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Autore: NanaK    14/06/2016    4 recensioni
Abracadabra.
Quella era diventata la mia parola magica contro il malocchio. Non che ci credessi ovviamente, però mi infondeva coraggio quando ne avevo bisogno.
A volte mi sembrava di star pronunciando il mio nome, Abracadabra, eppure di nomi ne avevo avuti tanti.
Ero stata Caridee, ero stata Cary, per qualcuno ero anche stata “ tesoro ”.
Ora invece, ero Jenna, Jenna Olsen, e avevo una missione da portare a termine.
Genere: Azione, Erotico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Caridee'
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Capitolo nono
 
E vorresti cambiare faccia,
e vorresti cambiare nome,
e vorresti cambiare aria,
e vorresti cambiare vita,
e vorresti cambiare il mondo.


Era andato tutto come avevo progettato.
La notte che avevo passato sul letto di Matt era servita solo per metà a riposare la mente, anche se si era trattato di un riposo tutt'altro che rigenerante. Tuttavia, in quel frangente, poco mi importava della stanchezza: gli stralci di ricordi, i sogni confusi sul passato che mi avevano fatta svegliare di soprassalto, mi portarono alla mente un episodio a cui non avevo mai dato nessuna importanza. La prima e l'unica volta in cui incontrai mio fratello faccia a faccia. 

 
Infilò le mani nelle tasche dei jeans, senza staccarmi gli occhi di dosso. < Beh andiamo? >
< Dove? >
< A casa >
< A casa tua? >
< Non è proprio casa mia >
< E allora perché andiamo lì? >
< Perché è casa tua. Ti sei persa no? >. 

Persa.. Sì, mi ero persa e dovevo tornare a casa. Lui mi aspettava lì. Mi diedi della stupida per non averci mai pensato in quegli anni, era una delle ipotesi più probabili che avrei dovuto prendere in considerazione. Avevo investito tempo, sforzi, denaro per cercare una risposta, quando invece la risposta era dentro di me. Era come se Elle fosse sempre mille chilometri avanti a chiunque e qualunque cosa. Decisi di non soffermarmi sulle mie sconfitte, piuttosto dovevo mettermi al lavoro per far fruttare la mia piccola vittoria. 
Dovevo tornare a casa. Alla Wammy's House. 

Era necessario agire con cautela. Cercai di analizzare con calma la situazione, prima di tutto bisognava capire dove mi trovassi. La palazzina che era il covo di Mello non era completamente isolata, ma, guardando fuori dalla finestra, era chiaro che fosse in periferia. Un luogo perfetto come nascondiglio, nè troppo esposto, nè troppo nascosto. Esplorai la stanza in ogni angolo: in un cassetto, tra la biancheria e qualche spicciolo, trovai una foto che ritraeva Celine con Matt. Sul retro, una grafia stentata, Tokyo, agosto 2009. Dato che agosto era appena finito dubitavo che si fossero spostati così in fretta da quella città per cercare un altro covo. Il fatto che mi trovassi a Tokyo fu una fortuna. Sarebbe stato facile, una volta uscita da lì, prendere un taxi ed andare all'areoporto. Evidentemente Mello contava molto sui tizi che aveva piazzato un pò dappertutto per controllarmi. Una mossa impulsiva che mostrava quanto poco mi considerasse una minaccia. Non che mi lamentassi, ancora una volta mi aveva facilitato le cose. In ogni caso l'ostacolo più grande lo costituiva lui. Dovevo metterlo fuori gioco in modo che potessi sgusciare via nel modo più silenzioso possibile. Inoltre dovevo essere maledettamente attenta a non incontrare Rodd Los. Un brivido mi percorse al pensiero di Paul davanti a suo padre. Mi chiesi se si fossero incrociati, ma ne dubitavo: se davvero fosse successo Paul non sarebbe riuscito a scappare. Sarebbe morto. Scossi la testa e tornai a concentrarmi su di me.

Avanti, pensa, pensa. Legarlo e imbavagliarlo, no, non riuscirei neanche ad avvicinarmi se mi vedesse con una corda in mano. L'unico modo sarebbe riuscire a renderlo incosciente. Con una botta in testa sarebbe stato facile, ma il tempo in cui sarebbe rimasto svenuto non era prevedibile. Ci vuole qualcosa di sicuro e potente, qualcosa come..

Trovai delle pillole alla valeriana, evidentemente le usava come sonniferi.. Oppure erano per calmare gli attacchi di Celine.  Somministrargliele sarebbe stato difficile, ogni cosa che mi veniva in mente risultava troppo sospetta anche ai miei occhi.

Ma come, come! Pensa, avanti, qual'è la debolezza di Mello? Cioccolata calda, ma se ne accorgerebbe subito, non sono pillole che si sciolgono. Mello, Mello, andiamo, cosa può fargli abbassare le difese, cosa.. 

Infine, ebbi un'idea. Mi odiai quando decisi di attuarla, poichè non avevo altre soluzioni. L'avrei sedotto. Avrei avuto un paio di pillole sotto la lingua e una volta che mi avrebbe baciata, l'avrei costretto ad ingoiarle. Era certamente un rischio, nessuno mi assicurava che fosse ancora attratto da me. Che mi amasse. 
Tuttavia, non avevo un piano migliore.
***
Sai perfettamente
che non ti servirebbe a niente, 
perchè c'è lei,
perchè c'è lei, 
perchè c'è lei.

Ciocche di miele scuro cadevano una dopo l'altra in un water freddo e anonimo. Cercavo di guardarle il meno possibile, avevo sempre amato i miei capelli. Ero in un bagno dell'aereoporto ed il mio volo sarebbe decollato alle 07.40. Avevo in tasca cinquecento dollari, ciò che mi rimaneva dopo aver pagato il biglietto per partire. I soldi li avevo rubati a Matt, come anche i vestiti che stavo per indossare. Un giorno l'avrei ringraziato, al contrario della donna a cui avevo dovuto scippare la borsa e l'identità. Dormiva su una delle sedie in sala d'attesa, d'altronde non erano neanche le sei del mattino; doveva star aspettando l'arrivo di qualcuno perchè non aveva valige con sè. Mi ero seduta accanto a lei senza fare rumore e avevo guardato la borsa che teneva al suo fianco. In casi come quello bisognava agire come se fosse tutto nella norma, l'agitazione era la cosa che più attirava l'attenzione della gente. Dopo cinque minuti e diverse occhiate intorno a me per accertarmi che nessuno mi stesse fissando, avevo preso la borsa e mi ero alzata stiracchiandomi. Poi, avevo cominciato a camminare tranquillamente verso i bagni, senza guardare indietro. Avevo scelto lei perchè era abbastanza simile a me. Non era giapponese, i capelli erano simili al mio colore ed anche la statura era pressocchè identica. 
Mi servivano documenti. Ed avevo un disperato bisogno di una sigaretta.
Tirai lo scarico senza più indugiare e mi spogliai. Avevo ancora addosso l'odore di Mello e non riuscii a non annusarmi la pelle e strofinarci il viso contro. Era già la decima volta che immaginavo il suo risveglio e la sua reazione ed ogni volta ciò che vedevo era il suo viso deformato dall'odio e dalla sofferenza. Sospirai e mi rivestii con i pantaloni verde militare ed una maglietta nera. Fortunatamente Matt non era molto più grosso di me. Presi la carta d'identità della donna e la guardai.
Haley Scott. 3 maggio 1982, 1,67, capelli castani, occhi castani. 
Quella sarebbe stata la mia terza identità. Da tanto ormai avevo perso me stessa, ma non mi preoccupavo. Avevo capito che era necessario perdersi per ritrovare Elle. Era necessario perdersi per ritrovarsi. 
Tutto filò senza intoppi. Le ore in aereo erano tante però ed io non avevo niente con cui distrarmi. Non appena chiudevo gli occhi vedevo Mello ed il suo sguardo sorpreso quando aveva sentito la pillola nella sua bocca. 
Se n'era reso conto quando era troppo tardi, quando era troppo preso da me. Per questo si era infuriato e mi aveva presa con forza. Divisa tra i brividi causati dal ricordo del suo corpo sul mio ed il peso della coscienza, scivolai finalmente in un sonno senza sogni. 
Perchè c'è lei nelle tue ossa,
perchè c'è lei nella tua mente,
perchè c'è lei nella tua vita
e non potresti più mandarla via.

< ...amo atterrati >.
Qualcuno mi scuoteva una spalla. Mi svegliai immediatamente con il cuore in gola, aspettandomi di vedere il mio piano in fumo, gli uomini di Mello prendermi e riportarmi nella cella dove avevo marcito per tre giorni. Ma davanti a me c'era solo un signore dal viso simpatico. Mi scostai una ciocca ormai troppo corta dalla fronte imperlata di sudore e mi accorsi della gente intenta a tirar giù le valige per scendere dall'aereo.
< Siamo.. Siamo già arrivati? > domandai, ancora un pò intontita.
< Eh sì, si è fatta una bella dormita. Ma in effetti sembrava che ne avesse bisogno > concluse con un mezzo sorriso.
Non appena si liberò un pò il corridoio dell'aereo, mi alzai dolorante. Odiavo passare ore ed ore nella stessa posizione, era estenuante. Mi concessi un paio di minuti per riprendermi prima di scendere anch'io e, non appena fuori, sentii l'aria umida e fresca di Londra. Una sensazione invadente di nostalgia mi invase. 
Ero in Inghilterra, dopo anni e anni di attesa.  

Avevo deciso di partire subito, senza indugi, per evitare ogni tipo di rintracciamento. Sicuramente la donna avrebbe denunciato alla polizia la rapina, sicuramente Mello avrebbe indagato sulla mia fuga, sicuramente avrebbe saputo che Haley Scott, aveva preso un aereo per Londra quella mattina. Presi un taxi per andare in stazione, dove comprai un panino e lo divorai. Avevo perso il conto delle ore che avevo passato senza mangiare. Infine presi il primo treno per Winchester, nessuno avrebbe avuto modo di trovarmi. Mi buttai sul primo sedile libero e guardai fuori, tirando un sospiro di sollievo. Adesso ero davvero libera. Ero riuscita a mettere in atto tutto ciò che mi ero prefissata. Sentii tutta la tensione che avevo accumulato rilasciarsi e scoppiai a ridere. Ce l'avevo fatta. Avevo vinto la sfida con me stessa. 
Erano le 19.56. Ancora un paio d'ore e sarei stata a casa.

 
Nemmeno se cambiassi faccia,
nemmeno se cambiassi nome,
nemmeno se cambiassi aria,
nemmeno se cambiassi vita,
nemmeno se cambiasse il mondo.

 
***

Pensai a tante cose: a Paul e a dove fosse e se stesse bene. A Linda, sempre capace di tranquillizzarmi. A Celine, che aveva sofferto probabilmente più di tutti. A Matt, incapace di abbandonare le persone che amava. A Mello, perennemente inquieto ed in conflitto. Ad Elle, mio fratello e guida nel percorso di crescita, che mi aveva fatto credere fosse in America solo per vedere fino a che punto valeva la pena prendermi in considerazione. A me, che non vedevo l'ora di ritrovarmi.
Di fronte a quel cancello così familiare il passato ed il presente si stavano fondendo. Non era cambiato nulla. Il prato perfettamente inglese, il colore dell'edificio, la scalinata principale, tutto gridava casa. Ebbi qualche istante di indecisione. C'era una telecamera proprio sopra al campanello e sembrava guardarmi e chiedermi "Cosa farai?". Ma ormai non avevo più paura. Alzai un braccio e stavo per premere il dito sul campanello, quando con un cigolio lieve il cancello cominciò ad aprirsi. Sorrisi leggermente. Quella fu la conferma che mi serviva. L era lì e mi stava aspettando.
Alla porta c'era la governante, incaricata di assicurarsi che i bambini più piccoli fossero tutti a letto e di chiudere tutte le porte prima di dormire. Mi fece entrare in silenzio e richiuse il portone alle mie spalle. Poi sparì, sempre senza dire una parola. Fin dove si spingeva mio fratello nel mettermi alla prova? Questa volta però non mi trovò impreparata. Era ovvio che fosse nell'unico luogo all'interno dell'edificio in cui eravamo stati insieme. Sorrisi nel ricordare la fetta di torta che gli avevo spalmato in faccia. A quel tempo neanche sapevo la sua vera identità. Mi sembrò un'altra vita. Camminavo con il passo sicuro di chi sa dove sta andando e mi rivedevo a quindici anni chiacchierare con le mie amiche, per quei corridoi. In ogni angolo c'erano ricordi. Infine, arrivai davanti l'ufficio di Roger e non esitai a bussare. 
Un placido "Avanti" mi spinse ad abbassare la maniglia ed entrai. 
< Sei un pò in ritardo, Caridee Lawliet >                                                                                                                                                                                         
Non sembrava cambiato di una virgola, gli stessi capelli spettinati, l'aria trasandata, gli occhi penetranti. Non c'era nessun altro nella stanza, era come se tutto fosse stato programmato. 
< Ma avevi previsto anche questo giusto? >
< Già. Come sta Mello? Ho saputo che arrivi da una, diciamo, vacanza da lui >
Sorrisi leggermente, sostenendo il suo sguardo.
< Il tuo tentativo di destabilizzarmi non funzionerà fratellino. E poi, non credi di avermi già testata abbastanza? >.
< Ti ricordo che sono più grande di te. E preferirei mi chiamassi Ryuzaki >
< Immaginavo. Ma non lo farò, non io >. 
Mi guardò in silenzio. Mi chiesi cosa stesse pensando, ma non provai neanche ad indovinare. Era una battaglia persa in partenza. 
< Perchè no? Siamo estranei, lo siamo sempre stati >
< Lo so. Ma sono stanca di scappare da ciò che sono, sono stanca di inventare me che non esistono e costruirmi barriere attorno. Ma non credo che tu possa capirlo. D'altronde costruire barriere è la tua specialità, vero? >
< Faccio ciò che posso > accennò un sorriso. Poi spostò lo sguardo verso il piccolo tavolino accanto alla finestra e gli si avvicinò per scegliere tra i dolci che vi erano sistemati sopra. Sembrava fosse completamente assorbito da quel nuovo compito. Lo fissai incuriosita e provai a spostarmi lentamente per vedere se se ne accorgesse. Immediatamente il suo sguardo tornò su di me ed allora ridacchiai. 
< Sei incredibile >
< Adesso sei tu che mi testi, sei soddisfatta? > 
< Un pochino, lo ammetto. Comunque > tornai ad essere seria < so perchè hai voluto che ti raggiungessi. E quel motivo è lo stesso per cui ho fatto tutto ciò che ho fatto fino ad ora. Tu vuoi che io collabori con te nella cattura di Kira >
< Continua pure >
< Nostra madre è morta per proteggerci. Quegli uomini che erano sulle nostre tracce l'hanno costretta a lasciarci qui, prima te, poi me. Infine l'hanno uccisa, tutto per un debito di gioco. Fu quando venni a conoscenza di queste cose che iniziai a desiderare di combattere per la giustizia. Ma > guardai fuori mestamente < non ti sto dicendo nulla che già non sai. Quello che intendo è che nonostante sia immensamente arrabbiata per tutto ciò che ci è successo, questa in fondo non è la mia battaglia. Non è il mio destino fare la detective, non è ciò che voglio per la mia vita. Quindi la mia risposta è no, non lavorerò con te >
< Non sei venuta solo per dirmi questo >
Sorrisi ancora < No, è vero. Dovevo dimostrare a te e a me stessa di essere in grado di raggiungere e portare a termine gli obiettivi che mi pongo. Ecco tutto >
< E' un vero peccato, contavo molto su di te. Eppure, non ne sono molto sorpreso. Quando vivevi qui non ti importava assolutamente nulla di diventare Elle. A volte mi chiedevo se fossi davvero mia sorella > 
< Non ci posso credere, mi spiavi! >
< Certo >. Se possibile, la sua tranquillità nell'ammetterlo mi sbigottiva ancora di più.
< Non è una gran cosa sapere di essere stata manovrata per anni > 
< Non vorrai lanciarmi di nuovo una torta in faccia >.
A quel punto risi con tutto il cuore davanti alla sua espressione seriamente terrorizzata. L era quanto di più incoerente e geniale al mondo. 
< Mi sorge spontanea una domanda però. Se non collaborerai con me, cosa farai adesso? >.
< Ero persa prima. Adesso so dove sono, quindi posso fare un'unica cosa >. 

Guardai il mio riflesso nei suoi grandi occhi neri. < Andare a riprendermi >.



Ciao a tutti.
Sinceramente, non so proprio cosa dire riguardo alla mia assenza. E' passato più di un anno dall'ultimo aggiornamento, avevo perso l'ispirazione per questa storia, non ero soddisfatta delle mie idee, poco tempo, eventi spiacevoli, questi sono i motivi. Vorrei scusarvi con tutti voi e ringraziare in particolare  ElenaGilbert_ che mi ha ridato una gran voglia di continuare questa storia e tutti coloro che commentano i capitoli anche a distanza di così tanto tempo. Spero di non deludervi e sappiate che un ritardo del genere non si ripeterà più. 
Un bacione,
Orihime

   
 
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