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Autore: Simo6060    06/06/2016    0 recensioni
Chiunque, almeno una volta nella vita, ha vissuto sul filo.
Che vuol dire? Non sapere.
Non sapere se cadremo o se voleremo.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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TO FALL OR TO FLY?

Vi racconterò la storia di un individuo, nessuno ha mai saputo se si trattasse di un uomo o di una donna, vissuto in chissà quale epoca. Non sappiamo l’età, la struttura fisica e caratteriale. Non sappiamo nulla, allora cos’è che lo rende così speciale da diventare protagonista di una storia?
Questo individuo, chiamiamolo S, viveva su un filo.
Immaginate due alte e robuste montagne, appuntite e rocciose tanto che alla sola vista incutevano timore e vulnerabilità, da farti sembrare piccolo e impotente, così alte le cui vette raggiungevano le nuvole grigie del cielo.
Le due montagne non erano vicine, ma erano divise da un solco profondissimo, data l’altezza non si riusciva a vedere ciò che vi era in fondo, solo l’oscurità. Ad unire le due vette c’era un filo.
Un semplice filo bianco, lungo e sottile.
Come vi avevo anticipato, su questo filo viveva l’individuo S. Vi starete chiedendo, come mai qualcuno dovrebbe vivere su un filo e cosa l’aveva spinto?
La vita.
L’individuo S si trovava quotidianamente a vivere nell’ignoto. Non sapeva se e quando sarebbe caduto o se e quando sarebbe riuscito a raggiungere la vetta più vicina. Aveva paura, è ovvio. Gli era capitato di stare per raggiungere la vetta, era così vicino da riuscire quasi a vedere la libertà, a percepire quel senso di immensità e di pura gioia ma ogni volta si ritrovava a cadere nel vuoto. Era così buio da non riuscire a vedere nulla, così profondo da cadere per anni e anni senza mai raggiungere il fondo.
Solo una volta arrivò. Fu l’esperienza più brutta della sua vita, tanto che quando è solito ricordarla, gli vengono i brividi e gli ritorna quel vuoto interiore che lo aveva lacerato. Non c’erano mostri, creature mitologiche, fuoco o acqua.
Non c’era niente, ed è proprio il nulla che fa più paura. Era caduto, senza qualcosa a cui aggrapparsi, senza la luce della speranza a mantenerlo in salvo. C’era l’oscurità, la solitudine, il vuoto, il nulla che lo opprimeva, lo soffocava, lo bruciava e lo consumava fino a diventare nulla anch’egli. Ma era riuscito a salire. Nemmeno lui sa come, ma era riuscito a raggiungere nuovamente il filo, ritornando alla vita tormentata dal dubbio, dall’incertezza, dall’illusione di salvarsi e dalla paura di cadere di nuovo. Non cadeva ma non si salvava nemmeno. Stava sul filo. Sul filo dell’ignoto e della follia, suscitata proprio dal non sapere cosa succederà.
Ogni volta stava lì, sul filo, immaginando a quanto potrebbe essere straordinario riuscire a raggiungere le montagne e volare, finalmente, dove tutto è azzurro, dove tutto è illuminato, dove tutto è completo, dove c’è tutto. Ma dall’altra parte, aveva una paura tremenda di cadere di nuovo nel vuoto e rivivere quell’oscurità che l’aveva inghiottito, di non riuscire a salvarsi più.
Era questo il triste destino di chi viveva sul filo.
Vivere nell’illusione e vivere nella paura.
Non conoscere ciò che accadrà.
Non avere un indizio.
Non potersi godere appieno il fatto che non si è caduti poiché si pensa che non si è nemmeno salvi.
Illudersi, immaginando di raggiungere l’apice della felicità.
Temere una vita in solitudine, una vita buia, una vita vuota.
Non sapere se sarà sì, o se sarà un no.
Vivere sul filo dell’ansia, dell’impazienza, dell’ignoto.
Come quando accade ciò che abbiamo sempre sognato dalla vita, si raggiunge la cima dopo tanti sacrifici, si ci sente completi e in pace, non si ha bisogno di nulla poichè si ha tutto, si ha quel sostegno in grado di portarti avanti, di farti continuare sempre verso l'alto, si ci sente immensi.
E poi ti strappano via tutto. Ti senti vuoto, quell’immensità che ti aveva raggiunto ti viene strappata via, l’oscurità ti riempie gli occhi, il cuore e l’anima. Non hai un sostegno, non hai nulla per aggrapparti e cadi, cadi nel vuoto che ormai ti ha raggiunto. Non vedi più niente, la luce della speranza è così lontana che non ne senti nemmeno il calore. C’è il freddo del buio. Il buio della solitudine, il buio del fallimento. Ormai non c’è un motivo per rialzarsi, per continuare, poiché non è rimasto niente, è rimasto solo il nulla. Ed è il nulla che fa più male, perché tutti abbiamo bisogno di qualcosa. E quando si sta per raggiungere, la si perde.
I più fortunati riescono a risalire ma il vuoto ti rimane, può andarsene solo se si riesce a volare. Ma risulta difficile continuare a sperare, a illudersi di qualcosa che ti è già stato portato via. Abbiamo paura.
Tutto ricomincia, stiamo di nuovo sul filo.

Cadere o volare?
  
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