Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: monalisasmile    06/06/2016    1 recensioni
Seconda parte della trilogia Eär Lindë (Il Canto del Mare).
Continua il viaggio di Jill alla ricerca di risposte, ma mentre la guerra s'avvicina le domande paiono moltiplicarsi. Qualcosa dentro di lei preme con sempre maggior insistenza: forse la chiave del suo passato o, forse, il flagello che porrà fine a ogni cosa. Che legame ha il dono di Dama Galadriel con tutto ciò?
Ma Jill non è l'unica ad essere tormentata dai dubbi: Legolas ha scorto qualcosa di ciò che si nasconde nell'animo della Corsara e teme di perderla. Vorrebbe poterla legare a sè, ma sa che il suo spirito libero non si lascerebbe mai incatenare. Probabilmente nemmeno dai suoi sentimenti.
Mentre le ombre si addensano e gli ostacoli si fanno insormontabili, alcuni dovranno fare delle scelte, altri superare i propri limiti. E qualcuno dovrà fare un doloroso sacrificio.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5

 

Jill sedeva in cima alla torre più alta della città di Edoras.
Quand’era piccola e pestifera soleva fuggire da suo padre o da chi avrebbe potuto punirla rifugiandosi in un luogo alto e isolato. Da lì avrebbe potuto avvistare con sufficiente preavviso il sopraggiungere del fabbro e battere in ritirata, sempre che qualcuno osasse raggiungerla lassù. Aveva infatti notato già allora come molte persone temessero le altezze elevate.
Un leggero fruscio al suo fianco le denunciò l’arrivo di un ospite. Che stesse anche lui fuggendo dalle conseguenze delle sue azioni?
-         
Presumo che tu abbia deciso di arrampicarti quassù per godere della quiete e del panorama. –
Lei sollevò le spalle. Anche.
I luoghi alti erano generalmente tranquilli, l’unico rumore era il malinconico ululare del vento. Appoggiò la schiena con scioltezza al  palo che reggeva lo stendardo del casato di Eorl e fece scorrere lo sguardo sugli immensi spazi verdeggianti, fino alle montagne dalle cime innevate. Poi spinse la sua mente ancora al di là di quelle, diverse miglia più a Sud, dove un’infinita distesa blu s’increspava al sopraggiungere di un’imbarcazione.

-          Trovo surreale il pensiero che un luogo tanto incantevole quanto disagevole per qualcuno possa rappresentare un valido rifugio dai problemi. –
Le gote di Jill si velarono per l’imbarazzo. Si sentiva esattamente come quando era bambina ed era quasi certa che, se si fosse guardata in quel momento allo specchio, avrebbe scorto la stessa monella scarmigliata e dal volto tumefatto per l’ennesima rissa tra ragazzini di quartiere.

-          Avete messo su un duello… interessante. –
Ora il suo volto era sicuramente in fiamme.

-          Sarebbe il caso ti medicassi, non pensi? Hai riportato diversi traumi. –
I lividi e le piccole ferite non erano poi tanto dolorosi.

-          Anche Legolas è rimasto ferito… in più punti. –
Quel pensiero invece sì, faceva male. Jill sospirò, ma la morsa al suo petto non si allentò. L’immagine del volto di Legolas non accennava a uscire dalla sua mente. I suoi lineamenti distesi e il sorriso sereno sul viso tumefatto un attimo prima che alzasse il capo per darle un bacio. Leggero, tenero, gentile. Quell’espressione non era mutata nemmeno quando lei l’aveva lentamente allontanato, la lama premuta sulla sua gola, come se si aspettasse e accettasse la sua reazione. Ma sicuramente non aveva previsto quella successiva. E nemmeno lei.
Si portò le mani alla testa, sconfortata.
“Che cosa ho fatto?”
Di preciso non lo sapeva, ma aveva optato per la scelta più semplice e gettonata di tutti i tempi: la fuga.
Da bambina aveva imparato che quando agiva d’impulso e combinava un guaio, la soluzione migliore era chiedere scusa. Ma qualcosa le diceva che quello non era il tipo di pasticcio per cui chiedere semplicemente perdono.
Scosse la testa con forza, gli occhi serrati come se a riaprirli il mondo sarebbe stato diverso. Invece era tutto esattamente com’era qualche istante prima: Aragorn se ne stava ancora tranquillamente appollaiato al suo fianco con lo sguardo perso sull’orizzonte e lei era ancora una ragazzina sporca, arruffata e ferita in seguito a una zuffa tra compagni.

-          Immagino non sia facile per te, Jill. –
Lei strabuzzò gli occhi, fissando lo sguardo sul Ramingo che ancora osservava le montagne. O forse qualcosa al di là di esse.

-          Sei cresciuta tra uomini, si vede. Sei forte, coraggiosa e orgogliosa tanto quanto me, Legolas e Gimli. – sorrise tra sé – Ti ho persino sentita ruttare come il nostro amico Nano! –
Lei abbassò un poco lo sguardo, insicura se dovesse sentirsi orgogliosa o imbarazzata.
-         
Ma non sei un uomo… Sei una donna. – si voltò a guardarla – Una splendida e fiera donna. Con i suoi desideri, le sue curiosità, i suoi sentimenti… Che sfortunatamente non sempre riescono a trovare la comprensione e lo spazio che meritano in questa realtà fatta di uomini. –
Sospirò.
-         
Purtroppo viviamo in un mondo difficile, pieno di pregiudizi e principi che spesso ci imbrigliano, condizionando e limitando le nostre scelte. So bene – sorrise tristemente – quanto possa esser frustrante. Credimi, vorrei tanto poterti aiutare, poterti spiegare ciò che non ti è chiaro di questo mondo, di te e di quello che senti. E vorrei farlo con le parole giuste, quelle che meriti di sentire. Disgraziatamente temo di cavarmela meglio su un campo di battaglia che in questo ambito. –
Sembrava costernato e Jill lo guardò perplessa.
-         
Ma vorrei non dimenticassi mai, Jill, che, indipendentemente da quello che potranno dirti, non vi è nulla di sbagliato nell’assecondare i propri desideri e sentimenti, anche se non siamo certi di dove ci condurranno. Il nostro dovere in questo mondo, d’altronde, non è vivere secondo i dettami imposti da antiche convenzioni né di seguire il percorso tracciatoci da qualcun altro. Il nostro unico obbligo è quello verso noi stessi.
Sii dunque sempre fedele innanzitutto a te stessa, scegli la tua strada sapendo di esser padrona delle tue gambe e non rinunciare a nulla di ciò che potrebbe renderti felice solo perché qualcuno potrebbe giudicarti o perché potresti commettere un passo falso.
Chi tenta, giorno per giorno, di raggiungere i propri obiettivi sicuramente ogni tanto sbaglierà e cadrà, ma avrà sempre la possibilità di rialzarsi e ricominciare ad avanzare per giungere alla propria meta. Mentre chi si lascia scoraggiare resterà sempre in piedi, fermo e avvilito in compagnia dei rimpianti. –
Jill annuì, abbracciandosi le ginocchia. Aveva l’impressione che Aragorn non alludesse solamente a quanto successo in quel granaio. D’altro canto si rendeva conto che non poteva restare nascosta lassù per sempre. Prima o poi avrebbe dovuto scendere e affrontare Legolas.
Sospirò, frustrata.
“Sì, ma come? Dovrei presentarmi alla porta del suo alloggio per dirgli… cosa esattamente?”
Esordire con la storia del bacio era impensabile, solo l’idea le faceva prendere fuoco le gote. Aveva bisogno di una scusa, o meglio di un valido diversivo.
Il Ramingo tirò fuori un vasetto dalla cintola.
-         
Questo unguento dovrebbe aiutare a rimarginare in fretta le ferite e lenire i dolori delle contusioni. Potrebbe essere utile anche a Legolas. –
Lei lo prese tra le mani, sbigottita. Aragorn le fece un cenno di saluto col capo e si calò giù per la torre.
Jill lo guardò allontanarsi, piegando la bocca in una smorfia.
“Quel maledetto Ramingo non me la racconta giusta: che mi abbia letto nel pensiero?”
Osservò il piccolo contenitore e la sua espressione si addolcì.
“Fa sempre il modesto, ma se la cava piuttosto bene con le parole.” 

Gimli scosse il capo ed emise una nuvola di fumo.
Orecchie a Punta era ridotto peggio di quando erano usciti dalle miniere di Moria, dopo aver visto Gandalf precipitare in quel baratro. Si era appena allontanato dalla stanza dell’Elfo, lasciandolo seduto di fronte la finestra, lo sguardo rivolto all’esterno che fissava il vuoto anziché il panorama.
-         
Ah, le donne… - bofonchiò.
Non che Jill fosse esattamente come le altre donne.
Ancora una volta si meravigliò del sentimento di compassione che provava nei confronti dell’arciere. Legolas era, inutile negarlo, non solo un guerriero micidiale e un compagno coraggioso e leale, ma anche un principe fiero e giudizioso.
“Vorrei ben vedere, con tremila anni di esperienza…”
Eppure tutta la sua abilità e maturità pareva essersi volatilizzata di fronte a quella fanciulla.
E come poteva essere altrimenti? Lei era qualcosa di totalmente nuovo per lui: una guerriera in grado di tenergli testa, un caratterino focoso facilmente suscettibile, uno spirito libero che seguiva solo il suo istinto e perciò totalmente imprevedibile. Ed era bella. Bella in un modo che non aveva nulla a che fare con lo splendore etereo delle fanciulle di razza Elfica: la pelle ambrata, i capelli infuocati, i tratti esotici, gli occhi penetranti, il corpo sinuoso e scattante come i felini di montagna.
Jill era dotata di un fascino eccentrico ma indubbio, era una di quelle donne sicure e indipendenti che avrebbero potuto far perdere la testa a qualunque uomo. Tuttavia lei non ne era minimamente consapevole.
“Né di quanto sia attraente. Né di quanto il principe sia attratto da lei.”
Sorrise, scuotendo la testa: quella ragazza era più ottusa di un Nano. 

Jill fece leva sulle braccia, issandosi sulla finestra e ritrovandosi a pochi centimetri dal volto di Legolas.
“Sta diventando una scomoda abitudine.” pensò arrossendo e distogliendo in fretta lo sguardo.
-         
Presumo che entrare dalla porta sarebbe stato troppo ordinario. – commentò l’Elfo.
“ Disse colui che s’intrufolò nello stesso modo nella stanza di una convalescente sconosciuta.”
“ Già allora non riuscivo a starti lontano troppo a lungo.” le rispose ironicamente.
Jill si voltò pronta a rispondere a tono al suo sarcasmo, ma un sorriso gentile la dissuase. Fece scorrere lo sguardo su quel volto senza età, dai lineamenti delicati ma virili, ora leggermente deturpati dai segni del loro duello.

Per un attimo Legolas si stupì nel non ricevere una replica al suo commento, non capitava spesso che la sua Corsara rinunciasse a una schermaglia mentale con lui.
“La mia Corsara…”
Quanta dolcezza e amarezza gli provocò quel pensiero.
Distogliendo lo sguardo dal suo, Jill si sedette sul davanzale della finestra di fronte a lui. La vide armeggiare per estrarre un vasetto in terracotta. Lo schiuse e vi immerse un indice, estraendo un po’ di quel preparato pastoso e dall’odore pungente.
“Aragorn mi ha detto che questo prodotto aiuta a rimarginare le ferite…”
Il suo tono era fermo, ma la sua mano tremava in maniera impercettibile e quel dettaglio lo fece sospirare.
“Ti fa molto male?” lo guardò lei, allungando l’indice verso il suo volto. Lui le si avvicinò leggermente, permettendole di spalmare l’unguento sul suo zigomo.
“No… non è poi così doloroso.”

Jill tentava di concentrarsi sul suo operato. Non era mai stata un’abile guaritrice e sentire lo sguardo dell’Elfo su di sé non la metteva propriamente a suo agio.
Corrugò la fronte, spostando una ciocca di capelli dalla propria fronte col dorso della mano. Inutilmente, poiché questa le ricadde sul naso. Soffiò nel tentativo di scostarla, ma un’altra s’aggiunse alla prima. Frustrata, stava per usare le dita impiastricciate d’unguento, quando Legolas allungò una mano e le spostò la ciocca dietro l’orecchio.
Un gesto gentile eseguito con estrema naturalezza, ma che la fece rabbrividire. La mano dell’Elfo indugiò dietro il suo orecchio e lei abbassò lo sguardo, conscia che quegli occhi azzurri stavano cercando i suoi.
Strinse con forza il vasetto di terracotta e inspirò a fondo, tentando di concentrarsi sulle parole anziché sui battiti assordanti del suo cuore.
“Legolas, non so bene cosa stia succedendo.”
“Vuoi che te lo spieghi io?”
Non c’era ironia nel suo tono, sembrava piuttosto una carezza.
Jill non rispose, lo sguardo che studiava con attenzione il contenuto del piccolo recipiente stretto dalle sue mani appoggiate sul grembo. L’unguento stava lentamente mutando colore, osservò, forse per l’esposizione all’aria.
I secondi passavano, insopportabilmente lunghi ma non abbastanza da farle venire in mente qualcosa di sufficientemente sensato da esser formulato.
Poi le dita di Legolas scivolarono da dietro l’orecchio lungo la sua mandibola, fino a fermarsi sotto il suo mento e alzarlo, incrociando il suo sguardo.

Lo sguardo spaurito di lei gli strinse il cuore.
Il suo primo istinto fu di abbracciarla. Voleva stringerla forte tra le sue braccia, baciarla con trasporto fino a farsi sanguinare di nuovo il labbro e dirle che l’amava e desiderava con ogni fibra del suo corpo. Ma non lo fece.
“Tengo molto a te, Jill.” disse invece.
“Anch’io tengo a te.”
“Tengo molto anche ad Aragorn e a quel testone di un Nano.” le sorrise “Ma il modo in cui tengo a te è diverso. Nei tuoi confronti provo dell’affetto di natura diversa rispetto a quello che potrei mai nutrire verso di loro.”
“Ah, certo non mi aspetto di vederti baciare Gimli!”
La Corsara arrossì violentemente, resasi conto troppo tardi dell’allusione fatta a quanto successo nel granaio. Legolas soppresse una risata: credeva di esser impacciato in campo sentimentale, ma lei superava di gran lunga il suo livello.
“No” le rispose in tono divertito “troppa barba, non credo potrebbe esser altrettanto piacevole.”
“Lo…” esitò lei, abbassando di nuovo lo sguardo “Lo è stato?”
“Sì.” inclinò lui il capo per incrociare nuovamente i suoi occhi “È stato uno dei momenti più piacevoli della mia vita.”
“Hai vissuto moltissimi anni…” protestò lei.
“Parecchi, in effetti. Eppure non ho mai incontrato qualcuno come te.”
“Impulsiva?”
“Importante.”
Lei corrugò la fronte.
“Per me tu sei importante, unica e insostituibile, così come l’affetto che provo per te.”
Jill pareva turbata.
“Anche tu sei importante per me… Ma non sono sicura di cosa provo.”
Alzò lo sguardo, più fiduciosa ma al tempo stesso costernata.
“Mi dispiace, io non mi sono mai trovata in situazioni del genere, non sono mai stata baciata…” disse arrossendo appena “ Non so cosa si fa in questi casi, o meglio, ne ho una vaga idea. Ma non so cosa voglia fare io… con… con te…”
“Non desidero che tu faccia nulla di più di ciò che senti affine a te stessa.” le sorrise.
“ E tu? Tu, Legolas…” tremava impercettibilmente “Tu cosa vorresti fare?”
“Se me lo permetterai” le sorrise dolcemente “ vorrei starti vicino.”
“In…” arrossì lei “In che senso… vicino?”
“Nel modo che risulterà più spontaneo e congeniale a entrambi. In ogni caso” abbassò le mani cingendo quelle di lei con le sue “io sarò sempre dalla tua parte. Qualsiasi decisione tu prenda, in qualsiasi modo si evolva il nostro rapporto, io sarò sempre tuo amico e alleato.”

Jill sorrise: da qualche tempo nella Compagnia parevano esser sbocciati inaspettati oratori.
Fece scorrere lo sguardo sul suo volto: l’unguento era stato assorbito in fretta e uno degli ematomi sembrava già sbiadire. Osservò la sua espressione calma in cui scorgeva un velo d’apprensione.
Aveva imparato a conoscere il principe di Bosco Atro quel tanto da presumere che quelle parole dette con disinvoltura fossero state in realtà attentamente soppesate, probabilmente per non turbarla.
Lei, che aveva trascorso tutta la sua vita a contatto con gli uomini, conosceva l’amicizia, il cameratismo, il rispetto e la lealtà, ma era totalmente ignorante riguardo al tipo di sentimento che sentiva frullare nel suo stomaco come ali di farfalle e che percepiva nello sguardo e nel tocco gentile di lui. E l’Elfo doveva averlo capito.
Aprì una mano intrecciando le dita con le sue.
“Grazie, Legolas.”
Per averla compresa. Per non averla messa in difficoltà con termini e richieste che non sarebbe stata in grado di metabolizzare e gestire. Per averle detto che lei è importante. Per averla lasciata libera di scegliere, quando e come desiderava.
“Libera…”
Le tornarono alla mente le parole di Aragorn e improvvisamente i dubbi e le inquietudini che l’avevano tormentata nel regno di Lorien le parvero insignificanti.
“A chi importa se lui è un Elfo e io un Umana? Se lui è un principe e io una Corsara?”
Alle tradizioni, forse. Sicuramente a tutti coloro che si ammantavano di pregiudizi e facili sentenze. Ma lei era una Corsara, una fuorilegge per definizione, una donna che solo brandendo la sua spada e navigando su un’imbarcazione piena zeppa di uomini rudi già sfidava tutti i  tabù e i pregiudizi dei regni della Terra di Mezzo. Dunque non sarebbe stata certo lei a porsi dei limiti riguardo a chi e come volesse accanto a sé.
E se Legolas l’accettava per quel che era, Umana e canaglia irrequieta, se capiva e rispettava i suoi desideri e le sue necessità senza imporle nulla, lasciandola libera… Se qualsiasi scelta lei avesse preso lui non avrebbe smesso di credere in lei abbastanza da restare dalla sua parte…

Legolas strabuzzò gli occhi per la sorpresa quando Jill si allungò per cingergli il busto con le braccia. Avvertì le mani poggiarsi sulla sua schiena, il viso di lei accostato al suo e il respiro caldo che gli accarezzava il lobo di un orecchio. Pregò che il cuore non gli saltasse in gola.
“Restiamo vicini, allora, Legolas…”
Con un sospiro, lui avvolse la vita stretta di lei, sperando che quel “restiamo vicini” fosse per sempre.

 

Un paio di tonfi alla porta interruppero il loro abbraccio.
-         
Scusa se interrompo il tuo momento di depressione solitario, ma siamo attesi da Gandalf e re Theoden nella sala del trono. –
Jill si scostò velocemente, leggermente stralunata, come se si fosse appena destata.
-         
Credo che verrà servita anche la cena. Vedrai che a stomaco pieno ti sentirai meglio e i tuoi drammi ti sembreranno delle inezie! –
Legolas trattenne a stento una risata per le parole che, dal punto di vista del Nano, avrebbero dovuto rincuorarlo e invece avevano avuto l’effetto di imbarazzare nuovamente la Corsara.
“Sarà meglio che non mi veda uscire dalla tua stanza.”
“Concordo.”
Lei si voltò per uscire dalla finestra, quando si voltò appena.
“Ci… ci vediamo là allora.”
Legolas annuì e lei si calò giù con un balzo agile e silenzioso.

 

Jill strinse i pugni con forza nell’ascoltare la carneficina che le truppe di Saruman stavano perpetrando nei villaggi di Roharn.
-         
Questo è solo un assaggio del terrore che Saruman scatenerà. Sarà sempre più spietato perché ora è spinto dalla paura di Sauron. –
L’Occhio comparve improvvisamente nella mente della Corsara, che s’affrettò a scacciare quel terribile ricordo.
“Sauron…”
Aveva percepito con estrema chiarezza la sua potenza e malvagità, così come aveva sentito il sussurro velenoso dell’Anello. Sperò che Frodo stesse bene. Per quanto “bene” fosse un termine che mal calzava alla situazione in cui si era cacciato l’Hobbit per tentare di salvare tutti loro.
-         
Monta a cavallo e affrontalo. – Gandalf allungò una mano per afferrare il bracciolo del seggio del re, parlando in tono inflessibile – Allontanalo dalle donne e dai bambini. Devi combattere! –
-         
Hai duemila bravi soldati che vanno a nord mentre parliamo. – aggiunse Aragorn tirando una boccata di fumo dalla sua pipa – Eomer ti è fedele. I suoi uomini torneranno e combatteranno per il loro re. –
-         
Saranno a trecento leghe da qui ormai. – proruppe il sovrano, alzandosi – Eomer non può più aiutarci. –
Gandalf si alzò con decisione, tuttavia Theoden proseguì, perentorio.
-         
Lo so cosa vuoi da me – disse rivolto allo stregone – ma non arrecherò ulteriore morte al mio popolo. Non rischierò una guerra aperta. –
-         
La guerra aperta incombe – commentò in tono pacato il Ramingo – che tu la rischi o no. –
-         
Se ricordo bene, Theoden, non Aragorn, è il re di Roharn. –
Jill si appoggiò nervosamente alla parete, le braccia conserte e il volto accigliato di fronte all’ottusità del sovrano. Che intenzioni aveva quel maledetto re? Contrastare l’offensiva di Saruman barricato nella città di Edoras?
“Figuriamoci, i suoi fabbricati non hanno resistito al duello tra me e Legolas!”
Un leggero ghigno sul volto dell’Elfo le fece comprendere che lui aveva captato i suoi pensieri.
Gimli ruttò per poi pulirsi la birra dalla bocca alla bene e meglio. Jill incrociò il suo sguardo e annuì: sicuramente nessuno di loro sarebbe fuggito di fronte alla spietatezza di quel folle sanguinario.
Si portò una mano alla gola, sfiorando la cicatrice liscia e pallida.

-          Allora qual è la decisione del re? –

 

Jill armeggiava col suo leggero bagaglio, la mente persa in foschi pensieri.
Non che lei avesse un ruolo tale in quella faccenda da poter contestare le decisioni di un re o di proporre delle valide alternative, ma quel che s’apprestavano a fare andava contro la sua natura.
“Chiuderci in un fosso come conigli in una tana! Io sono una Corsara, maledizione!” tirò con forza la cinghia della sua sacca “Io non fuggo di fronte al pericolo, l’affronto a viso aperto. E se anche dovessi battere in ritirata, sicuramente non sarebbe in un buco tra le montagne!”
Ma non era solo questo. C’era qualcosa che la turbava, come un cattivo presentimento. D’altronde era vissuta a Isengard abbastanza da conoscere lo Stregone Bianco quel tanto da aspettarsi una spiacevole sorpresa da parte sua.
Si sedette sul letto, pensierosa.
“Saruman è tremendamente intelligente e calcolatore, non può non aver previsto che Theoden avrebbe ripiegato in quella fortezza che, lei stessa si ricordava di averlo letto durante il suo apprendistato, si era più volte rivelata inespugnabile. Dunque avrà sicuramente un piano…”
E sicuramente quella serpe di Vermilinguo sarebbe stato prodigo di consigli, dopo essersi a lungo infiltrato nella casa reale, avendo accesso alla loro documentazione, ascoltando e osservando tutto quello che veniva discusso e girovagando liberamente per tutte le valli del regno. Grima doveva sapere quali fossero i punti deboli del popolo di Roharn e li avrebbe certamente sfruttati, così come aveva fatto con il suo sovrano.
Sospirò, sconfortata: avvertiva il pericolo e lo scontro farsi sempre più incalzanti, eppure Gandalf stava per partire.
“Di nuovo…”
La Compagnia aveva appena ritrovato un suo componente che già doveva salutarlo. Capiva la necessità che fosse lui a partire alla ricerca di Eomer e dei suoi cavalieri: la velocità e la resistenza di Ombromanto sarebbero stati cruciali.
“Ma non mi piace… Non mi piace che la Compagnia si disgreghi, abbiamo già visto quanto sia controproducente. Ma soprattutto non mi piace separarmi di nuovo da lui…”
-         
Il tuo pensiero mi commuove, piccola Jill. –
Lei balzò su dal letto.
-         
Deduco che fossi profondamente assorta. –
“Deduci piuttosto che si usa bussare alle porte per una ragione.” si indispettì lei.
-         
Ma io ho bussato – le sorrise lui paziente – Ben tre volte. Non ricevendo risposta mi sono permesso di fare da me. –
Lei fece una smorfia e si rimise a sedere.
-         
Cos’è che occupa tanto i tuoi pensieri, mia cara? –
“Ho una spiacevole sensazione. Per la decisione presa dal re, per quello che nemmeno riesco a immaginare Saruman abbia in serbo per tutti noi.” abbassò il capo “Perché ci stai lasciando, di nuovo…”
Lo stregone sorrise benevolo, sedendosi accanto a lei.
-         
Quel “ci stai lasciando” suona come un “mi stai abbandonando”. – disse calmo – Capisco che tu ti senta turbata da tutto ciò e condivido la tua inquietudine. Vorrei poter restare con te, Jill. So che quanto ti sto dicendo suona poco più che parole al vento, ma credimi: potessi controllare il tempo vorrei tornare a quando scorrazzavamo per la Terra di Mezzo, come apprendista e maestro. Ho molta nostalgia di quei giorni sereni e di quella acerba Jill. –
“Non è che io sia cresciuta poi molto…” arrossì lievemente lei.
-         
Al contrario, mia cara. Giorno dopo giorno maturi e apprendi tantissimo: sia sul mondo che ti circonda che su di te. E io vedo quanti progressi hai fatto e quanti, enormi, ancora farai. –
Lei storse la bocca in una smorfia.
Progressi…” si schernì da sola “Diciamocelo, senza di te e tutto il resto della Compagnia io non sarei in grado di combinare poi molto.”
Gandalf scosse la testa.
-         
Ti sottovaluti. –
“Lo sai che non sono un tipo modesto.”
-         
Questo lo so bene, mia piccola spaccona! – le diede un leggero buffetto – Ti sottovaluti perché non ti conosci abbastanza bene, non riesci ancora ad essere sufficientemente obiettiva. Al contrario io vedo la forza che c’è in te. – le accarezzò i capelli – Né io, né Aragorn, Gimli o Legolas abbiamo intenzione di separarci da te. Ma ti assicuro che, anche nella peggiore delle evenienze, tu non avresti nulla da temere, perché il tuo potere è ben più forte del vigore con cui reggi la tua spada. –
“Le mie braccia e le mie gambe sono quanto mi restano, da quando Saruman mi ha fatto tagliare le corde vocali da quel lurido verme… Sai bene che senza la mia voce non posso usare la magia, se non per banali trucchetti. L’incantesimo che ho effettuato a Moria sulla tomba del cugino di Gimli mi aveva prosciugata di tutte le mie energie e fatto salire la febbre. Mi hanno mutilata per rendermi inoffensiva, no? Beh, ci sono riusciti!”
-         
Non è proprio così. La tua menomazione rappresenta un ostacolo, non un impedimento assoluto. – parlò lo stregone in tono fermo.
“Tu stesso mi hai insegnato l’importanza della parola: è chiamando una cosa col suo nome che le diamo forma nella mente ed è così che gli stregoni invocano la magia e compiono i sortilegi.”
-         
Quel che dici è vero, mia cara. Eppure – le sorrise – sono persuaso del fatto che anche se subissi una grave lesione io non cesserei di essere ciò che sono, un emissario di Valinor. –
“Già… e io la figlia di un fabbro.”
Gandalf non rispose, limitandosi a sorridere. Jill aveva imparato a riconoscere quel particolare gesto: il modo in cui lo stregone sorrideva con la bocca e con gli occhi, fissando il suo sguardo penetrante negli occhi del suo interlocutore era la sua personale maniera di lasciare intendere che vi fossero dei sottointesi. Tendenzialmente, però, si era anche abituata al fatto che tali allusioni fossero impossibili da decifrare.
“Vi è qualcosa di perverso nel tuo accennare a informazioni che puntualmente decidi di tenere per te, lo sai, vero?”
Gandalf rise di gusto, arruffandole leggermente i capelli.
-         
Tornerò presto, piccola Jill. –
“Non ti vedo molto preoccupato.”
-         
E perché dovrei? – le sorrise lui – So che lascio questa gente in ottime mani. –
“Spero che le mie si dimostrino forti abbastanza in caso di un assedio.”
-         
Lo saranno. Ricordati, mia cara, che la vera forza non sta nel vigore del braccio, ma nel coraggio del cuore e nella perseveranza di intenti. –
“Con quelli non si abbattono molti nemici, temo.” protestò con una smorfia “Da quel che so io, il valore di un guerriero si misura in nobili gesta solo nelle ballate.”

-          Forse. – sorrise di nuovo enigmatico lui – Eppure io credo che quando tutto questo sarà finito e  ricorderemo questi giorni, parleremo del coraggioso Boromir rammentandone la forza e il valore non per via dei nemici che ha sconfitto, ma per gli amici che ha protetto. –

Gandalf non fu sorpreso dallo scorgere la figura di Legolas quando si chiuse la porta della stanza di Jill alle sue spalle. Sorrise, sornione come un gatto, avvicinandosi al principe.
L’Elfo lo salutò, in toni un po’ più ossequiosi di quelli precedentemente usati dalla Corsara.
-         
Mi auguro che ci ricongiungeremo presto, Mithrandir. Sii prudente. –
-         
Anche tu, principe. – gli sorrise enigmatico – Anche tu. –
Legolas aggrottò la fronte, captando il tono ambiguo dello stregone. Ma Gandalf girò sui tacchi, incamminandosi verso il proprio alloggio senza dargli il tempo di interrogarlo su quella insinuazione.
In effetti vi erano diversi nuovi e interessanti sviluppi per cui sarebbe volentieri rimasto anziché partire alla ricerca di Eomer.
Sorrise tra sé, assaporando quella solleticante curiosità. Gli ingranaggi erano stati messi in moto, ne avvertiva il ticchettio farsi più serrato man mano che gli eventi si susseguivano. Le carte in tavola erano ormai quasi tutte scoperte e chi era in grado di leggerle avrebbe potuto prevedere parte di ciò che sarebbe accaduto da lì in avanti. Tuttavia vi erano ancora figure celate ai suoi occhi e una variabile che avrebbe potuto rimescolare tutte le carte.
“ La capacità di scegliere: la più grande virtù di qualsiasi essere umano… ma al contempo la più terribile delle maledizioni.”
Eppure qualcosa, forse l’istinto o magari la fede, gli diceva che, alla fine, sarebbe andato tutto per il meglio. Gettò un’ultima occhiata all’Elfo alle sue spalle, il cui sguardo aveva indugiato sulla porta della stanza di Jill per poi allontanarsi insieme ai suoi passi, e sorrise.
“ Sì, andrà tutto bene.” pensò cominciando a canticchiare un motivetto tra sé e sé.
-         
Legolas Verdefoglia, a lungo nella foresta
Hai vissuto con gioia. Guardati dall’Onda!
Se il gabbiano odi gridar sulla sponda,
Il tuo cuor più non riposerà nella foresta
.* –

Legolas sospirò, poi svoltò l’angolo.

 

 

 

Continua…

 

 

 

Nota dell’autrice:

* I fan di Tolkien che hanno letto “Il Signore degli Anelli” ricorderanno forse questa citazione: si tratta di uno dei messaggi che dama Galadriel affida a Gandalf, profezie di ciò che il futuro riservava ai membri della Compagnia dell’Anello.

Ho voluto aggiungere questa nota perché sono stati questi versi a ispirarmi per la creazione del personaggio di Jill e dunque di tutta la storia.

 

Monalisasmile

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: monalisasmile