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Autore: eleCorti    31/05/2016    3 recensioni
“Sora!” la riconobbe: era la voce del suo Taichi. Si girò con gli occhi sgranati e lucidi. Il suo Taichi stava correndo a perdifiato verso di lei, mentre le hostess cercavano, invano, di fermarlo.
“Ti amo!” gridò, mentre due signorine lo tenevano fermo.
[Dedicata a Sora5]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya | Coppie: Sora/Tai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stay with me



 
Lui. Immobile, seduto sul suo letto. Fissava il suo telefono. Perché? C’era un messaggio, semplice.
Vado da mio padre a Kyoto, ho bisogno di riflettere. Recitava il messaggio. Sora... perché? Non poté fare a meno di chiedersi.
La giovane Sora Takenouchi era stanca. Sì stanca. Stanca delle continue indecisioni del ragazzo, stanca di aspettare, stanca di coloro che si erano messi in mezzo alla loro felicità – Yamato e Meiko – stanca di tutto. Voleva una pausa. Un momento tutto suo lontano da quel ragazzo dalla folta chioma che, ogni volta, la faceva impazzire.
Taichi. Fissava ancora quel breve, ma forte messaggio. Perché? Era incredulo e shockato, semplice. Non credeva che la sua amata potesse arrivare a tanto.
Un lampo. Gli venne all’improvviso. E se Sora volesse dimenticarsi di lui? E se Sora si era stufata di giocare agli amici? Chi gli garantiva che al suo ritorno tutto sarebbe tornato come prima? Nessuno.
Si alzò in piedi di scatto. Un’idea. Gli venne un’idea assurda, ma al contempo romantica: andare all’aeroporto di Haneda e dichiararle tutto il suo amore.
Guardò il suo orologio. Non c’era tempo da perdere: la sua donna sarebbe partita di lì a poco. Doveva, perciò, sbrigarsi.
Indossò la sua camicia arancione con disegnato sul braccio sinistro un 17 – appesa alla sedia – e uscì correndo dalla stanza. Prese le chiavi del motorino, indossò il casco e uscì, correndo. Non c’era tempo da perdere.




 
****


 
Sora. Non aveva smesso di guardare l’uscita. Perché? Semplice: voleva che il suo uomo – una volta tanto – commettesse una pazzia. Perché? Era stanca di farlo lei ogni volta. Era stanca di commettere pazzie per quel ragazzo dalla folta chioma che da anni custodiva il suo cuore. No, ora era il suo turno.
Guardò il tabellone dove c’erano elencati tutti i voli. Il suo – quello per Kyoto – sarebbe partito tra qualche minuto.
“Andiamo?” suo padre – che in quel periodo era a Tokyo – le fece cenno di dirigersi verso il gate.
“Sì...” dopo un lungo silenzio, si decise a rispondere. Sperava. Sperava che l’amore della sua vita spuntasse da un momento all’altro. Invece così non era stato. Illusa. Era stata una stupida illusa.
E, quando ormai stava per perdere la speranza, un urlo... un urlo destò la sua attenzione.
“Sora!” la riconobbe: era la voce del suo Taichi. Si girò con gli occhi sgranati e lucidi. Il suo Taichi stava correndo a perdifiato verso di lei, mentre le hostess cercavano, invano, di fermarlo.
“Ti amo!” gridò, mentre due signorine lo tenevano fermo.
Sgranò gli occhi. L’aveva detto. Stava sognando oppure era desta? Non poté fare a meno di chiedersi. No... era desta. Quell’uomo davanti a lei era il suo Taichi che – finalmente – le diceva quelle magiche parole che sognava di sentirsi dire da tempo.
“Anch’io ti amo Taichi!” mollò la valigia per terra e corse incontro al suo amato. Gli saltò addosso, avventandosi su quelle magnifiche labbra che amava alla follia. Lui la sollevò in braccio, non interrompendo il contatto con le labbra della giovane.
Un applauso. Un applauso partì in quell’aeroporto. Perché? Era una scena così commovente e romantica che tutti, tutti si commossero.
“Ti amo” un altro bacio le diede.
“Ti amo” un altro ancora.
“Ti amo...” un altro e un altro ancora. Più le diceva ti amo, più le regalava piccoli e dolci bacetti.
“Sei uno stupido, Taichi” sorrise come non mai. Quelle parole il giovane le interpreto come finalmente ti sei deciso a dirmi queste parole!
“Signorina, il volo sta per partire. È pregata di salire sull’aereo” l’hostess interruppe il magico momento. Fece, difatti, staccare i due innamorati. Non rispose. Si voltò verso il padre, che aveva assistito alla scena. Che fare? Voleva rimanere al fianco del suo amato. Voleva, però, stare anche con il padre, il quale non vedeva da tempo.
“Rimani qua” quell’affermazione del padre la fece trasalire. Perché? Non se lo aspettava, semplice. Il padre non vedeva di buon occhio Taichi. Perché? Pensava che avrebbe fatto soffrire la figlia. Vedendo quella dolce scena, però, si ricredette.
“Io... d’accordo” sorrise, grata, al padre. Si rigirò, poi, verso Taichi, catturando di nuovo le sue labbra.
“Mi dispiace...” le sussurrò, a pochi centimetri dal suo volto. Non voleva farla disperare. Ma la sua paura più grande era quella di perdere per sempre Sora.
“è tutto apposto” e lei lo aveva perdonato. Perché? Lo amava sopra ogni cosa.
“Ti amo” ridisse quelle parole per la centesima volta. Non poteva farne a meno, ormai.
“Oh Taichi... temevo non me lo dicessi mai...” piangeva. Piangeva di gioia. Mentre accarezzava la sua guancia.
“Signori, siete pregati di andarvene!” ancora una volta, l’hostess interruppe il magico momento. I due si voltarono verso il signor Takenouchi – rimasto ancora là. Voleva salutare la figlia.
“Ciao papà, ci vediamo presto!” sventolò la mano in aria. Il padre fece lo stesso.
Taichi. Taichi le posò una mano sulla vita, attirandola a sé. Le baciò, poi, la tempia. In paradiso. Si sentiva in paradiso quando era con lui.
“Andiamo?” le sussurrò a un orecchio. La sua voce era qualcosa di melodico per la giovane.
“Certo” gli riservò uno di quei sorrisi che faceva raramente. Anzi solo per lui.
“Taichi...” tuttavia, mentre mano nella mano si dirigevano verso l’uscita, alla giovane venne in mente una domanda.
“Sì?” e lui – curioso com’era – voleva sapere ciò che passava per la testa alla sua amata.
“Quindi adesso lei mi vuole dire che stiamo insieme?” lo scherzo era una parte di loro. Anche nelle occasioni più importanti.
“Certo, milady!” le fece l’occhiolino. Adorava scherzare con lei. In quello almeno non erano cambiati.
“Ti amo amore mio” la attirò di nuovo a sé, riservandole quelle magnifiche parole che ormai erano diventate sue.
Ancora e ancora si baciarono. Non poterono farne a meno. Era la loro droga d’altronde.
Il loro amore era nato, dopo tre lunghi anni di sofferenza. Un amore, puro, vero e senza fine, come nelle fiabe.
Dopo anni – quando ormai lavoravano entrambi (Taichi come delegato delle Nazioni Unite e Sora come stilista) – si sposarono ed ebbero due figli, un maschio e una femmina. Il maschio era identico al padre, tranne che per gli occhi: quelli erano come quelli della madre. La femmina, invece, era identica alla madre tranne che per gli occhi, come quelli del padre.

 
And they lived ever after...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: salve! Eccomi tornata con una nuova storiella. Che dedico a Sora5. La storia s'ispira ad una scena de Un medico in famiglia ( che mi ha suggerito Sora5) ma che ho modificato un poco, lasciando come base lei che parte e lui che la raggiunge in aeroporto e le dice ti amo.
Comunque, spero vi sia piaciuta. A presto.    

 
   
 
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