Le
mie gambe stanche faticano a tenere il passo e più di una
volta mettono alla
prova il mio senso dell’equilibrio. I miei piedi a stento si
sollevano da
terra, costringendo la punta delle scarpe a raschiare contro il
pavimento.
Vorrei implorare Aomine di rallentare, ma sono troppo esausta per
emettere
suono. I miei abiti trasandati e i capelli in disordine non
rappresentano più
neanche una preoccupazione, così come ho rinunciato a
ritrovare il fiocco
perduto.
Le
miei pupille offuscate si posano sulla schiena del ragazzo che mi
precede. Il
cappuccio della sua felpa sobbalza ad ogni nuovo passo, che scandisce
il ritmo
sostenuto della nostra corsa. È come guardare un pendolo in
attesa di cadere
sotto l’ipnosi del suo oscillare.
Il
mio respiro è così affaticato che lo sento
vibrare nella mia testa piuttosto
che nel mio petto e dalle miei dita, imprigionate nella mano di Aomine,
è
defluita ormai l’ultima goccia di sensibilità.
Tutto il mio corpo continua ad
avanzare perché trainato dalla forza inarrestabile della
persona che mi è
davanti. Il vigore che emana dalle sue giovani membra sembra
diffondersi
attraverso la mia pelle, i miei muscoli, le mie ossa e combattere la
forza di
gravità che vorrebbe sopraffarmi, approfittando della mia
stanchezza.
Ora
che siamo nuovamente all’interno dell’acquario mi
rendo conto di quanto
rapidamente sia trascorso il tempo. Le sale d’esposizione non
sono più
affollate come al nostro arrivo: probabilmente manca poco
all’orario di
chiusura.
«Da
questa parte», pronuncia Aomine, guidandomi nella direzione
opposta all’uscita.
Mi
chiedo se Mayumi e gli altri abbiano già lasciato
l’edificio o ci stiano
cercando. Di sicuro si saranno accorti dell’assenza di Aomine
e, di
conseguenza, anche della mia.
La
nostra fuga termina in una saletta dal soffitto insolitamente basso, se
paragonato a quello delle altre sale dell’acquario.
Finalmente posso riprendere
fiato mentre le mie ginocchia collassano facendomi precipitare sul
pavimento. Allarmato
dal suono tonfo della mia caduta, il volto di Aomine ruota nella mia
direzione.
«Ohi,
tutto bene?», il suo respiro è regolare, quasi non
avesse accusato lo sforzo
della disperata corsa.
Rispondo
con un cenno della testa poiché la mia bocca è
troppo impegnata a risucchiare
tutto l’ossigeno possibile per rianimare i miei polmoni. Del
resto non sono mai
stata un tipo atletico.
Sollevo
lo sguardo per guardarmi intorno. Non ci sono pareti, né
soffitto a delimitare
l’ambiente, ma solo un’immensa volta di vetro da
cui filtra un’intensa luce
cobalto che irradia tutta la stanza e, immerse in quella luce, decine
di meduse
fluttuano sulle nostre teste. I loro movimenti aggraziati e sinuosi
incantano i
miei occhi. È come ammirare la danza di mille spose vergini
che invocano la
benedizione degli dei.
Il
battito concitato del mio cuore rallenta gradualmente, stabilizzando il
mio
respiro, ma le mie gambe, paralizzate dalla fatica, non sono ancora in
grado di
sostenere il peso del mio corpo. Rimango quindi seduta sul freddo
pavimento,
contemplando con invidia la leggerezza evocativa delle diafane creature
che mi
circondano, ma prima ancora che possa rendermene conto, il sentimento
di
gelosia evolve in una serena ammirazione.
«Finalmente
un sorriso».
I
miei occhi scivolano di lato per incontrare quelli di Aomine. La
soffusa luce
marina che si riflette nel profondo blu delle sue iridi illumina il suo
sguardo
di un confortevole bagliore. E’ così facile
interpretare le emozioni che
traspaiono dal suo volto gioioso, dal largo sorriso sulle sue labbra.
Questo
ragazzo non sa come nascondere i propri sentimenti, o semplicemente ha
scelto
di non farlo.
«Quando
sei scoppiata a piangere in mezzo alla piazza, mi sono spaventato. Non
sapevo
cosa fare. Continuavi a singhiozzare e poi tutta quella gente ha
iniziato a
fare commenti…», l’agitazione nella sua
voce è la prova della sua sincera
preoccupazione.
Sono
stata davvero ingiusta con lui. Avrei potuto rincuorarlo, o almeno
proteggere
la sua immagine respingendo le accuse di tutti quei turisti pettegoli e
curiosi. Avrei potuto mentire per discolparlo. Ma ho preferito tacere,
perché
se avessi scelto di parlare, sarei stata obbligata a rivelare la
verità, a
mettere a nudo il mio cuore confuso. Ho preferito proteggere me stessa
da
un’imbarazzante confessione, piuttosto che Aomine da una
ingiusta condanna.
Sapevo che era a disagio, sapevo che era impreparato, sapevo che non
meritava
di essere giudicato così crudelmente. Sapevo tutto questo
perché è stato lui a
mostrarmelo. Perché Aomine è incapace di mentire.
Perché il cuore di Aomine non
conosce ipocrisia. Perché per Aomine la sincerità
non è una vergogna. Sapevo
tutto questo, eppure, sono rimasta in silenzio.
«Se
ho fatto qualcosa di sbagliato ti chiedo scusa. Non sono bravo a capire
le
ragazze, perciò se ho ti ho offesa in qualche modo ti chiedo
di perdonarmi. Se
hai qualcosa da rimproverarmi, ti ascolto».
Sono
davvero una persona orribile. Ed è solo colpa di questo
ragazzo che si ostina
ad affrontare gli altri in modo diretto. Di questo ragazzo a cui non
piacciono
le complicazioni che derivano dai banali fraintendimenti di tutti i
giorni, per
cui la sincerità ha più valore di qualsiasi altra
cosa. È tutta colpa di questo
ragazzo che non esita a mostrare i veri colori del suo animo, che
guarda con
scherno alle persona comuni, che per sopravvivere sono costrette ad
indossare
maschere, a mentire o a tacere. Persino in questo momento, in cui il
mio cuore
si dibatte nella confusione generata dalla sua vicinanza, sono sicura
che stia
ridendo della mia debolezza, che stia guardando con indignazione alla
mia
ipocrisia.
Ti
dispiace? Vuoi il mio perdono? Chi diavolo pensi di essere per
implorare il mio
perdono quando non hai fatto nulla di sbagliato? Se soltanto anche tu
fossi
come tutti gli altri, potrei urlarti contro, arrabbiarmi con te,
rinfacciarti
quella stessa falsità, quell’egoismo che mi hanno
resa una persona detestabile.
Potrei vomitarti addosso tutto il mio disgusto e liberarmi di questo
sentimento
insopportabile che lacera il mio animo, che stritola il mio cuore
incasinato.
Questa nauseante sincerità che trabocca da ogni tua parola,
da ogni tuo gesto è
come l’artiglio di una bestia affamata che dilania la carne
viva del mio intero
essere, riducendola a una infinità di brandelli sconnessi e
sanguinanti. Perché
devo sopportare tutto questo? Per colpa tua non mi riconosco
più. Odio le
persone come te. Le persone che non hanno paura. Le persone genuine,
piene di
energia, piene di luce. Odio il bagliore dei tuoi occhi limpidi e
schietti.
Odio la vitalità del tuo sorriso. Detesto la passione che
brucia nel tuo
sguardo quando giochi a basket. Il carisma con il quale attiri su di te
tutte
le attenzioni mi fa schifo. Le persone come te dovrebbero sparire dalla
faccia
della terra. Le persone luminose come te sono banali e noiose. Sono
solo una
seccatura. Non c’è nulla di affascinante in un
corpo che splende di vita. Il
vero fascino di un essere umano risiede nella sua oscurità,
nelle sue
perversioni, nei suoi desideri degradati, nelle sue passioni insane.
«Eiko,
che cos’hai? A cosa stai pensando?».
Oh
no, a cosa stavo pensando? Cos’è questo sogghigno
sulle mie labbra? E perché invece
Aomine ha smesso di sorridere? Che cos’e
quell’espressione preoccupata?
Preoccupata? No, sembra più…terrorizzata.
E’ come se avesse paura di me. Ma
perché? Mi sento strana. Avverto come un buco nella mia
memoria. Che cosa mi
sta succedendo? È esattamente come prima, nella piazza.
All’improvviso il mio
cuore è di nuovo colmo di sentimenti angoscianti. Ho la
nausea. Le mie orecchie
fischiano come treni. Aomine mi sta parlando ma non riesco a sentire le
sue
parole. Probabilmente pensa che abbia perso conoscenza
perché ha iniziato a
scuotere le mie spalle con vigore. Non percepisco il suono della sua
voce ma
riconosco i movimenti della sua bocca che continua ad articolare il mio
nome.
L’espressione sul suo viso è di nuovo cambiata. I
suoi occhi allarmati sono
così vicini ai miei che posso vedere la mia immagine
riflessa nelle sue
pupille. Devo dire qualcosa. Devo fargli sapere che sono cosciente. Non
voglio
commettere lo stesso errore. Ma soprattutto non voglio che si preoccupi
per me.
Non lo merito. Mi sento malissimo. Il mio cranio è come un
groviglio di fili ad
alta tensione e ogni scarica è così forte da
poter bucare il mio teschio. Vorrei
parlare, comunicare, ma non appena formulo le parole nella mia testa il
dolore
si intensifica, paralizzando il sistema nervoso.
«Perché
non reagisci? Eiko!».
Devo
calmare Aomine. Devo farlo a qualunque costo. Ho approfittato di questo
ragazzo
troppo a lungo. Sono stata troppo ingiusta con lui. Sarebbe troppo
crudele
costringerlo a darsi altro pensiero per me. Per una persona debole e
insicura
come me. Che preferisce sacrificare chi è corso in suo aiuto
pur di proteggere
i segreti del suo cuore confuso. La generosità di Aomine
merita che io impieghi
fino all’ultimo granello di energia per rassicurarlo.
Nonostante il mio
egoismo, non mi ha lasciata indietro. Nonostante abbia approfittato del
suo
imbarazzo per negare il mio disagio, nonostante sia rimasta a guardare
in
silenzio mentre veniva ingiustamente condannato, ha scelto di scappare
insieme
a me, quando avrebbe potuto abbandonarmi e fuggire da solo. Il dolore
che sto
provando in questo momento non è altro che
l’adeguata ricompensa alla mia
disonestà.
I
miei occhi sono umidi e la vista sbiadita. Sento le orbite gonfie
d’acqua: per
tutto questo tempo le mie palpebre spalancate non si sono chiuse
neanche una
volta. Lacrime dense spingono per emergere in superficie e fuoriuscire
dalla
mia pelle. Le lascerò scorrere. Saranno la mia reazione, la
mia riposta alla
voce, ai sentimenti di Aomine, così saprà che
sono ancora qui con lui e si
tranquillizzerà.
«Eiko?
Riesci a sentirmi?».
Non
capisco come sia possibile, ma adesso il suono della voce di Aomine
riesce di
nuovo a raggiungere le mie orecchie. La nebbia opprimente che offuscava
i miei
pensieri si sta diradando e il garbuglio di cavi elettrici che
perforavano il
mio cranio con le loro scariche ad altissimo voltaggio si sta
districando. Non
sento più dolore. I miei polmoni sono leggeri e gonfi di
aria pura. I miei
muscoli sono riposati e attivi. Sento la tensione colare dai miei nervi
come la
cera di una candela e liberarli dalla paralisi. Posso di nuovo
muovermi. Posso
di nuovo sentire il mio corpo. Ogni cellula pulsa di
vitalità, come appena
nata. Una nuova linfa scorre nelle mie vene ed infiamma i miei organi
con la
stessa potenza combustiva di un carburante. Penetra nei miei tessuti
lacerati ricucendo
insieme i brandelli, purificando il sangue delle mie ferite,
fortificando le
mie ossa, diffondendo calore in tutte le mie membra.
I
miei occhi sono limpidi e la mia vista nitida. Le lacrime che ho
lasciato
sgorgare, per qualche motivo non hanno raggiunto le mie guance, come un
fiume
generatosi sulle vette ghiacciate, il cui cammino viene deviato prima
che possa
giungere a valle. La mia pelle è asciutta e calda. Il tepore
che percepisco sul
mio viso non proviene dal mio corpo, tuttavia è familiare.
Ah
si, ora ricordo. Questo è il calore di Aomine. Il calore
delle sue dita che
raccolgono il mio silenzioso pianto, della sua mano esitante che
sostiene la
mia guancia, del suo tocco gentile e impacciato che ha risvegliato i
miei
sensi, della sua voce che continua a raggiungere la mia coscienza.
«Si,
ti sento», finalmente le mie labbra si dischiudono. La mia
gola è arida e il
suono prodotto dalle mie parole è sgradevole. Ma non ha
importanza, perché
adesso posso di nuovo comunicare e rassicurare il ragazzo che mi
è di fronte.
«Mi
hai fatto prendere un colpo».
Il
volto di Aomine si allontana lentamente dal mio. Il suo corpo esausto
ricade
all’indietro mentre dalla sua bocca esala un profondo sospiro
carico di tensione.
Le sue gambe sono abbandonate sul pavimento, prosciugate di tutta la
loro
forza, le braccia a penzoloni in mezzo alle ginocchia divaricate. Le
spalle
basse disegnano un arco appena accennato sulla schiena ricurva. La
testa
ciondolante in avanti, come priva di vita, e il mento a pochi
millimetri dal
petto.
Fino
a pochi attimi fa questo ragazzo scuoteva il mio busto come si scuote
il tronco
di un albero per far cadere dai suoi rami i frutti maturi. Il vigore
della sua
stretta palpita ancora sulle mie braccia così come le sue
grida disperate
tuonano nella mia testa. Ora invece non vi è traccia di
quella tempra
incontenibile che mi ha trascinata fino a qui, sfidando la stanchezza e
la
gravità che tentavano il mio corpo fiacco. La persona seduta
di fronte a me è
come un burattino a cui sono stati tagliati i fili, come un fiore
appassito a
cui sono stati strappati i petali. E non posso fare a meno di sentirmi
responsabile. Sono stata io a risucchiare dal suo corpo tutta la linfa
vitale
che scorreva nelle sue vene. Ho assorbito la sua luce per riportare in
vita le
mie cellule affaticate, per dissipare la nebbia dei miei pensieri
oscuri, per
riaccendere il respiro nei miei polmoni. Come un vampiro assetato mi
sono
nutrita della sua vitalità spingendo il suo corpo allo
sfinimento.
Ma
ho dovuto farlo. Non avevo scelta. Ho avuto paura. Mentre la mia
coscienza
sbiadiva, regredendo in un angolo irraggiungibile della mia mente, una
presenza
sconosciuta, guidata da pensieri distorti, emergeva dalle tenebre
più profonde
del mio subconscio, dominando la mia volontà con la solo
forza del suo
desiderio. Probabilmente è questo che succede agli esseri
umani quando il loro
corpo viene posseduto da uno spirito maligno in cerca di vendetta. Ho
sempre
creduto nell’esistenza del male. E mi è stato
insegnato che il male è
un’essenza inscindibile della natura umana, qualcosa che ci
appartiene fin
dalla nascita, che non possiamo sradicare ma solo dominare. E per
sottomettere
il male che è dentro di noi occorre una volontà
capace di resistere al fascino tentatore
della passione, dell’invidia, della violenza.
Ma
una ragazza come me, che ha vissuto la sua vita tenendo la bilancia
delle
proprie ambizioni sempre in equilibrio, senza mai prendere decisioni
che
costringessero l’ago a pendere da una parte piuttosto che
dall’altra, non ha
ragione di affannarsi a respingere il male che tenta di avanzare,
perché quel
male non dovrebbe neanche avere la forza necessaria per imporre il suo
dominio.
L’accidia, l’indolenza, l’ignavia non
sono certo un terreno fertile su cui far
crescere brame e aspirazioni che possano accendere il fuoco della
battaglia tra
il bene e il male che albergano nel cuore umano. Chi si rifiuta di
prendere
posizioni non ha diritto a compiere scelte. Chi non desidera evolvere
non ha
motivo di sentirsi confuso o combattuto perché non ha
propositi che possano generare
contraddizioni, contrasti, fermenti nell’animo. In un cuore
ozioso non può
germogliare il bocciolo del dissidio interiore. In un cuore come il
mio, il
bene e il male non hanno motivo di affrontarsi. Di conseguenza, la
presenza che
ho avvertito poco fa non era altro che il frutto illusorio della mia
mente
provata dalla fatica. Ora che ci penso, non è affatto
diverso da quello che mi
succede quando guardo un film horror. Anche l’ultima volta la
suggestione
provocata dalla mia paura mi ha tenuta sveglia fino
all’arrivo di Naoko. Come
oggi anche quella sera continuavo a sentire voci nella mia testa, a
percepire
presenze nella mia stanza. Sentivo i loro insani desideri dilagare
nella mia
mente e inibire la mia volontà. Quella notte è
giunta mia sorella Naoko a
liberarmi dal sortilegio, a richiamare la mia coscienza plagiata nel
mondo
reale, proprio come poco fa il tocco di Aomine ha infranto
l’ipnosi che mi
teneva prigioniera nella torre delle mie paure. L’animo umano
è fragile e quando
è spaventato si arrende facilmente al delirio, ai
vaneggiamenti, agli inganni
dell’immaginazione.
Forse
non sarò mai in grado di ripagare il debito che ho
accumulato in questo giorno,
ma voglio che il mio salvatore sappia che gli sono riconoscente. Per
non
essersi dimenticato di me. Per avermi parlato. Per avermi protetta con
la sua
luce. Per aver vegliato sul mio cuore turbato e diviso. Non sono ancora
sicura
di poter spiegare con esattezza quanto mi è accaduto,
così come non riesco
ancora a comprendere la natura dei miei sentimenti. Non posso negare
che la spontaneità,
l’ingenua sincerità, la gioiosa passione di Aomine
esercitino una misteriosa
attrazione sul mio inconscio. Questo ragazzo ha il potere di scuotere
il mio
animo, di turbare i miei pensieri, di agitare il sangue che scorre
nelle mie
vene. Ma è anche capace di ristabilire la quiete dopo aver
aizzato i venti
della tempesta, di restituirmi la ragione dopo averla sconvolta, di
asciugare
le lacrime dopo aver provocato il mio pianto.
Ma
forse si tratta solo di una curiosa coincidenza. Di semplici
supposizioni,
opinioni infondate dettate da un’eccesiva e momentanea
emotività. La frustrante
confusione che ha stravolto la mia mente e il mio cuore potrebbe
infatti non
avere alcuna connessione con questo ragazzo. Piuttosto potrebbe essere
il
risultato di un mio affaticamento fisico e mentale, di quel fervore
paranoico
che sprona la mia immaginazione nei momenti di insicurezza e paura. La
distanza
che Mayumi e Satsuki hanno mantenuto da me per tutto il giorno, i loro
sguardi
complici e il loro comportamento evasivo sono stati sicuramente la
causa che ha
istigato la depressione nel mio cuore. Il timore di essere lasciata
indietro ha
generato in me un’angoscia che non ho saputo sanare e che
è maturata fino a
diventare totale sfiducia. Del resto una persona priva di spirito di
iniziativa
come me non avverte la necessità di affrontare gli altri a
viso aperto solo per
chiedere spiegazioni o chiarire equivoci. Preferisce seguire il flusso
del
fiume invece di affannarsi a risalire la corrente. E non importa che
abbia
promesso di essere coraggiosa o che abbia dichiarato di voler cambiare,
perché
le vecchie abitudini sono dure a morire. Ciò che pronunciano
le labbra non sono
che semi sterili senza il supporto del cuore. Ma per quanto sia ancora
lontana
dal mio obiettivo, non posso sottrarmi all’obbligo di
ripagare la generosità di
chi è venuto in mio soccorso.
Mi
sollevo sulle gambe cercando di sistemare come meglio posso i miei
abiti
sgualciti e i capelli in disordine. So di non essere presentabile in
questo
momento e sono sicura che il mascara, che Naoko ha steso questa mattina
con
cura sulle mie ciglia, sia ormai diventato un’ombra nera e
sbiadita attorno ai
miei occhi arrossati.
Accompagnando
il gesto con il mio rammaricato silenzio, porgo la mano ad Aomine. Con
un
movimento rallentato la sua fronte risale fino a incontrare il mio
sguardo. I
suoi occhi assorti indugiano sul mio volto per esaminare la mia
condizione. Di
tanto in tanto si stringono per mettere a fuoco la mia immagine sotto
la
penombra della soffusa luce blu che avvolge entrambi. Ma una volta
catturato il
lieve cenno col quale decido di rispondere alla silenziosa richiesta di
conforto, si addolciscono in una tenera espressione di sollievo mentre
la sua
mano protende verso la mia desiderosa di afferrare le mie dita.
«Sarà
meglio uscire da qui e trovare gli altri», pronuncia una
volta in piedi,
mantenendo le sue attenzioni su di me. Immagino non sia ancora del
tutto
convinto che mi sia completamente ripresa.
Annuisco
incamminandomi dietro di lui. Il suo passo è lento e
rilassato. Nonostante
abbia proposto di raggiungere il punto di ritrovo in cui Mayumi, Kise,
Satsuki
e Kuroko ci stanno sicuramente aspettando, ho come
l’impressione che stia
cercando di prendere tempo, quasi voglia ritardare l’incontro
con il resto del
gruppo. Il suo incedere sembra titubante e il fatto che non stia
provando a
interagire con me in alcun modo mi induce a pensare che qualcosa lo
stia
turbando. Ancora una volta i miei occhi si posano sulla sua schiena.
E’
leggermente curvata in avanti per assecondare l’inclinazione
della testa verso
il basso. Anche se non posso vederlo, sono abbastanza sicura che in
questo
momento il suo sguardo rannuvolato sia distrattamente puntato sui suoi
piedi.
Non ho idea di quali pensieri stiano affollando la mente di Aomine, ma
non
posso fare a meno di sospettare che stia ripensando
all’eccentrica condotta di
cui ho dato sfoggio pochi attimi fa. Non potrei biasimarlo se, al
termine della
sua riflessione, il suo atteggiamento nei miei confronti mutasse
radicalmente. Qualunque
sia stata la causa, il mio comportamento resta imperdonabile, ma
soprattutto la
fragilità emotiva che ho mostrato di possedere non
può diventare motivo di
disagio per chi mi è vicino. Piuttosto che imprigionare
Aomine nella rete della
mia confusione e della mia debolezza, sono pronta ad accettare il suo
allontanamento. Certo non posso negare che mi sarebbe piaciuto avere
come amico
un ragazzo solare e gioioso come lui. Qualcuno capace di infondere
entusiasmo
con un semplice sorriso, di trasmettere energia e vitalità
con un gesto.
La
mia natura introversa mi ha sempre portata a mantenere le distanze
dalle
persone troppo vivaci, poiché temevo che il loro fervore
avrebbe potuto
influenzarmi e trascinarmi sulla strada della determinazione e
dell’ambizione.
E non volevo incamminarmi su un sentiero del quale sapevo non avrei
visto la
fine. Conosco i miei limiti e non è mia abitudine mettere
mano a un progetto se
non sono sicura di realizzarlo. Di conseguenza mi sono sempre tenuta in
disparte e ho evitato le amicizie troppo esuberanti. Neanche dopo aver
conosciuto Mayumi e Kise ho cambiato idea, sebbene abbia promesso di
non
fuggire dalle nuove opportunità. Ma accettare di allargare
le proprie
conoscenze non vuol dire necessariamente modificare anche il proprio
punto di
vista e trasformarsi improvvisamente in una persona diversa. In queste
settimane il mio affetto per i miei due compagni di classe si
è sicuramente
rafforzato, così come il legame con Satsuki. Tuttavia non
posso negare ciò che
sono. Io sono Eiko. Sono una ragazza timida, impacciata e insicura. Non
ho
carisma e non ho talenti e, finché sarò
consapevole di questa verità e non
tenterò di nasconderla, né di alterarla, non
avrò motivo di impegnarmi per
piacere alla gente.
Allora
perché mi sento così triste da quando ci siamo
rimessi in marcia? È perché
Aomine sembra essersi dimenticato che io sono proprio qui, dietro di
lui? O perché
sembra non avere alcuna intenzione di rivolgermi la parola? Oppure
perché ho
paura dell’impressione che avrò lasciato di me al
termine di questa lunghissima
giornata? Ma perché dovrebbe preoccuparmi cosa
penserà Aomine? Questo ragazzo è
solo un altro studente delle medie Teikou, proprio come Kise e Kuroko,
o come
Mayumi e Satsuki. E’ vero, saremmo potuti diventare amici, ma
non sarà la fine
del mondo se da domani torneremo ad essere due estranei l’uno
per l’altra. Però
potrei parlare con Satsuki e chiederle di mettere una buona parola da
parte
mia, per convincere Aomine a darmi una possibilità. Una
possibilità? E per che
cosa? Non sto mica cercando di diventare la sua ragazza.
No,
non la sua ragazza. Semplicemente sua amica. Ho desiderato diventare
amica di
Aomine dal primo momento in cui l’ho visto. Guardandolo
sorridere mentre si
allenava con i suoi compagni di squadra ho pensato: «Questo
ragazzo mi ricorda
Tatsuo». Proprio come mio fratello, anche Aomine possiede
quella vitalità
capace di contagiare chiunque gli sia vicino. Nei suoi occhi ho visto
la stessa
luce, la stessa determinazione, lo stesso entusiasmo che bruciano
costantemente
nello sguardo di mio fratello. Persino la stretta della sua mano aveva
lo
stesso calore confortevole.
Quando
ero piccola mi piaceva camminare dietro Tatsuo perché
l’immagine della sua
schiena ampia e solida mi trasmetteva sicurezza. Sapevo che se fossi
rimasta
dietro di lui, il suo corpo mi avrebbe protetta e avrebbe abbattuto gli
ostacoli sul mio sentiero e se mi fossi stancata, avrei potuto
arrampicarmi
sulle sue spalle per accoccolarmi con le braccia intorno al suo collo.
In
questo momento la schiena di Aomine sembra affidabile e sicura come
quella di
Tatsuo. Ma è proprio perché la sua figura
è così simile a quella di mio
fratello che non posso sopportare di essere la causa del suo
turbamento.
Purtroppo non ho una risposta che possa sciogliere le sue
perplessità o
convincerlo a fidarsi di me. Tutto quello che posso fare è
essere sincera
riguardo i miei sentimenti perché, dopotutto, non voglio
tornare ad essere
un’estranea. Aomine è la prima persona, al di
fuori della mia famiglia, che mi
abbia indotta a credere che potrebbe accettare la mia
mediocrità senza imporre
compromessi. La sua presenza è confortevole e sono sicura
che la differenza tra
le nostre abilità non rappresenterebbe un ostacolo alla
nostra amicizia. Se
questa è un’altra opportunità che mi
è stata offerta, non posso assolutamente
sprecarla. Aomine è un ragazzo schietto e semplice. Se
sarò onesta con lui,
sono certa che mi sorriderà di nuovo. Se soltanto avessi la
parlantina di
Haruka. Lei sa sempre cosa dire e non avrebbe problemi in una
situazione come
questa.
No,
non devo pensare come Haruka. Io sono diversa da lei. Sono taciturna e
timida,
quindi il mio discorso deve essere breve e conciso se non voglio
rischiare di
ingarbugliarmi. Poche parole, non mi servono i monologhi complicati. Ma
che
cosa voglio dire ad Aomine? Cos’è che voglio
fargli sapere? Credevo di avere
tante cose di cui parlare con lui, tanti equivoci da chiarire, tante
spiegazioni da organizzare, tanti comportamenti da giustificare. Eppure
in
questo preciso momento sono solo due le parole che continua a
bisbigliare la
mia testa. Dieci singole lettere che però sembrano pesare
come mille. Ma se
riuscissi a pronunciarle, potrei comunicare ad Aomine tutti i miei
sentimenti
in un’unica frase. Devo farlo adesso che siamo ancora soli,
che ho ancora la possibilità
di attirare la sua attenzione, in questo silenzio che
permetterà alla mia voce
di raggiungere la persona che ho di fronte. Sono solo due parole, ma
varranno
più di tutte quelle conversazione che avremmo potuto avere
in questa giornata.
«Mi
dispiace».
Mi
dispiace, Aomine. Per quanto ingiusta sono stata con te. Per avere
approfittato
della tua generosità. Per averti fatto preoccupare. Per
averti spaventato. Per
averti mentito. Per averti mostrato solo la mia debolezza. Per averti
esposto
all’imbarazzo. Per averti accusato nel segreto del mio cuore.
Per essere così egoista
da voler diventare tua amica. Per essere così avida da voler
rimanere sotto il
bagliore della tua luce. Per aver rubato il sorriso dalle tue labbra.
Per
essere così presuntuosa da voler camminare al tuo fianco.
Per essere così
arrogante da volerti consolare. Per esserti così grata e
incapace di ripagare
il mio debito. Ma soprattutto, mi dispiace di non essere ancora in
grado di
dirti tutto questo con la mia voce.
«Mi
dispiace davvero», per ora è tutto quello che sono
in grado di confessare.
Il
passo rallentato di Aomine infine si arresta. I miei occhi scivolano
sulla sua
mano destra: le dita serrate in un pugno di frustrazione. Nella calma
che
domina intorno a noi percepisco lo schiocco della sua lingua tradire la
sua
irritazione. Se ha intenzione di urlarmi contro, preferisco che lo
faccia qui e
adesso, lontano dagli sguardi di Mayumi e Satsuki. Sono consapevole di
meritare
il suo risentimento, perciò non mi nasconderò
dietro futili scuse.
Il
battito ansioso del mio cuore rulla nel mio petto, mentre aspetto che
Aomine
riversi su di me tutta la sua rabbia. La tensione fra di noi
appesantisce ogni
secondo dell’attesa ma non ho intenzione di accelerare la mia
condanna.
Un
fragoroso sospiro interrompe la muta quiete. I muscoli della mano di
Aomine si
rilassano, facendo dischiudere il pugno. La lieve curva sulla sua
schiena è
sparita e la sua testa è di nuovo alta.
«Perché
ti stai scusando?», sono le prime parole che spezzano il suo
lungo silenzio.
«Sono io a dovermi scusare».
Il
suo torace ruota quindi verso di me, mostrandomi
l’espressione sul suo viso. Le
sopracciglia aggrottate sono la prova più evidente della sua
rabbia, tuttavia
la sua profonda collera non sembra puntare nella mia direzione. I suoi
bellissimi occhi di zaffiro evitano accuratamente i miei per non
svelarmi la
vergogna dei suoi sentimenti, di quel senso di colpa che credevo essere
solo
mio. Tutto questo è sbagliato. Aomine non ha nulla da
rimproverarsi. Non
capisco perché si senta in errore, ma è una mia
responsabilità ovviare al malinteso
e chiarire quale parte sia nel torto e quale nella ragione.
«Non
hai motivo di chiedere il mio perdono, perché non hai fatto
nulla di
sbagliato», il tono della mia voce è deciso ma non
adirato.
Benché
il mio cuore stia galoppando come un cavallo selvatico, la mia mente
è salda e
controlla il mio corpo. Non posso lasciare trasparire la mia agitazione
se
voglio rassicurare Aomine. Al contrario, i moti interiori del giovane
atleta
esplodono all’esterno con la stessa veemenza di
un’eruzione vulcanica,
palesando senza alcun freno le emozioni del ragazzo.
«Non
è affatto vero», la sua voce esasperata rimbomba
nella sala deserta. «Quando ci
siamo accorti che eri sparita, Satsuki mi ha mandato a cercarti. Dovevo
riportarti indietro e assicurarmi che stessi bene. Quando ti ho trovata
eri
così spaventata che sei scoppiata a piangere. Probabilmente,
dopo essere
rimasta da sola per tanto tempo, avrai pensato che ci fossimo
dimenticati di
te. Ma è solo colpa mia. La verità è
che mentre ti cercavo mi sono perso, per
questo ci ho messo così tanto prima di trovarti. Ma ti
assicuro che nessuno di
noi aveva intenzione di lasciarti indietro».
Forse
è perché mi sono sentita sola per tutto questo
tempo, o forse è perché volevo
solo avere la conferma che Aomine non fosse arrabbiato con me e mi
disprezzasse, ma sento nuove, calde lacrime di serenità
sgorgare dai miei
occhi. Anche il mio cuore è più tranquillo e il
battito sta gradualmente
rallentando. È una sensazione così piacevole e
leggera.
Mi
ero finalmente decisa a combattere la timidezza e
l’insicurezza per il bene di
Aomine. Volevo rassicurarlo e scusarmi con sincerità, ma di
nuovo è stato lui a
correre in mio aiuto. Evidentemente non sono ancora pronta a diventare
io
stessa un sostegno se ho così tanto bisogno di appoggiarmi
alle parole, alla
gentilezza di chi mi circonda. In fondo sarebbe presuntuoso da parte
mia
credere di poter raggiungere il traguardo tanto presto quando conosco
esattamente i miei limiti. Se sono riuscita ad arrivare fino a questo
giorno,
nonostante le mie mancanze, è perché non ho avuto
vergogna di affidarmi ai miei
fratelli e ai miei cugini. Non ho esitato ad afferrare le loro mani nel
momento
del bisogno e questo mi ha portata a credere negli anni che accettare
l’aiuto
di chi è disposto ad offrirlo con sincerità non
sia una debolezza, ma un atto
di fiducia che aiuta a crescere. E, proprio come i preziosi membri
della mia
famiglia, anche questo ragazzo ha cercato di raggiungermi, di attirare
la mia
attenzione perché mi fermassi ad ascoltarlo, di convincermi
a guardarlo negli
occhi per sapere di potermi fidare della sua onestà. Non ho
bisogno di
affrettare i tempi. Posso continuare tenendo il mio passo,
perché so che c’è
qualcuno disposto a rallentare per camminare al mio fianco. Riconoscere
di
avere bisogno degli altri non è una vergogna. Io
l’ho sempre saputo. E le
lacrime che bagnano i miei occhi in questo momento non esprimono altro
che la
serenità derivata da questa consapevolezza. La parte
dell’eroina, in fondo, non
mi si addice. Per ora resterò fedele al mio personaggio,
accettando con
gratitudine l’aiuto di Aomine.
«Grazie»,
mi auguro che quest’unica parola riesca a comunicare i miei
sentimenti nel modo
corretto.
«Va
tutto bene?».
Le
mie pupille umide si posano sul volto perplesso di Aomine mentre le mie
labbra
si distendono in un largo sorriso. Le parole di questo ragazzo mi hanno
resa
immensamente felice. Non credevo sarei mai riuscita ad incontrare
un’altra
persona con il talento straordinario di mio fratello. Sono sicura che
Tatsuo
andrebbe molto d’accordo con Aomine. Non mi dispiacerebbe
farli incontrare.
Solleticata
da quest’ultimo pensiero, gioisco nel segreto del mio cuore
mentre la mano di
Aomine si adagia improvvisamente sulla mia testa. Il mio sguardo si
solleva quindi
per incontrare un allegro riso di soddisfazione, che sembra avere
completamente
rimpiazzato l’ansia di pochi attimi fa.
«Non
so cosa sia successo, ma sono felice di vedere che hai ritrovato il
buon
umore», pronuncia Aomine, visibilmente sollevato,
scompigliando i miei capelli
già in disordine.
Il
suo tocco è così rassicurante e la sua
positività così contagiosa che mi spingono
ad annuire con entusiasmo. Asciugo i miei occhi con la manica della
camicetta
sgualcita e insieme ci incamminiamo verso l’uscita
dell’acquario.
***
Una
volta all’esterno Satsuki e Mayumi mi corrono in contro
abbracciandomi
simultaneamente. L’impatto con le due ragazze quasi mi fa
perdere l’equilibrio,
ma rimango in piedi.
«Non
puoi immaginare quanto eravamo preoccupate», piagnucola
Mayumi, strofinando il
viso sulla mia spalla destra.
«Infatti.
Stavamo per tornare dentro a cercarti», continua Satsuki,
affondando il volto
nella mia spalla sinistra. «Non avrei dovuto fidarmi di
quello stupido
Dai-chan».
«Solo
perché mi sono perso per un momento, non vuol dire che sia
stupido», ribatte
Aomine, incespicando nelle proprie parole per l’imbarazzo. Le
sue gote di
cioccolato sembrano più colorite del solito. So che si
è dato davvero tanto da
fare per rintracciarmi e sono sicura che non sia stato affatto semplice
orientarsi fra le numerose sale dell’acquario.
«Guarda,
guarda. Sbaglio o quello che vedo è un sorriso innamorato? A
quanto pare il
nostro piano ha avuto successo».
«Di
cosa stai parlando?», la mia attenzione viene immediatamente
rapita dalla
criptica allusione di Mayumi. Il suo sguardo è ora
illuminato da una radiante
espressione di soddisfazione. E lo stesso vale per Satsuki.
«Aspetta,
hai detto piano?», ripeto, colta da una improvvisa
intuizione. «Sapevo che
stavate tramando qualcosa. Per tutto il giorno non avete fatto che
evitarmi e
lasciarmi in disparte. Che cosa avevate in mente?».
Satsuki
scioglie l’abbraccio e si allontana leggermente per studiare
la mia figura
dalla testa ai piedi.
«Prima
di rispondere alla tua domanda, perché non ci dici cosa ti
è successo? Hai un
aspetto, come dire, un po’ diverso da questa mattina.
È come se fossi appena
uscita da una tempesta di sabbia o da un tornado».
Giusto.
Non ho ancora avuto modo di sistemarmi e non mi sorprende che le due
ragazze di
fronte a me siano in cerca di una spiegazione che possa soddisfare la
loro
curiosità. Ma ora non mi va di raccontare delle mie
disavventure, poiché non
voglio rischiare di distrarmi e deviare dal punto davvero importante di
questa
conversazione.
«E’
una storia troppo lunga. Magari un’altra volta»,
rispondo in modo sbrigativo,
estinguendo sul nascere le entusiastiche aspettative di Satsuki.
«Tornando alla
mia domanda, cosa sarebbe questo piano di cui stavate
parlando?».
Mayumi
solleva le spalle emettendo un lungo sospiro rammaricato, prima di
iniziare a
parlare.
«Non
stavamo cercando di evitarti, volevamo solo Darti una mano».
«Darmi
un mano?», le faccio eco, sfoggiando un’espressione
confusa.
«Non
c’è bisogno che lo nascondi. Ormai lo abbiamo
capito che ti piace Aomine», un
nuovo sospiro abbandona le labbra della ragazza.
«Che
cosa?», il sangue risale rapidamente fino alle mie guance,
riscaldandole
eccessivamente e colorandole di rosso. «E cosa te lo avrebbe
fatto credere?».
«L’altro
giorno, durante gli allenamenti, non gli hai staccato gli occhi di
dosso».
Facendo
appello a tutta la mia razionalità, mi prendo qualche
secondo per ricostruire
nella mia memoria l’evento in questione. In effetti
l’osservazione di Mayumi
non è del tutto errata. Non posso negare che quel giorno le
mie attenzione
fossero tutte per il giovane talento della squadra di basket. Tuttavia
sono più
che sicura che la mia compagna di classe abbia frainteso la vera natura
dei
miei sentimenti.
«Ammetto
che Aomine abbia catturato il mio interesse», pronuncio
tentando di nascondere
l’imbarazzo, «ma ti assicuro che non è
come pensi».
«Vuoi
dire che non ti sei presa una bella cotta per Dai-chan?»,
interviene Satsuki,
visibilmente traumatizzata dalla mia insospettabile confessione.
Annuisco,
mentre in un angolino del mio cuore non posso fare a meno di
dispiacermi per
averla delusa.
«La
verità è che lui assomiglia terribilmente a
Tatsuo. Più lo osservavo, più avevo
l’impressione di vedere mio fratello», puntualizzo
infine abbassando lo sguardo
colmo di vergogna.
«Tuo
fratello? Quello stupido Dai-chan assomiglia davvero a tuo
fratello?», lo
stupore provocato dalle mie parole sembra aver profondamente scosso
Satsuki.
Mayumi,
al contrario, dopo una breve pausa riflessiva, annuisce ripetutamente
mostrando
la sua approvazione.
«Se
la metti così, non hai tutti i torti. A pensarci bene, il
loro carattere è
piuttosto simile»
«Tu
hai già incontrato suo fratello?», si informa
Satsuki, incapace di trattenere
la propria curiosità.
«Una
volta è venuto a scuola per riportare Eiko a casa. Se
ricordo bene è successo
l’anno scorso, dopo che sei svenuta durante la lezione di
educazione fisica».
Lo
spiacevole ricordo provoca un nuovo moto di vergogna che si manifesta
attraverso il rossore sulle mie gote. Il giorno dopo, il mio nome era
sulla
bocca di ogni studente e di ogni professore della scuola. Tuttavia,
avendo
perso i sensi, non so cosa sia successo all’arrivo di Tatsuo,
ma stando al
racconto di Mayumi, mio fratello è riuscito a convincere la
professoressa ad
esonerarmi dalle lezioni per il resto dell’anno con un
semplice sorriso. Personalmente
dubito che le cose siano andate esattamente in questo modo, ma credo
però che
il bell’aspetto di mio fratello e soprattutto la sua
carismatica personalità
abbiano giocato sicuramente un ruolo importante nel raggiungimento
dello scopo.
Ad ogni modo, grazie a lui, ho potuto evitare nuove occasioni per
esporre il
lato più imbarazzante di me. Benché mi diverta
guardare competizioni sportive
in televisione, non ho alcun futuro come atleta.
«Appena
l’ho visto», continua Mayumi, «mi ha dato
l’impressione di essere un ragazzo
pieno di entusiasmo e di energia. Deve essere divertente avere un
fratello come
lui. Un po’ ti invidio».
«A
sentirti parlare, sembra un ragazzo straordinario. Vorrei tanto
incontralo
anch’io», commenta Satsuki, implorandomi
silenziosamente con i suoi grandi
occhi lucenti.
Magari
potrei invitarla un giorno da me e presentarle Tatsuo. Anzi, potrei
invitare
tutti loro. Sarebbe la prima volta che porto a casa degli amici. Sono
sicura
che mamma e papà ne sarebbero contenti.
«A
questo punto ti dobbiamo delle scuse, Eiko», il tono serioso
di Mayumi mi
richiama al di fuori dei miei pensieri. «Il vero motivo per
cui io e Satsuki
abbiamo finto di evitarti era perché volevamo farti passare
del tempo da sola
con Aomine, ma è chiaro che abbiamo completamente frainteso
la situazione.
Perdonaci».
«Sono
solo felice di sapere che non eravate arrabbiate con me. Pensavo che
non
voleste più essere mie amiche».
«Che
cosa dici?», Satsuki afferra le mie mani portandole al suo
petto. «Noi saremo
sempre tue amiche, ma questa volta abbiamo un po’ esagerato.
Spero solo che
quello stupido Dai-chan non abbia fatto niente di strano».
Strano?
Direi piuttosto che abbia fatto qualcosa di eccezionale, ma credo sia
meglio
tenere per me i dettagli di questa incredibile giornata. Ad ogni modo,
sono
ugualmente grata ad entrambe le ragazze. Anche se le cose non sono
andate
esattamente come avevano programmato, ora so di essermi avvicinata un
po’ di
più ad Aomine e spero che tra di noi possa sbocciare presto
una splendida
amicizia. Conserverò gelosamente il ricordo di questo giorno
e i preziosi
insegnamenti di cui mi ha fatto dono.