What if I learn to love?

<< Mi hai insegnato cosa significa amare >>.
Sei semplici parole, pronunciate con altrettanta semplicità.
In volto vi era solo quel sorriso, quel sorriso talmente amaro da lasciarle il fiato sospeso. Non sapeva quanti battiti il suo cuore avesse perso, non sapeva nemmeno se fosse per quell'espressione così sofferente o per le parole poco prima pronunciate, talmente lontane ed ovattate da sembrarle impossibili. Dovevano essere impossibili, frutto della sua immaginazione.
Non poteva dirle in quel momento, quando tutto stava crollando. Tutte le sue certezze, i suoi sentimenti, il suo corpo.
"Non ora, non ora, non ora".
<< Avrei voluto stare per sempre al tuo fianco. >>, non lo sentiva veramente, non lo ascoltava. Era troppo persa ad osservarlo, a scrutare ogni particolare di quel volto tanto burbero ma contemporaneamente dolce, come a volerlo figurare in mente, come per non scordarsene mai.
''Anch'io'', avrebbe tanto voluto rispondere, ''anch'io avrei voluto stare per sempre con te'', ma non lo fece. O forse sì, forse lo mormorò, ma non lo udì, non sentì le proprie parole; probabilmente nemmeno Gajeel le aveva udite. Levy, nello stesso viso di cui si era follemente innamorata, vedeva solo quelle lacrime, quelle gocce tanto amare e innocue solcarlo, segnandolo irrimediabilmente.
Non aveva mai visto Gajeel piangere, forse perché lui stesso non aveva mai pianto, troppo forte e orgoglioso, ma al contempo così fragile da sprofondare nel baratro con quelle parole appena sussurrate: << Dopo tutto quello che ho passato... un futuro lontano da te è la cosa che più mi rattrista >>.
L'avrebbe dovuta pronunciare lei, quella frase, lei che era viva e probabilmente lo sarebbe rimasta - almeno fisicamente.
Lui, quell'ostile e rude uomo, non avrebbe più avuto un futuro. Il suo futuro, quello che sempre sognava ai tempi di Phantom Lord, si stava avverando in quel momento. E non c'era più nulla che potesse impedire l'andare del destino. Doveva solo aspettare, aspettare come aveva sempre fatto. Doveva lasciare che quella cascata di pensieri fuoriuscissero dalle sue labbra in simultanea, stordendolo, rendendo il tutto ancora più surreale.
Sarebbe davvero morto lì? Di fronte a lei? Di fronte a quella ragazza che, nonostante lui non volesse, l'aveva fatto sentire vivo? Meritava di avere una fine così misera? Dopo ciò che aveva fatto per redimersi da tutte le sue atrocità, doveva morire di fronte ad un'innocente, colei che non meritava affatto di soffrire, di stare male per uno come lui?
Avevano sbagliato entrambi, non dovevano affezionarsi l'uno all'altro. Erano troppo diversi; lei era l'innocente preda, lui solamente il famelico predatore.
Lei era il bianco, era pura, candida. Lui era il nero, spento, tenebroso, morto.
Era felice, però, di poterla vedere. Di poter abbandonare tutto con l'immagine del suo viso di fronte, anche se piangente.
Non avrebbe dovuto versare lacrime per lui, lui che era solo capace di ferire. Lo stava facendo anche in quel momento: la stava ferendo mortalmente.
Avrebbe tanto voluto urlarle di non piangere, di sorridere, perché voleva andarsene con quelle labbra rosee e sorridenti impresse nella mente, ma non ci riusciva.
Piangeva, piangeva e basta. Entrambi piangevano.
Eppure non riusciva a non sorridere; le sue labbra sottili, lievemente impiastricciate di sangue, erano piegate in un tenue sorriso, probabilmente il primo che avesse mai solcato il suo viso.
<< Ti affido il mio futuro. >>, era una frase talmente sdolcinata che non riusciva a capacitarsi di averla pronunciata, eppure eccola lì, sulle sue labbra umide di lacrime. << Vivi anche per me, va bene? >>
Non aveva sentito altro dopo aver pronunciato quella frase, solo urla ovattate; non capiva se fossero sue o di Levy.
Socchiuse gli occhi scarlatti, cremisi come il sangue che adornava il suo volto - e quello della sua fata.
Non l'aveva protetta, un altro peccato che forse si sarebbe perdonato solo con la morte.
Era tutto leggero, sentiva di star pian piano svanendo, quasi dissolvendosi. Se avesse saputo che la morte era così dolce, proprio come una nenia lenta e appena mormorata, avrebbe desiderato morire tempo addietro, risparmiando tutto quel dolore a Levy.
Si lasciò cullare dal lieve suono del suo nome, quello pronunciato dalla voce spezzata di quella figura ormai troppo lontana e scura per essere riconoscibile.
Improvvisamente tutto finì, ed era nuovamente lì, solo, nel nulla.
Solo una frase a marcare il silenzio: "Noi due, per sempre".






Naru's corner:
Eh, era da tanto che  non pubblicavo fic ad un unico capitolo qui-
Comunque comunque, non penso ci sia molto da dire su... ciò. Doveva essere molto più lunga e articolata, ma boh... è uscita così e penso che aggiungere qualcos'altro farebbe perdere. Non che ci sia veramente qualcosa da perdere, ma illudiamoci che sia vagamente decente c:
E niente, vi invito a lasciare un piccolo commento giusto perché penso di essermi arrugginita. Senza contare che è la seconda fiction Gale che scrivo, quindi non mi stupirei se fosse un obbrobrio - e molto probabilmente lo è. Ho notato che già sono state scritte alcune fic in merito a questo capitolo - mentre io l'ho letto stamattina D: -, quindi spero che non assomigli a qualcuna di queste, perché, considerando che ho praticamente riportato tutto ciò che è accaduto lì, non è tutta 'sta originalità, neh.
Ora chiudo seriamente qui, sperando che qualcuno sia così gentile da confermare la mia ipotesi sulla bruttezza di codesto schifo :)
Alla prossima!

- Naru