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Autore: Dihanabi    09/06/2016    1 recensioni
Pioveva. Il rumore assordante delle gocce che si infrangono lo tormentava. Ticchettavano sui vetri delle grandi finestre, sull'asfalto, sui tetti.
Aveva iniziato a piovere dalle prime ore della mattina, e quando si era svegliato gli aveva ricordato che non c’era lui a svegliarlo, ma soltanto il chiasso della sveglia che lo disturbava.
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Quando tutto diventa un'illusione.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioveva. Il rumore assordante delle gocce che si infrangono lo tormentava. Ticchettavano sui vetri delle grandi finestre, sull'asfalto, sui tetti.
Era tutto così buio che gli sembrava di essere rinchiuso in una bolla, e nessun colore passava attraverso per raggiungerlo.
Aveva iniziato a piovere dalle prime ore della mattina, e quando si era svegliato gli aveva ricordato che non c’era lui a svegliarlo, ma soltanto il chiasso della sveglia che lo disturbava.
Aveva piovuto tutto il pomeriggio e anche gli istanti sembravano scorrere con una lentezza estenuante, stanchi, come a sussurrare la loro tristezza, mentre passano e appassiscono.

La pioggia avrebbe coperto qualunque rumore, tanto cadeva forte, ma nella stanza non c’era alcun suono. Sembrava vuota, ma un‘anima giaceva sul letto, quasi priva di vita. Il respiro era quasi impercettibile.
Stava raggomitolato su stesso, con le dita a stringere il lenzuolo, sino a far diventare le nocche quasi bianche.
Vedeva un riflesso sbiadito sullo specchio. Ci mise un po’ a capire che era il suo.
Neanche si riconosceva più. Quell’immagine era vuota, priva di vita. Lo sguardo spento e nessun sorriso sul suo volto.
Quello non poteva essere lui.

Si rifiutò di guardare oltre, sentendo quella morsa sullo stomaco stringere sempre di più. L’angoscia nel suo cuore dilagava. Il suo sguardo si spostò verso la finestra.
Anche il cielo piangeva, così si sentiva meno solo.

I ricordi gli invasero la mente. Quello stesso giardino che guardava ora, quello stesso cielo e la stessa dannata pioggia. In quel ricordo però c’era un sorriso sulle sue labbra, e rideva felice. Ballava sotto l’acqua in picchiata, con i vestiti ormai appiccicati addosso, completamente zuppi.
Non era solo, c’era lui, che lo guardava in quel suo modo tipico che lo rendeva felice mentre il suo cuore batteva all’impazzata.
Erano rientrati in casa e sentiva le sue mani sulla sua pelle, in carezze fin troppo intime.

Hoseok si era semplicemente innamorato.

Non era stata una cosa voluta, a certe cose non si comanda, ma ora se ne dava la colpa, convincendosi che fosse stato il più grande sbaglio della sua vita.

Quel giorno non gli importava se il cielo fosse grigio e il mondo privo di colori, perché il sorriso dell’altro ragazzo illuminava ogni cosa.
Hoseok amava la pioggia, prima che per lui diventasse tutto così difficile.
Gli piaceva il suono rilassante e la calma che gli dava, gli piaceva vedere i vetri macchiati, e quell’odore di erba bagnata nell’aria.
Poi la pioggia aveva iniziato a portare solo ricordi di lui. Della sua pelle umida, del suo corpo che ballava sotto l’acqua, dell’odore dolce dei suoi capelli grondanti.


E Hoseok lo amava, e, per questo, si sentiva morire.

 

Hoseok lo amava ciecamente, da forse troppo tempo, anche prima di rendersene conto, ma quando quella consapevolezza era giunta tutto era cambiato per lui.
Ogni sorriso aveva un altro valore, ogni frase le faceva innamorare di più, ogni tocco gli procurava decine di brividi.
-Non mi amerà mai- erano le parole che gli distruggevano il cuore ogni singolo istante, anche in quel momento.
Era una giornata così brutta. Il rumore della pioggia non riusciva a coprire i suoi pensieri.
-Ho bisogno di te-


Pioveva. La notte era più buia del solito. Le luci dei lampioni facevano sembrare la gocce mille diamanti che precipitano.
Erano belli, ma la sua mente vuota e pesante non riusciva ad apprezzarli.
La strada era breve, ma sembrava non finire mai. Camminava troppo lento. Il ticchettio di un orologio rimbombava nel suo cervello. Coma faceva a sentirlo? Sembrava un pazzo.
Non aveva nemmeno un ombrello. Tutta quell’acqua rendeva i suoi vestiti così pesanti.
Non c’era nessuno in giro. Era passata solo qualche vettura in decine di minuti.

Non si rese conto di dove stesse andando finché non si ritrovò davanti ad una porta.
Si disse che era troppo tardi per tornare indietro. Che se avesse preso altra acqua si sarebbe sicuramente sentito male.
Mentiva. Mentiva a se stesso.
Lui voleva entrare, anche se sapeva che farlo non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua situazione.

Bussò piano, così piano da confondersi con il ticchettio costante causato dal temporale.
Era la pioggia che bussava alla sua porta.
Ci volle qualche secondo, in cui aspettò invece di bussare di nuovo, quasi rassegnato che non sarebbe mai giunta risposta.
La porta si aprì lentamente, e Hoseok lo vide.
Aveva degli occhiali dalla montatura rotonda posati sul naso, e le ciocche arancio spettinate. Lo trovò semplicemente bellissimo, ma d’altronde lo era sempre.
Gli occhi erano leggermente arrossati, stanchi. Un piccolo sorriso spuntò nel suo viso e aprì la porta completamente, facendolo entrare nel suo piccolo appartamento.
“Hoseok, che ci fai cui?” gli chiese, sinceramente curioso. Nel farlo gli afferrò il polso, e lo trascinò verso il bagno.
Hoseok rabbrividì solo a quello, diede colpa alla calore della pelle dell’altro sulla sua, completamente gelida, ma era ovvio che la causa non fosse quella.
“Io-” non finì la frase, perché non sapeva cosa dirgli. Non aveva scuse o motivi.
“Jimin.” lo chiamò, non si accorse nemmeno di avere le lacrime agli occhi.
“Va bene, non dire nulla.” gli sussurrò quest’ultimo in risposta, con il suo solito sorriso premuroso.
Gli passò un asciugamano sui capelli bagnati, e glielo strofinò addosso.
“Non piangere però. Lo sai che altrimenti piango anche io.” cercò di scherzare.
Era vero. Hoseok lo sapeva, e, purtroppo, aveva sempre sperato che dietro quel gesto si nascondesse qualcosa di più.
Le dita di Jimin gli sfioravano teneramente le guance, cercando di asciugargli le lacrime.
“Non farlo.” singhiozzò “Non fare così.”
Jimin non si rendeva conto di quello che faceva. Era possibile che non si accorgesse di come gli stava logorando il cuore in quel momento?
Hoseok aveva messo piede all’interno dell’abitazione con la convinzione che non si potesse rompere un cuore spezzato, ma evidentemente si sbagliava.
Jimin con il suo sorriso ne stava trafiggendo i rimasugli, per poi bruciarnei resti, procurandogli un dolore sempre più forte.
“Cosa?” chiese Jimin, la sua voce lasciava intendere che non si rendeva veramente conto di tutto quello.
Poi lo abbracciò, non facendo altro che peggiorare la situazione .
Hoseok credette di essere un dannato masochista, perché invece di allontanarlo e correre via si aggrappò alla sua felpa, stringendola e macchiandola con le proprie lacrime.
Le mani di Jimin lo accarezzavano lentamente, passandogli le mani sui vestiti bagnati, riscaldandolo. Anche lui ormai stava piangendo, probabilmente senza neanche saperne il motivo.
“Hobie. Ti prego, non piangere. Non piangere più.” lo stava stringendo forte, così forte che non lo lasciava andare via. E Hoseok si sentiva così bene, così desiderato. Non voleva scappare, voleva restare tra quelle braccia per sempre, e morirci. Di una lenta e dolce morte per amore.

Nuovamente, si illuse.

“Non sono abituato a vederti così. Dov’è il tuo sorriso e la tua risata?” gli chiese il minore.
-Te li ho regalati tempo fa, insieme al mio cuore- ma ovviamene non glielo disse.

Restarono così per minuti, stretti assieme al centro di quel bagno.
Fu Jimin a rompere quell’abbraccio, solamente per tornare ad asciugare l’acqua piovana sul corpo dell’altro ragazzo.
Poi lo trascinò fuori, questa volta intrecciando le dita alle sue.
Hoseok non piangeva più, non sa neanche lui perché, forse aveva esaurito le lacrime o era semplicemente troppo stanco.

“È notte fonda. Ti avrò disturbato.” si rese conto. Ma poi notò il computer portatile aperto sul tavolino e non se ne preoccupò più quando Jimin gli disse di stare tranquillo.
Lo fece adagiare sul letto e Hoseok si sentì improvvisamente a disagio, soprattutto quando Jimin iniziò a privarlo dei vestiti.
“Che-che fai?” gli chiese, la voce leggermente più alta del solito.
“Metti i vestiti asciutti.” gli ordinò. Hoseok levò le mani dal suo corpo in fretta, mettendosi i vestiti il più rapidamente possibile.
“Come se fosse la prima volta che ti vedo nudo.” scherzò.
“Siamo migliori amici da sempre.”
Era proprio quello il problema, ma Jimin non poteva immaginarlo.
“Dormiamo un po’. Domani starai meglio e se vorrai me ne parlerai.”
Il problema in tutto quello era il piccolo letto nella stanza. Jimin non se ne curò, privandosi degli occhiali e sdraiandosi accanto a lui.
Non era la prima volta che dormivano insieme, ma Hoseok questa volta non era calmo.
Jimin gli avvolse il busto, e poggiò il capo sul braccio del maggiore, avvicinandosi.
Il più piccolo dei due non ci mise molto tempo ad addormentarsi, ma il più grande invece non chiuse occhio tanto facilmente.
Invece passò la notte ad osservare come brillavano le labbra umide e socchiuse del maggiore.
Avrebbe voluto baciarle, ma non approfittò del momento. Non era interessato ad un bacio rubato, pur sapendo che avrebbe sentito le farfalle nello stomaco anche con così poco.
Voleva mettere le mani sulle guance di Jimin, sul suo collo, tra i suoi capelli, e baciarlo lento. Passando le labbra sulle sue e muovendole lentamente. Avrebbe giocato con la sua lingua, lo avrebbe morso o si sarebbe fatto mordere, avrebbe gioito di quando quella carne fosse morbida e il suo sapore squisito. Era sicuro che le loro labbra sarebbero stata a dir poco perfette, le une sulle altre.
Più di ogni altra cosa, però, voleva sentire quella voce dolce dire “ti amo, Hoseok.” sussurrato nel suo orecchio, urlato al mondo, e tra un gemito e l’altro mentre facevano l’amore.

Illusione. Ancora un’illusione.

Mosse la labbra a formare una parola “Amami.” ma nessun suono uscì.


Quando si svegliò la mattina successiva, Jimin era ancora lì, e Hoseok desiderò fosse per sempre.
Le loro dita erano intrecciate, strette tra loro. Non sapeva come fosse successo, ma quello che lo stupì di più era Jimin. Infatti lui era già sveglio e lo guardava con il suo solito e brillante sorriso.
Questa volta Hoseok ricambiò.
Jimin era ancora poggiato su di lui, con un braccio a cingergli il ventre,, le dita intrecciate, così come la gambe, e i visi pericolosamente vicini.
Il sorriso di Jimin era troppo bello, e Hoseok smise semplicemente di pensare.
Si stava davvero illudendo?
“Ti amo.” gli disse. Il cuore quasi gli esplose quando si rese conto di averlo detto davvero.

 

 

 

 

 

NdA

Si. È finito così. So che mi volete morta ora lol. So anche che questa fic è inutile e senza senso, ma sono ore che piove, ok?
Non so se scrivere un sequel, credo mi baserò su eventuali commenti, ma dubito di ciò.
È scritta di getto perciò se notate errori ditemelo pure così correggo.
E... niente. Secondo voi? Si sta illudendo? O anche Jimin lo ama e lui non lo sa?

Alla prossima
Bye
Dihanabi

  
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