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Autore: Fujiko91    09/06/2016    7 recensioni
Sono stata al mare e questo mi ha dato l'ispirazione per questa Thilbo (Bagginshield) *w*
Un piccolo Bilbo, che per il suo compleanno va in villeggiatura al mare con i suoi genitori in quel luogo, conosce e fa amicizia con un nano di nome Thorin...
Un 'amicizia nata con una semplice frase detta con la delicatezza di un giovane e dolce hobbit ad un nano scorbutico: "Allora tu sei una quercia e io sono il mare.”
50 anni dopo rincontrerà il suo amico nano ma tra i due nascerà un nuovo sentimento...
Vi auguro una buona lettura! *^*
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Belladonna Tuc, Bilbo, Bungo Baggins, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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In un grazioso buco-hobbit chiamato Bag End, abitavano Belladonna Tuc, suo marito Bungo Baggins e il loro unico figlio, Bilbo. Quest'ultimo era un bambino immensamente dolce, caratterizzato da un morboso amore per le avventure. Il piccolo hobbit, infatti, amava passare le sue intere giornate nei boschi che circondavano la Contea, con il fine di  andare alla ricerca degli Elfi.

 

“Sai, avrei pensato che per il compleanno di Bilbo sarebbe divertente andare al mare.

Tu cosa ne pensi, mio caro?” chiese un giorno Belladonna Tuc a suo marito.

Bungo Baggins era sempre stato uno hobbit rispettabile, non coltivava molto interesse per le avventure; ma come poteva rispondere di no alla sua dolce metà quando lo guardava con quegli occhioni teneri? Inoltre, Bilbo lo vedeva sempre più annoiato e sconsolato, a quel bambino, un po’ di svago, gli avrebbe potuto fare solo che bene. Così il padrone di Casa Baggins rispose: “Va bene, mia cara, penso proprio che ci farebbe bene una bella vacanza al mare, soprattutto a Bilbo.”

Detto questo chiamarono Bilbo e lo informarono che il mattino seguente sarebbero partiti presto per andare a vedere il mare. Ovviamente il piccolo si infervorò oltre ogni limite, a quella notizia.

Il giorno dopo l'intera famigliola partì alle prime luci dell'alba, ovviamente non prima di aver fatto almeno due colazioni, con la scusa che,non avrebbero dovuto fare ulteriori soste.

Appena finito di mangiare, i tre raggianti hobbit uscirono di casa e montarono sui loro pony, pronti per quella nuova ed entusiasmante avventura.

 

                                              ***

Dopo un’ intera settimana di viaggio, la famiglia Baggins giunse finalmente alle porte della città chiamata Lond Daere Ended.

Belladonna prese in braccio il piccolo Bilbo, aiutandolo a scendere dal pony, mentre egli si guardava intorno un po’ spaesato ma, allo stesso tempo, meravigliato. C'era un viavai indescrivibile, in quella città: uomini, nani ed elfi, tutti indaffarati come non mai.

La città era gremita di cantieri navali in cui lavoravano fabbri, umani e nani, agli occhi del piccolo Bilbo tutto ciò era a dir poco meraviglioso.

Bungo, dall'altro canto, non si poteva certo definire come un' amante della confusione. Infatti non aveva perso tempo nell'ammirare quel luogo completamente diverso all'amata Contea: aveva preso per mano sua moglie e suo figlio, e si era affrettato verso la prima taverna che era comparsa nel suo campo visivo.

Bungo Baggins si mise vicino al bancone ed alzò la mano per farsi notare dal proprietario. Quando quest’ultimo arrivò, lo hobbit disse: “Buongiorno, io e la mia famiglia vorremmo dormire qui, siamo in villeggiatura.”

“Mi dispiace ma non abbiamo letti disponibili” rispose l'uomo con fare altezzoso. “Vi consiglio di provare lungo il mare: lì ci sono locande più adatte ai villeggianti.”

Belladonna Tuc, la quale poteva vantare di un bel caratterino, prese suo marito e suo figlio ed uscì da quel postaccio. “Oh mamma mia, che maleducato! Dai, andiamo lungo il mare, sicuramente lì saranno meno arroganti!”

Bungo e Bilbo non se lo fecero ripetere due volte e si lasciarono trascinare da lei.

La strada lungo il mare era completamente diversa dal centro della città: da un lato c'erano i pescatori, mentre dall'altro tantissimi negozietti di vario tipo, tra cui due o tre botteghe di dolci. Ovviamente queste ultime non sfuggirono agli occhi dei tre ghiottissimi hobbit.

Dopo una breve camminata, la famiglia Baggins trovò finalmente una graziosissima locanda chiamata Il canarino giallo.

Bilbo smontò dal pony con l'ausilio di sua madre. “Guardate che carina questa locanda! È deliziosa! Possiamo entrare, mamma?”

“Sì, hai ragione, è veramente deliziosa… certo che possiamo entrare! Forza Bungo, vieni!”

Nel momento in cui i tre hobbit varcarono la soglia, rimasero senza parole: i tavolini erano tondi e ricoperti da delle tovaglie rosse; le seggiole di legno erano dipinte di bianco, risultando immediatamente gradevoli alla vista… per non parlare dei vari quadretti appesi alle pareti! Questi ultimi rappresentavano torte e tanti altri dolcetti. In fondo alla sala si trovava il bancone, anch'esso imbellettato da pittoresche decorazioni.

Una volta che si fu ripreso dalla meraviglia, Bungo suonò il campanello che si trovava sul bancone, provocando un suono tintinnante.

“Arrivo subito!” disse una voce dietro a una porta. Con grande sorpresa dei tre hobbit, il proprietario era un nano, un nano dalla lunga barba canuta, un po’ arruffata, ma per il resto era abbastanza in ordine. “Cosa posso fare per voi, piccoli signori?”

Fu Bungo a rispondere: “Ci troviamo qui in vacanza, vorremo una stanza.”

Il nano controllò una pergamena, per poi dire: “Sì, ne ho proprio una adatta a voi, ora vi ci faccio accompagnare da un mio nuovo lavoratore appena arrivato da lontano. Spero solo che non vi dia fastidio il fatto che qui siamo tutti nani...”

Lo hobbit si affrettò a rispondere: “Certo che no! Non preoccupatevi e grazie ancora per la camera; oltretutto qui è tutto molto carino e pulito...”

Quella era la prima volta che la famiglia Baggins si ritrovava un nano davanti, ma per loro non era un problema condividere quella taverna con quei piccoli esseri, non si sarebbero certo rovinati la vacanza per questa sciocchezza.

Il giovane nano incaricato di scortarli nella loro stanza era molto taciturno. Mentre salivano le scale, Bilbo decise di iniziare un specie di conversazione con quello sconosciuto: “Come ti chiami?”

Il misterioso individuo si voltò con aria seccata. “Mi chiamo Thorin. Comunque questa è la vostra camera, buona permanenza, la cena sarà servita alle sei!” Se ne andò, lasciandoli soli.

Sul volto del piccolo hobbit si dipinse un broncio. “Mamma, ho detto qualcosa di sbagliato al signore?”

“No, penso che il signor nano sia solo stanco, tesoro. Non farci caso.”

“Va bene mammina!”

Dopo questo breve dialogo, i tre hobbit si accinsero a sistemare le loro cose. Bungo mise le sue pipe nel cassetto del comodino, invece Bilbo scelse il letto più comodo di tutti, o perlomeno lo era secondo il suo modesto parere.

Dopo aver messo tutto a posto, Belladonna aprì la finestra e, in men che non si dica, il piacevole odore di salsedine le giunse alle narici, per poi penetrarle nei polmoni, elargendole una sensazione di libertà, di purezza. “Guardate che bello!” esclamò ammirando il mare con il cuore colmo di gioia e meraviglia.

“Sì, hai proprio ragione!” convennero Bilbo e Bungo, simultaneamente.

 

Quando l'orologio segnò le sei in punto, i tre hobbit andarono a cenare. La sala era gremita di nani, tra i quali spiccava una giovane di nome Dís, madre di due piccoli nanetti che, ad avviso di Belladonna, potevano essere considerati coetanei di Bilbo, più o meno. Sarebbero potuti diventare compagni di giochi.

“Oh miei cari signori! Sedetevi pure, tra poco sarà servita la cena.” Detto questo, la nana si sedette al tavolo vicino a quello della famiglia Baggins, insieme ai suoi figli.

“Scusate…” Belladonna iniziò a rivolgersi a Dís. “Volevo chiedervi se i suoi figli potessero giocare con il mio, in spiaggia, qualche volta.”

Bungo si mise una mano sulla fronte, a disagio, mentre la nana rispose: “Sarebbe meraviglioso, ma non penso che ne troverebbero il tempo… sapete, loro devono allenarsi.”

“Scusate,” intervenne Bilbo con la sua vocina da bambino. “Ma cosa significa allenarsi?”

Bungo rispose prontamente: “Penso che significhi usare le armi. Una cosa che tu, mio caro, non farai mai. Perché noi siamo hobbit, e come tali non facciamo uso di spade e quant'altro, anche perché, fortunatamente, nella Contea non ce n’è mai bisogno.” Il padrone di Casa Baggins indurì il suo sguardo. “Ora cambiamo argomento, però, non voglio che tu faccia incubi stanotte.”

Tutti i nani avevano ascoltato il discorso, ma non ci fecero molto caso. L'unico di loro che decise di fare un intervento, fu Thorin, il quale disse in modo più o meno garbato: “ Quindi, secondo lei, noi non facciamo bene a pretendere che i nostri giovani sappiano difendersi?”

“Lo sapete che nei miei libri i nani sono malvagi? E sapete che sono sempre gli elfi a salvarli?” gli chiese Bilbo con tono impertinente. “Non vorrei sembrare sgarbato, ma noi siamo hobbit e siamo in vacanza, e domani è il mio compleanno! Quindi vorrei tanto potermi godere la cena con la mia famiglia. Se voi siete antipatico e di cattivo umore, vi consiglio una buona tisana rilassante!”

I nani, questa volta, rimasero a bocca aperta. Thorin era talmente rosso in viso dalla rabbia, che sua sorella temette che di lì a poco sarebbe esploso. Con passi pesanti e minacciosi, si diresse verso quel piccolo insolente, ma Belladonna lo fermò con il tono imperativo della sua voce: “Non osate avvicinarvi a lui, se no vi faccio assaggiare la furia di una madre che protegge il proprio piccolo!”

Quando la hobbit si alzò indignata, Bungo e Bilbo la imitarono immediatamente, non volendo restare un minuto di più nello stesso luogo in cui si trovava un nano che si era dimostrato così maleducato nei loro confronti.

Il giovane hobbit, quando passò accanto a Thorin, gli sussurrò: “Mi dispiace tanto per prima, non volevo...”

 

Quella mattina Bilbo si svegliò di buonora, e non solo perché era il suo compleanno… voleva assolutamente chiedere scusa a quel nano scorbutico. Così si lavò e vestì in tutta fretta, per poi affrettarsi giù per le scale. Quando giunse al piano di sotto, sentì una conversazione interessante, così si nascose e ascoltò.

“Thorin, non avresti dovuto prendertela con gli ospiti solo per quella frase. Oltretutto detta da un bambino troppo piccolo per essere a conoscenza di tutto quello che noi nani di Erebor siamo stati costretti a passare... dovresti solo scusarti con loro.”

Non appena il nano anziano si allontanò, il piccolo hobbit si accostò a Thorin. “Ciao! Ecco, io volevo chieder...”

Non riuscì a finire la frase, poiché il suo interlocutore disse subito: “No, sono io che devo chiedere scusa a te e ai tuoi genitori… Comunque, oggi è il tuo compleanno, no?”

“Sì signore! Oggi compio la bellezza di  7 anni hobbit!”

Thorin lo guardò sorridendo intenerito da tutta quella innocenza, domandandosi come diamine fosse riuscito a prendersela con quel batuffolo riccioluto.

“Wow! Ma allora anche voi sapete sorridere! Pensavo che i nani scorbutici non sorridessero mai… Comunque voi dovreste farlo più spesso, perché avete un gran bel sorriso!”

“Grazie. Comunque dammi pure del tu… Senti, visto che è il tuo compleanno, che ne diresti se ti portassi a vedere il mare?”

“Certo che voglio! Tanto i miei genitori stanno ancora dormendo.”

Uscirono dalla locanda per poi  imboccare una stradina che scendeva verso il mare. Quando giunsero a destinazione, Bilbo divaricò le braccia e annusò l'aria, alzando il capo con aria rilassata. “Ma è bellissimo! Ed è blu come i tuoi occhi. Tu sei come il mare.”

Il nano rimase un attimo in silenzio, sorpreso da quanto potesse risultare poetico e sensibile un bambino così piccolo. “Ti sbagli,” disse infine, “io sono una quercia. Sai, mia madre me lo diceva sempre, perché ero forte e resistente proprio come quell'albero.” “Allora tu sei una quercia e io sono il mare.”

Bilbo non aveva idea di come quella frase fosse potuta uscire dalle sue labbra, ma al nano parve piacere, quindi non si fece molti problemi.

Il pomeriggio festeggiarono il compleanno del piccolo hobbit. Quando la famiglia Baggins dovette partire, Bilbo disse al suo nuovo amico: “Addio! Spero che ci rivedremo un giorno.”

Lo spero anch’io, pensò Thorin guardandolo farsi sempre più lontano.

 

                                                                  ***

 

Gli anni erano passati troppo velocemente per i gusti di Bilbo. Ormai aveva compiuto 50 anni e i suoi genitori erano venuti a mancare fin troppo presto. Anche se era passato molto tempo, il signor Baggins continuava a pensare a quel nano misterioso, domandandosi se l'avrebbe mai rivisto…

 

Quella era stata una sera piuttosto movimentata a Casa Baggins: dodici nani si erano letteralmente piombati nel buco-hobbit, con il totale sconcerto di Bilbo, il quale, per quel bello scherzo, doveva ringraziare il suo carissimo amico Gandalf.

All’improvviso, qualcun altro bussò alla porta. Lo hobbit andò ad aprirla e provò una gioia immensa nel ritrovarsi davanti quegli occhi blu come il mare, quegli occhi che neanche il tempo era riuscito a cancellargli dalla mente. La felicità fece presto a trasformarsi in tristezza, dal momento che Thorin non si ricordava di lui. Bilbo decise di partire con i nani, sperando che, prima o poi, il suo vecchio amico l'avrebbe riconosciuto.

Durante il viaggio c'erano state molte occasioni di dialogo, ma Thorin non aveva mai voluto parlare con lo hobbit. Solo dopo il salvataggio da Azog il nano si decise: “Perché mi hai salvato? Insomma, ci conosciamo da poco tempo e quindi non penso che tu ti senta in debito con me o che ti sia affezionato…”

Ma allora è vero! Pensò lo hobbit colmo di mestizia e di indignazione, quest'idiota non si ricorda di me. Il signor Baggins pensò bene di ripetergli la frase che gli aveva rivolto anni addietro, sperando che sarebbe servita a qualcosa: “Tu sei la quercia e io sono il mare.”

A quelle parole, sul volto del nano si dipinse uno sguardo basito. “Ma allora tu sei quel bambino…”

Bilbo sorrise, divertito dall'espressione che aveva assunto il suo amico. “Ma certo che sono io! Comunque sei sempre uguale, non sei cambiato neanche un po’. Sei sempre il solito nano scorbutico e dai modi rudi.”

Thorin si mise a ridere. “Io sarò pure scorbutico e rude, ma tu ti ricordi le parole che mi avevi rivolto allora?” Lo guardò con uno sguardo scherzosamente risentito. “Comunque, a parte questo, eri un bambino veramente adorabile.”

Bilbo rimase un attimo in silenzio, cercando di interpretare quell'adorabile. '“Lo sai che da quando ti ho conosciuto non ho fatto altro che pensarti? E, quando sono morti i miei genitori, ti ho pensato ancora di più.” Mentalmente si diede dello stupido, domandandosi dove diamine avesse trovato il coraggio per rivolgergli quelle parole.

“Spero che tu sopravviva alla fine di quest’avventura, perché dobbiamo chiarire un po’ di cose.”

Dopo quella conversazione, ne seguirono altre molto più prolisse. Bilbo raccontò a Thorin dei suoi genitori, di come li aveva perduti, mentre Thorin gli parlò del nefasto arrivo di Smaug.

Thorin avrebbe voluto dire a Bilbo che, con la frase tu sei quercia e io il mare,' l'aveva salvato dalla disperazione, ma non riuscì a diglielo per tutto il viaggio.

 

                                               ****

Erebor era stata riconquistata, la battaglia vinta e anche la malattia del drago era solo un brutto ricordo. I lavori per la ricostruzione erano terminati e ora la montagna sfolgorava di nuovo di una luce splendente, mentre al suo interno le risate e la felicità regnavano sovrane.

Tutti erano felici, tutti tranne Bilbo: era consapevole che era ora di tornare a casa, d'altronde era pur sempre uno hobbit, non un nano. Non aveva motivo di restare lì.

“Io torno alla Contea!” disse Bilbo, deciso.

“Cosa?! Perché? Non puoi!” sbraitò Thorin avvertendo il suo cuore spezzarsi in due.

“Perché non posso? Mi devi spiegare il motivo per cui vuoi che io rimanga.”

Il nano divenne misteriosamente paonazzo e prese a grattarsi la nuca, visibilmente imbarazzato. “Beh, ehm… ecco, perché... perché mancheresti troppo a Kili e a Fili...” “Thorin, ti prego, dimmi la verità, sii sincero per una volta.”

Perché non riesco a dire a Bilbo che lo amo e che vorrei che stesse qui con me per sempre? Devo dirglielo! Ora o mai più! “Perché io ho bisogno di te! E non solo come amico, ma come sposo, io ti... amo! Tu mi hai salvato con quella frase, mi hai salvato dalla disperazione. Tu sei stato l'unico che ha effettivamente fatto qualcosa per salvarmi dalla pazzia. Per non parlare di quella volta che ti sei gettato sull’orlo per salvarmi! Tutto ciò mi ha fatto intendere che ti amo, Bilbo. Io ti amo!”

Lo hobbit rimase fermo, gli occhi spalancati in segno di stupore. La sorpresa fece presto a trasformarsi in gioia; sul volto di Bilbo si aprì un largo sorriso, mentre le sue braccia cinsero il collo del nano. “Oh Thorin! Anch'io ti amo! Prima ti consideravo un buon amico, ma poi con il tempo sei diventato qualcosa di più e ora non vedo l'ora di diventare tuo!”

Tutto è bene quel che finisce bene: Thorin e Bilbo si sposarono. Inizialmente i nani di Erebor rimasero un po’ sbigottiti: speravano che il loro re sposasse una femmina ma, soprattutto, un membro della razza nanica. Ma Scudodiquercia era felice, questa era la cosa più importante. Quindi nessun nano ebbe il cuore di criticare.

Finita la cerimonia, Bilbo sussurrò all'orecchio del suo amato re: “Tu sei la mia quercia,  io sarò per sempre il tuo mare, mio adorato nano!”

“Sì, per sempre, mio amato Bilbo”.

 

Spazio del autrice:
sono andata al mare poi sono incominciate le vacanze mettete il tutto ed ecco cosa otterrete! Questa modesta o carina a vostro parere One shot *^*
Ringrazio come sempre la mia beta!Grazie mille di tutto! u.u
Alla prossima dalla vostra Fujiko91.

 

  
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