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Autore: dark dream    14/04/2009    6 recensioni
Due gemelli corrono per mano,tentano la fuga da qualcosa più grande di loro,una maledizione,giace sulle loro spalle,due tatuaggi,uguali ma diversi,piume e angeli,loro controllano il destino e ancora non lo sanno,scappate scappate gemelli,prima che vi prendano,gli angeli della morta vi aiuteranno "Storia a più mani di Goku94 e Elika95"
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Il sole Splendeva alto nel cielo azzurro, tinto solo da qualche nuvola di passaggio,in una villetta un po’ lontana dal centro di New York, due ragazzi dalle fattezze quasi uguali si stavano preparando ad imbracciare le mansioni che ognuno di  loro doveva svolgere quel preciso giorno. Il ragazzo era abbastanza alto, i capelli riccioluti di un castano chiaro erano tenuti corti; aveva una corporatura muscolosa, dato che nel tempo libero si dedicava allo sport; laureato in chimica in una delle più prestigiose accademie di tutta New York.
Lei, invece, era bassa poco più di lui; la medesima capigliatura castano chiaro, della stessa tonalità dell’uomo, li portava lisci, lunghi fino alle spalle, elegante nelle sue forme proporzionate. Lei, laureata in filosofia e letteratura in Inghilterra.
Erano entrambi molto simili, ma persino loro avevano delle sottili differenze: la ragazza aveva uno spruzzo di lentiggini sul viso che la rendeva se è possibile ancora più dolce e tenera; lui invece aveva barba e pizzetto ben curati e ben delineati. Ma la cosa che più colpiva chi li osservava, era il singolare colore dei loro occhi: erano azzurri, ma di un azzurro chiaro tendente al bianco, con delle striature grigiastre all’interno. Sembravano fatti di ghiaccio. La loro assoluta somiglianza in ogni minimo particolare, il colore, la stratura: tutto. Erano due gocce d’acqua.
I loro nomi erano Emanuele ed Irene; due fratelli. Ma per l’esattezza, semplicemente gemelli. Vivevano assieme dalla morte dei loro genitori ad oggi, e lavorano entrambi in ambito scolastico: lei professoressa di lettere in un liceo classico, lui professore di chimica in un università specializzata,insomma: la loro era una vita normale, da normali persone che si guadagnano da vivere, entrambi ventunenni, quindi ancora giovani e nel fiore degli anni. Entrambi realizzati nei proprio sogni, ma il fato aveva un altro destino in serbo per loro.
Erano quasi pronti ad uscire. Il caos cittadino regnava sovrano intorno a loro, ma non se ne curavano; andavano troppo di fretta per riordinare e sistemare. Erano in ritardo pazzesco: l’orologio ormai aveva segnato le 7:50, e le loro corse mattutine erano appena iniziate…
-Ireeee! Dove hai messo le mie chiavi di casa?- gridò Emanuele fuori di senno.
-Vedi un po’ lì: dovrebbero stare sul tavolo della cucina! Mi spiace, ieri non trovavo le mie-.
-Ok, ora vedo-.
Il ragazzo si diresse verso la cucina arredata con uno stile molto moderno e comodo. Del frangente mobili se n’era occupata sua sorella,quindi ogni cosa che c’era in quella casa,ogni singolo mobile era a gusto della donna di corte, ma come ben si sa fra gemelli molte cose sono in comune, e trae queste ovviamente non manca lo stesso stile, lo stesso gusto nelle cose. Quindi al fratellone non dispiaceva ciò che aveva scelto ella, visto che erano anche di suo gusto. Una volta trovate le suddette chiavi le prese di fretta e furia e se le infilò in tasca,correndo verso la porta e salutando con un bacio sulla guancia la sorella che stava mettendo i vari appunti,che le sarebbero serviti per la giornata, nella 24 ore. Quando finalmente uscì anche lei, la casa rimase vuota,ma nell’uscire, lei come il fratello, notò una macchina nera coi vetri oscurati parcheggiata di fronte al loro vialetto. Sembrava che qualcuno li stesse pedinando, spiando, seguendo, e chissà cos’altro! Oltretutto la cosa imbruniva al fatto che il loro quartiere era molto solare e allegro, nessuno aveva colori neri in casa se non i suddetti professori che essendo tali dovevano avere dei completi adatti, e da che mondo e mondo gli abiti eleganti sono scuri.
Ma i due non ci badarono tanto. In fondo, cosa avrebbero mai potuto volere da due semplici professori? E si scambiarono un’occhiata complice. Di certo non le loro menti, ma quel che loro non sapevano, era che loro eran molto più di quanto immaginassero.
Scoccate le 8:00 i due gemellini Stewart erano già nelle rispettive classi e dopo l’appello avevano iniziato la lezione. Le 4 ore di lavoro per Irene erano passate,quindi si apprestò a dettare l’assegnato per il giorno successivo ai suoi studenti di prima.
-Mi raccomando ragazzi, per domani portatemi prima e seconda declinazione con annesse particolarità; e per favore, Ciro, ripetiti tutto ciò che abbiamo fatto fin ora di Greco che domani ti interrogo,e guai! Se non ti trovo impreparato, ti metto 2-.
-Certo, professoressa-
Disse il ragazzo col sorriso sornione, ma mentalmente diceva
“Illusa”
-Bene, a questo punto: a domani-
-A domani professoressa Stewart-
Fecero quelli in coro, mentre la professoressa usciva dalla classe e si dirigeva verso la sala professori per depositare il registro scolastico dell’aula di cui era coordinatrice.
Passati i lunghissimi corridoi ed arrivata nella sala docenti, si sentì in pace: quella stanza a quell’ora era sempre vuota, non erano in molti professori che uscivano alle 12:00 e quelli che lo facevano se la filavano subito per andare a casa, ma lei no. Amava fare tutto con calma, certo, non attendeva altro che rivedere suo fratello, ma quella camera era una tentazione troppo grande per chi come lei adora leggere, scrivere e tutto ciò che comporta silenzio. Silenzio… quella parola tanto agognata da molte persone che per un motivo o per l’altro non possono averlo, quella parola che fa paura dirla per non rompere il suo significato, quella parola tanto desiderata anche da Irene, lei che ne ha bisogno per la sua ossessione alla scrittura. Ma questo silenzio aveva fatto scappare ogni uomo che aveva incontrato. A parte suo fratello, si intende.
Uscita dalla scuola il sole splendeva ancora in cielo: era la giornata adatta per andare a farsi un bagno,l’estate ormai era alle porte e il caldo torrido che la contraddistingueva era già arrivato,quindi perché non tuffarsi nella loro piscina? E sì: avevano una villa di 3 piani con tanto di piscina, bhé non  si può certo dire che non si trattavano bene, ma non erano certo degli spendaccioni. Quella casa era l’eredita dei loro genitori, che avevano dato a loro essendo gli unici figli.
Ma c’era qualcosa che non andava e Irene se n’era accorta,incominciò a guardarsi intorno,e di fronte alla scuola rivide ancora la macchina che aveva intravisto questa mattina. Allora la ragazza incominciò ad avere leggermente paura, fece una corsa fino alla sua auto e partì svelta dirigendosi verso casa. Con l’ansia di essere seguita, molto spesso guardava gli specchietti retrovisori ma non vedeva nulla di sospetto, quando, finalmente, arrivò a casa. Tutto era tranquillo, non c’era anima viva e lei si era rianimata appena dallo stress. Si disse mentalmente che era una sciocca a credere che qualcuno la stesse pedinando, quindi cercò nella borsa le chiavi di casa, le trovo quasi subito,in una tasca esterna alla valigetta, le prese in mano e le indirizzo verso il buco della serratura.
Nemmeno il tempo di inserirle che una mano le afferro il polso e la girò.
Non vide niente e svenne.
Finalmente erano le 13:00 ed Emanuele poté uscire dalla classe. Posato il registro si diresse verso casa. Avevano 2 macchine, quindi si potevano permettere molte cose, fra cui ovviamente avere due posti di lavoro in diverse zone della città. Arrivato a cosuccia, si fece subito una doccia, uscito dalla cabina con solo un asciugamano a coprirgli la vita. Mentre si frizionava i capelli con un altro asciugamano più piccolo, all’improvviso sentì una leggera puntura sul collo,come se un ago entrato nella carne, e cadde a terra addormentato.
Aprirono gli occhi insieme, trovandosi su un letto matrimoniale. Si guardarono intorno straniti, lui aveva ancora addosso l’asciugamano, mentre lei invece aveva  vestiti stropicciati. La stanza in torno a loro era grigia, completamente grigia, aveva solo quel letto, un armadio e una porta che probabilmente conduceva al bagno.
-Dove siamo finiti?- domandò terrorizzata lei.
-Non ne ho la più pallida idea!- sbottò il fratellino.
Continuarono a guardarsi intorno fin quando Irene non notò i vestiti del fratello un po’ più in là, su uno sgabello. Si domandò come fossero finiti lì, allora guardò il parente e notò quel piccolo particolare: era nudo.
-Fratellino,per quanto mi aggrada vedere un bel corpo muscoloso,non credo che tu rientri nei miei standard di bellezza, quindi, per favore… rivestiti-
Anche il ragazzo si accorse sul momento di essere ancora in quello stato, così decise quindi di inferiore sulla sorella
-Ma come sorellina, non ti piaccio così?- alzò il mento fiero.
-Mi spiace- arricciò il naso. -ma se un gruppo di gallinelle ti sbava dietro questo non vuol dire che ti sbavi dietro anche io- ridacchiò.
Il ragazzo imbronciato, alzò un sopracciglio.
-Le mie alunne non sono Galline…- borbottò.
-Ah No? A me sembrava il contrario, soprattutto la scorsa sera…-.
Disse lei con un tono bastardo nella voce.
-Va bhe meglio se mi vesto-
Disse scocciato lui, afferrando i vestiti sullo sgabello e rivestendosi. Finito di abbigliarsi la porta scorrevole si aprì mostrando sul’uscio un uomo sulla cinquantina; aveva i capelli grigi, quasi bianchi, e un viso autorevole.
-Buon pomeriggio signori Stewart e nostri ospiti, siamo felici che vi siate uniti a noi; mi scuso per i modi intransigenti, ma il signor Viego voleva andare a colpo sicuro a quanto pare…- esitò squadrandoli entrambi. -ora, se vorreste seguirmi risponderò a tutte le vostre domande-
I ragazzi non ci pensarono due volte e lo seguirono senza fare storie, oltrepassarono la porta ritrovandosi in una sala molto più ampia della precedente. Al centro si erigevano 3 marchingegni simili a dei lettini, vicino ad essi c’era una donna dai capelli biondi tenuti in una crocchia che lavorava ad un portatile. Ancora più avanti, dopo una breve scalinata, c’era una scrivania grigia stracolma di  carte e fogli; questa era posizionata davanti a un enorme vetrata che si affacciava sul centro di New York.
-Allora mi presento: sono il dottor Waren Vidic, e la signora là dietro al computer è la mia assistente Lucy Stillman-
Indicò la suddetta ragazza che alzò lo sguardo verso di loro e fece un cenno con la testa in segno di saluto.
Irene tentò di aprir bocca, ma Vidic l’anticipò.
-Non c’è bisogno che vi presentiate, sappiamo già tutto di voi signorina Stewart,ora siete voi che dovrete avere delle luci dazioni: vi trovate in una delle sedi dell’Abstergo, sicuramente l’avrete sentita come casa farmaceutica, ma noi siamo ben altro! Congratulazioni, siete stati scelti per il progetto Animus, che vi vedrà coinvolti per la creazione di un futuro migliore-.
Sembrava lo spot pubblicitario di una macchina sportiva.
-Mi faccia capire Dottore: lei ci sta dicendo che ci avete rapiti per stenderci su quei lettini e per far salvare a voi il mondo? Mi scusi se faccio fatica a crederle, ma non credo proprio che un giorno potrei farmi valere di una simile sciocchezza!- rise. Da sola.
-Capisco la sua diffidenza signorina Stewart, ma è cosi: voi due siete speciali, perché i vostri antenati avevano qualcosa in comune con ciò che cerchiamo. Non sappiamo ancora cosa, ma quei macchinari, che lei chiama lettini, ci aiuteranno a scoprire cose che nemmeno immagina- assentì in modo profetico.
-Quindi, se ho capito bene noi dovremmo aiutare voi a trovare qualcosa che nemmeno voi conoscete? E che ancor meno conosciamo noi? Ma che razza di…-.
-Esatto signor Stewart! Ma non sarete soli: vi presento il signor Desmond Miles, attuale soggetto numero 17-
Il ragazzo aveva all’incirca qualche anno in più di loro. Aveva i capelli cortissimi e neri, una cicatrice sul labro e gli occhi scuri come la pece, era molto alto e slanciato, e aveva una corporatura abbastanza magra
-Piacere,Desmond- fece un passo avanti.
-Piacere nostro, Emanuele-
Disse lui sorridendo.
-Irene-
Disse lei ancora scocciata per la situazione in cui erano incappati.
-Ora che sono state fatte le dovute presentazioni, e le dovute spiegazioni, vi prego cortesemente di andarvi a sedere negli Animus- si avviò alla scrivania sotto la vetrata.
-Agli ordini Doc-
Disse Desmond con aria allegra andandosi a stendere sul Animus. Mentre la visiera olografica gli copriva il volto, i due rimasti ancora fuori si guardarono con aria perplessa, per poi imitare il ragazzo sistemandosi sui rispettivi congegni di destra e di sinistra; invece Desmond era in quello centrale. Le visiere salirono anche sui loro occhi e tutti e tre vennero spediti in un limbo di caricamento, dove le pareti luminose di un azzurro onirico erano sormontate di date, numeri e calcoli prettamente matematici ai quali solo Emanuele avrebbe saputo dare un ordine o un semplice filo logico, sintattico come nelle analisi del periodo.
Ma tutto fu bianco in pochi minuti.

SI tenevano per mano correndo insieme, erano inseguiti, non sapevano nemmeno da chi, ma erano certi che fossero in molti e cercavano loro e solo loro.
Tanto bastava per fuggire e cercare di non essere presi.
Pioveva e i vestiti pesanti del ragazzo lo proteggevano dalle intemperie, oltretutto entrambi avevano dei cappucci, attaccati alle loro vesti bianche che li riparavano dal’infuriare della tempesta.
-Eccoli sono qui,correte!-
I due ragazzi cambiarono di corsa strada infilandosi in un vicoletto stretto e buio. Non si lasciavano mai la mano, cercavano riparo e un posto dove riposare. Erano stanchi e tutto quel correre non gli giovava per nulla.
Possibile che quel loro simbolo… quello che avevano sulla schiena, uguale ma diverso tra di loro. Un simbolo che non aveva logica e tempo. Quel simbolo che avevano sempre avuto ma che in nessun modo li sarebbe stato sottratto. Quel simbolo che, sotto le loro vesti zuppe, bruciava sulla carne a più non posso soprattutto ora. Ora che quelli uomini li inseguivano. Ora che avevano paura. Ora che dovevano scappare via, lontano…
Ma attorno a loro, niente non divenne bianco.

Aprirono gli occhi tutti e tre contemporaneamente.
-Dottore, i ricordi dei ragazzi sono instabili, non possono essere caricati direttamente, abbiamo bisogno di punti fermi. Meglio: abbiamo bisogno di checkpoint-
-Capisco signorina Stillman, questo ritarderà le nostre ricerche ma se lei ritiene che sia opportuno-
-Si dottore lo ritengo-
-Bene Signorina, proceda-
Tutt’intorno si fece di nuovo bianco e mentre l’animus analizzava il posto più stabile da cui iniziare, i tre ragazzi si guardarono in faccia aspettando che succedesse qualcosa. Erano come privi della parola, potevano muoversi, ma non parlare. La luce non si fece attendere, e tutti e tre vennero catapultati altrove.
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Angoli degli autori!
Allora per prima cosa chiecdiamo di non essere ammazzati per questa idea che ci è venuta a me e alla ire,gia pietà ç_ç,incominciamo a dire qualcosa a proposito della storia,ogni capitolo verra a fatto ad alternanza ovvero uno io e l'altro ire,questo lo ha fatto manu e io ho corretto,zizi infatti,cmq si i due protagonisti,i due gemellini hanno i nostri nomi,ma non siamo noi xD,nel senso che io e Ire non siamo uguali e sopratutto non siamo così,infatti,ah! Manu,tanto per precisare xD se qualcuno non l'ho avesse capito le scritte blu sono di Manu e le nere sono le mie ovvero Ire,infatti,vero,va bhe noi ora andiamo e aspettiamo pazientemente di essere macellati da voi,A presto e recensite ^_^ ci fareste molto contenti.

   
 
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