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Autore: Signorina Fantasia    14/04/2009    0 recensioni
Alice . Sofia . Nina .
Tre vite. Tre storie. Niente in comune.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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{ Alice }

Atrofia di sensi.

Stadio di dolce, morbosa follia.

Immagini distorte di un mondo imperfetto. La logica corrotta dell’individuo. Assaggi di paradiso in un gelido inferno.

Aria tersa di quel calore fuori luogo, lo spazio riempito di voci disperse, alla disperata ricerca di una ragione che non è stata fatta entrare.

Le stelle, mute ed eterne testimoni di errori umani, osservano come perfide scrutatrici l’orgia di emozioni prive di qualsiasi secondo fine. L’ipocrisia abbandonata a se stessa come un’amante recondito, disprezzato e usato. Lasciato morire sul ciglio di una strada, affamato di nuovo amore che non giungerà.

Una spirale di dolceamara fragranza corteggia le menti ormai spente di giovani adolescenti con un futuro troppo distante perché possa essere considerato un problema reale di coloro che lo abitano.

Sussurri di malcelata indifferenza raggiungono il mio orecchio senza raggiungere lo scopo primitivo di un attenzione catturata.

L’importanza attribuita alla stessa è sopravalutata da coloro che ne aspirano. Così facile carpire lo sguardo di una ragazza, al giorno d’oggi, che la gente lo trova quasi scontato.

Eppure è un gioco divertente, questo rincorrersi come bambini troppo cresciuti (ed è così comodo fingere ancora di esserlo), trovare riparo nella confortante idea dell’incertezza.

Che ogni parola finirà nell’oblio del dubbio.

Uno sporco sorriso si dipinge sul volto troppo angelico per essere quello di una sedicenne, mentre l’ennesima bottiglia di un rhum sconosciuto raggiunge le mie labbra, vincendo un eterno tabù imposto dalla buona educazione e lo stesso buon senso.

Ma cos’è il buon senso se privo della consueta intelligenza che consente di aggirarlo senza darlo a vedere? Nulla.

Un gioco senza il fascino del mistero, del nuovo. Non è niente.

Le apparenze sono tutto. E io come appaio ora? Seduta su un pavimento di un qualche terrazzo sconosciuto. E tu, mia splendida compagna per stanotte, non mi lascerai, non è vero?

Mia dolce amica, amante e saffica confidente.

Abbandono la testa in un movimento circolatorio. Il vento culla la nuca come una mano materna, e tu ancora intrappolata in un bacio che ha qualcosa di mortale.

L’idea che tu possa uccidermi mi attrae.

L’eroe allettato dalla sua mortalità è tutto ciò che ne consegue. L’idea di poter perdere ogni cosa in un attimo è ciò che rende la vita un’eterna sfida con se stessi, e con la noia.

Infondo, se potessimo vivere per sempre non vi sarebbe nulla di entusiasmante.

Ma tu no. Tu sei la mia morte, il mio gioco preferito.

Il fumo esce prepotente dal palato, lasciandomi quel sapore diverso dal tabacco delle sigarette, fin troppo familiare. Si attacca con egoismo, vuole, pretende attenzione. E gliela concedo.

I muscoli si rilassano. Ad ogni boccata è come nascere e morire contemporaneamente.

Non posso vederle, ma so che le mie pupille sono come buchi neri, ammaliatori di esploratori, assassini di menti, anime. Corrodono, con il loro fascino. Uccidono per il loro mistero. Ma i miei no. Loro sono innocui. Si limitano a guardare, come se ci fosse più di quanto ci aspettiamo di vedere.

E ad ogni boccata una parte della mia mente muore.

Ma che gusto c’è a pensare in un mondo dove non vi è la libertà di farlo? Se pensi sei un emarginato, uno stupido. E ti chiedi perché.

Non ha davvero importanza. È semplicemente così.

So con precisione di essermi alzata in piedi. Le mie mani sono parallele al terreno, le mie gambe si muovono su una musica che sento solo nella mia testa. La voce vellutata di Thom Yorke sembra vivere in ogni mio respiro, in ogni soffio di cannabis, scivola leggero intorno a me, si lascia trasportare dal vento e canta.

Sincero, con la semplicità della sua voce.

Non mi rendo conto di star cantando, a voce piuttosto alta. Lo faccio e basta, come se non esistesse nessun altro.

Qualcuno mi si avvicina, ruba dalle mie dita la fonte del mio voluttuoso piacere, e pare che mi abbia sottratto l’energia della vita. Silenziosa lo seguo, docilmente, e lui pare saperlo. Non mi guarda, non mi guarda mai. Come io non guardo lui.

Ha poca, pochissima importanza.

Le stelle paiono danzare davanti al mio sguardo. Qualcosa di armoniosamente perverso, si muove davanti ai miei occhi. Dovrei avere paura, eppure è così inquietantemente familiare da corrompere i miei pensieri e persuaderli che non vi è nulla di sbagliato in ciò che sto vedendo. Che è semplicemente naturale.

Seducenti, come la più bella delle puttane, e come la più sporca delle puritane, vuote.

Ipnotiche e noiose, facile stancarsi. Quando volto il viso lui è sparito. E con lui tutto il resto.

Inutile cercarlo. Lo sguardo non vuole collaborare.

Mi sembra di cadere, come se il pavimento si liquefacesse in un attimo. Come se il diavolo volesse attrarmi a sé, come sua ennesima amante.

Sento solo la voce di quella ragazza strana, nuova, chiamarmi a gran nome.

È così ammorbante.

« Piantala di urlare – mugugno. La mia voce non è come vorrei. Suona impastata, bambinesca. La odio – non vedi? – posso sentire distintamente le labbra contrarsi in un sorrisino di quelli saccenti. Quelli che non piacciono nemmeno a me – Sto solo seguendo il Bianconiglio »

  
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