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Autore: ValeKikyo    16/06/2016    3 recensioni
Poteva ancora vedere di fronte ai suoi occhi lo sguardo vuoto di quel cadavere così somigliante a quello di suo fratello.
Sentiva ancora lo sguardo del dottor Watson che lo trafiggeva da parte a parte al funerale.
Lui doveva proteggerlo, e aveva fallito.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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It's all my fault It's all my fault

Cosa ti rende felice?
A volte alle persone venivano fatte domande simili, e in genere non sapevano cosa rispondere.
Mycroft conosceva la risposta a quella domanda da tanto tempo.
Più precisamente, dal giorno in cui era nato suo fratello.
In genere le persone non ricordano bene la propria infanzia, ma forse, proprio per l'intelligenza superiore che lo caratterizzava, lui ricordava perfettamente quel giorno, quando a sette anni, gli avevano detto che il suo fratellino era finalmente arrivato.
Si era subito prefissato di diventare un modello per Sherlock, di fare di tutto per farlo migliorare in ogni campo, per farlo diventare anche meglio di lui.
Anche se questo a volte richiedeva metodi bruschi.
Ma non era stato in grado di prevedere fino a che punto il suo modo di essere un fratello maggiore lo avrebbe influenzato.
Sherlock aveva sì affinato la propria mente, ma ad un prezzo troppo alto secondo lui, cosa che gli era stata ancora più facile dopo la morte di Redbeard.
Aveva affinato la mente e raffredato il cuore.
Ma Mycroft continuava a volere bene al suo fratellino, e con gli anni il suo compito era cambiato, adesso doveva proteggerlo, sopratutto da se stesso.
Perché una grande mente ha poche possibilità di sfogo che non sfocino nell'autolesionismo, Mycroft era riuscito a trovarne una, gettandosi nel mondo della politica, ma con gli anni era diventato sempre più chiaro che Sherlock non ci sarebbe riuscito.
Quando gli aveva esposto il suo piano di fingere la propria morte e sconfiggere Moriarty, Mycroft aveva realizzato che ormai per suo fratello era troppo tardi.
Non sarebbe mai più riuscito a salvarlo da se stesso.
Tutto quello che poteva fare quindi, era ridurre al minimo i danni.
Era rimasto al suo fianco, progettando un piano di cui non approvava nemmeno una virgola, usando tutte le sue risorse per aiutarlo, affinare e completare tutte le possibili eventualità che gli si sarebbero potute presentare alla resa dei conti con il suo nemico, progettando un modo per uccidere suo fratello.
Sperava solo che Sherlock non si rendesse conto di quanto quella cosa gli stesse facendo male, perché faceva di tutto per nasconderlo.
Il piano aveva funzionato alla perfezione, Sherlock era "morto", avevano fatto il funerale, e dopo qualche giorno lui era partito.
Verso quella che sarebbe potuta essere una morte reale.
Vedere quel cadavere così somigliante al suo venire seppellito, gli aveva fatto desiderare di impedirgli di partire, di rinchiuderlo da qualche parte, purché rimanesse lì, al sicuro, in Inghilterra.
Ma sapeva che così gli avrebbe solo fatto del male.
John lo guardava con odio da quel giorno, e Mycroft non poteva certo biasimarlo.
Ufficialmente, lui aveva dato a Moriarty le informazioni necessarie per rovinare il suo stesso fratello, portandolo al suicidio.
Non si meravigliava del fatto che lui lo detestasse.
Ma per il bene di suo fratello, questo ed altro, in passato si era guadagnato l'odio di persone ben più pericolose del dottor Watson per lui.
Dopo tutto quello che era successo, si era preso due giorni di pausa, sentiva di averne bisogno, un minimo, per evitare di impazzire.
Seduto nelle sue stanze private con in mano un bicchiere di brandy, fissava le fiamme crepitanti del caminetto, perso nei suoi pensieri.
Sherlock era stato chiaro, nessun contatto se non strettamente necessario.
Per quanto tempo non avrebbe più sentito il suo unico fratello?
Mesi? Anni? Mai più?
E se fosse morto durante quella folle missione?
Chi garantiva che Sherlock sarebbe tornato sano e salvo da quel folle piano?
E sarebbe almeno servito a qualcosa?
O i sottoposti di Moriarty avrebbero trovato il modo di tornare?
Ma sopratutto...come aveva potuto permettere che tutto quello accadesse?
Se ne sarebbe dovuto infischiare delle regole, della convenzione di Ginevra e di tutte quelle stronzate, avrebbe dovuto uccidere James Moriarty quando ce lo aveva in cella, non gli sarebbe stato difficile farlo passare per un incidente perfino agli occhi di suo fratello, ma non lo aveva fatto.
Perché?
Perché Sherlock voleva affrontarlo, voleva risolvere la questione faccia a faccia.
Avere un rivale in carne ed ossa era una di quelle cosa che gli impediva di sprofondare di nuovo nel tunnel della droga.
E se durante il periodo di solitudine avesse ceduto?
Perfino per lui sarebbe stato impossibile proteggerlo dall'altra parte del mondo, poteva cercare di monitorarlo, ma intervenire era molto complicato.
Quando aveva lasciato che diventasse in quel modo?
Perché aveva lasciato che diventasse in quel modo?
Buttò giù un altro sorso dell'alcolico, aveva perso il conto di quanto avesse bevuto, ma evidentemente non ancora abbastanza da annebbiarsi alla mente e riuscire a non pensare a cosa gli sarebbe potuto andare storto.
Era solo colpa sua se era cresciuto così, non dei suoi genitori, colpa sua.
Era colpa sua se aveva bisogno di qualcuno come Moriarty per non drogarsi, era colpa sua se si era buttato da quel maledetto tetto, era colpa se se in quel preciso momento suo fratello stava rischiando la vita a giro per il mondo, per sgominare una rete criminale internazionale, che si sarebbe anche potuta ricostruire nel giro di qualche anno.
Se anche fosse sopravvissuto, non sarebbe più stato lo stesso.
Finì il bicchiere e se ne preparò un altro, cominciava a provare un vago senso di sonnolenza dovuto all'acetaldeide al cervello, segno che il suo fegato stava cedendo.
Decise quindi di accellerare il processo e buttare giù tutto d'un fiato il nuovo bicchiere, con l'alcol che gli bruciava la gola.
Ciò che lo rendeva felice, era vedere suo fratello felice, vederlo sorridere di gusto, una cosa che sapeva solo John era in grado di fargli fare.
Lui non era più in grado di farlo sorridere da tanti anni ormai.
Ma in fondo gli andava bene, voleva vederlo semplicemente sorridere, solo sorridere, chi ne fosse la causa poi, non gli importava.
Le fiamme del caminetto cominciavano a confondersi in danze sempre più strane, sentiva un leggero giramento di testa.
Si riempì un altro bicchiere.
Non aveva tempo per piangersi addosso però, ben presto sarebbe dovuto tornare al suo lavoro, doveva seguire le indagini su Richard Brook, aiutare la polizia a scoprire la verità, sorvegliare John e tenere tutto pronto per quando sarebbe tornato.
Se sarebbe tornato.
L'ennesimo bicchiere finì dritto nel suo stomaco.
Una lacrima solitaria gli scese da un occhio, mentre le fiamme del camino si confondevano sempre di più fra di loro.
Aveva il brutto presentimento che, comunque fosse andata la sua missione, nessuno di loro due sarebbe stato felice per tanto, tanto tempo.

Buonasera a tutti!
Tutti per il Reichenbach tendiamo a concentrarci su John e Sherlock, nessuno pensa mai a come possa aver reagito interiormente il freddo Mycroft Holmes.
Spero che questa mia storia vi sia gradita, recensioni e critiche dette in modo civile sono sempre ben accette!
  
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