…. Ma il mio cuore mi ripeteva di capirla in silenzio. Fissai per lunghi istanti i suoi occhi e mi parvero l’unica cosa colorata intorno a me. Mi piaceva… e questa cosa mi spaventava terribilmente, ma era inutile continuare a negare l’evidenza… Lei mi piaceva, enormemente. Mandai giù la saliva e abbassai il volto nella speranza di mettere a tacere i miei pensieri – La Rosa dei Venti è stato il mio ultimo tatuaggio – mi incominciò a raccontare facendo incrociare per la prima volta i nostri sguardi. – In realtà quando lo feci, non aveva un significato ben preciso. Ma ora che non ho più una meta… mi rendo conto che tenere a mente quali sono i miei punti cardinali… mi aiuta a capire che sono nel posto giusto - - Che intendi ? - - Tenere a mente che non importa dove andare e che direzione prendere, ma l’importante è vivere il viaggio insieme a persone con cui muovere i propri passi - . Rimasi affascinata dalla profondità del suo pensiero, in quel momento capii quanto fosse importante per Elyza condividere la propria vita con qualcuno, e per certi aspetti ero felice di farne parte. Io non ero brava con le parole quanto lei… ma decisi ugualmente di farle capire che per me, tutto quello che aveva detto, aveva un significato. Osservai il suo zaino di fianco a noi e senza proferir parola o chiederle il permesso, iniziai ad estrarne il contenuto fin quando non trovai ciò che mi serviva. – Che stai facendo? – Non risposi. Aprii l’astuccio e ne tirai fuori un pennarello indelebile nero. Sapevo non essere un gran che come artista, ma alla fine riuscii a disegnarmi una piccola Rosa dei Venti – E questo che significa? – Mi chiese notando il suo stesso tatuaggio riprodotto sul mio polso – L’ho fatto per non dimenticare - - Per non dimenticare che cosa? - - Che ho trovato il mio punto cardinale –
 
 
 
 
 
Elyza
 
Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata. L’aveva detto sul serio? Continuai a fissarla incredula, ma molto probabilmente la imbarazzai, perché la vidi abbassare lo sguardo. “ Alicia… mi stai uccidendo “ mi dissi, posando anch’ io lo sguardo da un’altra parte. Cercai di pesare in modo giusto le sue parole, molto probabilmente, il suo gesto, fu un semplice atto di solidarietà, ma il suo sguardo?  Ogni sua azione era in grado di privarmi di parole, tanto che mi sentii una stupida per aver fatto nascere quel silenzio tra di noi. Sentii quella strana sensazione allo stomaco… di quelle che ti tolgono il fiato e ti avvertono che l’intero tuo corpo è ormai preso da quell’emozione.
. - Alicia! – I miei tormenti si volatilizzarono dalla mente e con scatto nervoso indicai un punto indefinito sotto di noi – Sono entrati! Chiama gli altri ! – La spronai a gran voce notando un gruppo di non morti oltrepassare e fare a pezzi  la recinzione. Mi alzai molto velocemente per dirigermi al piano di sotto… la sentii correre dietro di me gridando – Ragazzi abbiamo visite! Alzatevi! – prima di separarci.
 
 
La pioggia non aveva intenzione di scemare, anzi… appena arrivai davanti alla porta-finestra che dava nel giardino, mi resi conto che ne scendeva talmente tanta che era impossibile scorgere qualcosa a distanza di un metro dal naso. Non aspettai gli altri… non potevo. Non potevo permettere a quegli esseri di calpestare un centimetro di più di quel territorio che c’eravamo faticosamente costruiti. Diedi un’occhiata fuori la finestra della porta, cercando di capire con quanti zombie avessi a che fare. In pochi secondi mi ritrovai sotto lo scroscio d’acqua, la mia mano agguantò il manico del badile che sapevo essere posto li di fianco e, senza esitare, iniziai a inferire contro di loro, nel tentativo di guadagnare tempo in attesa dei rinforzi. Fortunatamente le mie preghiere furono esaudite pochi attimi dopo, Raven e Octavia uscirono di corsa impugnando due lunghi coltelli da cucina, cominciando a colpire le putride membra dei non morti. Il sangue si mescolava al fango sul terreno, creando uno strato terribilmente scivoloso e fetido. Rimanere in piedi iniziò per me a diventare impossibile e, senza delle vere armi, non avremmo retto ancora per molto. Mi guardai intorno e notai altri corpi entrare attirati forse dal rumore – Dove cazzo sono gli altri? – Urlai tra quella fitta pioggia in cui si faceva fatica pure sentirsi. Bellamy e Finn finalmente uscirono, armati di aste di ferro appuntite che erano riusciti a trovare durante le ronde. Loro sembrarono cavarsela meglio di noi con quegli attrezzi, ma nonostante ciò non mi fermai. – Dov’è Alicia? – chiesi senza un reale interlocutore. Io, Bellamy e Finn eravamo tutti alle prese con un avversario, mentre Raven e Octavia, ormai stremate, non riuscirono più a continuare quella lotta estenuante. I miei piedi cominciarono ad indietreggiare sempre di più, il mio rivale era molto alto, nonostante non si muovesse in perfetta posizione eretta – Elyza no! – sentii urlare Octavia durante la mia caduta a terra sul fanghiglio. Ero stanca. Non ce la facevo più. I vestiti erano diventati pesanti. Non potevo più fare niente.
Si udirono tre spari…1…2…3… e poi fu silenzio.
Guardai i ragazzi fermarsi di colpo, mentre i rispettivi zombie cadevano davanti a loro, inermi. Il mio mi si accasciò di fianco e osservandolo, non feci a meno di notare il profondo solco creato dalla pallottola proprio al centro del cranio. – Ma che diavolo… - Ci girammo all’unisono verso la fonte di quegli spari e fui stupita nel vedere Alicia ancora in posizione da sparo, con una Calibro 9 in mano. La vidi abbassare lentamente il braccio, portandoselo sul fianco quasi fosse un automa. Pregai di incontrare i suoi occhi ma… quando li vidi nei miei , ci lessi solo tristezza.
 
ALICIA
 
Non udii più nulla intorno a me, anche il rumore della pioggia sembrò essersi ovattato. Sentivo freddo e il mio corpo era come diventato di marmo. Lo sguardo che mi rivolse Elyza mi causò una scossa in tutto il corpo. Cosa avrei dovuto fare ora? Avevo paura, una tremenda paura. Abbassai l’arma e involontariamente passai in rassegna tutti gli sguardi, tutti puntati su di me. Alcuni curiosi, altri increduli, ma il suo? Vidi Raven alzarsi faticosamente da terra, portandosi un braccio sul petto, accompagnato da una smorfia di dolore. – Grazie – mi disse barcollando verso l’entrata senza rivolgermi lo sguardo. Bellamy, Finn e Octavia la seguirono, rivolgendomi anch’essi un ringraziamento un po’ più caloroso. Incontrai nuovamente gli occhi blu e ne lessi ancora lo stato di shock “ Non arrabbiarti “ pregai in silenzio. Elyza avanzò verso di me, non interrompendo mai quella conversazione muta fatta dai nostri occhi. Le regalai un mezzo sorriso, notando quanto fosse fradicia e sporca, mi faceva pena. La vidi darsi una veloce occhiata, forse per costatare di non avere tagli profondi, troppo difficile da appurare dato che, i suoi indumenti, erano intrisi di fango e sangue putrido, chiaramente non suo. – Rientriamo, mi potrai fare tutte le domande che vuoi dopo – le dissi invitandola a rientrare per concedersi una doccia.
 
 
 
Guardai Bellamy e Finn dalla finestra sistemare la recinzione, mentre le ragazze iniziarono a farsi le docce. L’attesa fu estenuante e io rimasi lì, in camera, a fare su e giù, nella speranza di trovare le parole giuste da usare. Dovevo a tutti delle spiegazioni. Sentii una porta chiudersi e, intuendo fosse quella del bagno accanto, mi misi a sedere sul letto in attesa della mia compagna. Quando Elyza entrò in camera, il mio sguardo non riuscì ad alzarsi dal pavimento, non ero pronta. Lei chiuse la porta per avere un po’ di privacy e dolcemente si mise a sedere al mio fianco. Il suo profumo mi invase la mente, era tutto dannatamente complicato. – Non ti ho mai chiesto nulla della tua vita e non sono intenzionata a farlo nemmeno ora. Ti ho invitata a restare con noi, senza sapere nulla di te, perché l’ho fatto? Non lo so, ho ascoltato il mio istinto, ma… ringrazio il giorno in cui gli ho dato retta, perché sento che sei una persona meravigliosa, anche se tenti di nasconderlo sotto mille strati. Quello che hai fatto là fuori, Alicia, è stato qualcosa di incredibile e io sarei morta se non fosse stato per te – A quelle parole i miei occhi si riempirono di un velo di lacrime e la mia vista si annebbiò fin quando non le lasciai libere sul mio viso – Hey… -. Portò una mano sulla mia guancia e delicatamente percorse la scia umida della mia lacrima, ripercorrendola col pollice per asciugarmela – Ti sto ringraziando - - Non devi – cercai di risponderle con il cuore in gola. Non doveva ringraziarmi, non doveva farmi sentire così importante, non me lo meritavo. Come ogni volta, iniziammo quel dialogo fatto di silenzi, quelle parole sorde che arrivavano al cuore attraverso gli occhi, gli unici che non avrebbero mai mentito. Ma anche loro sono destinati a chiudersi, perché possono essere messi a tacere con un bacio. E il bacio che ci stavamo scambiando era uno di quelli che toglieva l’aria dai polmoni, che alzava il corpo da terra, che ti catapultava direttamente in un mondo parallelo, fatto di amore e accettazione. Era come se le nostre labbra fossero state create per baciarsi in un solo modo, il nostro. Non ci furono esitazioni, non ci furono rifiuti, anzi…Sentii il suo corpo cercarmi, volermi, desiderarmi. “ Ti prego, continua
 
 
Elyza
 
Mi sentivo morire, o forse lo ero da un pezzo e non me ne ero accorta. Non avevo parole, e se anche le avessi avute non sarei riuscita a pronunciarle. Quante cose mi stai nascondendo Alicia? Sentii una mano slacciarmi l’accappatoio e inserirsi sotto il tessuto, a contatto con la mia pelle. Il nostro bacio era diventato passionale, ed entrambe sapevamo di star per varcare la soglia del non ritorno.
 Staccai le mie labbra per soffocare il gemito in un respiro profondo che mi provocò un brivido lungo la schiena. Mi iniziò a riservare dei dolci baci sul collo e il tocco di quelle labbra morbide mi sembrò il più dolce delle attenzioni. Strinsi il suo corpo sempre di più e le mie mani istintivamente cominciarono a stringere la stoffa della sua maglietta – Al…Aly -. Tentai di chiamarla. Lei tornò a fronteggiarmi e i suoi occhi verdi si colorarono della sfumatura del desiderio. I nostri respiri accelerati riempirono il vuoto di quella stanza, musica per le mie orecchie. Contro ogni volontà mi allontanai dal suo volto, notando quanto il suo labbro tremante richiedesse altre attenzioni – Non volevo mentirti – mi confessò con voce roca. Le sorrisi. Non sarei riuscita a portarle rancore, come avrei potuto? – Non preoccuparti. Stiamo attraversando tutti un momento difficile, è normale che tu abbia omesso qualcosa – le dissi dolcemente, cercando di farle capire che non ero arrabbiata per la mancanza di tale trascuratezza. La rispettavo e l’avrei continuato a fare. Mi alzai lentamente, ma rimasi ancora alcuni istanti davanti a lei. Le sue braccia mi avvolsero sui fianchi in un abbraccio e, dopo avermi regalato uno dei suoi sorrisi, appoggiò la sua fronte sul mio ventre. Cosa sarà di noi Alicia? Le accarezzai i capelli e la sentii rilassarsi sotto il mio tocco. Ero felice.
 
 
ALICIA
 
Eravamo pronte a raggiungere gli altri e, se prima ero nervosa per il discorso con Elyza, ora lo ero molto di più per le spiegazioni che avrei dovuto dare al resto del gruppo, perché diciamolo… lei era unica nel suo genere, gli altri avrebbero preteso sicuramente dei chiarimenti. Lungo il tragitto, nello scendere le scale, le nostre mani rimasero intrecciate tutto il tempo, ma io me ne accorsi solo dopo che lei ma la lasciò, arrivate nel soggiorno. “ Forse non vuole mettermi in imbarazzo “ pensai. Varcata la porta, il chiacchiericcio presente in sala scomparì, lasciando posto a espressioni curiose e impazienti.
. - E quindi sai sparare… - constatò Bellamy portandosi le mani suoi fianchi. Il mezzo sorriso e l’aria di sfida che assunse alleviò la mia tensione, lo ringraziai mentalmente per questo. – Si, insomma… me la cavo -  risposi infossando la testa tra le spalle, non volevo vantarmi di una cosa simile. –Ora non fare la modesta! – Mi rimproverò Raven sorridendo. – Indra, la persona che mi ha cresciuta, era un generale dell’esercito. Mi stava addestrando per entrare negli Sniper - - Oddio! Scherzi? Tiratori scelti?! Dio ti ringrazio – Vidi Octavia alzare le mani al cielo e inchinarsi in segno di adorazione… mi imbarazzai. – E’ una cosa buona? - . La mia domanda poteva sembrare idiota, è vero… ma non ci trovavo nulla di “bello” nel sparare alla gente. Mai avrei immaginato di trovarmi in questa situazione, mai avrei immaginato che il mio addestrameto sarebbe servito a sparare a degli zombie. Sentii una mano poggiarsi sulla mia schiena e a quel tocco mi voltai - - E’ più che buono Alicia. Sei una " ragazza mandata da cielo” – Mi disse, sorridendomi in quel suo modo meraviglioso. Non ci furono altre domande, dovevo aspettarmelo, dato che erano amici di Elyza. Non mi rivolsero più sguardi avversi anzi, li sentii varie volte paragonarmi a un “ miracolo”. Io? Davvero?
 
 
Il resto della mattinata lo passammo rilassandoci sui comodi divani. La disavventura passata poche ore prima ci aveva stancato non poco, considerando anche che eravamo tutti molto deboli. – Stiamo finendo le scorte di cibo – sentii urlare Finn armeggiando nel mobile delle conserve – Dobbiamo uscire e cercare qualcosa da mangiare -. – Ci vado io – dissi scattando sull’attenti. Mi sentivo terribilmente in colpa per non aver aiutato in modo esaustivo fino a quel momento, quindi sperai che mi lasciassero la mia occasione per riscattarmi. – Ne sei sicura? – Osservai Elyza con il volto corrucciato, lo sapevo, aveva paura. Se non avessimo avuto tutta quella gente intorno, lo avrei fatto, si… mi sarei buttata tra le sue braccia e le avrei detto “ Fidati di me, andrà bene, tornerò da te, te lo prometto “ ma no… non lo feci. Mi limitai a sorriderle, forse un sorriso troppo amaro, ma cercai ugualmente di tranquillizzarla. Non parlammo più di ciò che era successo quella mattina tra noi, ma non mancarono le attenzioni espresse anche solo con un gesto… uno sguardo, ora complice. La vidi trattenere l’aria per qualche secondo per nascondere la sua preoccupazione, ai miei occhi inutilmente – Ok, ma Bellamy verrà con te – Mi rispose con un tono che non ammetteva repliche.
  
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