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Autore: seoulmate    27/05/2016    2 recensioni
Cha Jungwon, giovane reporter promettente, ambiziosa e disposta a tutto pur di diventare la giornalista di successo che ha sempre sognato di essere, anche se questo può voler significare restare intrappolata fra le grinfie di un cinico, freddo e ricco sfondato artista di successo, leader della boy band coreana più famosa al mondo: Kwon Jiyong. Lui ha un unico obbiettivo: proteggere la sua immagine, a qualunque costo. Entrambi pronti a rendersi la vita un vero inferno, cosa succederà quando Jiyong si renderà conto che la sua intera carriera rischia di essere messa in repentaglio proprio a causa di un'odiosa e spocchiosa reporter?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Grand Palais

(Parigi, ore 22:15) - Messieurs, faites vos jeux. Annunciò il groupier, e Jiyong capì che era arrivato il momento di giocare. Era giunto il momento di scommettere sulla puntata, e niente più di questo lo metteva in fibrillazione. Una scarica di adrenalina lo pervase, sorrise sfuggente e, rivolgendo un ultimo sguardo vago ai noti personaggi attorno a lui, pronti con le loro fishes sulla tavola, si convinse che la partita era davvero iniziata.
 
(Seoul, ore 7:15) Diin diin, diin diin. Diin diin, diin diin. Jungwon saltò giù dal letto, letteralmente. Cadde sbattendo la testa sul pavimento gelido, portando con sé il mucchio di piumoni nei quali si era per bene infagottata, prima di andare a dormire presto, quella sera. Si girò di scatto, massaggiandosi la testa dolorante con una smorfia. Adocchiò con aria confusa ed assonnata la maledetta sveglia, tentando di fermare in qualunque modo quell’aggeggio infernale. Si stropicciò gli occhi immersi nella penombra della sua disordinata camera da letto, focalizzò lo sguardo sul piccolo schermo della sveglia e solo allora capì. Sbuffò scuotendo il capo, ma durò appena dieci secondi. Un tiepido sorriso si fece largo sul suo volto, mentre Jungwon, ancora quasi del tutto incosciente, si decise ad alzarsi. Si era svegliata fin troppo presto, e al mondo esisteva soltanto una cosa capace di farla scattare sull’attenti a quel simile orario: il suo lavoro.
 
(Parigi, ore 22.50) Le luci accecanti dei flash rendevano l’animo di Jiyong ancor più inquieto, se possibile, affievolendo in lui la capacità di mantenere la calma. Eppure era davvero sicuro che si sarebbe divertito, una volta arrivato. Ma quando, a partita conclusa, capì di aver perso alla roulette tutto quanto aveva portato con sé, realizzò che quella non sarebbe stata di certo la sua serata fortunata. – Maledizione. – imprecò fra sé. A Jiyong non era mai piaciuta l’idea di perdere. Neppure da bambino, quando bisticciava con Dami, sua sorella maggiore; detestava l’idea che la mamma lo rimproverasse. Era un viziato, e ne era cosciente. Gli andava benissimo così, anche se spesso, però, non andava bene agli altri. – Monsier Kwon, una foto, venga qui, s’il voux plaît, - lo incitò un tizio calvo e grassoccio, tirato a nuovo, che aveva tutta l’aria di essere un miliardario francese di mezza età, e più gli si avvicinava, più Jiyong poteva sentirne il penetrante odore di sigaro e bourbon, oltre che di soldi sporchi.
Aveva accettato l’invito all’ennesimo Fashion Show soltanto perché la sua sola presenza, dopo tutto, rappresentava una sicura garanzia alla sua amicizia con Chanel, il noto brand francese. Trovarsi al Grand Palais, poi, in tutta la sua maestosità, lo rendeva così fiero di se stesso, e della strada che aveva percorso fino a quel momento. Certo, della sua fama erano artefici anche gli altri quattro ragazzi della band, i Big Bang, ma con quel suo smoking firmato ed i suoi fiammanti capelli rossi, Jiyong sembrava essere l’unico centro dell’attenzione di molti. Occhi languidi e preziosi lo scrutavano, lo studiavano ed infine, naturalmente, lo giudicavano. Ma a lui non importava. I fotografi lo cercavano di continuo, si apprestavano a ritrarlo dalle più svariate angolazioni; mentre quegli « esseri infimi » dei giornalisti, come li definiva egli stesso, li evitava e basta.  - Qui c’è bisogno di più bourbon. – pensò Jiyong, scomparendo nella sala.
 
(Seoul, ore 9:35) – Un americano da portare via, per favore! – esclamò Jungwon, apparentemente di buon umore. Il lunedì mattina la faceva sempre sentire di buon umore, per qualche ragione. L’inizio di una nuova settimana portava con sé del nuovo materiale su cui lavorare, e questo la rendeva felice. Ah, il suo lavoro. Il suo amato lavoro.
- Oh, mi scusi. Permesso. Sì, chiedo scusa, dovrei passare. Ecco, grazie mille. – mormorò Jungwon facendosi largo fra i passanti al semaforo, con del caffè scottante stretto in una mano e la sua fedele 24 ore nell’altra. Attraversò l’incrocio affollato a piede svelto e si diresse verso l’ingresso della KBS, gli studi televisivi ai quali, da più di un anno ormai, lavorava – orgogliosamente - come reporter. Questo era ciò che aveva sempre sognato di fare, sin da bambina. Da piccola si sistemava i capelli in un disordinato chignon e di nascosto rubava dall’armadio della madre un tailleur rosa che le piaceva tanto, giusto per darsi un’aria importante. Si preparava il perfetto discorso da reporter e si fingeva davanti a milioni di telespettatori, lasciando tutti a bocca aperta con le sue incredibili storie.
Ed eccola quindici anni dopo, con lo stesso chignon disordinato e dei pantaloni troppo larghi (rubati alla madre, probabilmente) in vita, una pulita camicia bianca e lo sguardo sempre fiero, diretta alla sua scrivania.
- Buongiorno, Jungwon-ssi! Come siamo radiose, oggi. Splendida come sempre. – ammiccò il signor Kim sulla sua sedia girevole, all’ingresso.
- Buongiorno, e lei è gentile come sempre, signor Kim. – rispose frettolosamente la ragazza, mostrando un affabile sorriso e il tesserino della KBS al collo, prima di dirigersi verso l’ascensore con un leggero rossore sulle guance. Era fatta così, non poteva farci nulla. Arrossire le veniva tremendamente facile.
Fece appena in tempo a correre verso le porte dell’ascensore affollato, prima che queste si chiusero davanti ai suoi occhi. Prese fiato e sorrise gentilmente, sistemandosi qualche ciuffo di capelli scuri che ribelle le circondava il viso.
Sorseggiò il caffè che teneva stretto fra le mani, ancora caldo; poi socchiuse gli occhi, lentamente, e inspirò a fondo. – Sarà una grandiosa giornata.-
 
(Parigi, ore 16:00) – Che strazio di giornata. – disse Jiyong gettando indietro il capo e socchiudendo gli occhi, lasciando che la sua mente, in vano, provasse a svuotarsi di quei troppi pensieri. – Più di cinquecento voli in tutto il mondo e l’unico che oggi segnala due ore di ritardo qual è? Il mio, ma mi sembra naturale. – sospirò e si accasciò sulla sedia metallica, in attesa che un miracolo arrivasse. Ma tutto ciò che sarebbe arrivato, di lì a qualche ora, sarebbero state le sue urla contro Seungri, il più piccolo del gruppo, quello che non riusciva a combinarne una nemmeno per sbaglio. Jiyong si era svegliato il mattino dopo la sfilata al Grand Palais con un indecente mal di testa, e questo lo aveva già reso parecchio nervoso. In più, come se il supplizio delle sue tempie pulsanti non bastasse a renderlo un unico fascio di nervi, verso mezzogiorno arrivò la peggior chiamata degli ultimi mesi: Seungri, il makane, era stato vittima dell’ennesimo scandalo. Questo era tutto ciò che sapeva. Nessun dettaglio, nessun nome, niente di niente. Soltanto un ambiguo ‘torna immediatamente a Seoul’ da parte del suo boss, Yang Hyun Suk. Quell’immediatamente gli aveva fatto raggelare il sangue. Dio mio, era terrorizzato. E non capitava certo tutti i giorni di vedere Kwon Jiyong, l’uomo tutto d’un pezzo, quello impenetrabile, freddo, cinico ed imperscrutabile, tremare di paura. Dopo le accuse di plagio nel 2009 e lo scandalo sulla marijuana nel 2010, Jiyong promise a se stesso che mai, mai più avrebbe messo in pericolo la sua carriera. La cosa a cui più al mondo era legato. La sua immagine. Il suo alter-ego. G-Dragon.
Adesso si ritrovava a fare i conti con il suo boss, il CEO, l’unico in grado di fargli accapponare la pelle come un bambino impaurito dall’imminente rimprovero del padre. D’altronde cos’era Hyun Suk, se non questo, per lui?
 
Così Jiyong aveva lasciato la suite dell’albergo poco dopo pranzo con l’umore instabile, si era cambiato dei suoi lussuosi abiti e, insieme al suo manager, era corso in aeroporto, saltando sul primo aereo in ritardo di ben due ore, diretto a casa.
 
(Seoul, ore 18:20) Jungwon si fermò ad un mini market per comprare la cena: noodles in scatola. Ancora. Non era davvero colpa sua, ma la cucina non era proprio il suo forte. Si accontentava del cibo preconfezionato, e di tanto in tanto della cucina di sua madre, quando si ricordava di andare a trovare i suoi, fuori città. Così si ritrovava spesso ad ingurgitare schifezze precotte perché non poteva davvero permettersi di mangiare fuori ogni giorno, a pranzo e a cena. Ma questo sarebbe cambiato presto, oh sì. Ne era assolutamente certa. Jungwon stava soltanto aspettando l’occasione giusta, ma sapeva che una succulenta storia l’aspettava proprio dietro l’angolo. La storia che l’avrebbe resa famosa per le sue abilità da reporter, che le avrebbe cambiato la vita.
- Yeoboseyo? – rispose una volta svoltato l’incrocio di casa, con la busta della spesa appesa ad un braccio. – Sì, signor Nam, no, non disturba affatto. Posso esserle d’aiut- oh, uno scandalo, dice? – nella voce di Jungwon pareva essersi riposta tutta la speranza e l’eccitazione possibile, ma fu solo per un attimo. Si trattava dell’ennesimo scandalo di un idol, niente di più. – Certo che me ne occuperò, signor Nam. A domani, signor N- - il suo capo aveva già riattaccato. – Pazienza, Cha Jungwon. Sii paziente, puoi farcela. – sospirò la ragazza entrando in casa con fare sorprendentemente determinato. Poteva farcela davvero, e ce l’avrebbe fatta. A qualunque costo.
 
 
Nuovo giro, nuova corsa, nuova storia! Eccoci qui! Ho finalmente, dopo più di un anno di completa assenza, deciso di tornare a scrivere :) Mind Control è un progetto che avevo in mente già da tempo, e per la prima volta ho in testa il filo della storia per intero. (per cui non preoccupatevi, questa sarà terminata! haha) Aggiungo inoltre che spero davvero possa piacervi, prendervi, e spero che la recensiate il più possibile! Capire cosa ne pensiate voi, nel bene e nel male, è per me la cosa più importante. Nulla, solo questo. Un bacio, al prossimo capitolo!
  
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