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Autore: FlyGirl 92    15/06/2016    0 recensioni
Liesel sorrise e disse. “Beh… qua è troppo affollato per parlarne, perché non è un argomento di dominio pubblico, ma… diciamo che ha a che fare con un tesoro. Un tesoro nascosto nella scuola, probabilmente.”
La sedicenne Sofia Walker non immaginava certo che la sua vita in collegio sarebbe stata così intensa, quando lasciò la sperduta Ullapool per trasferirsi alla scuola privata Wishmaster Hill, sull'Isola di Skye (Scozia).
Una storia che spazia tra amicizia, sentimenti e avventura e che accompagna, pagina dopo pagina, il percorso di crescita di una giovane donna lontana da casa e che conoscerà, per la prima volta in vita sua, la semplice genuinità delle emozioni vere.
NB. I collegi sono inventati da me, così come i personaggi.
Genere: Avventura, Commedia, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Scolastico
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Wishmaster Hill

Prologo – Sofia e il Wishmaster Hill

http://www.stacpollaidh.co.uk/Pics/ullapool_flat6.jpg

“Sleep don't visit, so I choke on sun
And the days blur into one
And the backs of my eyes hum with things I've never done


Ships are launching from my chest
Some have names but most do not
If you find one, please let me know what piece I've lost…”

(Radical Face – “Welcome home”)

Il 27 dicembre 1980 ad Hartford, Connecticut, nacque Sofia Màiri Walker, figlia secondogenita di una famiglia benestante di origini miste, sia scozzesi che italo-americane.

Sofia aveva solo nove anni quando sua madre morì, lasciandola con Harold, il padre severo ma buono e Drew, il generoso fratello maggiore che adorava con tutto sé stesso la sorellina timida e indifesa.

Dopo il tragico evento, i tre tornarono in Scozia e si trasferirono ad Ullapool, sperduta cittadina al nord del paese, da cui proveniva la famiglia materna di Harold e dove egli stesso era cresciuto.

Grazie al loro affetto, Sofia crebbe felice e si trasformò da bambina a giovane donna.

 

15 marzo 1996.

 

Quello era un giorno che la giovane Sofia attendeva da mesi: il primo giorno nella nuova scuola.

Avrebbe frequentato il Wishmaster Hill, uno dei collegi di stampo internazionale più importanti e prestigiosi della regione, che avrebbe poi agevolato Sofia ad essere ammessa a Princeton il prestigioso college americano.

Sofia era rimasta in lista d’attesa per un bel po’. Il secondo semestre era ormai iniziato, ma la ragazza rimaneva fiduciosa: nella scuola che aveva frequentato fino ad allora l’avevano istruita bene e, inoltre, i programmi delle scuole pubbliche e private proseguivano tutti più o meno sullo stesso piano.

Il Wishmaster Hill si trovava su un’isola della Scozia chiamata Isola di Skye, affacciata sull’oceano Atlantico; era piuttosto lontana da Ullapool, la cittadina dove risiedeva la famiglia Walker, situato quasi sulla punta nord dell’isola britannica.

L’edificio che ospitava la scuola era uno dei numerosi castelli scozzesi, ristrutturato in tempi recenti e, un tempo, proprietà dei Gesuiti. Al giorno d’oggi, il Wishmaster aveva ancora la struttura del collegio che era stato anni addietro, tanto che poteva permettersi di ospitare tutti i suoi studenti. Aveva quindi un’organizzazione moderna e all’avanguardia, dove i ragazzi potevano studiare e alloggiare.

 

Ore 11 del mattino, casa Walker.

“Sofia, allora?! Non vorrai arrivare in ritardo!” Urlò Drew.

“Aspetta Drew, un secondo e scendo!” Rispose Sofia, rivolgendosi alla porta chiusa della sua camera, dove dall’altra parte la aspettava suo fratello.

Dopo un minuto, Sofia spalancò la porta e uscì nel corridoio. Drew stava tamburellando con le dita contro il muro, le chiavi della macchina in mano. Si avvicinò alla sorella e si chinò per sollevare la sua grossa valigia.

“Accidenti, ma cosa ci hai messo qua dentro? I sassi?!” Si lamentò, col fiato corto.

“Oh, andiamo Drew!” Lo canzonò Sofia, dandogli uno schiaffetto amichevole sulla schiena “Con tutta la palestra che fai!”

“Siete pronti, voi due?” Disse una profonda voce maschile. Harold, il padre di Sofia e Drew emerse dalla penombra che regnava perennemente nel piccolo salotto. Era un uomo alto e grosso ma non grasso, con capelli neri brizzolati, gli occhi spontanei e la barba. Sofia lo abbracciò forte.

Suo padre era il direttore di un’importante industria americana di elettrodomestici, molto conosciuta e apprezzata sul mercato mondiale; aveva sempre viaggiato parecchio e, quando Sofia era piccola e sua madre Clelia era ancora viva, vivevano tutti e quattro nel New England, nella villa di famiglia, in un lussuoso quartiere residenziale di Hartford.

Quando Clelia morì a causa di un incidente stradale, qualcosa dentro Harold si spezzò. Nel giro di pochi mesi vendette la casa in America e decise di tornare in Scozia, terra da cui proveniva la sua famiglia materna e per cui nutriva un affetto particolare. Al tempo, Sofia aveva nove anni e Drew tredici.

I due fratelli non sapevano come, ma suo padre non allentò mai le redini sul lavoro: sebbene oltreoceano, gestiva tranquillamente i rapporti internazionali della sua azienda. Al suo posto, in America era rimasto suo fratello minore.

“Mi raccomando, comportati bene e studia. Se hai dimenticato qualcosa telefona: te lo spedirò per posta. Ci vedremo quest’estate.” Disse Harold a Sofia, che stava facendo di tutto per trattenere le lacrime. “E non ti dimenticare del tuo vecchio.” Concluse abbozzando un sorriso.

“Non potrei mai, papà.” Sussurrò la ragazza. Dopodiché infilò sciarpa e cappotto e uscì nella fredda aria di marzo, mentre Drew ascoltava le ultime raccomandazioni sulle strade da prendere.

Sola sulla verandina di legno, la ragazza sospirò forte. Il vento scuoteva i campanelli scaccia spiriti appesi ad una trave portante, sul soffitto. Il cielo era grigio, così come il mare solcato dalle piccole barchette dei pescatori. I pochi arbusti sulle colline che circondavano la cittadina come in un abbraccio, erano rinsecchiti dal freddo e dal vento.

Sofia si strinse nel cappotto e si guardò intorno con un misto di paura e tenerezza: aveva dei bei ricordi di quella cittadina, per quanto piccola e scarsamente popolata. D’altronde era l’unico centro abitato importante nel giro di centinaia di chilometri, escludendo i gruppetti di case sparsi nell’entroterra o lungo la costa.

La sera prima erano venuti a salutarla i suoi pochi amici coetanei in città, Lucas (in vacanza dall’università), Juliet e Hannah, che le avevano dato appuntamento a Ullapool per l’estate successiva.

Quando finalmente il fratello la raggiunse, i due salirono sulla golf nera di Drew e partirono alla volta dell’Isola di Skye.

 

Durante il lungo viaggio, che durò circa quattro ore, Sofia si fece sempre più nervosa. Non faceva altro che tormentarsi i lunghi capelli castano scuro, attorcigliandoli continuamente tra le dita pallide e affusolate.

Ad un certo punto, Drew le prese il polso con la mano libera e gliela posò in grembo.

“Piantala.” Disse semplicemente.

E Sofia rimase ferma: le era stranamente difficile disobbedire a suo fratello.

“E se non piacessi a nessuno?” Si preoccupò.

“Sofia, tu sei bella, buonissima e gentile, non puoi non piacere.”

“E se in quella scuola fossero tutti snob con la puzza sotto il naso?”

“Smettila, lo sai che non è possibile. Non parliamo né di Oxford né di Cambridge. Troverai dei ragazzi simpatici con cui fare amicizia, vedrai.”

Sofia si obbligò ad esaurire le preoccupazioni, e trascorse il resto del viaggio immersa in un silenzio carico di attesa.

Osservò spesso di sottecchi il fratello che guidava, cercando di memorizzare ogni dettaglio del suo viso, dalla mascella definita ma al tempo stesso elegante, alle folte sopracciglia un po’ corrugate dalla concentrazione. In generale, i due fratelli si assomigliavano parecchio: stessi capelli lucenti, castano scuro e piuttosto mossi, grandi occhi scuri incorniciati da lunghe ciglia folte, stessa pelle olivastra e stesso naso un po’ all’insù.

Sofia aveva sempre avuto una fervida fantasia fin da bambina e, nonostante il lungo trasloco subìto nell’infanzia, aveva sempre sognato di viaggiare per il mondo. Ok, l’Isola di Skye era ancora in Scozia, ma per lei era pur sempre un passo avanti.

Il suo grande sogno “da grande”, però, era tornare in America per studiare e stabilirsi lì. Sogno che, forse, stava per diventare realtà. Sofia aveva studiato duro per guadagnarsi il posto al Wishmaster Hill, che accettava solo studenti molto dotati, ma di qualunque ceto sociale senza fare favoritismi: era la via preferenziale per qualunque college.

Mentre pensava, Sofia si guardò intorno e pensò che il panorama delle Highlands scozzesi era veramente mozzafiato. Lande e brughiere desolate si estendevano per miglia e miglia, alternandosi spesso a collinette che precedevano ripide montagne grigie; il cielo era plumbeo e soffiava un vento impetuoso dal mare. Perfino la vegetazione sembrava prona per opporsi alle potenti raffiche, e gli unici intrepidi vegetali che crescevano erano muschi e folti fili d’erba, verdi e rigogliosi.

Una volta passato il ponte per Skye, Sofia si sentì molto lontana da casa.

 

http://www.accommodation-on-skye.co.uk/wp-content/uploads/2012/06/skye_bridge.jpg

 

Verso le tre del pomeriggio, i due fratelli giunsero a destinazione. Si erano fermati a pranzo in una piccola osteria che aveva servito loro una buonissima steak and oyster pie (una torta salata con manzo e frutti di mare) con la birra scura della casa, e Sofia era ancora così sazia e insonnolita che non si era accorta subito dell’austera imponenza della sua nuova scuola.

La scuola di Wishmaster Hill aveva lasciato la giovane Sofia a bocca aperta fin dalla prima volta che l’aveva vista: era tutto di pietra, enorme, squadrato e pieno di torri; i muri e il tetto erano di pietra color grigio scuro, mentre qualche rara pianta di edera si arrampicava sulle pareti . Un pittoresco giardino e un cortile davano su un placido laghetto, oltre il quale si intravedeva il mare non troppo distante: l’intera costruzione era affacciata su un fiordo. Pareva che i Normanni avessero fondato la prima struttura del castello intorno all’anno 1000 per proteggere le coste occidentali della Scozia.

 Il tempo era cambiato nel corso della giornata: ora il cielo era più aperto e si intravedeva qualche timido raggio di sole, che faceva splendere la pietra come argento. Tutto il contesto faceva assomigliare quel castello a uno di quelli delle ballate epiche medievali, o a quello di qualche racconto di avventura.

“Benvenuta nella tua nuova casa. Guarda che roba… sono quasi invidioso. Ma ci pensi a quanta gente conoscerai, Sofi?” Disse Drew. Era emozionatissimo, anche se cercava di non darlo a vedere.

Lui non aveva mai visto il castello, ma Sofia e suo padre erano venuti almeno tre volte al Wishmaster Hill e conoscevano ormai la preside, la signora McLachlan, che era rimasta impressionata dagli ottimi voti di Sofia. Aveva detto in tono entusiasta che sarebbe stata felicissima di accogliere una studentessa così talentuosa. Era almeno un anno che Sofia era in lista d’attesa, e quando le era arrivata a casa la lettera del Wishmaster Hill, aveva fatto i salti di gioia, anche se una parte di sé era un po’ preoccupata dall’idea di andare davvero a vivere lontana da casa.

Per quanto fossero “solo” tre ore e mezza di macchina, agli studenti del collegio non era permesso tornare a casa durante il semestre, se non per le feste natalizie e casi eccezionali. Il che sarebbe significato per Sofia, trascorrere quattro mesi lontana da Ullapool.

Drew guardò prima il cielo, poi l’orologio e fece per accompagnarla al portone, ma Sofia gli prese la valigia dalle mani e disse :“Credo di potercela fare da sola, Drew, grazie. Mi sento già abbastanza in colpa per quell’infinito viaggio che ti toccherà fare ora per avermi voluta accompagnare.”

Il ragazzo sorrise, passandosi una mano tra i corti capelli scuri :“Ma no. Per la mia sorellina questo e altro!”

Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sofia abbassò la testa, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

Drew le fece alzare la testa posandole un dito sotto al mento e le disse con dolcezza :“Ehi, ehi, Sofi… Non piangere, io e papà verremo a trovarti per Pasqua. Manca meno di un mese.”

La ragazza, imbarazzata per quella debolezza inghiottì le lacrime e si sforzo di piegare le labbra in un sorriso.

“Oh, bene. Così va meglio.” Sorrise Drew, comprensivo. “Sei proprio sicura che non vuoi che venga con te? Qui sei a posto, è tutto pagato, devi soltanto andare dalla preside a farti assegnare la stanza.”

“No, davvero. Se parti ora riuscirai almeno ad arrivare prima che faccia troppo buio.” Assicurò la ragazza.

E poi, voleva provare a cavarsela da sola: presentandosi con Drew temeva che avrebbe fatto la figura della poppante. Il ragazzo parve leggere tra le righe perché disse che, se si fosse sentito stanco, si sarebbe fermato a prendere un tè da qualche parte.

“Quegli scatoloni che avete portato tu e papà l’altra volta dovrebbero essere da qualche parte al sicuro, vero?” Domandò Drew, prima di salire in auto.

“Sì, la preside mi ha assicurato che quando sarei arrivata me li avrebbe fatti recapitare subito.”

Detto questo, Sofia gli stampò un bacio sulla guancia e trascinò la sua grossa valigia di pelle su per le scale dell’entrata, stringendosi nel lungo cappotto grigio sotto gli occhi attenti del fratello.

La ragazza si voltò verso Drew e lo salutò con la mano, un sorriso incoraggiante sulle labbra.

Il giovane ricambiò il saluto, mise in moto e in breve sparì all’orizzonte, sollevando una leggera nube di polvere.

Sofia rimase a guardarlo per un po’, sperando davvero che non si stancasse troppo, poi quando rimase definitivamente sola sospirò e bussò con poca convinzione al robusto portone di quercia.

Pochissimi secondi dopo, il portone si aprì con uno scricchiolio e fece capolino il volto circospetto di un ragazzo. Era alto, magro e molto carino: aveva i capelli biondo cenere, una spruzzata di lentiggini sul naso e sugli zigomi e gli occhi scurissimi, magnetici. Indossava la divisa della scuola: giacca blu savoia, camicia bianca, pantaloni grigio chiaro, cravatta a righe oblique grigie e blu savoia e scarpe nere.

“Chi sei?” Chiese. Aveva un timbro di voce basso, quasi cavernoso.

Sofia ne fu intimidita e le salì l’angoscia :“So-sono Sofia Walker, la nuova studentessa.” Maledizione, ma perché la voce aveva scelto proprio quel momento per cominciare a tremare?

Il ragazzo inarcò le sopracciglia e bofonchiò :“Ah, giusto. Ci avevano parlato del tuo arrivo… Beh, sarà meglio che entri, fa un po’ freddino. Anzi, aspetta che ti aiuto: quella valigia sembra pesante.”

“No, no, non c’è bisogno…” Ma prima che Sofia potesse fermarlo, il giovane afferrò la valigia e la trascinò dentro. Sofia non ebbe che da seguirlo.

L’interno del castello, se possibile, era ancora più bello dell’esterno: era tutto in pietra, ricoperto di morbidi tappeti e arazzi.

Di fronte all’ampio atrio si apriva una spaziosa e alta scalinata di marmo scuro, che terminava con un corridoio aperto perpendicolare ad essa, in cui entrambe le parti terminavano in un arco che conduceva nelle altre aree del collegio.

Sofia si appoggiò al portone, guardandosi intorno: il pavimento dell’atrio era fatto di piastrelle grigio - marroncino fregiate. Alla sua destra c’era una grossa porta aperta e alla sua sinistra pure. Due armature tirate a lucido stavano in cima alle scale, e davano un’aria solenne al posto. Un enorme lampadario di prezioso cristallo illuminava a giorno l’ambiente, nonostante non mancassero numerose torce scoppiettanti. L’arredamento in medievale si accordava alla perfezione con l’intera struttura.

“Ti guardi intorno, eh?” Considerò il ragazzo, con un ghigno dipinto sulle labbra.

Sofia arrossì :“S-si, ecco…

Lui non smise di sorridere e disse :“Ehi, smettila di tremare. Non ti mangio mica.”

“Scusa, ora mi riprendo.”

“E di cosa? Comunque non mi sono ancora presentato, perdonami.” Le tese la mano “Sono Andrew Hastings. Piacere di conoscerti.”

Sofia sorrise e strinse la mano. Quel ragazzo sembrava un po’ sulle sue ma simpatico, forse avrebbero potuto diventare amici. Gli domandò :“Mi sai indicare la presidenza? Devo avvertire del mio arrivo.”

“Oh, certo, certo. Per di qua.” Annunciò Andrew in tono scherzosamente pomposo, sollevando la valigia e avviandosi sulla scalinata.

Sofia sorrise e gli andò dietro.

 

La presidenza era al primo piano, dopo una svariata serie di corridoi labirintici e pieni di quadri e arazzi. La preside McLachlan era una donna sulla cinquantina dall’aria severa. Consegnò a Sofia la chiave della sua stanza, la numero 48. Le chiese notizie dei suoi familiari e cosa ne pensava del castello, poi la congedò dopo poche raccomandazioni salienti.

Una volta fuori, Sofia vide con piacere che Andrew la stava aspettando appoggiato elegantemente al muro, la camicia fuori dai pantaloni e l’aria distratta.

Non appena udì la porta aprirsi e richiudersi sorrise a Sofia e le domandò :“Che stanza ti ha dato?”

“La 48.”

“Ah, sei con Alicia ed Ella.” Sembrava contento.

Sofia alzò le spalle :“Non lo so. Forse.”

“Sono sicuro che vi troverete benissimo insieme. Sono simpatiche.”

Andrew accompagnò la sua nuova amica alla torre nord, nell’ala dei dormitori femminili. I corridoi con le stanze sembravano l’unica zona ristrutturata con un tocco più moderno: sembrava di essere nel corridoio di un bell’hotel.

“44, 45, 46, 47… 48! Eccoti qua!” Esclamò scorrendo con gli occhi tutte le targhette d’ottone.

Posò la valigia in terra, accanto alla porta di legno scuro.

“Hai bisogno di una mano per sistemarti?” Chiese gentilmente.

“No, grazie. Sei gentile ma posso fare da sola.”

“D’accordo. Ci vediamo più tardi, o al massimo stasera a mensa. Se non hai più bisogno di me, io torno a vagare in giro.”

“Come mai? Non hai lezione?”

“Quella vecchia strega della prof mi ha sbattuto fuori. Pare che per lei la mia voce sia troppo forte, quando chiacchiero.” Andrew fece spallucce ed estrasse una sigaretta dal pacchetto che nascondeva nella giacca. La porto alle labbra.

“Divertiti.” Disse tra i denti per non far cadere la cicca, e sparì.

Sofia rimase sola, così infilò la chiave nella toppa ed entrò.

La stanza era molto luminosa e spaziosa, ma confortevole. Al contrario di quello che la ragazza si aspettava, la stanza non era di pietra e dall’aspetto freddo come tutte le altre aree del castello, ma assomigliava di più al corridoio. Le pareti erano lisce e bianche, mentre i mobili erano tutti di legno marroncino chiaro; sulla destra, lungo la stessa parete della porta, c’era un letto singolo, mentre di fronte alla porta si ergeva un letto a castello. Vicino alla finestra, dall’altra parte della stanza, stava un’ampia scrivania con tre sedie e, accanto, un divanetto azzurro dall’aria un po’ consunta ma comoda. Un grosso armadio si trovava in posizione perpendicolare rispetto al letto singolo, accanto a quella che doveva essere la porta del bagno.

Il letto a castello sembrava già occupato, considerando le lenzuola ingarbugliate e la baraonda di vestiti che vi si trovava sopra, così Sofia si sedette sul letto singolo, perfettamente rifatto.

Nella camera non c’era nessuno: probabilmente le due occupanti erano ancora in classe.

Dopo aver fatto il punto della situazione, Sofia si alzò e aprì l’armadio. Anche quello era pieno di vestiti, tra cui spiccavano almeno quattro divise della scuola. Erano identiche a quella che portava Andrew poco prima, solo che al posto dei pantaloni c’era una gonna a balze, sempre grigio chiaro.

Abbassando lo sguardo, Sofia vide tre grossi cassetti. Uno doveva essere il suo.

Provò ad aprire l’ultimo: era vuoto, ma la ragazza preferì non metterci ancora nulla.

Si avvicinò al letto e cominciò a disfare la valigia. Mentre stava ripiegando un maglioncino bianco, qualcuno bussò alla porta.

“Avanti.” Disse la ragazza.

Era una giovane donna mora. Portava un sacco pieno di libri e due divise femminili in mano; sembrava senza fiato.

Sei… sei tu Sofia Walker?” Farfugliò, respirando pesantemente.

“Si.” Rispose la ragazza.

“Oh, meno male.” Sbuffò la donna, posando i libri a terra. “Questa è roba tua. Nel sacco c’è l’orario dei tuoi corsi. Comincerai domani. Jonathan, il custode, dovrebbe recapitarti gli scatoloni che hai portato l’ultima volta a breve.”

“Grazie mille.” Sorrise Sofia, prendendo la divisa e trascinando i libri vicino al letto.

“Prego.” Ricambiò il sorriso l’altra. “Io sono la vicepreside, Sarah Ramsay. Ci vedremo in giro ogni tanto. Buona permanenza, signorina Walker.”

Uscì e Sofia rimase di nuovo sola.

 

 

Ciao a tutti, ragazzi e ragazze!

È un secolo che non pubblico niente qui su EFP, sono letteralmente passati ANNI. Mi sembra ieri che mi sono iscritta al sito, anche se avevo solo sedici anni e me ne sono letteralmente innamorata.

Qualche anno fa avevo cominciato a scrivere questa storia perché, dopo aver visto il film “Wild Child” con Emma Roberts, avevo immaginato la vita di uno scanzonato gruppetto di amici in un collegio e, visto che sono appassionata di Harry Potter e al momento mi trovo in UK per studio… BAM! Ho iniziato a modificare la storia ed eccoci qua. Visto che è un progetto che sta rinascendo daccapo, non so ancora dove mi porterà ma, ogni consiglio su come continuare la storia è ben accetto!

Grazie infinite a chi la leggerà! =)

Chiara

  
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