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Autore: Bluemask    10/06/2016    0 recensioni
Morfeo scende prima, ultimamente, trascinandosi dietro l'oscurità, solo per vedere di più il mortale. Non è riuscito ad accontentarsi delle ore passate la notte accanto al ragazzo dormiente, impiegato a frugare nei suoi sogni per renderlo felice, disperato, impaurito, sorpreso. Si avvicina in punta dei piedi al suo giaciglio, chinandosi su di lui per sussurrargli all'orecchio dolci, antiche litanie, in grado di donargli sogni tranquilli.
Si sa, gli dei non si accontentano mai.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sogni di papavero 



Dovresti riposare.

Morfeo ride piano, riservandogli un'occhiata beffarda e poco rassicurante.

Stai davvero suggerendo al dio del sonno di dormire un po'?

Il ragazzo si stringe nelle spalle, un po' impacciato e intimidito da quella figura divina seduta sul bordo del giaciglio come se fosse in bilico su un dirupo.

Ti vedo così stanco.

Morfeo studia con gli occhi attenti quel mortale; lo sguardo divino scivola dalla veste leggera alla sua pelle vagamente scura, a causa del sole che lo colpisce ogni giorno con i suoi raggi testardi - dannato Apollo - durante il lavoro nei campi. Morfeo lo osserva molte volte: mentre il ragazzo è intento a trasportare ortaggi in ceste di vimini, mentre è troppo occupato in altre mansioni da contadino per accorgersene; in realtà avverte un certo brivido, a volte, cadergli lungo la schiena, facendolo sentire stranamente esposto, ma l'ha sempre accusato all'avvicinarsi della sera. Il che non è neanche sbagliato: Morfeo scende prima, ultimamente, trascinandosi dietro l'oscurità, solo per vedere di più lui. Non è riuscito ad accontentarsi delle ore passate la notte accanto al ragazzo dormiente, impiegato a frugare nei suoi sogni per renderlo felice, disperato, impaurito, sorpreso. Si avvicina in punta dei piedi al suo giaciglio, chinandosi su di lui per sussurrargli all'orecchio dolci, antiche litanie, in grado di donargli sogni tranquilli. 
Si sa, gli dei non si accontentano mai.
Osservarlo in silenzio non è più bastato: una notte, quindi, non si limita ad infilarsi di soppiatto nella sua mente, bensì scivola dolcemente sotto quel lenzuolo rattoppato che gli accarezza la pelle nuda e calda della schiena, sfiorando quella stessa pelle con le dita, salendo fino ai capelli castani e lisci, accarezzandoli, sussurrando parole invisibili che confondono il povero mortale, facendogli avvertire un fuoco ardere dentro di lui, sconosciuto e indominito, facendolo rigirare inconsapevolmente nelle braccia del dio, che intanto stringe il suo corpo febbricitante in una morsa di nuvola, baciandogli la nuca e il collo, gli occhi ben aperti nell'oscurità, mille illusioni che vorticano al loro interno. E intanto quella delicata tortura continua, finché le mani del dio scendono ben oltre il lenzuolo, toccando con bramosia, impossessandosi della sua intimità, facendolo contorcere per il piacere contro il suo petto ampio, accogliente. I gemiti sottili del mortale si mischiano alle poesie del dio, le sue parole crescono di intensità fino a stordirlo, facendolo impazzire, facendogli sognare luoghi mai visti ed esperienze mai vissute.
Dopo di che è un attimo: un movimento secco, le labbra del dio contro il suo orecchio, il respiro freddo della notte, un respiro più basso e prolungato.
Il ragazzo apre gli occhi, mettendosi seduto, guardandosi intorno come in cerca di qualcosa -- ma cosa? Un ricordo che non riesce ad afferrare lo tormenta.
Morfeo ripete quelle azioni per diverse notti, lasciandolo ogni volta da solo al momento del risveglio; così smarrito, così bello. E' la bellezza del mortale a sconvolgere il dio: ha i lineamenti armoniosi di una ninfa e il corpo di un eroe, gli occhi chiari come il cielo azzurro - sconosciuto alla notte nera - e il sorriso genuino. Sembra felice in modo sincero, come se la fatica e la miseria riuscissero a non toccarlo minimamente, nonostante sia nato e cresciuto in mezzo ad esse. E il dio lo invidia, lo desidera, lo vuole. Vuole portarselo via, mostrarlo ad Afrodite e ridere della bellezza della dea, così scialba a confronto; mostrarlo poi ad Eros e alle altre divinità, a Zeus in persona, vantandosene come fosse il migliore dei trofei. Nello stesso tempo, però, vuole prenderlo tra le braccia e portarlo su una nuvola, al sicuro, mostrandogli la nascita dell'alba la mattina e la morte del tramonto ogni sera, sussurrandogli all'orecchio che lui è più bello di tutto quello.
Ed è per questo che una notte decide di rimanere.
Morfeo lo tratta come di consueto: lo tocca, lo stringe, gli mormora sulla pelle le più dolci parole, fino a svegliarlo. Il ragazzo apre gli occhi e non c'è nulla di diverso dal solito -- o, almeno, questo è quello che crede prima di accorgersi di non star fissando la finestra aperta sulla Notte, ma direttamente gli occhi di suo figlio. Si ritrae intuitivamente, gli occhi spalancati e ancora un po' offuscati dal sonno, dalle sensazioni di piacere intenso ormai familiari; cerca di mettere ordini nei propri pensieri caotici, ma il sorriso enigmatico del dio lo distrae... E poi capisce che le dita che ha avvertito addosso ogni notte non sono state semplice sogno, quelle parole non sono state semplice fantasia. E chi, se non il dio dei sogni, può esserne l'artefice?

Sono stanco, conferma il dio. Allunga una mano per sfiorare il suo volto, ricevendo in cambio i suoi occhi gentili, innocenti e preoccupati. Sono stanco di doverti condividere con il mondo, di vedere ogni giorno ragazzi e fanciulle guardarti come se volessero renderti loro e non potere fare nulla per impedirlo. Ma non lo dice.

Allora sdraiati con me, replica il giovane, prendendo la sua mano e, arrossendo, bacia le sue dita. Morfeo sorride.

Tra poco Apollo solcherà il cielo, sussurra, inclinandosi verso il ragazzo, permettendogli di baciargli le guance e i capelli lunghi. Tra poco dovrò andare via, insiste in un soffio di stelle, ma poi la bocca del ragazzo - bisognosa e inesperta - copre la sua. Il mortale lo bacia per la prima volta, gli occhi chiusi forte e le gote infiammate - come la sua anima - per la vergogna, per la passione, per la paura di non essere abbastanza per un dio tanto magnifico.
Mi sono innamorato di te, Morfeo pensa.
Non lo dice.

 
Che vergogna, per un dio, macchiarsi di un sentimento tanto puro.
  
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