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Autore: _Riri_Sunflower_    15/06/2016    9 recensioni
Nick e Judy sono ormai partner in polizia da diverso tempo. Si conoscevano abbastanza da far mutare i sentimenti di Nick per la coniglietta, ma lei provava le stesse cose per la volpe?
Un primo appuntamento particolare, inizialmente pieno di imbarazzo fino a cambiare radicalmente, prendendo una strada che i due non si sarebbero mai aspettati.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Da quando ero entrato nella polizia di Zootropolis, passavo tutto il tempo con Judy. Non solo perché era la mia partner, ma perché era una coniglietta davvero in gamba e volevo conoscerla meglio. La prima volta che l'avevo vista mi ero presa gioco di lei, prima di rendermi conto che quella coniglietta sapeva il fatto suo.

Mi aveva convinto a fare il corso per diventare poliziotto e c'ero riuscito, rendendola orgogliosa di me.

Avevamo appena finito il nostro turno e Judy era su di giri per la riuscita di un caso: la cattura di quel criminale non ci aveva fatto dormire diverse notti, gli appostamenti duravano ore e una volta che gli avevamo messo le manette ai polsi, ci eravamo scambiati uno sguardo soddisfatto, consapevoli che finalmente potevamo andare a casa a dormire.

«Non vedo l'ora di buttarmi sul letto! Ho così tanto sonno che potrei andare in letargo.» La sua felicità era così evidente che non si poteva fare a meno di sorridere. Chiunque la vedesse in quello stato euforico automaticamente veniva contagiato. Anche io lo ero, nonostante tentassi di reprimere i vari sbadigli che dovevo fare.

«Ci vediamo domani, Nick.» Judy stava per andarsene quando la bloccai con la zampa. Incuriosita di voltò verso di me e mi fissò con i suoi grandi occhi viola. Stavo veramente per farlo?

«Ti va di… di uscire… a cena? Stasera.» Non avevo più la saliva dall’agitazione e iniziai a sudare mentre il suo muso cambiava espressione. Cosa mi era saltato in testa? Perché mai avrebbe dovuto uscire con me? Stavo per dirle di lasciar perdere, scusandomi con lei e dare la colpa alla stanchezza di questi giorni di lavoro continuo, quando disse di sì. Spalancai gli occhi, incredulo e convinto di aver capito male.

«Co-come?» Mi tremava la voce. Non mi era mai capitata una cosa del genere prima, ero una volpe che non si era mai fatta prendere dall'emozione, eppure mi sentivo le zampe molli e il cuore batteva all'impazzata.

«Va bene. Accetto l'invito.» Era tornata a sorridere, in un modo così dolce che di rimando lo feci anche io. Dentro di me stavo già saltando di gioia, ma per esternare quei sentimenti dovevo pazientare un altro po' o mi avrebbero preso per matto.

«Ti passo a prendere alle sette.» dissi prima di andarmene, contenendo a stento la felicità dentro di me. Ci salutammo prima di proseguire ognuno per la sua strada e appena svoltai l’angolo, diedi diversi pugni all'aria, imitando l’ululato del lupo per far capire a tutta Zootropolis quanto fossi su di giri.

Avevo parecchia strada da fare prima di raggiungere il mio nuovo appartamento, così cominciai a pensare a cosa potevo fare per rendere la serata perfetta. Dovevo prenotare un tavolo in un ristorante elegante e comprare qualcosa che avrebbe fatto colpo su Judy. La domanda era: cosa? Non mi veniva in mente assolutamente nulla e l’agitazione per l’appuntamento aumentava ogni minuto che passava. Continuavo a pensare a cosa le sarebbe potuto piacere, ma più riflettevo e meno mi venivano in mente le cose.

Stavo per superare il parco giochi dove molti cuccioli si stavano rincorrendo quando, fermo al semaforo rosso, notai dalla parte opposta del parco un raffinato ristorante. Era quello giusto! Appena scattò il verde per i pedoni, iniziai a correre sul marciapiede, schivando gli altri animali all’ultimo per non andar loro addosso. Attraversai la strada, costringendo le macchine a frenare, ricevendo diversi “Ehi, attento a dove vai, volpe!” seguiti dai clacson impazziti degli automobilisti. Arrivai davanti la porta del ristorante e gli diedi una sbirciata per assicurarmi che fosse il posto giusto per portare Judy a cena per la prima volta. Incollai il muso alla vetrina e diedi una rapida occhiata: i tavoli di forma rotonda erano ricoperti da una tovaglia bianca, poggiata su una blu scuro. Le sedie erano delle poltroncine dai cuscini in velluto dello stesso colore della seconda tovaglia e dal legno verniciato di bianco. Guardando con più attenzione, potei notare che su ogni tavolo era presente un piccolo vaso, momentaneamente vuoto, ma che sicuramente sarebbe stato riempito per l'ora di cena.

Allontanai il muso dalla vetrina e cercai il cartello degli orari di apertura, in modo tale da poter prenotare immediatamente un tavolo per due. L'orologio del municipio segnava le 11.36 e secondo il cartello del ristorante, era già aperto e non persi tempo ad entrare.

«Salve. Desidera?» Un castoro vestito di tutto punto e con un papillon che sembrava stringergli un po' troppo il collo si avvicinò a me all’improvviso, facendomi quasi spaventare.

«Ehm, sì. Salve. Vorrei prenotare un tavolo per due stasera. Alle sette e un quarto.» Solo a pensare a quella sera sentivo nuovamente le zampe posteriori molli, i vestiti mi stavano stretti e la cravatta pareva una corda che pian piano si stringeva fino a farmi soffocare.

«Vuole un tavolo nella sala principale o preferisce una saletta riservata?» A quelle parole drizzai le orecchie, abbastanza sicuro che per un primo appuntamento sarebbe stata perfetta una saletta intima, nonostante dentro di me continuassi a chiedermi se fosse esagerato oppure no. Pensai velocemente, cercando di capire se era il caso di farlo o meno. Come funzionavano i primi appuntamenti? Non avevo mai avuto bisogno prima e potevo sentire chiaramente il mio cervello e il mio cuore discutere su cosa fosse meglio per me e Judy. Poi, finalmente, il cuore ebbe la meglio sulla scelta.

«Saletta privata. Grazie.» Diedi tutte le informazioni mentre il castoro prendeva nota della prenotazione dell’orario, di quanti eravamo e del mio nome. Uscii dal ristorante con un peso in meno sulle spalle, nonostante mancassero ancora molte cose che avrebbero reso l’appuntamento perfetto.

Tornando al mio appartamento, passai davanti a molti negozi, dai quali uscivano dei profumini deliziosi, che era un piacere respirarli a pieni polmoni. Passeggiavo tranquillo, ammirando come per la prima volta tutto ciò che mi circondava: avevo la testa così tra le nuvole che mancava poco che andassi a sbattere contro uno di quei cartelloni pubblicitari su cui incollano sempre i volantini che promuovono gli spettacoli al cinema e a teatro. Guardando con più attenzione quelle pubblicità, notai che, oltre alla sponsorizzazione del prossimo tour di Gazelle, in risalto rispetto alle altre, spiccava la locandina di un film che, pur essendo già uscito diversi anni fa, veniva riproposto al Drive-In. La semplicissima immagine che rappresentava il film “Via col vento” mi diede un'ottima idea: la proiezione iniziava alle 21 e, se non finivamo di cenare troppo tardi, potevamo andare lì con tutta calma.

Presi nota mentalmente dell’indirizzo e mi rimisi sulla strada verso casa. Svoltasi a destra ed entrai nel portone che mi avrebbe portato al mio appartamento. Salii le cinque rampe di scale e cercai la chiave nella tasca dei pantaloni, contento di potermi riposare per qualche ora prima di iniziare a prepararmi. Puntai la sveglia nel telefonino per le 17 e mi chiusi in bagno per fare una veloce doccia prima di sdraiarmi sul letto.  L’acqua mi scorreva sul pelo rendendolo appiccicoso e pesante, ma potevo quasi sentire la stanchezza scivolare via, prima di essere inghiottita dallo scarico. Rimasi sotto il getto dell’acqua per almeno quindici minuti prima di decidermi ad uscire. Girai la manopola dell’acqua corrente, aprii la tenda della doccia e, con gesti molti automatici, presi l’asciugamano che avevo lasciato sul mobiletto. Trascinai le zampe fino al mio letto e mi ci buttai sopra, addormentandomi all’istante.

La sveglia che avevo impostato nel telefono suonò troppo presto per i miei gusti, ma se volevo fare bella figura con Judy dovevo fare ogni cosa per bene e nei minimi dettagli. Nonostante avessi già fatto una doccia, appena mi alzai dal letto mi fiondai nuovamente in bagno, aprendo il getto dell’acqua sul freddo, costringendomi a svegliarmi del tutto. Mi asciugai rapidamente il pelo con l’asciugamano prima di dargli una scrollata per renderlo vaporoso. Tornai nella camera da letto e cercai nell’armadio i vestiti adatti per quella cena. Svuotai il mobile per essere sicuro di essere elegante per la serata e posai tutte le camice che avevo sul letto. Rimisi nell’armadio tutte quelle dai colori sgargianti e quella verde che indossavo la prima volta che la incontrai. A furia di scartare quelle che non mi sembravano adatte, rimase ben distesa sul letto una camicia bianca a maniche corte; adesso era facile trovare la cravatta adatta senza diventare matto.

Rovesciai metà appartamento per cercare le chiavi della macchina e il portafogli, che inesorabilmente si nascondevano negli angoli più nascosti dei cassetti. Nonostante fossero le 17.30, sentivo di essere in ritardo per l’appuntamento e più ci pensavo più sudavo. Non ne potevo già più, ma decisi di fare comunque una terza doccia. Mentre cercavo di non farmi entrare l’acqua nelle orecchie, ripensai alla reazione di Judy appena le proposi la cena. Cosa mi era saltato in mente? Non avrei mai avuto di avere altri appuntamenti con lei e, come se non bastasse, eravamo colleghi in polizia. Se fosse andato male, avrebbe chiesto di cambiare partner? Era stata lei a convincermi a entrare nella scuola di polizia e senza esitazioni l’avevo fatto, divenendo il primo agente volpe, proprio come lei era diventata il primo agente coniglio. Non avrei mai potuto sopportare di essere affiancato a un altro animale poliziotto che non fosse Judy.

Frustrato, diedi un pugno alle mattonelle della doccia, chiusi il rubinetto dell’acqua e mi asciugai nuovamente il pelo. Era normale sentirsi così prima di un’occasione speciale? Guardai l’ora sul cellulare e mi resi conto solo in quel momento che rischiavo di fare veramente tardi. Mi lavai i denti, mi pettinai rapidamente il pelo e mi vestii, cercando di non sbagliare ad abbottonare la camicia saltando qualche asola. Lo specchio presente sull’anta del mio armadio rifletteva l’immagine di una volpe che molto probabilmente non ero io: non ero altro che una volpe a cui tremavano le zampe intanto che faceva il nodo alla cravatta. Dovetti disfarlo più volte prima che venisse perfetto, come lo usavo prima di entrare in polizia. Presi le chiavi dell’auto, infilai il portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni neri e chiusi la porta di casa. Potevo farcela.

Raggiunsi la mia auto parcheggiata in strada in pochissimo tempo e feci rombare il motore, dando un poco di gas per immettermi sulla carreggiata. Avevo una fermata da fare prima di arrivare a casa di Judy: il fiorista all’angolo con la piazza principale di Zootropolis mi stava aspettando, anche se lui non ne era al corrente. Aveva i fiori più belli della città e volevo regalare una profumatissima rosa a quella coniglietta per cui avevo perso la testa. Da lì, erano solo un paio di chilometri verso la sua casa.
Prima di scendere dall’auto, controllai che fosse tutto a posto più volte dallo specchietto retrovisore; mi lisciai i peli tra le orecchie e aprii la portiera. Il palazzo in cui abitava Judy era un po’ vecchio, ma non era decisa a lasciarlo finché non avesse trovato qualcosa che facesse più al caso suo: d'altra parte, per essere la prima volta che viveva da sola, era stata costretta ad accontentarsi. Entrai nell’androne e mi diressi verso le scale e raggiunsi la porta del suo appartamento; controllai un’ultima volta l’orario sul cellulare e sorrisi, compiaciuto di me stesso: non solo non avevo fatto tardi, ma ero addirittura in anticipo di cinque minuti.

La mia zampa sfiorò automaticamente la porta del suo appartamento, facendo risuonare nel corridoio silenzioso un sonoro Toc, toc, toc. Dall'altra parte, riuscii a distinguere il rumore di una sedia che veniva spostata e, dopo neanche dieci secondi, il rumore della chiave che faceva scattare la serratura dall'interno. Un attimo dopo era lì, davanti ai miei occhi, con un bellissimo vestito blu notte che le metteva in risalto i suoi occhioni viola. Mi sentii mancare la saliva e dovetti deglutire diverse volte prima di riuscire a spiccicare parola.

«Judy, sei bellissima!» balbettai, riuscendo finalmente a mettere più parole vicine e in una sola frase: la bellezza della mia partner alla centrale era disarmante. La vidi arrossire come aveva fatto poche volte da quando ci conoscevamo e notai che il suo sguardo era fisso sulla mia zampa destra: mi ero totalmente dimenticato di avere una rosa per lei. Imbarazzato, cercai di rimediare alla figuraccia porgendogliela, dicendo qualche parola a caso e, nonostante tutto, riuscendo anche a farla ridere.

«È meravigliosa, Nick. Dammi, la metto subito con un po' d'acqua.» Mi prese la rosa dalla zampa e cercò nel minuscolo appartamento qualcosa che assomigliasse a un vaso; non contenta di non trovarlo, si accontentò di un bicchiere, lo riempì d'acqua e ci mise la rosa dentro. Finalmente era pronta per passare la serata con me. Dentro di me non facevo che sorridere, sperando che tutto ciò che era in programma andasse secondo i piani. Recuperò una minuscola borsetta, chiuse a chiave la porta del suo monolocale e si voltò nuovamente verso di me. Il mio cuore di volpe cominciò a battere forte per l'emozione.

«Dunque, qual è il programma della serata?» La sua curiosità non si fermava mai e, scaramantico come non lo ero stato mai, decisi di non rivelarle nulla su cosa avremmo fatto quella sera. Per farglielo capire, scossi semplicemente la testa a destra e a sinistra, mostrando un sorrisetto canzonatorio.

«Cosa? Non vale! Scoprirò dove mi porterai. Sono brava a investigare…»

«Oh, lo si bene. Sono un poliziotto anche io, Coniglietta

Batté una zampa a terra in segno di protesta, ma sotto sotto sapevo che la cosa la divertiva. Scendemmo le scale fino a raggiungere il portone principale del palazzo e ritrovandoci in una bellissima Zootropolis quasi al tramonto. Con un gesto di cavalleria le aprii la portiera della mia auto e la feci salire, accomodandomi accanto a lei. Mentalmente non facevo che ripetermi che sarebbe andato tutto bene, eppure avevo il presentimento sarebbe andato storto. Scossi la testa velocemente, scacciando quei pensieri negativi, e misi in moto, guidando verso il ristorante in cui avevo prenotato quel giorno stesso.

Durante il tragitto parlammo del lavoro, del criminale che -dopo tante notti insonni- eravamo riusciti a catturare e dell'ultimo brano di Gazelle. Non ci si poteva mai annoiare con Judy. Arrivammo al ristorante e cercai parcheggio, cosa che al momento sembrava impossibile. Tutti gli abitanti di Zootropolis avevano deciso di uscire a cena quella sera? Quando finalmente lo trovai, notai con stupore che Judy si stava guardando attorno, probabilmente chiedendosi perché la portavo in un ristorante così elegante. Scendemmo entrambi dall'auto e la accompagnai fino alla porta del ristorante, camminando al suo fianco, senza sapere con esattezza come comportarmi: dovevo prenderla sottobraccio o stare a pochi centimetri di distanza? Avrei dovuto aprirle la porta? Sicuramente, avrei dovuto fare quest’ultima cosa. Infatti, appena arrivammo davanti la porta del locale, posai una zampa sull’enorme maniglia ed ero anche pronto a spingere la porta, se non mi fossi reso conto che Judy stava ancora fissando il nome del locale.

«È un posto molto elegante.» sussurrò senza smettere di guardare l’insegna. Soddisfatto della sua reazione, mi avvicinai a lei e la imitai, alzando il muso verso l'alto, come se dal cielo stesse piovendo qualcosa e non si capiva cosa fosse esattamente. All’improvviso mi arrivò un pugno sul braccio, che mi costrinse a smettere di fantasticare: Judy non smetteva di ridere per l’espressione che avevo appena fatto e sarebbe andata avanti a oltranza se non l'avessi fermata.

«Stai forse ridendo di me?» le domandai, fingendomi offeso.

«No, no. Adesso smetto, lo giuro.» mi rispose tentando di soffocare le risa, senza riuscirci appieno. Mentre lei cercava ancora di smettere di ridere, io mi avvicinai nuovamente alla porta del ristorante e posai la zampa sulla maniglia, in attesa che quella dolcissima coniglietta mi raggiungesse. Entrammo nel locale e diedi il mio nome al caposala che, una volta controllato sul libro delle prenotazioni, ci scortò fino alla saletta privata. Con la coda dell’occhio potei notare l’espressione sempre più basita di Judy mano a mano che ci avvicinavamo alla saletta. Ero quasi del tutto certo che si stesse chiedendo per quale motivo la stessi portando proprio lì, così come ero certo che, una volta rimasti soli, mi avrebbe tartassato di domande.

Ci sedemmo al tavolo e notai che il suo pelo grigio si era un po' colorato di rosso: il mio vecchio cuore di volpe batteva forte, come se dovesse uscirmi dal petto. Non si aspettava nulla di tutto ciò, come io non mi aspettavo di provare questi sentimenti per una coniglietta così dolce.

«Avanti, domanda pure.»

«Cosa?»

«Judy, lo so che ti stanno frullando mille domande in quella tua testolina, quindi chiedi pure.» Sorrisi soddisfatto, sapendo di aver fatto centro. Ormai la conoscevo bene, mi bastava uno sguardo per capire cosa provasse; uno sguardo per farmi battere il cuore sempre più forte…

«Pensavo che festeggiassimo la cattura di questa mattina…»

«Beh, anche. Diciamo che volevo cenare con te… da soli…» Di nuovo la gola era secca, facevo fatica a deglutire e avevo improvvisamente caldo. Le mie zampe posteriori diventarono nuovamente molli e ringraziai di essere seduto, o avrei dovuto appoggiarmi a una parete. I grandi occhi viola della coniglietta che mi stava seduta di fronte si spalancarono, diventando quasi enormi e le sue lunghe orecchie si abbassarono.

«Oh, okay… Io, io… non me lo aspettavo.» Per la prima volta da quando ci eravamo incontrati, Judy era senza parole. A smorzare l’imbarazzo arrivò il cameriere ad avvisarci che, quella sera, il ristorante non avrebbe servito le solite pietanze, bensì ci sarebbe stata una degustazione di primi. Acconsentimmo senza pensarci due volte e il castoro-cameriere si allontanò chiudendosi alle spalle la porta della saletta privata.

«Quindi, questo è un appuntamento…» Neanche lei riusciva a capacitarsi di quello che avevo fatto.

«Sì…» Avevo immaginato più volte questo momento, ma ora che si stava realizzando non sapevo cosa fare o dire. Improvvisamente mi ricordai della locandina del Drive-In e pensai che forse avrei dovuto dirle che volevo portarla lì.

«Quando stavo tornando a casa, ho visto la locandina del film che proiettano al Drive-In. Ti va di andarci, dopo la cena?»

«Uh, mi piacerebbe! Che film proiettano?»

«Via col vento. Ti piace?»

Gli occhi di Judy parvero illuminarsi appena realizzò quale fosse la pellicola in questione. Si mise ad annuire rapidamente, la bocca aperta per la contentezza e le orecchie abbassate.

«Altroché! È uno dei miei preferiti. Avevo intravisto qualche giorno fa la locandina, ma poi mi ero totalmente dimenticata quale fosse il giorno di proiezione.» I suoi occhi sognanti mi fecero intuire che voleva assolutamente vedere il film e quella era la serata perfetta. Probabilmente stavo sognando e non mi ero ancora svegliato.

«Non ti facevo amante di questo genere di film. Mi sei sempre sembrato un tipo che preferisce l’azione e gli inseguimenti.»

«Ehi, ho anche io un lato romantico. E poi, grazie alla nostre azioni e inseguimenti, sono entrato in polizia.»

Iniziammo a chiacchierare così tanto, che quasi non ci accorgemmo dell’arrivo della nostra prima portata. Judy sembrava aver superato il dramma da primo appuntamento e parlò come solo lei sapeva fare: mi raccontò del momento in cui aveva capito che sarebbe diventata una poliziotta, della sua città natale, dei suoi genitori e dei suoi oltre 270 fratelli. Non potevo far altro che ascoltarla rapito, spalancando la bocca e rischiando di far cadere il cibo di bocca quando mi disse il numero esatto dei suoi fratelli e sorelle.

«Avanti, Nick! Veramente credevi che noi conigli non abbiamo famiglie numerose?» Era divertita e lo si poteva vedere benissimo attraverso i suoi occhi: si erano accesi, illuminati da una particolare luce che aveva spesso da quando eravamo diventati partner a lavoro.

«Carotina, ti ricordo che sono una volpe. È già tanto se le femmine della mia specie hanno otto cuccioli.» Nello stesso momento in cui pronunciai il soprannome che le avevo affibbiato diverso tempo fa, la vidi abbassare improvvisamente le orecchie e fulminarmi con lo sguardo. Tuttavia, però, tornò a mangiare come se nulla fosse, lasciandomi perplesso.
La cena andò avanti per un’altra ora, provammo diversi piatti e, quando entrambi eravamo sazi, chiesi al cameriere di portarmi il conto mentre Judy era andata in bagno a sistemarsi prima di andare al drive-in.

«Ti aspetto all’ingresso» le dissi, sostenendo il suo sguardo intensamente e notando con piacere che fu costretta a distoglierlo poiché le sue guance si erano colorate di rosa. Andai alla cassa e pagai tutto quello che avevamo consumato prima che tornasse Judy. Ebbi giusto il tempo di mettere il resto nel portafogli che Judy fu di nuovo accanto a me, pronta per andare a vedere uno dei suoi film preferiti.

«Tornando al discorso dei film, se ti piace Via col vento, ti piace anche Casablanca

«In realtà» mi trovai costretto a confessare, «non l’ho mai visto.» Si fermò a pochi metri da dove avevo parcheggiato la macchina per fissarmi con gli occhi spalancati.

«Mai visto? Oh, no, Nick. Devi assolutamente rimediare!» Si avvicinò alla macchina rapidamente, farfugliando qualcosa, cercando di ricordare dove avesse messo il DVD del film in questione.

«Vuoi farmelo vedere tu?» domandai automaticamente mentre facevo il giro della macchina e, senza volerlo, pregai dentro di me affinché rispondesse di sì. Da quando mi ero ridotto a questi livelli?

«Certo. Domani mattina chiedo ai miei genitori se possono mandarmi il DVD, però nel mio minuscolo appartamento non ho il lettore…» La sua voce, inizialmente allegra e piena di vitalità, si spense appena constatò che non avremmo potuto vederlo. Neanche io avevo a disposizione il lettore nel mio appartamento, ma pensai che, sfruttando il computer che avevo comprato di recente, avremmo potuto vederlo collegando al televisore. La sola idea mi fece sorridere e questo incuriosì Judy.

«Perché sorridi così?»

«Perché ho trovato una soluzione al problema.» Potevo sentire i suoi occhi fissarmi, come se volesse leggermi nella mente e scoprire da sola di cosa stessi parlando. Mi fermai a un semaforo rosso e voltai il muso verso il suo, guardandola ma senza rivelarle quale fosse la soluzione.

«Vuoi farmi impazzire per tutta la serata?»

«Niente male come suggerimento. Sì, lo farò. Carotina.»

«Quando finirai di chiamarmi in quel modo?» Era così divertente farla innervosire. Ogni volta che succedeva, strizzava gli occhi e gonfiava le guance, muovendo il piccolo nasino velocemente a destra e a sinistra.

«Quale modo? Oh, dici Carotina?» Misi la freccia per svoltare nella strada in cui si trovava il Drive-In e mi fermai davanti al botteghino, chiedendo due biglietti e pagando il corrispettivo al bigliettaio. Appena trovai il posto per parcheggiare la macchina mi fermai, corsi a comprare qualcosa da bere e una busta grande di pop corn. Quando tornai alla macchina, Judy si era sistemata sul sedile in modo da stare comoda durante la proiezione del film e prese con piacere la bibita fresca. Ebbi il tempo di accomodarmi che spensero le luci del drive-in, facendo partire le scene iniziali della pellicola.

Nessuno dei due parlò per buona parte del film, almeno finché non apparve la scena in cui Rhett Panther si dichiarava a Rossella O’ Jaguar e automaticamente cominciai a recitare a memoria le battute.

«E allora cambio argomento e vi dico perché sono venuto qui.»

«Ditelo, e fate presto. Che c’è?»

«C’è che non posso vivere senza di voi.»

«Oh, siete un essere davvero ignobile. Venite qui in un momento simile e con le vostre sporche…»

«Ho capito che eravate la sola donna fatta per me sin dal giorno che vi vidi alle Dodici Querce. Ora che avete un negozio e i soldi di Franco, non verrete a cercarmi come quando ero in galera, e così dovrò proprio sposarvi.»

«Non avete il minimo tatto.»

«Forse preferite che mi metta in ginocchio?»

«Siete uno sfrontato e un villano! Andatevene.»

«Perdonatemi se vi ho offesa con la violenza della mia passione, adorata Rossella. Volevo dire, cara Mrs. Lynx. Ma non deve esservi sfuggito che da qualche tempo, l’amicizia che nutro per voi si è mutata in un sentimento profondo, un sentimento più bello, più puro, più elevato. Posso osare di chiamarlo “amore”?»

Non mi ero accorto, però, che Judy, dopo aver recitato le prime battute, si voltò a guardarmi meravigliata. Sentendomi osservato, mi girai verso di lei: come se fossi un robot, continuavo a mangiare pop corn e con le orecchie prestavo attenzione al film.

«La sai a memoria?» Nella sua voce c’era sorpresa e ammirazione. Era davvero così strano che una volpe conoscesse a memoria le battute di un film che aveva fatto la storia del cinema?

«Beh, ecco…» non ebbi il tempo di terminare la frase. E non la completai neanche nei minuti a seguire perché mi ritrovai il muso di Judy sul mio, i nostri nasi che si sfioravano e le labbra che si toccavano. Stavo sognando? Sembrava tutto così reale. Quindi, mi stava baciando per davvero?
Lentamente, chiusi gli occhi e posai le zampe sulle sue spalle e la avvicinai a me, rischiando di far cadere sul pavimento dell’auto tutti i pop corn che erano rimasti. Abbassò le sue lunghe orecchie -potevo sentire il pelo farmi solletico alle dita- e si avvicinò di qualche centimetro con il corpo verso il mio. Le sue zampe mi circondarono il collo, costringendomi a eliminare quella piccolissima distanza che ci separava, ed ero più che felice di farlo.

Quello che accadde subito dopo fu così veloce che mi ci volle un po’ per assimilare ciò che stavamo facendo: ormai i nostri corpi si toccavano, le nostre labbra erano pressoché incollate e io volevo solo dimostrare a Judy quanto erano grandi i miei sentimenti per lei. Feci scivolare le zampe sulla sua schiena, sorprendendola: non potevo staccarmi dalla sua bocca, così la costrinsi ad aprirla per rendere quel bacio più interessante. Non si aspettava di certo una simile reazione da parte mia e la sentii trattenere il fiato, prima di lasciarsi andare completamente e ricambiare ciò a cui lei stessa aveva dato inizio. Le nostre lingue si intrecciarono ripetutamente, scontrandosi e accarezzandosi in continuazione, senza mai stancarsi.

La proiezione del film proseguiva imperterrita; ascoltando poche semplici parole, potevo tranquillamente capire che stavamo giungendo alla fine e che, a malincuore, avrei dovuto riaccompagnare Judy a casa. Lei non sembrò accorgersene, perché continuava a ricambiare quel bacio; solo quando sentì Rossella O’Jaguar pronunciare le parole “Dopotutto, domani è un altro giorno.” si ritrasse, respirando per la prima volta, separandoci.

«Nick, io…»

«Non dire niente, Carotina. Avrei voluto farlo da tanto tempo.» Judy alzò lo sguardo verso il mio, fissandomi con due guance bordeaux e gli occhi lucidi: la mia confessione l’aveva spiazzata e il silenzio che seguì nell’abitacolo era quasi fastidioso, se non fosse stato per la colonna sonora del film che suonava ormai lontana.

«Davvero? Insomma, io pensavo che… non so, essendo tua partner…» Non riusciva a formulare una frase intera dopo la mia frase. Se fossi stato al suo posto, sarebbe accaduta la stessa identica cosa. Involontariamente si trascinò nuovamente sul suo posto: le macchine dietro di noi erano già andate via e dovevamo liberare la colonna per sgombrare l’intero parcheggio del drive-in. Misi in moto l’auto, cercando di fare manovra il più in fretta possibile per poter stare veramente solo con lei e spiegarle tutto. Fu lei, però, a rompere per prima il silenzio che si era nuovamente creato tra di noi.

«Non ti sembra… strano?» Oh, Carotina, dove volevi arrivare? Riproposi la domanda a me stesso, chiedendomi veramente se fosse strano per me baciare la coniglietta che mi aveva spronato a entrare in polizia, la stessa a cui ero stato affiancato una volta finita l’accademia. La risposta arrivò quasi immediatamente.

«È da quando ti ho aiutata a risolvere la tua prima indagine che volevo darti un bacio, ma non ne ho mai avuto il coraggio. Eppure, stasera, sei stata tu a prendere l’iniziativa per prima. Forse è stato l’insieme delle vicende che abbiamo fatto insieme questa sera a darti la spinta necessaria per farlo: ti ho invitata a cena, ti ho comprato un mazzo di rose, ti ho portata nel ristorante più intimo della città e, alla fine, ti ho portata al drive-in a vedere uno dei tuoi film preferiti. Ho recitato le battute di Rhett Panther e, posso quasi dirlo con fermezza, quelle parole volevi sentirle pronunciare da qualcuno come te. E io sono qui, Judy. Al tuo fianco mi sento una volpe coraggiosa e capace di fare ogni cosa e voglio che le serate come queste si ripetano ancora per molto tempo. Quindi no, Judy, non mi sembra strano baciare la mia partner di lavoro. Non lo è affatto.»

Casa di Judy dal drive-in non era molto distante e feci una scorciatoia per arrivarci prima. Durante tutto il tragitto parlai solamente io, senza che mi interrompesse finché non ebbi finito. Parcheggiai di fianco al marciapiede e spensi il motore, sperando di non averla spaventata con le mie parole.

«Nick…» cominciò. E se mi avesse detto di no? «Voglio ripetere anche io serate come questa. Non devi per forza portarmi in un ristorante intimo per fare colpo su di me: fosse per me, potremmo stare anche sul divano tutta la sera a chiacchierare.»
Estremamente su di giri per quella risposta inaspettata, scesi dall’auto e corsi dalla sua parte ad aprirle la portiera, la feci scendere e la accompagnai fino all’interno del palazzo.

«Carotina, io dicevo sul serio.»

«Anche io, Nick.» Senza guardare quello che stava facendo, premette il pulsante per chiamare l’ascensore e mi ci trascinò dentro non appena si aprirono le porte. Eravamo troppo impegnati a guardarci occhi negli occhi per poter dire una singola parola.
Arrivammo al suo piano e la accompagnai fino alla sua porta, tenendo la sua zampa stretta nella mia. Nessuno dei due voleva veramente andarsene, per questo Judy fece finta di non trovare la chiave giusta al primo colpo per aprire la serratura di casa. Quando, purtroppo, il chiavistello fece il tipico rumore di quando veniva aperto, entrambi ci guardammo e sciogliemmo quella dolce stretta.

«Grazie per la serata, Nick. È stata indimenticabile.»

«Anche per me. Buonanotte, Carotina.» Con un’improvvisa tristezza piombatami addosso, mi allontanai dalla porta del suo appartamento, sentendo che la chiudeva alle mie spalle. Non arrivai alla fine del corridoio quando feci dietro front sulle mie zampe posteriori e bussai con forza al suo uscio. La maniglia venne girata dall’interno, aprendo l’accesso al minuscolo appartamento tanto quanto bastava.

«Nick, ma cosa fai?» Senza darle una risposta, la attirai con forza verso me, prendendo l’iniziativa per un nuovo ed entusiasmante bacio. Bacio che, sicuramente, sarebbe andato avanti per tutta la notte, perché con le sue lunghe zampi posteriori, la mia Judy, la mia Carotina, diede un calcio alla porta facendola sbattere contro i suoi stessi stipiti, isolandoci dal resto del mondo per una notte intera.
   
 
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