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Autore: thisisawar    16/06/2016    3 recensioni
Root è davvero morta?
Un viaggio attraverso i sentimenti di Shaw scritti in un diario che porterà alla verità.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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"Perché sei così spaventata di parlare dei tuoi sentimenti?"
"Sentimenti? Sono sociopatica non ho sentimenti"





Sentimento che parola.
Com'è possibile parlare di qualcosa che è astratto?
Qualcosa che non si percepisce...forse più che sentimenti si dovrebbe parlare di empatia.
La capacità di mettersi nei panni degli altri, escludendo ogni attitudine affettiva personale e ogni giudizio morale che potrebbe condizionarci.
Cosa ci spinge ad intraprendere un percorso rispetto ad un altro data una certa causa.
La differenza di prospettive.
Il relazionarsi con altre persone ad un livello base.
Di questo forse bisognerebbe parlare.


E' vero me la sono diagnosticata da sola quella malattia, ma qualcosa si è risvegliato.
Una persona me l'ha fatto riscoprire, Tu.
L'unica di cui mi ha importato fin dall'inizio, anche se volevo ucciderti.




Ricordo ancora ciò che è successo alla Borsa di New York.
La mia copertura era saltata qualche giorno prima e Samaritan era alle costole, dovevamo fare del nostro meglio per stabilizzare l'economia mondiale.
Una trappola, ecco cos'era.

Nella metropolitana non è che la situazione fosse migliore: un uomo voleva farsi saltare in aria e noi con lui. Empatia eh?

Ho dovuto improvvisare un po', ma alla fine sono riuscita a persuaderlo: "la vita è una merda. Benvenuto tra la razza umana".
Tutto ciò che voleva sentirsi dire era che non era solo e che i suoi problemi non erano diversi dalle altre persone.

Sapevo che con il mio aiuto eravate riusciti a stabilizzare il mercato, ma volevo prendere parte in prima persona e starti accanto.
La chiamata non mi bastava, e in quel momento sapevo che la mia voce e la mia presenza ti sarebbero servite.
Condotto di ventilazione. 45 metri.
Il tuo sguardo. Il mio sguardo.
Entriamo in azione.
Esplosione.
"Facciamo una bella squadra io e te, un giorno o l'altro lo capirai"
L'ho compreso già.
"Root senza offesa, sei sexy e sei brava con le pistole. Due qualità che ammiro profondamente. Ma io e te insieme siamo come un incendio in una raffineria, che non si può spegnere."

I controlli dell'ascensore non funzionano.

Mi guardo attorno.

Il pulsante.

Realizzo tutto in una frazione di secondi. E poi tu.

Sono pronta a combattere i mostri, e anche di più, tutto per Te.

I nostri sguardi misti a paura e amore. La tensione che provavo in quel momento l'ho voluta sigillare in quel bacio, che mi ha dato la forza di sacrificarmi.

Nel momento in cui ho incrociato il tuo sguardo, non ero più a quel livello base all'esterno, ma dentro di te; stavo condividendo la paura e tutti i pensieri negativi con te.
Il bacio mi ha destata da questo torpore.

Non sentivo più niente, nemmeno gli spari che mi colpivano.
Pensavo a te. Al tuo grido sempre più lontano mentre l'ascensore scendeva.   


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sto ripercorrendo tutte le vicende che mi riportino a te...



 
 
Mi hanno catturata, operata, e interrogata ed io non sapevo se tu ti fossi già arresa nella ricerca; probabilmente la Macchina non ti stava aiutando in questo oppure non voleva metterti in situazioni rischiose, perché ormai sospettava che io fossi di Samaritan.
Non mi dicevano nulla su di voi, anzi continuavano a persuadermi sul fatto che non c'erano più speranze.

Non sapevo dove io fossi dato che la mole di sedativi faceva effetto.

Il mio unico intento però era quello di farti sapere, anche per un solo istante e con qualsiasi mezzo, che ero viva.
Nei momenti di insicurezza però ho sempre pensato mi avresti salvata, almeno in quei primi due o tre mesi.
Mi hanno costretta a fare quella telefonata per farvi arrivare al manicomio e uccidervi, volevo dire qualcosa di più oppure qualche cosa in codice, ma sono riuscita solo a dire che mi serviva il tuo aiuto. Non mi ero rassegnata. Questo voglio che tu lo sappia.
Alla fine ce l'hai fatta, ma io non c'ero più, mi stavano trasferendo per ciò che poi ho scoperto essere il Sudafrica.

Li le notizie su di voi non sarebbero sicuramente mai giunte, in quegl'istanti pensavo solo a cosa sarebbe stato di me o di te. Sappiamo tutti che il tempo cura le ferite, ma questa è una guerra e quando queste ferite sono profonde sono difficili da rimarginare. Io volevo tenerle ben aperte.
Non siamo macchine, anche se non vogliamo aprire gli occhi il dolore ci fa fare cose indescrivibili.

Ho pensato molto a questo durante il mio viaggio, mai avrei pensato però a ciò che sarebbe accaduto nei nove mesi successivi.

Mi aspettavo la tortura fisica, ed ero ben addestrata, ma non a quella psicologica.
   
 
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