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Autore: LadyStark    04/06/2016    2 recensioni
Dal testo:
- Spero di essere la peggiore in assoluto, in realtà – replicò lui seduto, fissando un punto imprecisato oltre la stanza.
- Dopo questa conversazione ti sei meritato il titolo a pieni voti – ribatté lei con voce rotta, umiliata ancora una volta da Sherlock Holmes. Chiuse gli occhi cercando di trattenere le lacrime e riprendere il controllo sul suo respiro.
[Sherlolly]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve!!! Eccomi tornata! Dunque, questa shot continua a girarmi nella testa e si può collocare durante/dopo la storia “The god and the human”. Potete leggerla qui, se vi va).  Nell’epilogo infatti succede qualcosa (non vi dico nulla, nel caso abbiate voglia di leggerla) e subito dopo c’è uno stacco di due mesi…. Bhe, in quei due mesi…. Qualcosa è successo, ma cosa?  Avrei voluto scrivere di quel periodo già nella storia precedente, ma avrei sbilanciato la storia stessa, facendo un epilogo più lungo del normale. Quindi eccomi qui a dare sfogo alla mia mente: ci sarà qualche piccolo riferimento alla storia precedente ma nulla che impedisca la lettura di questa shot. 
Ho cercato di mantenere il più possibile i personaggi IC, ma a un certo punto prenderanno una piega leggermente OOC . Fatemi sapere se lo diventano troppo, in modo da poter cambiare le note della storia.
Mi farebbe piacere sapere il vostro parere sul mio delirio!
Grazie e buona lettura!

LD
 
La scelta peggiore
 
Il sole sarebbe sorto tra pochi minuti, ma, anche per questa volta, avrebbe sorpreso una Molly Hooper con gli occhi sbarrati per la  terza notte di fila. Tre notti. Tre giorni. Erano passati tre giorni da quando gli eventi avevano preso il sopravvento e si era ritrovata a lottare per non perdere il senno, oltre che salvare la Storia, come le era stato detto.

Ma non era quello che la turbava, no. Aveva visto alieni, persone viaggiare nel tempo e una grossa cabina blu della polizia dal nome stravagante, ma la cosa che l’aveva scossa era stata la conversazione che aveva avuto con l’unico uomo che conosceva.

E allora dimmi come! Perché in questo momento quello che vedo è un uomo che si diverte a  giocare a essere un dio e disporre della vita delle persone che lo amano, senza curarsi di ringraziarli o di far sapere che il loro affetto è ricambiato o meno!

Il fiato trattenuto. L’odore di tabacco e biancheria profumata, il calore della mano di lui poggiato sulla sua schiena e le sue labbra a contatto con le proprie.
Serrò gli occhi mentre la scena le si ripresentava nella testa.

Il vagito di una bambina. La voce di Mary che cercava di calmarla. Sherlock si allontanava da lei. Le sue guance in fiamme.”

Si rigirò un paio di volte nel letto, cercando di scacciare l’imbarazzo crescente che si faceva largo, nonostante la sua lotta per rimanere impassibile.

John tossicchiò brevemente, come per attirare l’attenzione su di sé. Aveva imparato a conoscere Sherlock Holmes. Sapeva che quello che aveva visto, quello che tutti avevano visto era qualcosa di estremamente raro e delicato: Sherlock Holmes non abbassava mai la guardia, non si sarebbe fatto sorprendere ad abbracciare un altro essere umano, a meno che non fosse parte di un suo piano. Quale fosse il piano però lo ignorava totalmente. Ecco perché stava cercando di distogliere l’attenzione dal consulente investigativo.
Sherlock si avvicinò ai suoi ospiti con dei movimenti fluidi e rapidi, troppo rapidi per una persona a suo agio, in casa sua: -  Intorno ai quattro chili, in buona salute. Ben fatto bambina! – disse il Consulente Investigativo.
- Sherlock!- disse rimproverandolo amorevolmente la signora Hudson – dovresti complimentarti con i genitori –
- Non vedo cosa ci sia da complimentarsi, hanno svolto il loro dovere biologico di procreare. Forse la madre potrebbe avere più comprensione, ma date le continue lamentele riguardo nasuee e ritenzione idrica con cui il resto del mondo viene ammorbato, non vedo il motivo per cui complimentarsi. La neonata che ha avuto un impatto con il mondo  e non è ancora impazzita, lei merita i complimenti. Per quanto riguarda l’ospitalità, conoscete tutti la casa e non vi siete mai fatti problemi nell’irrompervi – si era seduto sulla sua poltrona, accavallando le gambe e chiudendo gli occhi.
Molly era rimasta ferma, le spalle alla porta, gli occhi chiusi, incapace di trovare una reazione adeguata. Da quanto tempo erano lì? Cosa avevano sentito? Cosa avevano visto? Cosa era successo?
La voce di Lestrade, che salutava  entrando in casa la costrinse a voltarsi e cercare di sorridere. Cercò rapidamente lo sguardo di Sherlock, ma Lestrade le si parò davanti, mettendole in mano un bicchiere di champagne per brindare alla nuova nascita.”
 
Tre giorni. Tre giorni di silenzio e di insonnia. Dopo quanto si impazziva per mancanza di sonno? Forse lo era già e non se ne rendeva conto. Probabilmente era impazzita, altrimenti non avrebbe mai concesso a se stessa di vestirsi di fretta, uscire di casa e prendere un taxi direzione 221B Baker Street.

*

Tre giorni. Non dormiva da tre giorni. Non parlava da tre giorni. Stava seduto sulla poltrona, gli occhi chiusi, le mani giunte sotto il mento.

- Ha a malapena assaggiato la colazione  - sussurrò la signora Hudson a John Watson, sulla soglia dell’appartamento. Il medico militare annuì congedando la donna. Entrò nella stanza e si accomodò sulla poltrona, di fronte a Sherlock, osservandolo, in attesa di una sua reazione.

- Dato che non hai intenzione di andartene potresti almeno leggere i titoli del giornale di oggi? – disse calmo Sherlock, aprendo gli occhi, ma rimanendo immobile.

John rimase impassibile, sostenendo lo sguardo dell’amico.

- Non c’è nulla di sbagliato, Sherlock – disse infine il biondo, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sporgendosi in avanti.

- Me lo auguro, John. Se ci fossero degli errori di battitura o peggio di consecutio temporum in un articolo di giornale sarebbe alquanto scandaloso. Quelle persone sono pagate per riportare dei fatti – ribatté il consulente investigativo alzandosi e versandosi un bicchiere d’acqua.

- Sherlock. Puoi smettere di fare il bambino per i prossimi cinque  minuti? –

- Te ne concedo tre, poi qualsiasi sia il tuo discorso diventerà noioso e smetterò di ascoltarti –  prese il violino e si diresse alla finestra.

- Mi stai evitando. Come i bambini quando vengono sorpresi a fare qualcosa di sbagliato e non vogliono affrontare i genitori. – esclamò John, prendendogli il violino dalle mani e costringendolo così a voltarsi verso di lui.

- John, non hai una figlia da tediare con i tuoi insegnamenti di vita? – domandò Sherlock con sarcasmo

- Sherlock, puoi ignorare  tutti noi ma non puoi cambiare la storia –

- Alcune teorie dimostrano in contrario – mormorò il consulente investigativo – Dunque dimmi, perché sei qui? –

Non voleva vedere nessuno. Non voleva sentire nessuno. Aveva bisogno di silenzio. E del suo palazzo mentale. Lì, al suo interno, riusciva a trovare ordine e un senso logico a tutto. Stava archiviando tutti i fatti successi negli ultimi giorni, lasciando volontariamente per ultimi quelli in cui compariva Molly. Molly Hooper. Non che non ci avesse provato; aveva tentato di archiviare gli avvenimenti legati a lei in una stanza, ma ogni volta che ci provava si accorgeva che c’era qualcosa che mancava, qualcosa che gli rendeva impossibile non analizzare i fatti nuovamente. Non per ultimo, doveva trovare una spiegazione al suo atteggiamento. Sonno? Calo di adrenalina? Astinenza? Umanità? Il solo pensiero gli provocò un sussulto di disgusto.

- Perché so che in questo momento sei confuso e farai qualcosa di stupido. E sono venuto qui per dirti di non fare niente di stupido. Qualsiasi cosa tu faccia. Io sono dalla tua parte. –

Sherlock fissò l’amico sorpreso. Niente prediche? Niente consigli? John Watson era davvero un buon amico, se ne rese conto.

- Sherlock – chiamò la signora Hudson aprendo la porta – hai visite –

I due uomini si guardarono, poi John uscì di casa – Ripasserò domani – disse. Scese le scale e salutò una Molly visibilmente stanca che si imbarazzò notevolmente nell’incontrarlo.

- Buongiorno John – balbettò abbassando lo sguardo. Il medico militare rispose al saluto e poi uscì dal palazzo.

Molly chiuse gli occhi sospirando e salì le scale lottando contro i battiti accelerati del suo cuore.

*

- Dottor Watson! – il medico si sentì chiamare da una voce conosciuta. Imprecò mentalmente nel riconoscere il maggiore degli Holmes accompagnato a un Lestrade visibilmente scocciato.

- Ho fatto qualcosa di illegale o sto per commetterlo su vostro ordine? – chiese John in sostituzione al saluto.

- In realtà, era un semplice saluto. Io e l’Ispettore Lestrade stiamo andando da mio fratello, per chiarire alcuni punti circa l’incontro che ha avuto con un certo Dottore – disse Mycroft mentre avanzava verso il portone del palazzo.

Dottore… ma certo! Quell’uomo stravagante accompagnato a una ragazza…se ne era quasi dimenticato. Cosa era successo? In ogni caso, pensò John, se quei due fossero entrati in casa avrebbero interrotto probabilmente la conversazione più importante, una delle vere e proprie conversazioni, che Sherlock Holmes avrebbe mai potuto intrattenere con un essere umano! Doveva impedirlo e doveva farlo in fretta, senza farsi scoprire da un Ispettore di polizia e da il Governo Britannico in persona. Un’impresa titanica.

- Credo che Sherlock sia venuto da te, Greg, proprio per fornirti le spiegazioni che “non sarebbero in grado di trovare da soli neanche se gli venissero indicate con dei segnali luminosi”. Si mi pare abbia usato queste parole. Non lo hai incrociato in centrale? –  disse complimentandosi con sé stesso per la naturalezza con cui aveva mentito.

- Dottor Watson. È entrato in casa venti minuti fa. E poco fa è entrata la dottoressa Hooper. Ho il ragionevole dubbio che mio fratello possa non essere in casa – replicò Mycroft calmo. Lestrade sgranò gli occhi, sorpreso nel sapere Molly nell’appartamento, dopo l’evento imbarazzante a cui aveva assistito.

- Mycroft, so che voi Holmes non siete avvezzi alla socialità, ma la dottoressa Hooper è entrata in casa per aiutare la signore Hudson con le pulizie degli armadi, dato il problema con l’anca e offrirle un paio d’ore di compagnia. Io sono passato prima per aiutarla nel sistemare una mensola pericolante. Sherlock non si sarebbe sicuramente tirato indietro dall’aiutarla se fosse stato in casa. Ma se volete verificare di persona accomodatevi, sono certo che la signora Hudson preparerà del the per tutti e sarà prodiga di attenzioni verso di voi e il vostro lavoro –

Era un bluff, era un gigantesco bluff e neanche così ben costruito. John ne era consapevole, per questo aveva puntato tutto quello che poteva sulla difficoltà di Mycroft nel sostenere un qualsiasi scambio di battute con l’adorabile signora Hudson.  Lestrade lo fissò per un secondo. Poteva non avere la mente brillante degli Holmes ma capiva quando qualcuno stava mentendo e in quel momento John Watson stava mentendo spudoratamente.

- Credo dovrò approfittare del suo tempo ancora per qualche minuto, Ispettore Lestrade – disse Mycroft mentre saliva nella sua macchina scura, lasciando aperto lo sportello – alla UNIT. Mio fratello non verrà certo in un commissariato qualsiasi a reperire o fornire informazioni –

Lestrade guardò John Watson, che sorrise e si incamminò in direzione della metropolitana. L’ispettore non poté fare altro che avvisare Donovan con un sms: quel pomeriggio sarebbe stato costretto a un’estenuante e inutile caccia a Sherlock Holmes.

Seduto sul sedile della metropolitana, John Watson digitava rapidamente i tasti sul suo telefono “Un giorno ti chiederò dei soldi per tutto questo”  e inviava il messaggio a Sherlock Holmes.

*

Molly aveva bussato delicatamente prima di entrare, ma non aveva ricevuto alcuna risposta che l’invitasse ad accomodarsi. Vedeva Sherlock in piedi, nel centro della stanza, fissare il muro, in silenzio, ma non aveva udito alcun invito uscire dalle sue labbra.

Sherlock dal canto suo, stava cercando all’interno del suo palazzo mentale una frase appropriata per poter intavolare una conversazione su un argomento spinoso per la maggior parte degli uomini. Per lui era peggio di dover affrontare un pranzo di Natale con sua madre accanto.

Il suono del telefono del Consulente Investigativo che riceveva  un sms sembrò sbloccare la situazione. Sherlock si diresse verso la scrivania e borbottò un rapido – Buongiorno Molly, accomodati – dandole le spalle. La donna fece un passo all’interno dell’appartamento appoggiando il suo cappotto sul divano, rimanendo però in piedi. Lo fissò, ancora in silenzio, cercando di dargli il tempo necessario per trovare il suo scenario ideale in cui sentirsi meno a disagio.

- Posso tornare in un altro momento se vuoi – sussurrò Molly dopo un altro minuto passato a osservare la schiena di Sherlock. Si maledisse rendendosi conto che probabilmente l’uomo non avrebbe risposto e lei avrebbe dovuto interpretare il suo silenzio, per l’ennesima volta.

-  Potevi avvisarmi saresti passata – replicò semplicemente Sherlock voltandosi verso la donna. Lei lo guardò per un momento incredula, poi lasciò che le sue labbra si distendessero in un sorriso. Sherlock Holmes era a disagio, peggio: era in imbarazzo!

- Per trovare l’appartamento vuoto, sarebbe stata una mossa furba in effetti – replicò sarcastica Molly.

Da quando Molly Hooper era sarcastica? Sherlock chiuse gli occhi scuotendo la testa, come per voler allontanare quell’informazione alle altre che sapeva di dover riordinare. Si sedette sulla sua poltrona, come era solito fare. Forse, comportarsi in maniera abituale lo avrebbe aiutato a mettere a tacere la voce nella sua testa, così simile a quella di John, che ridendo gli chiedeva cosa ci fosse di strano in quella situazione, di cosa avesse timore. Ringhiò un insulto a denti stretti verso quella voce nella sua testa, verso se stesso, ottenendo uno sguardo preoccupato da parte di Molly, sedutasi dall’altra parte della stanza. Non era preoccupata per lui, lo aveva capito. Per la prima volta, Molly Hooper era preoccupata per se stessa.

- Perché sei qui? – domandò il Consulente Investigativo in un tono più duro di quanto non volesse.

Molly serrò la mascella, irrigidì la schiena e trattenne il respiro. Lo faceva apposta? Ovvio lo faceva apposta, che domande, cercava di provocarla, cercava di uscire in una situazione che lo vedeva in difficoltà mettendo lei in condizioni peggiori.

- Non commetto lo stesso errore due volte, Sherlock – disse lei alzandosi, per poi risedersi nella poltrona davanti a lui.

Sherlock fece per alzarsi, come se non sopportasse di avere qualcuno davanti a sé, ma Molly, senza pensare, gli afferrò il braccio. Rimasero fermi qualche secondo in quella posizione decisamente scomoda per entrambi: Sherlock nel tentativo di alzarsi, il peso già spostato sulle gambe e Molly, sbilanciata in avanti, il braccio teso stretto su quello dell’uomo. Si fissarono in silenzio. Gli occhi azzurri di lui, imperscrutabili vagavano sul volto di lei, che mostrava tutti i segni di tensione che era possibile notare. Se John fosse stato lì, avrebbe sicuramente detto qualcosa su come Molly non si meritasse un simile trattamento. Dopotutto non lo aveva detto lui stesso a Molly qualche tempo prima? Lei meritava di essere felice, e, per quanto poco fosse empatico, comprendeva che in quel momento non lo era.

Si risedette e avvertì la pressione sul suo braccio venir meno. Molly aveva ripreso la posizione composta di fronte a lui, i muscoli del volto e del collo sempre in tensione. Era in un certo senso affascinante vedere come nonostante la tensione, Molly non sembrasse intenzionata a mostrare segni di cedimento.

- Non concluderemo molto continuando a rimanere in silenzio, a meno che tu non stia cercando di comunicare qualcosa usando altre forme di linguaggio – bofonchiò Sherlock.

Molly sorrise leggermente. Poi prese un profondo respiro. – Ho incontrato John, mentre usciva  - disse.

- Sarebbe stato improbabile non averlo visto -  replicò Sherlock

- Già… avete un caso dunque? –

- No, era passato nella speranza di fare conversazione –

- Riguardo a cosa? – Molly si morse la lingua. Domanda sbagliata. Momento sbagliato.

- Riguardo te.- risposta sbagliata. Sherlock sospirò. Molly  arrossì.

- Per quale motivo? – domandò lei titubante.

Sherlock la fissò, estraniandosi dalla stanza. Nel suo palazzo mentale era tutto estremamente più facile. Vedeva Molly seduta, ma aveva la possibilità di studiare la situazione al meglio. Poteva alzarsi e avvicinarsi a lei, sentire il profumo di camomilla del suo shampoo e quello del suo dentifricio. Poteva decidere con calma di catalogarli come informazioni utili o da eliminare. Poteva osservarla in comparazione con tutti gli altri esseri umani con cui aveva a che fare: era sicuramente una compagnia più tranquilla rispetto a quella di Mary Watson, più stimolante dal punto di vista scientifico rispetto alla signora Hudson e anche meno stridula rispetto a quella di Janine. Poi accanto a Molly comparve Lei, la Donna, ammiccante, con vestiti e trucco perfetti, la schiena dritta e il sorriso sensuale. Sherlock Holmes si sentì sconfitto per la prima volta. Il suo Palazzo Mentale si stava evidentemente prendendo gioco si lui. Di nuovo, la voce di John gli servì come distrazione, o come aiuto. “Non potrai ignorare per sempre la faccenda. Prima lo farai prima ti sbarazzerai della mia voce petulante nella tua testa”. Non fu l’unico motivo, ma fu il motivo maggiore per il quale Sherlock Holmes ammise a se stesso di essere come gli altri uomini e avere fuori dal suo controllo i sentimenti.

Decise di riprendere il controllo il prima possibile, quindi fissò intensamente le due donne davanti a lui, stilando una lista delle caratteristiche di ognuna. Irene Adler era sicuramente una delle donne più brillanti che avesse conosciuto. Era sveglia, riflessi rapidi, mente brillante e, doveva riconoscerlo, corpo perfetto. Gli piaceva considerarla una sua versione al femminile: bella, intelligente e pericolosa. Era uguale a lui sotto alcuni aspetti. Anche lì, nel suo palazzo mentale, Irene Adler lo guardava con quel misto di sfida e sensualità, di chi sa di avere un discreto ascendente sulle persone.

Accanto a lei, Molly Hooper, vestita con un paio di vecchi pantaloni neri, una camicia da una fantasia improbabile e un maglione sformato. I capelli erano raccolti frettolosamente in una coda e non c’era traccia di trucco sul suo volto. Lei era l’opposto di Irene Adler, quindi un po’ anche il suo. Eppure, era una donna sveglia, svolgeva il suo lavoro brillantemente e aveva capito quando lui era in difficoltà, prima ancora che lui le chiedesse aiuto. Era discreta, non le aveva mai sentito porre una domanda che andasse oltre quella che veniva considerata la linea invisibile della privacy. Nonostante questo anche lei aveva difficoltà nella vita sociale di tutti i giorni. Spesso faceva gaffe nella speranza di risultare interessata alla vita degli altri. Molly Hooper era simile a lui. Aveva problemi evidenti di socialità, ma si preoccupava genuinamente delle persona a cui teneva. Aveva una mente meno brillante della sua, ma non aveva esitato un secondo nell’aiutarlo quando lui le aveva chiesto aiuto. Non aveva esitato nemmeno a prenderlo a schiaffi davanti ai loro amici, rimproverandolo come se fosse un bambino. Lui era scappato via, ringraziando la tecnologia e gli sms che gli avevano permesso di uscire da una situazione difficile. E ogni volta in cui doveva chiederle una cortesia, lei lo obbligava, forse senza nemmeno rendersene conto, a essere il più gentile possibile, gli strappava quelle frasi che per lui non erano altro che convenevoli, ma che agli occhi di lei lo rendevano se non gentile e interessato, perlomeno educato. Molly Hooper era un pungolo, sotto quel punto di vista. Un pungolo che lo costringeva a sottostare alle regole, senza cercare però di cambiare la sua natura. Ecco cosa significa essere simili, forse. Diversi, ma con dei tratti in comune. Come un reciproco stimolo, nel cercare di trovare nell’altro le cose che lo caratterizzano ma che non vanno in distonia con le proprie. L’immagine di Irene Adler sorrise alzandosi e sparendo alla vista del consulente investigativo, mentre quella di Molly lo fissava negli occhi, il sorriso imbarazzato e nervoso sulle labbra.

- Riguardo al fatto che due monomi con la stessa parte letterale sono chiamati simili, nonostante la loro parte numerica possa cambiare – rispose allora Sherlock, tornando alla realtà, sentendosi estremamente soddisfatto nel non avvertire più la voce di John Watson in testa.

- Prego? -  Molly non era sicura di capire. Da quando lei era direttamente collegata ai monomi?

- Monomi simili, Molly - 

- So cosa sono i monomi simili, Sherlock e dubito che la mia persona possa in qualche modo avere un legame con loro in una conversazione tra te e John Watson, intavolata con ogni probabilità da lui tre giorni dopo…. – si interruppe di colpo. Stava per dire quello che era successo ma il fiato le veniva meno e sentiva il cuore accelerare i battiti.

- Vero, non commetti due volte lo stesso errore, tranne che in fatto di uomini. In quel campo le tue pessime scelte vengono reiterate in continuazione – disse Sherlock sogghignando.

Molly avvampò.

Entrambi sapevano che da quel momento, non si giocava più. Le prossime parole sarebbero state prive di ogni forma di perbenismo o di macchinosità per arrivare alla verità in qualche forma distorta.

- Non ridere così tanto Sherlock, dal momento che anche tu rientri nella categoria di queste pessime scelte – replicò dura Molly, alzandosi. Fece qualche passo in direzione del divano, pronta a riprendere la sua giacca e andarsene. Non era venuta a Baker Street per farsi sbeffeggiare da Sherlock Holmes. Era andata lì per capire, per cercare di trovare una risposta alle domande che si faceva da giorni, sperando di trovare una risposta se non positiva, non umiliante come quella che le era appena stata fornita.

- Spero di essere la peggiore in assoluto, in realtà – replicò lui seduto, fissando  un punto imprecisato oltre la stanza.

- Dopo questa conversazione ti sei meritato il titolo a pieni voti – ribatté  lei con voce rotta, umiliata ancora una volta da Sherlock Holmes. Chiuse gli occhi cercando di trattenere le lacrime e riprendere il controllo sul suo respiro.

- Mi dispiace – sussurrò Sherlock, arrivando alle sue spalle. Molly si voltò, notando come lo sguardo di lui fosse basso e come le mani fossero in tasca. Se non fosse stato per il completo elegante, poteva dire di avere davanti a sé un bambino cresciuto, in imbarazzo davanti a un adulto. Sorrise bonaria ricacciando in gola il groppo che sentiva farsi largo.

- Non…non fa niente Sherlock, anzi io non…non avrei dovuto dire quello che ho detto –

Sherlock alzò lo sguardo su di lei e fece un altro passo.

- Tu sei sempre stata importante. Mi fido di te e non chiederei aiuto ad altri, qualora ne avessi bisogno. Mi dispiace essere la causa del maggior
numero delle tue preoccupazioni, ma non ci sarebbe altra persona al mondo a cui mi rivolgerei se avessi necessità di aiuto –  mormorò.
Molly lo fissava incredula, i suoi occhi incatenati a quelli del consulente investigativo, consapevole che quella a cui stava assistendo era ciò che di più simile a un’esternazione di sentimenti ci fosse da parte di lui. Sentiva il suo profumo avvolgerla, sentiva le gambe tremarle pericolosamente.

- Mi dispiace perché ho tutte le intenzione di continuare a chiedere il tuo aiuto e a essere la causa principale delle tue preoccupazioni – un altro passo – e mi dispiace perché nonostante tu meriti di essere felice, non ho intenzione di lasciarti tranquilla senza le mie richieste, anche se assurde. Riusciresti ad accettare tutte queste preoccupazioni dalla peggiore delle tue scelte? – Sherlock aveva finito con il soffiarle sulle labbra le ultime parole.

Molly era incapace di muoversi: sentiva il calore del corpo di Sherlock a pochi centimetri dal suo, aveva rinunciato all’idea di controllare il suo respiro, cercando di concentrare le energie per rimanere salda sulle sue gambe.

Annuì, non riuscendo a trattenere le lacrime e un sorriso. Sherlock la fissò per un secondo, dubbioso. 

- E’ solo un calo di adrenalina – giustificò Molly, ancora incredula di aver sentito Sherlock Holmes pronunciare quella che era a tutti gli effetti una dichiarazione. O almeno sperava lo fosse. Alzò una mano, tremante, sfiorando il viso di Sherlock. Sospirò quando constatò che lui non si sottraeva a quel tocco, ma al contrario, sembrava apprezzarlo, mentre continuava a fissarla. Per la seconda volta, Molly avvertì la mano di lui sulla sua schiena, mentre l’altra le sfiorava la guancia, come lei stava facendo con lui.

Sherlock fece scorrere la mano sul volto di Molly, per arrivare alla nuca di lei, poi si avvicinò con un gesto fluido e Molly sentì per la seconda volta le labbra dell’unico consulente investigativo al mondo appoggiarsi sulle proprie.

Chiuse gli occhi, decisa a godersi quel momento, sorridendo contro le labbra di lui.

Sherlock strinse maggiormente Molly a sé, con decide di domande che continuavano a rimbalzargli nella testa. La prima era come comportarsi da lì ai prossimi cinque minuti, a cui seguivano altre decine di domanda, tra cui anche come avrebbe reagito Molly nei prossimi secondi nel constatare gli effetti che il contatto dei loro corpi aveva su di lui.

Molly timidamente iniziò a mordicchiare il labbro inferiore di lui, avvampando ancora un poco quando sui suoi fianchi avvertì la pressione proveniente da Sherlock.

Sherlock si staccò da Molly, guardandola: le guance rosse, il respiro irregolare e le pupille dilatate. Non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto, ma allo stesso tempo era consapevole di avere esattamente le stesse caratteristiche dipinte sul suo volto. E non solo in volto.

La baciò nuovamente, sciogliendole i capelli e accarezzandole la schiena. Molly gli cinse il collo con le braccia, infilando poi le sua dita nei riccioli neri. Quanto aveva desiderato farlo, non se lo ricordava più neanche lei.

Sherlock schiuse la sua bocca, andando a esplorare quella di Molly, che rispose con entusiasmo. Si stavano baciando, un bacio vero, con respiri pesanti, temperatura corporea in aumento e l’illogica ma piacevole sensazione che gli indumenti indossati fossero di troppo. Sherlock fece vagare una mano sotto la camicia di Molly, facendo sospirare entrambi nel sentire la mano di lui a diretto contatto con la schiena di lei, ma uno squillo del suo telefono distrasse Molly, che si staccò da lui, strappandogli un grugnito di insoddisfazione

- Rispondi – disse abbassando lo sguardo e sorridendo. Lui prese il telefono con una mano, mentre con l’altra continuava a cingere la vita di Molly. Sbuffò nel leggere il nome sullo schermo e vedersi costretto a rispondere.

- Spero che tu abbia fatto scoppiare un conflitto mondiale per disturbarmi – soffiò rabbioso Sherlock al telefono.

- Il Dottor Watson è un ottimo amico, ma un pessimo bugiardo, fratello, dovresti rivedere meglio le tue conoscenze – rispose calmo dall’altro capo telefonico Mycroft – hai il respiro pesante, ti ho forse interrotto durante un allenamento?* -

-  Sto per riattaccare, hai tre secondi per dirmi cosa vuoi –

- Dovresti tirare le tende del salotto quando hai visite – disse calmo – oh  e porgi pure i miei saluti alla dottoressa Hooper –

- Non mancherò -

Nonostante Molly non l'avesse sentita per intero, aveva la netta sensazione che in quella breve conversazione, Mycroft Holmes avesse fatto sapere al fratello che era a conoscenza di quello che stava succedendo.

- Cosa fai? – chiese Sherlock vedendo Molly dirigersi verso la porta dell’appartamento e aprirla

- Chiedo se la signora Hudson ha bisogno di qualcosa, in modo tale da non correre il rischio di altre interruzioni – rispose lei candida.

Sherlock sorrise, afferrandola per la vita, costringendola contro una parete mentre le strappava un altro bacio

- Hooper – mormorò con voce roca – spero sia consapevole del guaio in cui ti ho cacciato –

- Spero tu sia consapevole di aver appena accettato l’idea di essere un umano –

Sherlock la baciò di nuovo, mentre le sfilava il maglione con un gesto unico.

- Lo  sarò saltuariamente – mormorò, staccando entrambi dalla parete, dirigendosi barcollante verso camera sua.

- Saltuariamente -  ripeté Molly tra un bacio e l’altro.

*

La mattina seguente, Sherlock si svegliò di malavoglia, costretto ad abbandonare il letto a causa del continuo bussare alla porta.  La aprì e si diresse in cucina

- John una chiamata sarebbe gradita prima di irrompere in casa mia – disse aprendo il frigorifero e prendendo una mela per addentarla

- Sherlock sono le undici e…o buon Dio, sei nudo! – esclamò il medico militare coprendosi gli occhi. Sherlock si osservò distrattamente

- Pensavo che un medico non trovasse così scandalosa la nudità – disse con indifferenza.

John fece per rispondere ma venne interrotto da una voce femminile. Si voltò verso l’amico, e tenendo la mano sugli occhi chiese : - E’ quello che credo? –

- Dipende da cosa credi, John, se credi di aver sentito la voce di Molly Hooper provenire dalla mia camera allora hai sentito bene. Se ora potessi scendere e avvisare mio fratello che non è necessario scenda dalla macchina per venire qui e farmi visita te ne sarei grato. Ah, e tua figlia non ha niente, semplice cambio di bioritmo. Ha scambiato il giorno per la notte. Ti chiamo io –

John Watson rimase qualche secondo nel salotto vuoto e solo quando sentì la porta della camera chiudersi e la voce di Sherlock urlargli di andarsene, osò togliere la mano dagli occhi. Uscì di casa ridendo e nemmeno l’incontro con il maggiore degli Holmes riuscì a spegnere il suo sorriso.

- Mycroft, buongiorno, Sherlock mi ha chiesto di dirle di non disturbarsi a salire e io aggiungo che non deve preoccuparsi, almeno per questa volta – disse John prima di voltarsi e tornare verso casa sua.

Sì, aveva proprio ragione. Per questa volta, non c’era niente di cui preoccuparsi.
 
FINE

 
*Non ho resistito a inserire nel dialogo questa battuta, che nella 3x02 Sherlock fa a suo fratello, quando sono al telefono mentre quest’ultimo fa palestra e Sherlock è al matrimonio di John e Mary. Ho voluto far prendere la sua piccola rivincita a Mycroft ;)
 
Bene! Sono riuscita a finire anche questo papiro! Come vi dicevo, se qualcosa non fosse chiaro o se i personaggi risultassero troppo OOC non esitate a dirmelo, cercherò di rimediare e, se non vi ha deluso così tanto questa storia, è probabile avrete ancora mie notizie!
Grazie per essere arrivati fin qui ;)
LD
  
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