Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: LadyLicionda    05/06/2016    0 recensioni
Eiko Wadsworth scopre improvvisamente di soffrire di Disturbo Dissociativo dell'Identità, ovvero personalità multipla. I suoi problemi iniziano quando realizza che ogni personalità è dotata di una volontà propria, di desideri propri e di ambizioni uniche. Come se non fosse abbastanza, ognuna di loro si scopre ben presto innamorata di una persona diversa. Riuscirà Eiko a mantenere il suo segreto e a destreggiarsi fra le attenzioni romantiche di sette irresistibili ragazzi senza soccombere ai capricci delle sue eccentriche personalità? NOTA BENE: Per questa versione è previsto un finale multiplo (uno per ognuno dei ragazzi di KNB). Il rating potrebbe cambiare con il progredire della storia. I personaggi di KNB appartengono all'autore originale Tadatoshi Fujimaki, tutti gli altri sono personaggi creati da me.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiseki No Sedai, Nuovo personaggio, Taiga Kagami, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Le mie gambe stanche faticano a tenere il passo e più di una volta mettono alla prova il mio senso dell’equilibrio. I miei piedi a stento si sollevano da terra, costringendo la punta delle scarpe a raschiare contro il pavimento. Vorrei implorare Aomine di rallentare, ma sono troppo esausta per emettere suono. I miei abiti trasandati e i capelli in disordine non rappresentano più neanche una preoccupazione, così come ho rinunciato a ritrovare il fiocco perduto.
    Le miei pupille offuscate si posano sulla schiena del ragazzo che mi precede. Il cappuccio della sua felpa sobbalza ad ogni nuovo passo, che scandisce il ritmo sostenuto della nostra corsa. È come guardare un pendolo in attesa di cadere sotto l’ipnosi del suo oscillare.
    Il mio respiro è così affaticato che lo sento vibrare nella mia testa piuttosto che nel mio petto e dalle miei dita, imprigionate nella mano di Aomine, è defluita ormai l’ultima goccia di sensibilità. Tutto il mio corpo continua ad avanzare perché trainato dalla forza inarrestabile della persona che mi è davanti. Il vigore che emana dalle sue giovani membra sembra diffondersi attraverso la mia pelle, i miei muscoli, le mie ossa e combattere la forza di gravità che vorrebbe sopraffarmi, approfittando della mia stanchezza.
    Ora che siamo nuovamente all’interno dell’acquario mi rendo conto di quanto rapidamente sia trascorso il tempo. Le sale d’esposizione non sono più affollate come al nostro arrivo: probabilmente manca poco all’orario di chiusura.
    «Da questa parte», pronuncia Aomine, guidandomi nella direzione opposta all’uscita.
    Mi chiedo se Mayumi e gli altri abbiano già lasciato l’edificio o ci stiano cercando. Di sicuro si saranno accorti dell’assenza di Aomine e, di conseguenza, anche della mia.
   La nostra fuga termina in una saletta dal soffitto insolitamente basso, se paragonato a quello delle altre sale dell’acquario. Finalmente posso riprendere fiato mentre le mie ginocchia collassano facendomi precipitare sul pavimento. Allarmato dal suono tonfo della mia caduta, il volto di Aomine ruota nella mia direzione.
    «Ohi, tutto bene?», il suo respiro è regolare, quasi non avesse accusato lo sforzo della disperata corsa.
    Rispondo con un cenno della testa poiché la mia bocca è troppo impegnata a risucchiare tutto l’ossigeno possibile per rianimare i miei polmoni. Del resto non sono mai stata un tipo atletico.
    Sollevo lo sguardo per guardarmi intorno. Non ci sono pareti, né soffitto a delimitare l’ambiente, ma solo un’immensa volta di vetro da cui filtra un’intensa luce cobalto che irradia tutta la stanza e, immerse in quella luce, decine di meduse fluttuano sulle nostre teste. I loro movimenti aggraziati e sinuosi incantano i miei occhi. È come ammirare la danza di mille spose vergini che invocano la benedizione degli dei.
    Il battito concitato del mio cuore rallenta gradualmente, stabilizzando il mio respiro, ma le mie gambe, paralizzate dalla fatica, non sono ancora in grado di sostenere il peso del mio corpo. Rimango quindi seduta sul freddo pavimento, contemplando con invidia la leggerezza evocativa delle diafane creature che mi circondano, ma prima ancora che possa rendermene conto, il sentimento di gelosia evolve in una serena ammirazione.
    «Finalmente un sorriso».
    I miei occhi scivolano di lato per incontrare quelli di Aomine. La soffusa luce marina che si riflette nel profondo blu delle sue iridi illumina il suo sguardo di un confortevole bagliore. E’ così facile interpretare le emozioni che traspaiono dal suo volto gioioso, dal largo sorriso sulle sue labbra. Questo ragazzo non sa come nascondere i propri sentimenti, o semplicemente ha scelto di non farlo.
  «Quando sei scoppiata a piangere in mezzo alla piazza, mi sono spaventato. Non sapevo cosa fare. Continuavi a singhiozzare e poi tutta quella gente ha iniziato a fare commenti…», l’agitazione nella sua voce è la prova della sua sincera preoccupazione.
    Sono stata davvero ingiusta con lui. Avrei potuto rincuorarlo, o almeno proteggere la sua immagine respingendo le accuse di tutti quei turisti pettegoli e curiosi. Avrei potuto mentire per discolparlo. Ma ho preferito tacere, perché se avessi scelto di parlare, sarei stata obbligata a rivelare la verità, a mettere a nudo il mio cuore confuso. Ho preferito proteggere me stessa da un’imbarazzante confessione, piuttosto che Aomine da una ingiusta condanna. Sapevo che era a disagio, sapevo che era impreparato, sapevo che non meritava di essere giudicato così crudelmente. Sapevo tutto questo perché è stato lui a mostrarmelo. Perché Aomine è incapace di mentire. Perché il cuore di Aomine non conosce ipocrisia. Perché per Aomine la sincerità non è una vergogna. Sapevo tutto questo, eppure, sono rimasta in silenzio.
   «Se ho fatto qualcosa di sbagliato ti chiedo scusa. Non sono bravo a capire le ragazze, perciò se ho ti ho offesa in qualche modo ti chiedo di perdonarmi. Se hai qualcosa da rimproverarmi, ti ascolto».
  Sono davvero una persona orribile. Ed è solo colpa di questo ragazzo che si ostina ad affrontare gli altri in modo diretto. Di questo ragazzo a cui non piacciono le complicazioni che derivano dai banali fraintendimenti di tutti i giorni, per cui la sincerità ha più valore di qualsiasi altra cosa. È tutta colpa di questo ragazzo che non esita a mostrare i veri colori del suo animo, che guarda con scherno alle persona comuni, che per sopravvivere sono costrette ad indossare maschere, a mentire o a tacere. Persino in questo momento, in cui il mio cuore si dibatte nella confusione generata dalla sua vicinanza, sono sicura che stia ridendo della mia debolezza, che stia guardando con indignazione alla mia ipocrisia.
   Ti dispiace? Vuoi il mio perdono? Chi diavolo pensi di essere per implorare il mio perdono quando non hai fatto nulla di sbagliato? Se soltanto anche tu fossi come tutti gli altri, potrei urlarti contro, arrabbiarmi con te, rinfacciarti quella stessa falsità, quell’egoismo che mi hanno resa una persona detestabile. Potrei vomitarti addosso tutto il mio disgusto e liberarmi di questo sentimento insopportabile che lacera il mio animo, che stritola il mio cuore incasinato. Questa nauseante sincerità che trabocca da ogni tua parola, da ogni tuo gesto è come l’artiglio di una bestia affamata che dilania la carne viva del mio intero essere, riducendola a una infinità di brandelli sconnessi e sanguinanti. Perché devo sopportare tutto questo? Per colpa tua non mi riconosco più. Odio le persone come te. Le persone che non hanno paura. Le persone genuine, piene di energia, piene di luce. Odio il bagliore dei tuoi occhi limpidi e schietti. Odio la vitalità del tuo sorriso. Detesto la passione che brucia nel tuo sguardo quando giochi a basket. Il carisma con il quale attiri su di te tutte le attenzioni mi fa schifo. Le persone come te dovrebbero sparire dalla faccia della terra. Le persone luminose come te sono banali e noiose. Sono solo una seccatura. Non c’è nulla di affascinante in un corpo che splende di vita. Il vero fascino di un essere umano risiede nella sua oscurità, nelle sue perversioni, nei suoi desideri degradati, nelle sue passioni insane.
    «Eiko, che cos’hai? A cosa stai pensando?».
  Oh no, a cosa stavo pensando? Cos’è questo sogghigno sulle mie labbra? E perché invece Aomine ha smesso di sorridere? Che cos’e quell’espressione preoccupata? Preoccupata? No, sembra più…terrorizzata. E’ come se avesse paura di me. Ma perché? Mi sento strana. Avverto come un buco nella mia memoria. Che cosa mi sta succedendo? È esattamente come prima, nella piazza. All’improvviso il mio cuore è di nuovo colmo di sentimenti angoscianti. Ho la nausea. Le mie orecchie fischiano come treni. Aomine mi sta parlando ma non riesco a sentire le sue parole. Probabilmente pensa che abbia perso conoscenza perché ha iniziato a scuotere le mie spalle con vigore. Non percepisco il suono della sua voce ma riconosco i movimenti della sua bocca che continua ad articolare il mio nome. L’espressione sul suo viso è di nuovo cambiata. I suoi occhi allarmati sono così vicini ai miei che posso vedere la mia immagine riflessa nelle sue pupille. Devo dire qualcosa. Devo fargli sapere che sono cosciente. Non voglio commettere lo stesso errore. Ma soprattutto non voglio che si preoccupi per me. Non lo merito. Mi sento malissimo. Il mio cranio è come un groviglio di fili ad alta tensione e ogni scarica è così forte da poter bucare il mio teschio. Vorrei parlare, comunicare, ma non appena formulo le parole nella mia testa il dolore si intensifica, paralizzando il sistema nervoso.
    «Perché non reagisci? Eiko!».
   Devo calmare Aomine. Devo farlo a qualunque costo. Ho approfittato di questo ragazzo troppo a lungo. Sono stata troppo ingiusta con lui. Sarebbe troppo crudele costringerlo a darsi altro pensiero per me. Per una persona debole e insicura come me. Che preferisce sacrificare chi è corso in suo aiuto pur di proteggere i segreti del suo cuore confuso. La generosità di Aomine merita che io impieghi fino all’ultimo granello di energia per rassicurarlo. Nonostante il mio egoismo, non mi ha lasciata indietro. Nonostante abbia approfittato del suo imbarazzo per negare il mio disagio, nonostante sia rimasta a guardare in silenzio mentre veniva ingiustamente condannato, ha scelto di scappare insieme a me, quando avrebbe potuto abbandonarmi e fuggire da solo. Il dolore che sto provando in questo momento non è altro che l’adeguata ricompensa alla mia disonestà.
    I miei occhi sono umidi e la vista sbiadita. Sento le orbite gonfie d’acqua: per tutto questo tempo le mie palpebre spalancate non si sono chiuse neanche una volta. Lacrime dense spingono per emergere in superficie e fuoriuscire dalla mia pelle. Le lascerò scorrere. Saranno la mia reazione, la mia riposta alla voce, ai sentimenti di Aomine, così saprà che sono ancora qui con lui e si tranquillizzerà.
    «Eiko? Riesci a sentirmi?».
    Non capisco come sia possibile, ma adesso il suono della voce di Aomine riesce di nuovo a raggiungere le mie orecchie. La nebbia opprimente che offuscava i miei pensieri si sta diradando e il garbuglio di cavi elettrici che perforavano il mio cranio con le loro scariche ad altissimo voltaggio si sta districando. Non sento più dolore. I miei polmoni sono leggeri e gonfi di aria pura. I miei muscoli sono riposati e attivi. Sento la tensione colare dai miei nervi come la cera di una candela e liberarli dalla paralisi. Posso di nuovo muovermi. Posso di nuovo sentire il mio corpo. Ogni cellula pulsa di vitalità, come appena nata. Una nuova linfa scorre nelle mie vene ed infiamma i miei organi con la stessa potenza combustiva di un carburante. Penetra nei miei tessuti lacerati ricucendo insieme i brandelli, purificando il sangue delle mie ferite, fortificando le mie ossa, diffondendo calore in tutte le mie membra.
    I miei occhi sono limpidi e la mia vista nitida. Le lacrime che ho lasciato sgorgare, per qualche motivo non hanno raggiunto le mie guance, come un fiume generatosi sulle vette ghiacciate, il cui cammino viene deviato prima che possa giungere a valle. La mia pelle è asciutta e calda. Il tepore che percepisco sul mio viso non proviene dal mio corpo, tuttavia è familiare.
    Ah si, ora ricordo. Questo è il calore di Aomine. Il calore delle sue dita che raccolgono il mio silenzioso pianto, della sua mano esitante che sostiene la mia guancia, del suo tocco gentile e impacciato che ha risvegliato i miei sensi, della sua voce che continua a raggiungere la mia coscienza.
    «Si, ti sento», finalmente le mie labbra si dischiudono. La mia gola è arida e il suono prodotto dalle mie parole è sgradevole. Ma non ha importanza, perché adesso posso di nuovo comunicare e rassicurare il ragazzo che mi è di fronte.
    «Mi hai fatto prendere un colpo».
    Il volto di Aomine si allontana lentamente dal mio. Il suo corpo esausto ricade all’indietro mentre dalla sua bocca esala un profondo sospiro carico di tensione. Le sue gambe sono abbandonate sul pavimento, prosciugate di tutta la loro forza, le braccia a penzoloni in mezzo alle ginocchia divaricate. Le spalle basse disegnano un arco appena accennato sulla schiena ricurva. La testa ciondolante in avanti, come priva di vita, e il mento a pochi millimetri dal petto.
    Fino a pochi attimi fa questo ragazzo scuoteva il mio busto come si scuote il tronco di un albero per far cadere dai suoi rami i frutti maturi. Il vigore della sua stretta palpita ancora sulle mie braccia così come le sue grida disperate tuonano nella mia testa. Ora invece non vi è traccia di quella tempra incontenibile che mi ha trascinata fino a qui, sfidando la stanchezza e la gravità che tentavano il mio corpo fiacco. La persona seduta di fronte a me è come un burattino a cui sono stati tagliati i fili, come un fiore appassito a cui sono stati strappati i petali. E non posso fare a meno di sentirmi responsabile. Sono stata io a risucchiare dal suo corpo tutta la linfa vitale che scorreva nelle sue vene. Ho assorbito la sua luce per riportare in vita le mie cellule affaticate, per dissipare la nebbia dei miei pensieri oscuri, per riaccendere il respiro nei miei polmoni. Come un vampiro assetato mi sono nutrita della sua vitalità spingendo il suo corpo allo sfinimento.
    Ma ho dovuto farlo. Non avevo scelta. Ho avuto paura. Mentre la mia coscienza sbiadiva, regredendo in un angolo irraggiungibile della mia mente, una presenza sconosciuta, guidata da pensieri distorti, emergeva dalle tenebre più profonde del mio subconscio, dominando la mia volontà con la solo forza del suo desiderio. Probabilmente è questo che succede agli esseri umani quando il loro corpo viene posseduto da uno spirito maligno in cerca di vendetta. Ho sempre creduto nell’esistenza del male. E mi è stato insegnato che il male è un’essenza inscindibile della natura umana, qualcosa che ci appartiene fin dalla nascita, che non possiamo sradicare ma solo dominare. E per sottomettere il male che è dentro di noi occorre una volontà capace di resistere al fascino tentatore della passione, dell’invidia, della violenza.
    Ma una ragazza come me, che ha vissuto la sua vita tenendo la bilancia delle proprie ambizioni sempre in equilibrio, senza mai prendere decisioni che costringessero l’ago a pendere da una parte piuttosto che dall’altra, non ha ragione di affannarsi a respingere il male che tenta di avanzare, perché quel male non dovrebbe neanche avere la forza necessaria per imporre il suo dominio. L’accidia, l’indolenza, l’ignavia non sono certo un terreno fertile su cui far crescere brame e aspirazioni che possano accendere il fuoco della battaglia tra il bene e il male che albergano nel cuore umano. Chi si rifiuta di prendere posizioni non ha diritto a compiere scelte. Chi non desidera evolvere non ha motivo di sentirsi confuso o combattuto perché non ha propositi che possano generare contraddizioni, contrasti, fermenti nell’animo. In un cuore ozioso non può germogliare il bocciolo del dissidio interiore. In un cuore come il mio, il bene e il male non hanno motivo di affrontarsi. Di conseguenza, la presenza che ho avvertito poco fa non era altro che il frutto illusorio della mia mente provata dalla fatica. Ora che ci penso, non è affatto diverso da quello che mi succede quando guardo un film horror. Anche l’ultima volta la suggestione provocata dalla mia paura mi ha tenuta sveglia fino all’arrivo di Naoko. Come oggi anche quella sera continuavo a sentire voci nella mia testa, a percepire presenze nella mia stanza. Sentivo i loro insani desideri dilagare nella mia mente e inibire la mia volontà. Quella notte è giunta mia sorella Naoko a liberarmi dal sortilegio, a richiamare la mia coscienza plagiata nel mondo reale, proprio come poco fa il tocco di Aomine ha infranto l’ipnosi che mi teneva prigioniera nella torre delle mie paure. L’animo umano è fragile e quando è spaventato si arrende facilmente al delirio, ai vaneggiamenti, agli inganni dell’immaginazione.
   Forse non sarò mai in grado di ripagare il debito che ho accumulato in questo giorno, ma voglio che il mio salvatore sappia che gli sono riconoscente. Per non essersi dimenticato di me. Per avermi parlato. Per avermi protetta con la sua luce. Per aver vegliato sul mio cuore turbato e diviso. Non sono ancora sicura di poter spiegare con esattezza quanto mi è accaduto, così come non riesco ancora a comprendere la natura dei miei sentimenti. Non posso negare che la spontaneità, l’ingenua sincerità, la gioiosa passione di Aomine esercitino una misteriosa attrazione sul mio inconscio. Questo ragazzo ha il potere di scuotere il mio animo, di turbare i miei pensieri, di agitare il sangue che scorre nelle mie vene. Ma è anche capace di ristabilire la quiete dopo aver aizzato i venti della tempesta, di restituirmi la ragione dopo averla sconvolta, di asciugare le lacrime dopo aver provocato il mio pianto.
    Ma forse si tratta solo di una curiosa coincidenza. Di semplici supposizioni, opinioni infondate dettate da un’eccesiva e momentanea emotività. La frustrante confusione che ha stravolto la mia mente e il mio cuore potrebbe infatti non avere alcuna connessione con questo ragazzo. Piuttosto potrebbe essere il risultato di un mio affaticamento fisico e mentale, di quel fervore paranoico che sprona la mia immaginazione nei momenti di insicurezza e paura. La distanza che Mayumi e Satsuki hanno mantenuto da me per tutto il giorno, i loro sguardi complici e il loro comportamento evasivo sono stati sicuramente la causa che ha istigato la depressione nel mio cuore. Il timore di essere lasciata indietro ha generato in me un’angoscia che non ho saputo sanare e che è maturata fino a diventare totale sfiducia. Del resto una persona priva di spirito di iniziativa come me non avverte la necessità di affrontare gli altri a viso aperto solo per chiedere spiegazioni o chiarire equivoci. Preferisce seguire il flusso del fiume invece di affannarsi a risalire la corrente. E non importa che abbia promesso di essere coraggiosa o che abbia dichiarato di voler cambiare, perché le vecchie abitudini sono dure a morire. Ciò che pronunciano le labbra non sono che semi sterili senza il supporto del cuore. Ma per quanto sia ancora lontana dal mio obiettivo, non posso sottrarmi all’obbligo di ripagare la generosità di chi è venuto in mio soccorso.
    Mi sollevo sulle gambe cercando di sistemare come meglio posso i miei abiti sgualciti e i capelli in disordine. So di non essere presentabile in questo momento e sono sicura che il mascara, che Naoko ha steso questa mattina con cura sulle mie ciglia, sia ormai diventato un’ombra nera e sbiadita attorno ai miei occhi arrossati.
    Accompagnando il gesto con il mio rammaricato silenzio, porgo la mano ad Aomine. Con un movimento rallentato la sua fronte risale fino a incontrare il mio sguardo. I suoi occhi assorti indugiano sul mio volto per esaminare la mia condizione. Di tanto in tanto si stringono per mettere a fuoco la mia immagine sotto la penombra della soffusa luce blu che avvolge entrambi. Ma una volta catturato il lieve cenno col quale decido di rispondere alla silenziosa richiesta di conforto, si addolciscono in una tenera espressione di sollievo mentre la sua mano protende verso la mia desiderosa di afferrare le mie dita.
   «Sarà meglio uscire da qui e trovare gli altri», pronuncia una volta in piedi, mantenendo le sue attenzioni su di me. Immagino non sia ancora del tutto convinto che mi sia completamente ripresa.
    Annuisco incamminandomi dietro di lui. Il suo passo è lento e rilassato. Nonostante abbia proposto di raggiungere il punto di ritrovo in cui Mayumi, Kise, Satsuki e Kuroko ci stanno sicuramente aspettando, ho come l’impressione che stia cercando di prendere tempo, quasi voglia ritardare l’incontro con il resto del gruppo. Il suo incedere sembra titubante e il fatto che non stia provando a interagire con me in alcun modo mi induce a pensare che qualcosa lo stia turbando. Ancora una volta i miei occhi si posano sulla sua schiena. E’ leggermente curvata in avanti per assecondare l’inclinazione della testa verso il basso. Anche se non posso vederlo, sono abbastanza sicura che in questo momento il suo sguardo rannuvolato sia distrattamente puntato sui suoi piedi. Non ho idea di quali pensieri stiano affollando la mente di Aomine, ma non posso fare a meno di sospettare che stia ripensando all’eccentrica condotta di cui ho dato sfoggio pochi attimi fa. Non potrei biasimarlo se, al termine della sua riflessione, il suo atteggiamento nei miei confronti mutasse radicalmente. Qualunque sia stata la causa, il mio comportamento resta imperdonabile, ma soprattutto la fragilità emotiva che ho mostrato di possedere non può diventare motivo di disagio per chi mi è vicino. Piuttosto che imprigionare Aomine nella rete della mia confusione e della mia debolezza, sono pronta ad accettare il suo allontanamento. Certo non posso negare che mi sarebbe piaciuto avere come amico un ragazzo solare e gioioso come lui. Qualcuno capace di infondere entusiasmo con un semplice sorriso, di trasmettere energia e vitalità con un gesto.
   La mia natura introversa mi ha sempre portata a mantenere le distanze dalle persone troppo vivaci, poiché temevo che il loro fervore avrebbe potuto influenzarmi e trascinarmi sulla strada della determinazione e dell’ambizione. E non volevo incamminarmi su un sentiero del quale sapevo non avrei visto la fine. Conosco i miei limiti e non è mia abitudine mettere mano a un progetto se non sono sicura di realizzarlo. Di conseguenza mi sono sempre tenuta in disparte e ho evitato le amicizie troppo esuberanti. Neanche dopo aver conosciuto Mayumi e Kise ho cambiato idea, sebbene abbia promesso di non fuggire dalle nuove opportunità. Ma accettare di allargare le proprie conoscenze non vuol dire necessariamente modificare anche il proprio punto di vista e trasformarsi improvvisamente in una persona diversa. In queste settimane il mio affetto per i miei due compagni di classe si è sicuramente rafforzato, così come il legame con Satsuki. Tuttavia non posso negare ciò che sono. Io sono Eiko. Sono una ragazza timida, impacciata e insicura. Non ho carisma e non ho talenti e, finché sarò consapevole di questa verità e non tenterò di nasconderla, né di alterarla, non avrò motivo di impegnarmi per piacere alla gente.
    Allora perché mi sento così triste da quando ci siamo rimessi in marcia? È perché Aomine sembra essersi dimenticato che io sono proprio qui, dietro di lui? O perché sembra non avere alcuna intenzione di rivolgermi la parola? Oppure perché ho paura dell’impressione che avrò lasciato di me al termine di questa lunghissima giornata? Ma perché dovrebbe preoccuparmi cosa penserà Aomine? Questo ragazzo è solo un altro studente delle medie Teikou, proprio come Kise e Kuroko, o come Mayumi e Satsuki. E’ vero, saremmo potuti diventare amici, ma non sarà la fine del mondo se da domani torneremo ad essere due estranei l’uno per l’altra. Però potrei parlare con Satsuki e chiederle di mettere una buona parola da parte mia, per convincere Aomine a darmi una possibilità. Una possibilità? E per che cosa? Non sto mica cercando di diventare la sua ragazza.
    No, non la sua ragazza. Semplicemente sua amica. Ho desiderato diventare amica di Aomine dal primo momento in cui l’ho visto. Guardandolo sorridere mentre si allenava con i suoi compagni di squadra ho pensato: «Questo ragazzo mi ricorda Tatsuo». Proprio come mio fratello, anche Aomine possiede quella vitalità capace di contagiare chiunque gli sia vicino. Nei suoi occhi ho visto la stessa luce, la stessa determinazione, lo stesso entusiasmo che bruciano costantemente nello sguardo di mio fratello. Persino la stretta della sua mano aveva lo stesso calore confortevole.
    Quando ero piccola mi piaceva camminare dietro Tatsuo perché l’immagine della sua schiena ampia e solida mi trasmetteva sicurezza. Sapevo che se fossi rimasta dietro di lui, il suo corpo mi avrebbe protetta e avrebbe abbattuto gli ostacoli sul mio sentiero e se mi fossi stancata, avrei potuto arrampicarmi sulle sue spalle per accoccolarmi con le braccia intorno al suo collo.
    In questo momento la schiena di Aomine sembra affidabile e sicura come quella di Tatsuo. Ma è proprio perché la sua figura è così simile a quella di mio fratello che non posso sopportare di essere la causa del suo turbamento. Purtroppo non ho una risposta che possa sciogliere le sue perplessità o convincerlo a fidarsi di me. Tutto quello che posso fare è essere sincera riguardo i miei sentimenti perché, dopotutto, non voglio tornare ad essere un’estranea. Aomine è la prima persona, al di fuori della mia famiglia, che mi abbia indotta a credere che potrebbe accettare la mia mediocrità senza imporre compromessi. La sua presenza è confortevole e sono sicura che la differenza tra le nostre abilità non rappresenterebbe un ostacolo alla nostra amicizia. Se questa è un’altra opportunità che mi è stata offerta, non posso assolutamente sprecarla. Aomine è un ragazzo schietto e semplice. Se sarò onesta con lui, sono certa che mi sorriderà di nuovo. Se soltanto avessi la parlantina di Haruka. Lei sa sempre cosa dire e non avrebbe problemi in una situazione come questa.
   No, non devo pensare come Haruka. Io sono diversa da lei. Sono taciturna e timida, quindi il mio discorso deve essere breve e conciso se non voglio rischiare di ingarbugliarmi. Poche parole, non mi servono i monologhi complicati. Ma che cosa voglio dire ad Aomine? Cos’è che voglio fargli sapere? Credevo di avere tante cose di cui parlare con lui, tanti equivoci da chiarire, tante spiegazioni da organizzare, tanti comportamenti da giustificare. Eppure in questo preciso momento sono solo due le parole che continua a bisbigliare la mia testa. Dieci singole lettere che però sembrano pesare come mille. Ma se riuscissi a pronunciarle, potrei comunicare ad Aomine tutti i miei sentimenti in un’unica frase. Devo farlo adesso che siamo ancora soli, che ho ancora la possibilità di attirare la sua attenzione, in questo silenzio che permetterà alla mia voce di raggiungere la persona che ho di fronte. Sono solo due parole, ma varranno più di tutte quelle conversazione che avremmo potuto avere in questa giornata.
    «Mi dispiace».
    Mi dispiace, Aomine. Per quanto ingiusta sono stata con te. Per avere approfittato della tua generosità. Per averti fatto preoccupare. Per averti spaventato. Per averti mentito. Per averti mostrato solo la mia debolezza. Per averti esposto all’imbarazzo. Per averti accusato nel segreto del mio cuore. Per essere così egoista da voler diventare tua amica. Per essere così avida da voler rimanere sotto il bagliore della tua luce. Per aver rubato il sorriso dalle tue labbra. Per essere così presuntuosa da voler camminare al tuo fianco. Per essere così arrogante da volerti consolare. Per esserti così grata e incapace di ripagare il mio debito. Ma soprattutto, mi dispiace di non essere ancora in grado di dirti tutto questo con la mia voce.
    «Mi dispiace davvero», per ora è tutto quello che sono in grado di confessare.
    Il passo rallentato di Aomine infine si arresta. I miei occhi scivolano sulla sua mano destra: le dita serrate in un pugno di frustrazione. Nella calma che domina intorno a noi percepisco lo schiocco della sua lingua tradire la sua irritazione. Se ha intenzione di urlarmi contro, preferisco che lo faccia qui e adesso, lontano dagli sguardi di Mayumi e Satsuki. Sono consapevole di meritare il suo risentimento, perciò non mi nasconderò dietro futili scuse.
    Il battito ansioso del mio cuore rulla nel mio petto, mentre aspetto che Aomine riversi su di me tutta la sua rabbia. La tensione fra di noi appesantisce ogni secondo dell’attesa ma non ho intenzione di accelerare la mia condanna.
   Un fragoroso sospiro interrompe la muta quiete. I muscoli della mano di Aomine si rilassano, facendo dischiudere il pugno. La lieve curva sulla sua schiena è sparita e la sua testa è di nuovo alta.
    «Perché ti stai scusando?», sono le prime parole che spezzano il suo lungo silenzio. «Sono io a dovermi scusare».
   Il suo torace ruota quindi verso di me, mostrandomi l’espressione sul suo viso. Le sopracciglia aggrottate sono la prova più evidente della sua rabbia, tuttavia la sua profonda collera non sembra puntare nella mia direzione. I suoi bellissimi occhi di zaffiro evitano accuratamente i miei per non svelarmi la vergogna dei suoi sentimenti, di quel senso di colpa che credevo essere solo mio. Tutto questo è sbagliato. Aomine non ha nulla da rimproverarsi. Non capisco perché si senta in errore, ma è una mia responsabilità ovviare al malinteso e chiarire quale parte sia nel torto e quale nella ragione.
    «Non hai motivo di chiedere il mio perdono, perché non hai fatto nulla di sbagliato», il tono della mia voce è deciso ma non adirato.
  Benché il mio cuore stia galoppando come un cavallo selvatico, la mia mente è salda e controlla il mio corpo. Non posso lasciare trasparire la mia agitazione se voglio rassicurare Aomine. Al contrario, i moti interiori del giovane atleta esplodono all’esterno con la stessa veemenza di un’eruzione vulcanica, palesando senza alcun freno le emozioni del ragazzo.
   «Non è affatto vero», la sua voce esasperata rimbomba nella sala deserta. «Quando ci siamo accorti che eri sparita, Satsuki mi ha mandato a cercarti. Dovevo riportarti indietro e assicurarmi che stessi bene. Quando ti ho trovata eri così spaventata che sei scoppiata a piangere. Probabilmente, dopo essere rimasta da sola per tanto tempo, avrai pensato che ci fossimo dimenticati di te. Ma è solo colpa mia. La verità è che mentre ti cercavo mi sono perso, per questo ci ho messo così tanto prima di trovarti. Ma ti assicuro che nessuno di noi aveva intenzione di lasciarti indietro».
   Forse è perché mi sono sentita sola per tutto questo tempo, o forse è perché volevo solo avere la conferma che Aomine non fosse arrabbiato con me e mi disprezzasse, ma sento nuove, calde lacrime di serenità sgorgare dai miei occhi. Anche il mio cuore è più tranquillo e il battito sta gradualmente rallentando. È una sensazione così piacevole e leggera.
   Mi ero finalmente decisa a combattere la timidezza e l’insicurezza per il bene di Aomine. Volevo rassicurarlo e scusarmi con sincerità, ma di nuovo è stato lui a correre in mio aiuto. Evidentemente non sono ancora pronta a diventare io stessa un sostegno se ho così tanto bisogno di appoggiarmi alle parole, alla gentilezza di chi mi circonda. In fondo sarebbe presuntuoso da parte mia credere di poter raggiungere il traguardo tanto presto quando conosco esattamente i miei limiti. Se sono riuscita ad arrivare fino a questo giorno, nonostante le mie mancanze, è perché non ho avuto vergogna di affidarmi ai miei fratelli e ai miei cugini. Non ho esitato ad afferrare le loro mani nel momento del bisogno e questo mi ha portata a credere negli anni che accettare l’aiuto di chi è disposto ad offrirlo con sincerità non sia una debolezza, ma un atto di fiducia che aiuta a crescere. E, proprio come i preziosi membri della mia famiglia, anche questo ragazzo ha cercato di raggiungermi, di attirare la mia attenzione perché mi fermassi ad ascoltarlo, di convincermi a guardarlo negli occhi per sapere di potermi fidare della sua onestà. Non ho bisogno di affrettare i tempi. Posso continuare tenendo il mio passo, perché so che c’è qualcuno disposto a rallentare per camminare al mio fianco. Riconoscere di avere bisogno degli altri non è una vergogna. Io l’ho sempre saputo. E le lacrime che bagnano i miei occhi in questo momento non esprimono altro che la serenità derivata da questa consapevolezza. La parte dell’eroina, in fondo, non mi si addice. Per ora resterò fedele al mio personaggio, accettando con gratitudine l’aiuto di Aomine.
    «Grazie», mi auguro che quest’unica parola riesca a comunicare i miei sentimenti nel modo corretto.
    «Va tutto bene?».  
   Le mie pupille umide si posano sul volto perplesso di Aomine mentre le mie labbra si distendono in un largo sorriso. Le parole di questo ragazzo mi hanno resa immensamente felice. Non credevo sarei mai riuscita ad incontrare un’altra persona con il talento straordinario di mio fratello. Sono sicura che Tatsuo andrebbe molto d’accordo con Aomine. Non mi dispiacerebbe farli incontrare.
    Solleticata da quest’ultimo pensiero, gioisco nel segreto del mio cuore mentre la mano di Aomine si adagia improvvisamente sulla mia testa. Il mio sguardo si solleva quindi per incontrare un allegro riso di soddisfazione, che sembra avere completamente rimpiazzato l’ansia di pochi attimi fa.
    «Non so cosa sia successo, ma sono felice di vedere che hai ritrovato il buon umore», pronuncia Aomine, visibilmente sollevato, scompigliando i miei capelli già in disordine.
    Il suo tocco è così rassicurante e la sua positività così contagiosa che mi spingono ad annuire con entusiasmo. Asciugo i miei occhi con la manica della camicetta sgualcita e insieme ci incamminiamo verso l’uscita dell’acquario.

 

***

 

Una volta all’esterno Satsuki e Mayumi mi corrono in contro abbracciandomi simultaneamente. L’impatto con le due ragazze quasi mi fa perdere l’equilibrio, ma rimango in piedi.
    «Non puoi immaginare quanto eravamo preoccupate», piagnucola Mayumi, strofinando il viso sulla mia spalla destra.
    «Infatti. Stavamo per tornare dentro a cercarti», continua Satsuki, affondando il volto nella mia spalla sinistra. «Non avrei dovuto fidarmi di quello stupido Dai-chan».
    «Solo perché mi sono perso per un momento, non vuol dire che sia stupido», ribatte Aomine, incespicando nelle proprie parole per l’imbarazzo. Le sue gote di cioccolato sembrano più colorite del solito. So che si è dato davvero tanto da fare per rintracciarmi e sono sicura che non sia stato affatto semplice orientarsi fra le numerose sale dell’acquario.
    «Guarda, guarda. Sbaglio o quello che vedo è un sorriso innamorato? A quanto pare il nostro piano ha avuto successo».
   «Di cosa stai parlando?», la mia attenzione viene immediatamente rapita dalla criptica allusione di Mayumi. Il suo sguardo è ora illuminato da una radiante espressione di soddisfazione. E lo stesso vale per Satsuki.
    «Aspetta, hai detto piano?», ripeto, colta da una improvvisa intuizione. «Sapevo che stavate tramando qualcosa. Per tutto il giorno non avete fatto che evitarmi e lasciarmi in disparte. Che cosa avevate in mente?».
    Satsuki scioglie l’abbraccio e si allontana leggermente per studiare la mia figura dalla testa ai piedi.
   «Prima di rispondere alla tua domanda, perché non ci dici cosa ti è successo? Hai un aspetto, come dire, un po’ diverso da questa mattina. È come se fossi appena uscita da una tempesta di sabbia o da un tornado».
   Giusto. Non ho ancora avuto modo di sistemarmi e non mi sorprende che le due ragazze di fronte a me siano in cerca di una spiegazione che possa soddisfare la loro curiosità. Ma ora non mi va di raccontare delle mie disavventure, poiché non voglio rischiare di distrarmi e deviare dal punto davvero importante di questa conversazione.
    «E’ una storia troppo lunga. Magari un’altra volta», rispondo in modo sbrigativo, estinguendo sul nascere le entusiastiche aspettative di Satsuki. «Tornando alla mia domanda, cosa sarebbe questo piano di cui stavate parlando?».
    Mayumi solleva le spalle emettendo un lungo sospiro rammaricato, prima di iniziare a parlare.
    «Non stavamo cercando di evitarti, volevamo solo Darti una mano».
    «Darmi un mano?», le faccio eco, sfoggiando un’espressione confusa.
    «Non c’è bisogno che lo nascondi. Ormai lo abbiamo capito che ti piace Aomine», un nuovo sospiro abbandona le labbra della ragazza.
    «Che cosa?», il sangue risale rapidamente fino alle mie guance, riscaldandole eccessivamente e colorandole di rosso. «E cosa te lo avrebbe fatto credere?».
    «L’altro giorno, durante gli allenamenti, non gli hai staccato gli occhi di dosso».
    Facendo appello a tutta la mia razionalità, mi prendo qualche secondo per ricostruire nella mia memoria l’evento in questione. In effetti l’osservazione di Mayumi non è del tutto errata. Non posso negare che quel giorno le mie attenzione fossero tutte per il giovane talento della squadra di basket. Tuttavia sono più che sicura che la mia compagna di classe abbia frainteso la vera natura dei miei sentimenti.
    «Ammetto che Aomine abbia catturato il mio interesse», pronuncio tentando di nascondere l’imbarazzo, «ma ti assicuro che non è come pensi».
    «Vuoi dire che non ti sei presa una bella cotta per Dai-chan?», interviene Satsuki, visibilmente traumatizzata dalla mia insospettabile confessione.
    Annuisco, mentre in un angolino del mio cuore non posso fare a meno di dispiacermi per averla delusa.
   «La verità è che lui assomiglia terribilmente a Tatsuo. Più lo osservavo, più avevo l’impressione di vedere mio fratello», puntualizzo infine abbassando lo sguardo colmo di vergogna.
    «Tuo fratello? Quello stupido Dai-chan assomiglia davvero a tuo fratello?», lo stupore provocato dalle mie parole sembra aver profondamente scosso Satsuki.
    Mayumi, al contrario, dopo una breve pausa riflessiva, annuisce ripetutamente mostrando la sua approvazione.
    «Se la metti così, non hai tutti i torti. A pensarci bene, il loro carattere è piuttosto simile»
    «Tu hai già incontrato suo fratello?», si informa Satsuki, incapace di trattenere la propria curiosità.
    «Una volta è venuto a scuola per riportare Eiko a casa. Se ricordo bene è successo l’anno scorso, dopo che sei svenuta durante la lezione di educazione fisica».
    Lo spiacevole ricordo provoca un nuovo moto di vergogna che si manifesta attraverso il rossore sulle mie gote. Il giorno dopo, il mio nome era sulla bocca di ogni studente e di ogni professore della scuola. Tuttavia, avendo perso i sensi, non so cosa sia successo all’arrivo di Tatsuo, ma stando al racconto di Mayumi, mio fratello è riuscito a convincere la professoressa ad esonerarmi dalle lezioni per il resto dell’anno con un semplice sorriso. Personalmente dubito che le cose siano andate esattamente in questo modo, ma credo però che il bell’aspetto di mio fratello e soprattutto la sua carismatica personalità abbiano giocato sicuramente un ruolo importante nel raggiungimento dello scopo. Ad ogni modo, grazie a lui, ho potuto evitare nuove occasioni per esporre il lato più imbarazzante di me. Benché mi diverta guardare competizioni sportive in televisione, non ho alcun futuro come atleta.
   «Appena l’ho visto», continua Mayumi, «mi ha dato l’impressione di essere un ragazzo pieno di entusiasmo e di energia. Deve essere divertente avere un fratello come lui. Un po’ ti invidio».
    «A sentirti parlare, sembra un ragazzo straordinario. Vorrei tanto incontralo anch’io», commenta Satsuki, implorandomi silenziosamente con i suoi grandi occhi lucenti.
   Magari potrei invitarla un giorno da me e presentarle Tatsuo. Anzi, potrei invitare tutti loro. Sarebbe la prima volta che porto a casa degli amici. Sono sicura che mamma e papà ne sarebbero contenti.
   «A questo punto ti dobbiamo delle scuse, Eiko», il tono serioso di Mayumi mi richiama al di fuori dei miei pensieri. «Il vero motivo per cui io e Satsuki abbiamo finto di evitarti era perché volevamo farti passare del tempo da sola con Aomine, ma è chiaro che abbiamo completamente frainteso la situazione. Perdonaci».
   «Sono solo felice di sapere che non eravate arrabbiate con me. Pensavo che non voleste più essere mie amiche».
   «Che cosa dici?», Satsuki afferra le mie mani portandole al suo petto. «Noi saremo sempre tue amiche, ma questa volta abbiamo un po’ esagerato. Spero solo che quello stupido Dai-chan non abbia fatto niente di strano».
   Strano? Direi piuttosto che abbia fatto qualcosa di eccezionale, ma credo sia meglio tenere per me i dettagli di questa incredibile giornata. Ad ogni modo, sono ugualmente grata ad entrambe le ragazze. Anche se le cose non sono andate esattamente come avevano programmato, ora so di essermi avvicinata un po’ di più ad Aomine e spero che tra di noi possa sbocciare presto una splendida amicizia. Conserverò gelosamente il ricordo di questo giorno e i preziosi insegnamenti di cui mi ha fatto dono.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: LadyLicionda