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Autore: Lory221B    05/06/2016    8 recensioni
Una nuova scena del crimine e una serie di indizi che portano ad un'ipotesi sconvolgente.
Sherlock e un avvocato d'ufficio, vecchio amico del detective, si lanciano in una lotta contro il tempo per dimostrare l'innocenza dell'unico indagato: John Watson.
(Johnlock)
Genere: Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt, Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento


Frammenti di colpevolezza

Prologo


Sherlock Holmes poteva essere considerato in tanti modi: un fratello sconsiderato, un sociopatico iperattivo, uno psicopatico, la regina del melodramma, ma chi lo conosceva davvero, sapeva perfettamente che non era solo questo, oltre quella scorza dura c’era molto di più.

Sherlock Holmes aveva un cuore. Non semplicemente l’organo cardiaco che pulsava nella sua cassa toracica, non la parte anatomica che ogni essere umano necessitava per vivere. No, Sherlock Holmes, la macchina, la mente, aveva dei sentimenti.

Li aveva nascosti, custoditi gelosamente per evitare di far sapere al Mondo che poteva essere ferito, perché una pallottola poteva fare dei danni, ma sarebbero stati sempre meno profondi di un cuore spezzato.

I sentimenti erano da sempre considerati pericolosi, dal consulente investigativo. Cosa c’era di piacevole nella mente offuscata dall’amore? La ragione doveva stare sopra ogni cosa.

Eppure, negli ultimi anni, questo suo assioma era stato messo a dura prova, ma il peggio doveva ancora arrivare.

Si trovava a Scotland Yard, fremente, continuava a picchiettare nervosamente sul bracciolo della scomoda sedia dell’ufficio di Lestrade.

Erano ormai tre ore che era fermo lì, la polizia aveva fatto irruzione a Baker Stret a mezzanotte per scortarlo dall’ispettore e ancora non era riuscito a vederlo.

Nessuno voleva dargli informazioni, anzi evitavano il suo sguardo, temendo che avrebbe dedotto tutto quello che era successo anche dalla semplice inclinazione delle labbra, mentre lo fissavano.

Aveva già capito da solo, buona parte di quello che era successo ed il resto lo aveva dedotto dai pezzi di conversazione che aveva sentito.

Quello che era capitato e quello che gli agenti sospettavano, non aveva alcun senso; continuava a ripensare all’evento come in un loop infinito, più tentava di concentrarsi, più sentiva che non riusciva a dirigere il pensiero verso qualcosa di senso compiuto.

John era innocente, ne era certo, non era possibile che avesse fatto quello che stavano dicendo tutti. Lestrade aveva subito fatto prelevare il detective, appena si era verificato l’arresto, onde evitare che si dirigesse sulla scena del crimine, rischiando di invalidare le prove, soprattutto quelle che avrebbero scagionato John. Avrebbe avuto il via libera per esaminare la scena, solo dopo che la scientifica avesse finito il proprio lavoro, non un secondo prima. Così, almeno, aveva rimarcato Donovan facendolo accomodare nell'ufficio di Lestrade.

Voleva disperatamente vedere il luogo del delitto, era sicuro che l’indizio chiave fosse lì, alla sua portata, ma che gli idioti di Scotland Yard non lo avrebbero visto, troppo occupati a collegare tutte le prove a John, senza ragionare su ogni possibile scenario.

Quando finalmente Lestrade ritornò nel suo ufficio, Sherlock gli ringhiò contro, senza dargli nemmeno il tempo di aprire bocca - Posso sapere dove diavolo è John e cosa è successo? - gridò, non capendo come Lestrade potesse avallare quella follia.

- Non è un mio caso, Sherlock. Ritengono che ci sarebbe un conflitto di interessi se indagassi. Non ti faranno avvicinare alla scena, te lo dico subito -

Sherlock strabuzzò gli occhi - Lestrade! -

- No, Sherlock - ribatté soltanto, apparentemente calmo, ma in realtà stremito dagli ultimi avvenimenti.

- Greg - riprovò, ed il tono si era fatto leggermente più supplichevole.

L’ispettore, a  malincuore, scosse la testa - Hanno finito di analizzare i vestiti di John e prendere campioni, adesso è nella sala interrogatori con l’avvocato d’ufficio. Mi dispiace Sherlock, ma per il momento non puoi vederlo, è la procedura -

Il detective sembrò adirato, John era accusato di un crimine che non aveva commesso e si trovava imbrigliato nella stupida burocrazia.

- La bambina? -

- E’ con i servizi sociali, adesso. Credo valuteranno se portarla dalla sorella di John .

Sherlock emise un suono simile ad una risata vuota, immaginando che non ci sarebbe stata persona peggiore per accudire la figlia di John - Puoi dire a John che gli troverò il migliore avvocato disponibile e che non dica niente finché non arriva? -

Lestrade fece cenno di sì con la testa - Sherlock, mi dispiace davvero -

- Non dire niente. Tutti voi, qui, sembrate averlo già condannato, cosa non mi stai dicendo? - ribatté, con il tono sempre più aggressivo. Non capiva come, dopo  tutto quello che lui e John avevano fatto per Londra, non ci fosse nessuno dalla parte del dottore.

- Domani sera ti porterò tutto quello che posso far uscire dalla centrale, in Baker Street, te lo prometto Sherlock, ma tu non devi fare stupidaggini -

Sherlock incassò in silenzio il non poter avere altri dati su cui lavorare e il non poter vedere John, ed uscì dall’ufficio di Lestrade, avendo cura di sbattere la porta più forte che poteva.

Nel tragitto verso l’uscita, fu seguito dagli sguardi straniti degli altri agenti e dal commento acido di Donovan, che non mancò di sottolineare come avesse sbagliato la sua previsione anni prima, alla fine era stato John ad uccidere qualcuno.

Il detective non si scomodò nemmeno a urlarle in faccia la sua incompetenza, ma uscì rapido, in cerca di risposte.

Sapeva che non poteva recarsi sulla scena del crimine e non aveva alcuna intenzione di violare quegli stupidi divieti, se quello equivaleva a incrementare i sospetti su John. Avrebbe chiamato un avvocato e con lui si sarebbe recato sulla scena, quale consulente della difesa. Avrebbe agito nella legalità finché la situazione glielo avrebbe consentito, John non era ancora spacciato.

Un trillo e capì subito che poteva essere solo suo fratello.

Immagino che stai cercando un avvocato
MH

Ne hai uno disponibile?
SH

Ho saputo che l’avvocato d’ufficio è il tuo vecchio amico dell’Università, Victor Trevor.  Ha una buona media di vittorie, avrai bisogno di qualcuno che sopporti le tue continue interferenze. L’ho già contattato e sta andando da John. Passerà da te, tra qualche ora.
MH

Perché tra qualche ora? D'accordo
SH

Ho fatto recapitare a casa tua tutto il dossier sull’omicidio. Immaginavo non riuscissi ad aspettare. 
MH

Nonostante tutti i propositi, tornando a Baker Street, non riuscì a tenersi lontano dal luogo del delitto. Sarebbe rimasto all’esterno, lontano dalla striscia di “vietato oltrepassare”, lontano dalle luci delle auto della polizia, lontano dalla folla che si era radunata sotto casa di John Watson. Tutti a ripetere quanto fosse orribile quello che era accaduto.

Era strano trovarsi lì, tante volte si era trovato a passeggiare vicino a quella casa, durante la notte, chiedendosi cosa facesse John. Probabilmente non voleva saperlo, non voleva che la sua testa immaginasse John e Mary assieme, mentre lui vagava da solo per Londra, alla ricerca di qualche criminale o di una dose.

Si accorse che stava leggermente tremando e si strinse nel cappotto, mentre l’umidità della notte riempiva l’aria.

Continuò ad osservare quella casa vuota, senza John, che avrebbe passato la notte in carcere, senza la piccola Sophie, nelle mani dei servizi sociali, senza Mary.

Ancora non gli sembrava possibile che qualcuno l’avesse uccisa. Non faceva che maledirsi per essere stato così impegnato con i casi, da non accorgersi che la famiglia Watson era in pericolo.

Tornò a casa quasi controvoglia, da una parte fremeva per vedere il fascicolo, ma al contempo non agognava vedere le foto del corpo morto di Mary. Accese la luce nel salotto e prese in mano il dossier che Mycroft aveva lasciato per lui, sulla poltrona di John. Proprio su quella poltrona, di tutti i posti dove poteva appoggiare quel maledetto fascicolo. Era la prima volta che un caso non era eccitante, ma dannatamente orribile.

Iniziò con il verbale degli agenti che per primi erano accorsi sulla scena a seguito di una segnalazione del vicino di casa. Avevano sentito delle urla e il rumore di spari proveniente dalla casa di John. Dal primo sparo, la neonata non aveva mai smesso di piangere.

Gli agenti avevano dovuto sfondare la porta d’ingresso per entrare. Lo spettacolo che si era presentato davanti sembrava inequivocabile, John in stato confusionale, accanto alla pistola che dal successivo esame balistico sarebbe risultata l’arma del delitto e il corpo di Mary Watson a terra, priva di vita.

Eseguito il test della paraffina, John era risultato positivo e sulla pistola c’erano esclusivamente le sue impronte. Era bastato avvicinarsi per sentire alito vinoso e vedere gli occhi lucidi, per cui lo stato confusionale era stato immediatamente ricondotto all’uso di alcool e al sospetto chock per aver ucciso la moglie. Di conseguenza, nessun test per droghe o narcotizzanti era ancora stato eseguito.

Sherlock imprecò sottovoce, era evidente che qualcuno lo aveva incastrato. Anche se tutte le prove portavano a John, non c’era un movente.

Telefonò immediatamente al fratello, sperando che avesse saputo qualcosa di più.

Mycroft aveva immaginato che prima o dopo il fratello gli avrebbe telefonato, per cui non si era nemmeno disturbato ad andare a dormire. Il telefono squillò e lui si preparò a quella conversazione.

- Sherlock, parliamoci chiaro. Se non fosse John ma qualcun altro, penseresti fosse innocente? - esordì, lasciando Sherlock stupito da un’affermazione del genere, quando a lui sembrava l’innocenza di John troppo evidente. Dove aveva sbagliato?

- È palese che lo hanno incastrato, quale sarebbe il movente, Mycroft? -

- E quale sarebbe il motivo per incastrarlo? Deduco che non hai letto il fascicolo fino in fondo, non stai facendo un buon servizio a John facendoti prendere dai sentimenti per lui, Sherlock - commentò, calmo, cercando di far ragionare il fratello, cosa che invece innervosì ulteriormente Sherlock.

- Sono lucido, a cosa ti riferisci? -

- John e Mary hanno avuto una discussione pubblica, con molti testimoni -

Sherlock si sentì schiaffeggiato, non ne sapeva niente - Cos’è successo? -

- Sembra che Mary abbia tradito John con un suo ex. Infatti, in questo momento, stanno facendo un test del dna alla figlia, non hanno idea da quanto tempo andasse avanti la storia -

- Non vuol dire niente - ribatté - E la pistola? Non era quella di John - insistette.

- Se ti dicessi che un testimone, uno che frequenta brutti giri, ha visto John girare per i covi dei tossici e gli ha chiesto, dove potesse comprare una pistola non registrata? -

- Non attendibile - rispose senza esitazione.

- E se ti dicessi che era un poliziotto sotto copertura? -

“Corrotto” pensò tra sé - John aveva una sua pistola, se avesse dovuto commettere un omicidio premeditato, cosa che si evincerebbe dal fatto che aveva comprato un'altra arma, non sarebbe rimasto in casa in stato di chock -

 - Secondo la teoria della polizia, voleva uccidere l’amante, ma poi ha litigato con Mary e le cose sono sfuggite di mano.

- Mycroft, non ha senso -

- Tutto combacia, invece. Un marito geloso bloccato con un lavoro noioso e ripetitivo, scopre che la moglie lo tradisce e forse l’amata figlia non è sua. Già frequenta un famoso detective tossico, il passo ad alcool e droga è breve. Torna a casa con la pistola appena comprata, nasce un alterco con la moglie, impazzisce e spara. Cosa non combacia? -

- Che John non è così - fece soltanto Sherlock.

- Lo so - rispose dopo una pausa, sospirando tra sé. - Ora non puoi fare altro. Vai a dormire, domani mattina ti vedrai con Trevor e potrai vedere tutte le prove -

Il detective chiuse il telefono con rabbia, incapace di pensare che davvero credessero che John potesse aver ucciso la moglie.

Sherlock non si dava pace, non poteva pensare a John chiuso in prigione, John che rischiava di essere trasferito in un carcere di massima sicurezza, John che non gli aveva ancora potuto raccontare cos'era successo.

Non chiuse occhio, controllando e ricontrollando le prove che Mycroft gli aveva fornito. Doveva esserci qualche elemento fuori posto, qualcosa che rendesse evidente la presenza di un altro uomo sulla scena del crimine.

Non c’era niente ed era estremamente frustrante, continuava ad alzare lo sguardo verso l’orologio, sperando che i minuti passassero più in fretta e fosse già ora di vedere Victor, ma l’orologio sembrava schernirlo ed andare anche più piano.

Attorno alle sei di mattina, finalmente, qualcuno suonò al campanello di Baker Street. Sherlock era certo si trattasse di Victor, non poteva essere nessun altro. Mise tutti i documenti nella cartellina di Mycroft e corse giù per le scale.

Quando aprì la porta, non diede nemmeno il tempo al vecchio compagno dell’Università di salutare. Aveva la faccia stanca di uno che aveva passato la notte ad assistere il proprio cliente durante un interrogatorio, ma a Sherlock non importava, Victor si sarebbe riposato in un altro momento, non lo avrebbe messo a suo agio con tè e biscotti, non quando aveva l’impellente bisogno di sapere, il prima possibile.

- Come sta John? Cosa ha detto? Si ricorda qualcosa? - chiese a raffica.

Victor fece una faccia triste, sospirò e disse soltanto - Sherlock, forse è meglio che tu ti sieda -

- Non voglio sedermi -

- Sherlock, ha confessato. John ha ammesso di aver ucciso sua moglie -

E in un secondo, il suo Mondo era precipitato.



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Angolo autrice
Ciao a tutti. Bello che mi ero appena ripromessa di prendermi una pausa e finire con calma l’altra storia che ho in piedi. Ma poi ti entrano tarli nella testa e devi scrivere.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, spero di avervi incuriosito un po’.
Alla prossima

   
 
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