Once upon a time,
Us.
«C’era una volta, Noi.»
«No, Tomi.» lo interruppe
subito il fratello, puntiglioso. «Ci vuole il verbo al plurale, dato che il
soggetto è plurale.»
«Ma il nostro “Noi” non è come tutti gli altri “noi”, Bill.» spiegò
pazientemente il gemello. «Il nostro “Noi” è al singolare, perché io e te siamo
una cosa sola. Siamo uniti nella stessa, unica entità.»
«Oh.» fece Bill, stupito.
Non ci aveva pensato. «È vero. Hai ragione.»
«Adesso lasciami
continuare. Noi è io e te. Noi è Tom e Bill. C’era una band chiamata Tokio
Hotel, nella vita di Noi, ma non importava. C’era una famiglia, ma non
importava neppure quella. E c’era anche tutto il resto del mondo, e perfino lui
non contava niente: tutto ciò che serviva a Noi eravamo io e te.»
«Non parlare al passato,
Tomi.» Bill sorrise dolcemente. «Questo è il nostro presente. E il nostro
futuro.»
«Per questa storia va bene
il passato.» rispose Tom, ma il fratello non capì cosa intendeva. «Noi era
felice, perché le due parti di cui era composto erano unite e inseparabili. Ma
tanta felicità non era destinata a durare, perché dopo un tempo che a tutti e
due i pezzi parve troppo breve, Noi si divise.» Bill gemette, contrariato dalla
piega che avevano preso gli eventi: quella storia cominciava ad angosciarlo. Ma
il gemello continuò implacabile a narrare. «Le due parti di Noi non volevano
allontanarsi l’una dall’altra, ma la separazione era inevitabile. Tom doveva
andare in un posto in cui Bill non poteva seguirlo.» il suo sguardo trapassò il
gemello da parte a parte. «Tom sapeva che non sarebbe più tornato da Bill, ma
Bill non voleva accettarlo. Eppure doveva rassegnarsi e lasciare andare Tom.»
«Basta.» implorò Bill. «Ti
prego, Tomi, smettila. Questa storia non mi piace.»
«Ma ha un lieto fine.» Tom
sorrise, però il fratello si accorse che quel sorriso era velato di malinconia.
«Bill capì che doveva andare avanti da solo e rassegnarsi al fatto che Tom non
sarebbe potuto stare con lui. Così Noi si sciolse e cominciò ad essere solo
Bill senza più Tom.»
«Bill non può essere senza
Tom.» bisbigliò il gemello, scuotendo la testa. «Bill non esiste senza Tom.
Bill ha bisogno di Tom per vivere.»
«Bill dovrà imparare a fare
senza, allora.» replicò il fratello severamente. Poi il suo tono si addolcì. «È
una storia amara, ma anche la vita lo è. E questa favola fa parte della nostra
vita. Ne hai capito la morale?»
«Che il mondo è cattivo?»
mugugnò Bill, tirando su col naso.
«Anche.» ammise il gemello,
e gli carezzò piano il viso. «Ma soprattutto che puoi farcela. La storia
finisce con Bill che ricomincia a vivere, e tu devi trovare il coraggio per
farlo anche nella vita reale.»
«Io non ne ho bisogno. Il
Bill della storia non sono io, non posso essere io. Io ho ancora la mia metà
con cui formo il Noi.»
«Purtroppo no.» Tom fece un
sorrisetto colpevole. «Ricordi l’incidente aereo di cui hai sentito stamattina alla
televisione? Tu hai deciso di dimenticartene, ma su quell’aereo c’ero anche io.»
Bill
sbatté le palpebre. «No.» affermò tranquillamente. «No, non è vero.»
«Sì, invece. E ricordi
cos’altro hai sentito al telegiornale?» insisté Tom.
«Niente.» rispose il
gemello. «Stamattina non ho acceso la tv.»
«L’hai accesa e hai visto
il telegiornale. E sai benissimo cosa ha detto il giornalista. Ha detto “nessun superstite”, Bill, lo sai.»
«Non importa.» disse Bill.
«Tu non eri su quell’aereo, eri qui con me.»
«C’ero, e ne sei
perfettamente a conoscenza. Ora devi solo accettarlo, come l’ha accettato il
tuo alter-ego nella storia. Devi lasciarmi andare come ha fatto lui, perché da
oggi Noi non esiste più. E lo sai perché Noi non esiste più?» Bill strinse le
labbra senza rispondere. «Perché sono morto, fratellino.»
«No!» urlò il gemello,
infuriato. «Non può essere vero, Tom, non lo è!»
«Sì, e devi rassegnarti.
Per il tuo bene, perché devi ricominciare a vivere, e per il mio, che potrò
andarmene in pace.»
«Allora non mi rassegnerò
mai, così non te ne potrai andare.» replicò Bill, alzando il mento in segno di
sfida. Ma il gemello scosse la testa e lo abbracciò.
«Non devi avere paura. Noi
continuerà ad esistere dentro di te, non sarai mai davvero solo. Sii
coraggioso.» lo strinse per un attimo ancora, poi si allontanò di qualche passo
da lui. Sorrise incoraggiante, ma Bill notò la lacrima che gli rigava la
guancia. Ne trovò una identica che scivolava lungo il suo viso.
«Non andartene, Tomi.»
sussurrò. «Per favore.»
«Devo farlo.» aprì la porta
e uscì dalla stanza. «Buona fortuna, Bill. Ti voglio bene.» sorrise ancora una
volta, poi cominciò ad incamminarsi.
«No!» Bill non ci pensò due
volte a seguirlo. Uscì dalla camera appena in tempo per scorgere la figura del
fratello che svoltava il corridoio e gli corse dietro, ma quando girò l’angolo
di Tom non c’era traccia. Continuò a correre più veloce che poteva, eppure era
ugualmente troppo lento. Arrivato alle scale lo vide scendere gli ultimi
scalini e si precipitò verso i gradini, mentre il cuore gli batteva
furiosamente nel petto. Rischiò di inciampare, ma riuscì a mantenere
l’equilibrio e accorciò la distanza che lo separava dal gemello: allungò una
mano per cercare di sfiorare il suo braccio, però gli sfuggì per un soffio e si
allontanò ancora una volta da lui. Con un gemito frustrato continuò la sua
folle corsa disperata e seguì Tom in giardino; la luce accecante del giorno lo
costrinse a chiudere per un istante gli occhi abituati al buio della sua
camera, dove si era rintanato abbassando le persiane e spegnendo tutte le luci.
“Perché l’ho fatto?” gli venne in
mente improvvisamente. “Perché stamattina
mi sono chiuso in casa, cosa era successo?”
«Ricordi
l’incidente aereo di cui hai sentito stamattina alla televisione? Tu hai deciso
di dimenticartene, ma su quell’aereo c’ero anche io.»
Scosse la testa, imponendosi di non
pensarci, ma i ricordi di quello che aveva detto il fratello tornarono inesorabilmente
alla sua memoria. Non capiva perché continuasse a pensarci, in fondo era solo
uno stupido scherzo di Tom.
«L’hai
accesa e hai visto il telegiornale. E sai benissimo cosa ha detto il
giornalista. Ha detto “nessun superstite”, Bill, lo sai.»
Lo aveva appena visto. Tom era vivo. Tom era
sicuramente con lui.
«Da
oggi Noi non esiste più. E lo sai perché Noi non esiste più?»
Era certo che Tom fosse
davanti a lui. Aprì gli occhi di scatto.
«Perché
sono morto, fratellino.»
Morto.
Morto.
Morto.
Ripeté quella parola finché
non perse significato nella sua testa.
No,
no, no, no.
Davanti a lui non c’era
Tom. E non era nemmeno alla sua destra, o alla sua sinistra, o dietro di lui.
Non c’era proprio. Però c’era sua madre che piangeva, consolata da Gordon, c’erano
Gustav e Georg, parenti di cui non ricordava il nome, giornalisti, fan
impazzite tenute a bada da poliziotti.
Si avvicinò titubante a
Simone, chiedendosi in cuor suo perché fosse così triste.
«Mamma? Mamma, che hai?» la
donna lo guardò per un terribile istante, uno sguardo colmo di malinconia dove
Bill lesse anche una scintilla di rabbia. Non rispose e continuò a
singhiozzare, irritandolo. Il figlio decise di lasciar perdere e cambiò domanda.
«Hai visto Tom? Lo stavo seguendo, ma ora l’ho perso di vista.»
Simone pianse ancora più
forte e si liberò della mano che il figlio le aveva posato sulla spalla. «No,
no, non l’ho visto.»
«È impossibile, è uscito e
deve essere passato per forza per di qui. Dimmi dov’è, mamma, tu lo sai!»
insisté, caparbio. «Dimmelo!»
Gordon si voltò e gli diede
uno schiaffo. Non aveva mai alzato un dito su di lui. «Smettila, Bill, smettila
di torturare tua madre! Sai benissimo che Tom... che Tom non c’è più. Perché ti
comporti così?» Bill si portò una mano alla guancia. Bruciava, e lui non era
abituato ad essere picchiato. Sentì subito che i suoi occhi si stavano
inumidendo, ma non a causa del colpo ricevuto.
«Ti sbagli.» mormorò. «Io
l’ho appena visto. Ti stai sbagliando.»
L’uomo lo afferrò per un
braccio. «Vuoi vedere dov’è tuo fratello?» sibilò, cattivo. «Lo vuoi vedere?»
Bill annuì, timoroso, e Gordon lo trascinò lungo il giardino, verso qualcosa
che prima il ragazzo non aveva notato.
Era una bella bara. Di
mogano scuro, lucente e pulito, e si poteva seguire ogni singolo nodo del legno
di cui era composta. Bill ci appoggiò una mano e ne seguì il profilo affilato;
accarezzò la parte superiore e avvertì subito sotto le dita i rilievi dorati.
C’era scritto il nome che probabilmente aveva più volte pronunciato in tutta la
sua vita e un cognome che era anche il suo.
Tom Kaulitz.
Riesaminò disperatamente la
scritta ancora una volta, sperando che magari si fosse sbagliato a leggere e
che al posto di quello di Tom ci fosse un altro nome. Il suo, magari, o quello
di un lontano parente Kaulitz. Ma la realtà non
cambiava.
Tom Kaulitz.
«Mi dispiace, Bill. Avresti
dovuto rassegnarti fin dall’inizio, invece che scoprirlo così.» la voce
malinconica del gemello gli fece alzare gli occhi.
Tom era lì, seduto sulla
sua bara, ma Bill ormai aveva imparato. «Ti sto sognando, vero?» disse, e fece
un sorriso amaro.
«Sì.» ammise il fratello.
«Mi dispiace.» ripeté.
«Portami con te.»
Tom sbatté gli occhi, colto
impreparato da quella richiesta improvvisa. «Non posso.» rispose. «C’era una
volta Noi, ma adesso non c’è più.»
«Possiamo fare in modo che
ci sia di nuovo.» propose Bill, ma conosceva già la risposta del fratello.
«No.» rispose infatti lui.
Bill lo fissò senza astio,
mordicchiandosi inquieto le labbra. «Tornerai ogni tanto?» chiese, speranzoso
di rendere meno penosi gli anni che sarebbero venuti.
«Volevo solo salutarti. E
per essere Noi per l’ultima volta.» alzò una mano davanti a sé, e il gemello
fece lo stesso. Lasciarono che i loro palmi combaciassero, sorridendo inconsciamente
e contemporaneamente quando notarono che come sempre coincidevano alla
perfezione. Bill spostò leggermente le dita e le chiuse attorno alla mano di
Tom, ma il gemello si ritirò dolcemente.
«C’era una volta noi,
Bill.»
«E adesso non c’è più.»
completò lui, con voce spezzata, mentre il fratello scompariva lentamente dalla
sua vista. Solo quando tra le sue dita non vi fu che aria si lasciò cadere in
ginocchio. E pianse, pianse, pianse.
C’era una volta noi.
E adesso non c’è
più.
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Io sono una fan dei Tokio Hotel, ve lo giuro
su tutti i santi che sono in cielo. Non lo so nemmeno io da dove vengono tutti
questi istinti Kaulitz-cidi o.o
perfino il giorno del mio compleanno (tanti auguri a meeee
xD +15 ù__ù) me ne vengo fuori con queste cose angosciose e !3m0! XDD
Però insomma, forse un pochino di rimproveri
ai teteschi glieli devo fare ù__ù’’ potrebbero
muoversi con quell’album, no? e potrebbero dirci se davvero Tom si fa moro, no?
e già che ci sono Bill potrebbe togliersi quella parrucca, no? potrebbe
annunciare che la storia dei rasta (o quel che diavolo sono) è uno scherzo, no?
potrebbe tornare ad essere il nostro adorato Chioma Leonina, no?
... dite pure che sono un’illusa, ma sotto sotto io ci spero davvero che Bill torni ad essere Bill ç____ç