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Autore: JCM_    10/06/2016    20 recensioni
[Storia Interattiva. Nove posti disponibili. Iscrizioni aperte sino al 17/06]
Dal Prologo.
« Non vedo perché debba essere colpa mia. Il carro diviene sempre più restio a varcare le porte dell’Aurora e percorrere l’arco del cielo. Eppure io eseguo il mio lavoro alacremente e senza mai lamentarmi. Dovreste lodare il mio zelo, padre,» esclamò Apollo gesticolando animatamente come per scacciare da sé la minaccia.
[...]
« Le Praterie degli Asfodeli sono in subbuglio. Sempre più anime scompaiono risucchiate nella fossa. Thanatos riesce a stento a controllare che chi di dovere rimanga bloccato dall’altra parte.»
[...]
« Il sigillo della Notte è stato rubato,» esplicò Athena.
[...]
Nove semidei sotto lo stesso sigillo dovran partire
Se la Notte senza fine vorranno impedire.
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuova generazione di Semidei
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Prologo
 
L’Olimpo era avvolto in un’aura d’attesa quel giorno di fine Dicembre.
L’antica sede degli dei greci svettava irraggiungibile sopra le nubi di New York, al seicentesimo piano dell’Empire State Building.
Un ponte d’oro univa l’umano al divino danzando con le nuvole soffici che il padre degli Dei si divertiva a creare nei momenti di ozio. Un ozio classico, quell’esercizio spirituale di cui cantavano Cicerone e Orazio, l’esaltazione della libertà intellettuale.
Templi maestosi in onore dei dodici del Consiglio sorgevano nella piana del cielo inframmezzati dai palazzi e dalla splendida agorà dove ninfe, semidei di ogni tempo e divinità minori si dilettavano in canti, giochi e risate inondando di gioia e tenerezza i monumenti candidi di una cultura non ancora spezzata.
Quel giorno, però, le risate s’erano attenuate, rispettose dell’evento annuale del Gran Consiglio.
Zefiro allietava la piana con la sua brezza leggera e piacevole che faceva danzare le fronde degli alberi e increspare la superficie delle fontane.
Non era mai Inverno sull’Olimpo neanche il giorno del solstizio, con la notte più lunga dell’anno, un’antica magia per non dimenticare un nemico inquietante.
Le statue dei sovrani accoglievano accoliti e divinità indistintamente all’entrata del palazzo di Zeus, la maestosa porta d’oro intarsiato che celava al resto del mondo intrighi, giochi di potere e una famiglia che si teneva insieme per pura forza di volontà.
Il re dell’Olimpo avanzava deciso e inquieto, le sopracciglia di nuvole aggrottate e gli occhi blu elettrico quasi nascosti per quanto erano assottigliati.
L’unico pensiero che riusciva a mitigare la rabbia, l’ansia e il timore crescente erano le belle braccia candide intrecciate al suo gomito.
Hera passeggiava ignara della ragione che angustiava l’animo di suo marito mentre gli carezzava lievemente l’avambraccio per farlo calmare. L’aveva trovato ad osservare il nulla nelle loro stanze solo qualche minuto prima, il volto di pietra che mostrava un’imminente tempesta.
Aveva assunto la stessa espressione quando aveva scoperto che s’era coalizzata con Poseidon, Athena e Apollo per rovesciarlo dal suo trono. O quando Kronos, il loro padre infanticida e cannibale, era risorto dalle ceneri di quel piccolo figlio di Hermes di cui s’era dimenticata il nome.
Hera era assolutamente certa di non aver tradito suo marito un’altra volta e,- che le Parche ce ne scampino se non fosse così-, di certo il loro padre erano ancora disperso nelle sabbie del mondo.
Zeus osservò la sua moglie di marmo bianco alla destra dell’immenso portone, lo sguardo perso nelle splendide fattezze del suo volto eterno e immutabile.
Le avevano reso giustizia, ma nulla avrebbe eguagliato la luce nei suoi occhi color della terra inumidita dalla pioggia, o l’esatta sfumatura del suo sorriso quando la faceva ridere, o il dolce profumo della sua pelle.
Il marmo era troppo distante.
Zeus la strinse a sé con più forza per ricordare che Hera sarebbe sempre rimasta al suo fianco e insieme entrarono in sala.
Il candore del pavimento e delle colonne rifletteva la luce del Sole alto nel cielo, i dodici troni che ad omega occupavano nella loro interezza lo stesso spazio di Times Square, ognuno diverso, ognuno perfetto per l’occupante.
Il loro Hephaestus badava ai dettagli anche se a volte il lavoro delle sue mani poteva apparire alquanto esplosivo.
La sala sarebbe potuta apparire vuota a un occhio disattento, ma Hera riconobbe subito il calore gentile emanato da sua sorella.
Hestia, il corpo da bambina e gli occhi gentili, il chitone ionico marroncino come la terra di Siena inframmezzato da cuciture dorate che l’avvolgeva sino alle caviglie, stava ravvivando il focolare facendo danzare le fiamme al suo interno, l’anfora di Pandora che conteneva la speranza del genere umano stretto al fianco.
Sollevò lo sguardo e incontrò quello dei suoi fratelli con un sorriso accogliente che le bagnava le labbra sottili. Era una delle tante ragioni per cui tutti amavano Hestia. Aveva un sorriso per chiunque ed era sempre dolce e affettuosa. Persino Zeus nel suo stato di profonda frustrazione non riuscì a trattenere un sorriso dinanzi alla calma pacatezza della piccola.
« Mi congedo,» esclamò delicata prima di scomparire in una vampata crepitante.
I due sovrani si accomodarono ai loro rispettivi troni, d’oro massiccio intarsiato con scene di fulmini, tempeste e prodezze epiche per il re, d’adamante armonioso e lucente per la regina.
Hera si sistemò il chitone che luccicava come mille piume di pavone intrecciate, la treccia d’ebano che arrivava sino al ventre, le mani dalle dita affusolate e candide che cercavano quelle del marito.
« Cosa ti turba, mio caro? Non riesco a scorgerti tanto in collera,» mormorò la regina del cielo, la voce dolce come l’ambrosia e melodiosa come il canto dell’usignolo.
Zeus intrecciò le dita a quelle della moglie sino a racchiuderle del tutto la mancina carezzandola con dolcezza.
« Un’altra minaccia è in agguato,» affermò roco ammettendo a se stesso che i segnali erano sin troppo chiari per poter essere ignorati.
Hera lo scrutò seria, ricercando qualche particolare nel suo sguardo che potesse esserle d’aiuto. Le minacce erano sempre all’ordine del giorno, ma Zeus sembrava sin troppo angustiato. Si sporse a sfiorargli la guancia con un bacio appena accennato, un sorriso sicuro ad arcuarle le labbra
« Di qualunque natura si tratti, la famiglia rimarrà unita,»  esclamò serena per tentare di mitigare la frustrazione del marito. E Zeus dovette ammettere che un bocciolo di speranza gli aveva riscaldato il petto nell’udire quelle parole pronunciate dalla sua sposa.
Per quanto male si fossero arrecati l’un l’altro,- più lui di lei, ad onor del vero,- si sarebbero sempre amati.
La loro famiglia si stava riversando nella sala compostamente e senza fretta. Poseidon con la sua camicia hawaiana e le bermuda, l’unico degli Olimpi ad aver ereditato gli occhi della loro madre, avanzava sorridendo con al fianco Hephaestus mentre discorrevano delle sue fucine sotto il mare e dell’acquario dell’Ofiotauro che muggiva silenzioso nella sua bolla.
Athena apparve con elmo e corazza, gli occhi grigi e tempestosi stretti in un’espressione rapace come la civetta che era il suo animale sacro. Sua figlia aveva già fiutato la minaccia e questo non fece altro che alimentare la consapevolezza del pericolo in lui.
Apollo e Artemis entrarono bisticciando come loro solito, il dio del Sole brillante come la sua stella, i capelli d’oro e gli occhi così azzurri da ricordare quelli del padre, la dea della Luna dalla veste d’argento e dagli occhi che sembravano rilucere di luce propria contornati da una chioma fiammante che ricordava quella di sua madre.
Ermes controllava sul caduceo le ordinazioni ammonendo i suoi serpenti come avrebbe fatto con dei bimbi un po’ discoli.
Demeter camminava triste e gelida verso il trono al fianco della sorella minore. La sua Persephone era tornata negli Inferi da suo marito.
Ares avanzava baldanzoso verso il suo trono, il volto che sembrava essere stato immerso nei vetri rotti per quanto era ricoperto di cicatrici.
Aphrodite catturò subito lo sguardo di tutti facendo il suo ingresso fasciata da un abito perlaceo e i capelli intrecciati con cura.
Dionysus giunse borbottando contro l’ingiustizia che lo vedeva ancora in quel campo di sciocchi semidei, il ventre prominente coperto da una camicia leopardata che Hera trovò di pessimo gusto. Avrebbe dovuto conversare con Ariadne a riguardo dell’orribile senso estetico di suo marito, cosa che non aveva assolutamente ereditato dal padre. Zeus indossava sempre uno smoking gessato blu che faceva rilucere i suoi occhi.
Per ultimo giunse Hades, l’elmo del terrone contro il fianco destro, il completo di lana nera intessuto con le anime dei morti, lo sguardo scuro come gli abissi del Tartaro, le labbra sottili che si piegarono in un sorriso soltanto quando incontrò i caldi occhi aranciati di Hestia.
Gli Dei si disposero al loro posto e un silenzio carico di rispetto scese sulla sala in attesa che il re prendesse la parola per primo.
Zeus percorse la sala sino ad incontrare lo sguardo di Apollo che sedeva tranquillo sul suo trono, alle orecchie un paio di cuffie e l’iPod abbandonato sulla coscia mentre dava il ritmo picchiettando le dita sui braccioli. Tossicchiò seccato e suo figlio fu lesto a togliersi le cuffie e a rivolgergli un sorriso. Da quando era tornato divino, dopo essersi lasciato alle spalle Lester Papadopoulos, era sempre attento a non contrariare suo padre.
« È dunque vero, figlio?»
Apollo si mosse a disagio sul trono dorato, tentando di rifuggire lo sguardo colmo di minacce sottintese di Zeus.
Artemis si volse ad osservare il gemello arcuando le sottili sopracciglia ramate, le labbra schiuse e curiose. Apollo non la guardò limitandosi a osservare il pavimento che s’era fatto tutt’un tratto interessante quanto le armoniose Nove Muse.
« Di cosa discorri, padre?» domandò quindi la vergine eterna dando voce a ciò che era nella mente di tutti gli altri.
« Le notti diventano sempre più lunghe,» incominciò Zeus, la voce greve e roca come un tuono che si preparava a scuotere il cielo.
« È l’Inverno,» ribatté Ares poco interessato al discorso. Se non poteva uccidere nessuno e non riguardava la sua bella dea che in quel momento si stava ammirando nella superficie riflettente del suo trono, non gli poteva affatto importare..
« Grazie per aver rimarcato l’ovvio, Ares. Nessuno di noi se n’era accorto prima.»
Demeter era sempre intrattabile d’Inverno, quando sua figlia le veniva strappata via da quel villico di suo fratello. Hades sollevò le sopracciglia per nulla impressionato da quello sfogo. Il patto era chiaro. Che sua sorella si rassegnasse. A suo parere le aveva già concesso troppo
« Davvero?» domandò il dio della guerra, limitandosi a sollevare le ampie spalle coperte dalla mimetica rosso scuro, come il sangue appena versato.
Demeter si voltò verso la sorella come per intimarle di ammonire suo figlio, ma Hera rimase cieca a quello sguardo, il capo completamente rivolto a suo marito.
« Non vedo perché debba essere colpa mia. Il carro diviene sempre più restio a varcare le porte dell’Aurora e percorrere l’arco del cielo. Eppure io eseguo il mio lavoro alacremente e senza mai lamentarmi. Dovreste lodare il mio zelo, padre,» esclamò Apollo gesticolando animatamente come per scacciare da sé la minaccia.
Zeus lo scrutò con disappunto, gli occhi di un blu elettrico stretti e minacciosi come punte di un fulmine pronto a colpire, quando sua sorella lo interruppe nella sua migliore versione da madre attenta alle diete bilanciate.
« Più cereali. Dovresti mangiare più cereali. Saresti in forze e pronto per il lavoro duro. O un bel secolo a zappare la terra. Tempra lo spirito.»
« Grazie, Demeter. Sei come sempre molto creativa nei tuoi suggerimenti,» replicò Hera in un sospiro. Sua sorella sapeva essere davvero troppo ripetitiva. Nessuno avrebbe mai scelto i suoi cereali se l’alternativa fossero stati dei sani tramezzini con la salsa di gamberi. Glielo ripeteva da secoli.
Apollo evitò saggiamente di replicare, il pensiero di Meg McCaffrey che gli rimbombava nel petto dorato, tentando di rendersi più modesto sul suo trono. Cosa alquanto difficile visto che era alto sei metri e che aveva una t-shirt gialla.
« Le Praterie degli Asfodeli sono in subbuglio. Sempre più anime scompaiono risucchiate nella fossa. Thanatos riesce a stento a controllare che chi di dovere rimanga bloccato dall’altra parte.»
Ah, suo fratello. Sempre l’anima della festa. Mai una volta che negli Inferi non ci fossero problemi. Poseidon borbottò qualcosa che sembrava particolarmente in linea con i suoi pensieri. Avevano passato anni a litigare nel ventre di Kronos per lo spirito da funerale di Hades.
« Ebbene penso che sia chiaro ormai cosa stia avvenendo,» esclamò Zeus riportando l’attenzione su di sé e scacciare il disgustoso pensiero di quello che i fratelli avevano dovuto subire per la follia del genitore.
Come se tu non avessi mai inghiottito nessuno.
Zeus ignorò anche la voce di Metis, gettando un’occhiata di scuse ad Athena che lo scrutò interdetta.
« Il sigillo della Notte è stato rubato,» esplicò Athena mentre ripensava allo sguardo del padre sperando che non avesse ucciso un’altra delle sue immortali compagne.
A volte Zeus detestava l’acume della sua figlia guerriera. Nulla sfuggiva alla sua sopraffina intelligenza.
Un silenzio carico di tensione inondò la sala per molti istanti, gli dei persi in congetture.
Nyx, la divinità ancestrale della notte, era una minaccia che superava persino Gea. Se il mondo fosse sprofondato nelle tenebre, neanche gli Dei sarebbero sopravvissuti.
« Oh, che novella grama,» esclamò Aphrodite interrompendo la quiete carica di tensione, turbata dal fatto che non si fossero imbambolati ad osservare lei, - tranne Ares, ovviamente. Lui era sempre così carino da non scostarle mai gli occhi di dosso,- « bisogna che qualcuno lo ritrovi,» continuò picchiettandosi all’angolo dell’occhio destro con l’indice per rimuovere un impercettibile sbuffo di mascara.
« I nostri figli saranno così lieti,» borbottò Hermes controllando gli impegni sulla sua caduceo. Uh-uh. Aveva un consegna per il centimano Briareo da parte di sua moglie, la goffa e roboante figlia di Poseidon. Che divina rottura.
« Altre seccature per quel campo di idioti. Trent’anni di tranquillità? Troppi,» borbottò Dionysus giocando con i tralci del suo trono. Altri vent’anni e avrebbe abbandonato quello stupido campo per tornare da sua moglie, dalla sua splendida Ariadne che lo attendeva, gli occhi verdi come malachite in cui amava immergersi e i capelli ramati che erano il miglior cuscino su cui avesse mai riposato. Quei due litigavano sempre.
Zeus scosse il capo, celando a stento una smorfia di disappunto. I suoi figli sapevano essere davvero rumorosi. Forse Demeter aveva ragione. Avrebbe potuto mandarli tutti nei campi ad arare la terra dei mortali per qualche secolo.
Apollo si illuminò. Letteralmente. Sapere che la causa delle sue nuove sventura era Nyx, che terrorizzava persino suo padre, l’aveva rinfrancato. Non poteva essere punito per qualcosa che esulava dalle sue competenze.
« Una nuova Grande Profezia,» esclamò il dio del Sole brillando più del solito, tanto che Dionysus dovette schermarsi gli occhi, digrignando i denti e soffiando come un felino sin troppo cresciuto. Luce e vino? Un accostamento ributtante, «  Il mio Oracolo la riferirà ai Campi. Magari in forma di haiku. Sarebbe uno splendido esempio d’arte,» soggiunse tutto preso a comporre haiku mentali che i presenti sperarono ardentemente di non udire mai.
« Apollo,» lo riprese Artemis tentando di non portarsi una mano alla fronte per la evidente mancanza di giudizio del suo gemello.
« Non capisci, sorellina. La poesia giapponese rende tutto molto più piacevole. I nostri figli saranno più invogliati a prendere parte a questa missione,» continuò imperterrito il dio della poesia lodandosi per quell’idea a suo dire geniale che gli aveva appena scosso la mente allontanando il pensiero di Meg e dei suoi bambini ormai cresciuti.
« Non chiamarmi sorellina,» gli urlò contro la dea della caccia in un ringhio degno di un orso, scattando in piedi sul punto di evocare le sue frecce d’argento e colpire il divino sedere di Apollo per fargli imparare la lezione a suon di stoccate precise. Lei era nata prima di lui.
« Guerra. Rissa. Sangue.»
A ogni parola Ares si animava, le spalle protese verso i gemelli, le mani strette a pugno sui braccioli del suo trono, gli occhi che brillavano di aspettativa. Onestamente votava per Artemis. Apollo non avrebbe mai colpito sua sorella. Pivello.
Poseidon lo fissò dubbioso aggrottando la fronte spaziosa e coperta dalla zazzera scura e ribelle. La brama di sangue del dio della guerra non conosceva limiti.
« Ares,» lo riprese sua madre con lo stesso tono che aveva usato una volta quando le aveva regalato un cinghiale morto per la festa della mamma. Strano ma vero, Hera non aveva apprezzato e neanche il pavimento del suo palazzo. Doveva essere rimasta una macchia di sangue, unica testimone di quell’infelice momento, « Mio caro, mai pensato a un corso di yoga? Ho sentito che può fare miracoli per la gestione della rabbia repressa.»
Hera l’aveva provato sulla sua pelle l’ultima volta che Zeus aveva avuto una tresca con una mortale. S’era limitata a rapire il ragazzo. Sin troppo buono e accomodante da parte sua.
« Lo yoga è da deboli, madre,» replicò il dio della guerra nello stesso mugugno infantile di quando gli veniva negata la sua lancia preferita. Perché no, piccolo, non puoi uccidere Perifante. Non è ancora tempo.
Hera sospirò. Crescevano così in fretta e non cambiavano mai.
Zeus avrebbe preferito mille volte trovarsi altrove, magari nella sua alcova tra le braccia di sua moglie a gustare nettare e ambrosia, la mente lontana e priva di preoccupazioni, mentre le mani gentili di Hera gli scioglievano i nodi di tensione sulle spalle.
Si stava spazientendo come non mai. Stavano facendo troppo affidamento sui semidei. Davano loro troppa importanza.
Come captando i suoi pensieri Poseidon si volse ad osservarlo, gli occhi verdi che brillavano come i fari che guidavano i marinai verso porti sicuri.
« Abbiamo bisogno dei nostri figli, Zeus,» lo riprese a voce bassa in modo che gli altri non potessero udirlo. Non era mai un bene contrastare il padre degli dei apertamente. Era una grave mancanza di rispetto e Poseidon non aveva alcuna voglia di ritrovarsi un’altra volta a costruire cinte di mura per qualche città che sarebbe poi caduta.
Apollo aveva un sorriso furbo che gli bagnava le labbra piene, gli occhi azzurri e persi nel futuro che le Parche stavano tessendo mentre discorrevano.
« Hephaestus, rimoderna la tv. Ne vedremo delle belle.»
********
Il cielo era un manto scuro e opaco quel giorno di Dicembre, una nebbia fitta che impediva di distinguere persino il contorno della Luna e delle stelle facendo apparire la notte più scura del solito. E del normale.
Chirone lo osservava apprensivo, le vecchie ossa frementi per una nuova minaccia, dalla caverna dell’Oracolo di Delfi illuminata a festa e dalle pareti pitturate. Sul muro riconosceva i volti di alcuni semidei che erano stati sotto la sua guida: l’impetuoso Percy, l’intelligente Annabeth, Leo Valdez sul suo drago di bronzo con un sorriso birichino nei tratti da folletto, Nico di Angelo e il suo sguardo malinconico capace di spezzare il cuore.
Trent’anni erano trascorsi dalle loro avventure, ma per l’immortale centauro che ancora ricordava i volti di Achille e Perseo, non erano stati che un battito di ciglia.
Rachel Elizabeth Dare era sbocciata in una splendida donna dagli capelli di fiamma e dagli occhi più verdi della menta, con la stessa gioia di vita di quand’era ragazza.
Non in quel momento però.
Aveva gli occhi sgranati in un muto grido d’aiuto e Chirone le circondò le spalle esili con il braccio destro facendola avvicinare al tripode per farla sedere sull’antico simbolo della Pizia.
« Ti prego… ti prego,» esclamò l’Oracolo con la voce spezzata e le lacrime che scorrevano sul visto sin troppo pallido. Erano trascorsi troppi anni dall’ultima profezia. Il dono era sempre vivo in lei, ma gli adulti non vedevano il mondo come i ragazzi.
« Non combattere la voce, mia cara. Abbandonati. Abbi fede,» mormorò il centauro rassicurandola con la sua voce più dolce, da maestro premuroso. E Rachel si abbandonò, gli occhi chiusi, mentre lo spirito l’avvolgeva nella sua minuta interezza scuotendole l’anima e parlando attraverso di lei.
 
Nove semidei sotto lo stesso sigillo dovran partire
Se la Notte senza fine vorranno impedire.
Uniti nel cammino, divisi nel Fato,
per vendicare l’infido reato.
Negli abissi infiniti uno dovrà cadere,
E l’arco delle scuri l’antica discendenza dovrà temere.
I cardini di sangue alla supplice si piegheranno
Dalla pira della vergine le fiamme alte e splendenti al cielo si eleveranno
Nessuno da solo potrà trionfare
Per mano di un vecchio nemico l’ultimo ausilio si dovrà pagare.
 
Note dell’Autrice.
Ciao a tutti. Benvenuti in questa long interattiva. Spero che il prologo vi abbia invogliati a partecipare e che la profezia non sia stata troppo orrenda. Apollo lo pensa. Lui voleva un haiku. Anche Ares lo pensa. Dice che avrei dovuto spiattellarvi tutto senza metafore.
Inizio a spiegarvi le regole di queste long che è meglio.
 
  • I posti disponibili sono nove proprio come nove saranno i semidei di questa profezia. Potrei accettarne anche altri se fossi colpita da un personaggio eccezionale, ma i nove rimangono gli eroi principali.
  • Accetto soltanto semidei greci. Perché i greci lo fanno meglio. Non che abbia qualcosa contro i romani, che anzi adoro (Ah, la mia Reyna), ma questa storia riguarderà prettamente la mitologia greca e quindi mi sembra naturale coinvolgere solo il Campo Mezzosangue.
  • Accetto semidei di età compresa dai 14 ai 19 anni. Questo perché sono un amante delle scene di lotta particolarmente crude.
  • Accetto Cacciatrici di Artemis di ogni tempo.
  • Accetto semidei e semidee indistintamente. Sebbene abbia bisogno necessariamente di due ragazze.
  • Accetto personaggi buoni e cattivi, ma ben strutturati. Per la serie un cattivo con un passato difficile, un badass dalla lingua tagliente, un calcolatore machiavellico, un Cesare Borgia dei tempi nostri: questi sono tutti benvoluti dalla sottoscritta. Non accetto personaggi alla Ramsay Bolton o alla Joffrey Baratheon Lannister, per favore. Il sadismo non fa per me. Stessa cosa per i buoni. Non Mary Sue e Gary Stu. Tutti i buoni hanno un lato oscuro e tutti i cattivi hanno una luce che brilla negli accessi reconditi del loro animo.
  • Non accetto figli di Zeus. Sono razzista? No, certo che no. È solo che avrete notato che io shippo Zeus e Hera. Sin troppo. Sono la mia coppia preferita della mitologia per tantissime ragioni. Quindi non riesco a sopportare che Zeus tradisca sua moglie. Lo fa. Lo fa spesso. E io gli vorrei gettare un vaso in testa tutte le volte che leggo di qualche figlio suo sparso per il mondo. Un tuono risuona in lontananza. Hera trattiene il marito offrendogli una coppa di nettare. Grazie tante, Hera.
  • Accetto, però, figli di Poseidon e Hades.
  • Non accetto figli di Hera, Hestia e Artemis per la palese ragione che sono dee vergini. Accetto vivamente figli di Athena perché sono tanto carini e calcolatori. Perché zio Rick ha pensato a un modo coerente che trova riscontro anche nella mitologia per farle avere dei bimbi. Ho proprio bisogno di un/a figlio/a di Athena. Quindi fatevi avanti.
  • Accetto figli di Titani, Giganti, divinità minori, Personificazioni e tutti ciò che vi viene in mente.
  • Accetto qualsiasi orientamento sessuale. Forse non dovrei specificarlo, ma mi va di farlo comunque. La sessualità è un tratto molto importante per il carattere di una persona. Si accetta/non si accetta? L’ha già rivelato a qualcuno? Specificatelo nella vostra scheda. A proposito…
 
… nella vostra scheda specificate:
 
  • Nome e Cognome con eventuali vezzeggiativi
  • Età (sia attuale sia di arrivo al campo) con compleanno. Nel caso delle Cacciatrici anche l’anno in cui sono nate e a che età hanno giurato fedeltà ad Artemis.
  • Città d’origine
  • Aspetto fisico e carattere. Siate dettagliati e siate creativi. So che creerete personaggi bellissimi facendomi dannare per poterne scegliere solo 9. Non abbiate timore di usare fogli di word per i vostri personaggi. Leggerò persino le virgole della vostra descrizione e sarò felicissima di farlo. Devono essere vostri e devono rispecchiare chi voi volete che siano.
  • Background familiare prima dell’arrivo al Campo e successivo. Della serie il genitore mortale continua a vedere il vostro personaggio? È cambiato qualcosa? Oppure il personaggio vive soltanto al Campo perché orfano/odia il genitore mortale/è più sicuro per lui rimanere tutto l’anno lì?
  • Eventuale High School che frequenta.
  • Rapporto con il genitore divino
  • Debolezze e tratti di forza. Abilità sia fisiche che intellettuali.
  • Arma preferita. Potete usare anche armi tratte dalla mitologia. Se si tratta di un figlio di Hephaestus, specificate se abbia costruito qualche automa.
  • Poteri speciali che derivano dal genitore divino. Siate cauti. Non cadete nel complesso Sue/Stu.
  • Difetto fatale.
  • Vari ed eventuali. Curiosità.
 
Nella recensione potete scrivermi l’età, il prestavolto e il genitore divino o specificare che è una Cacciatrice. Se avete dubbi o perplessità, sarò felice di rispondervi. Ricordo che le iscrizioni si chiuderanno il 17/06 sino alle 23:59.
Baci baci, Gossip Girl JCM_
   
 
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