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Autore: RaElle    17/06/2016    10 recensioni
"Jon, guardami. Cosa stavi facendo?"
"Jon" la voce di Eddard non ammetteva repliche.
Il giovane sospirò, sconfitto.
"Volevo..." cominciò tentennante, per poi ritrovare la voce. "Volevo vedere mia sorella" confessò, fissando finalmente negli occhi il padre. "Non posso entrare... speravo di vederla da qui, ma mi sono fatto scoprire."
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya Stark, Catelyn Tully, Eddard Stark, Jon Snow, Robb Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le coperte pesanti la coprivano dal freddo e al contempo la stavano facendo sudare come mai le era accaduto, nel clima gelido del Nord.
La stanza, immersa nell'oscurità da pesanti tendoni, celava una giovane neo-mamma, e le urla dell'infante riempivano l'aria.
Un secondo la piccola era attaccata al suo seno, e il minuto dopo piangeva quando le labbra ancora inesperte ne perdevano aderenza.
Allora Catelyn la avvicinava ulteriormente alla mammella, sperando così di poterla calmare almeno un pochino.
Aveva già nove giorni, la piccola Stark, ma aveva fiato nei polmoni per piangere e urlare più di entrambi i suoi due precedenti figli.
Catelyn sentiva la testa esploderle, in un misto di emicrania e mancanza di sonno dovuta alla nuova arrivata.
Il dolore del parto era cessato, ma anche la gioia di avere una nuova vita tra le proprie braccia, frutto del suo amore con Eddard, era passato in secondo piano.
Non aveva chiuso occhi che per pochi minuti, dal parto.
Questo, seppur sapesse nel suo cuore che sarebbe stato un sentimento passeggero, le stava facendo intimamente odiare la piccola.
Non aveva messo piede fuori dalle sue stanze, non poteva dormire quando e come voleva, aveva poco tempo anche da dedicare ai figli.
Le ore del giorno e della notte erano assorbite dai pianti della neonata.
Catelyn sospirò, prima di tornare con lo sguardo su Arya, adagiata sulle calde pelliccie, mentre scalciava e agitava le piccole braccia, accompagnandosi con le lacrime e le urla. Il piccolo naso era rosso, il volto stesso della bambina sembrava sul punto di esplodere dalla disperazione, e talvolta arrivava a graffiarsi con le piccole unghie fin dove arrivava.
"Perdonami, piccola mia" sussurrò prendendola di nuovo in braccio. "Non ti odio" continuò a bisbigliare, mentre tornava ad allattarla, combattendo allo stesso tempo contro la voglia di infilarsi sotto le coperte e dormire per una settimana di fila.
E fu tra una poppata e un urlo di disapprovazione, che Eddard le trovò quando giunse nella stanza della consorte.
Si avvicinò con passo leggero, temendo di creare scompiglio.
Circondò le spalle di Cat con un braccio, sedendosi accanto a lei.
"Come stanno le mie donne?" chiese accarezzando con l'altra mano i capelli scuri della figlia.
"Distrutte" esalò Cat, stremata anche nell'animo.
Eddard scosse la testa, guardandola con distacco. "Catelyn, ti avevo già consigliato di..."
"No, no! Ti prego, ne abbiamo già ampiamente parlato e mai-"
"Ma è per il tuo bene!" continuò testardamente Ned.
"... mai nessuna donna allatterà i miei figli, finché io sarò in vita!" concluse con decisione, forse anche con fin troppa decisione: Arya riprese a piangere, e non bastò più il seno della mamma a tranquillizzarla.
Ned sospirò dalla frustrazione, prima di prendere in braccio la figlia e cullarla, in modo da dare un attimo di respiro alla moglie.
Prese a girare per la stanza, con Arya appoggiata al proprio petto, una mano che le batteva dolcemente sulle spalle e sulla schiena, e la voce calda del padre che le canticchiava qualcosa nel tentativo di placare le sue urla.
Catelyn si alzò per scostare i tendoni di pesante cotone, facendo filtrare nella stanza un poco del calore della luce solare, che ancora splendeva alto nel cielo di Grande Inverno, prima di coricarsi nuovamente sotto le coperte.
La testa appoggiata sul cuscino, Catelyn sentiva la testa divenire leggera, mentre la voce calda di Eddard le giungeva come una ninna nanna miracolosa.
Era ormai da qualche minuto in uno strano stato di dormiveglia, tra l'essere completamente cosciente e l'addormentata, quando alcune voci di troppo le tolsero ancora una volta il sonno.
Insieme a Ned, ora, c'erano anche il loro primogenito Robb, e la dolce figlia Sansa.
Robb cercava senza successo di distrarre la più piccola con storielle inventate sul momento, mentre Sansa assisteva quasi con distacco ai tentativi del fratello maggiore.
Catelyn si tirò a sedere, appoggiandosi con la schiena al muro per meglio assistere alla scena.
"Visto Robb, ti avevo detto di parlare piano. Ora hai svegliato la lady tua madre." fece con disapprovazione Eddard, rivolto al figlio.
"Loro non hanno colpe." lo interruppe Catelyn. "Sentivo delle voci e quindi..."
Arya riprese a piangere, e tra le voci calde dei due uomini che tentavano di placare le sue urla, Sansa raggiunse la madre.
"Piange sempre." disse la più grande, senza alcuna particolare intonazione della voce. Risultava piuttosto annoiata. "Io non piangevo così."
Catelyn sorrise: "No tesoro, tu non eri così. Ma anche tua sorella crescerà, e con lei smetteranno anche i pianti."
Prese a passare le mani tra i delicati capelli ramati della figlia, provocando nella figlia un sorriso di piacere. "Quanto vorrei avere un pettine..." si lasciò sfuggire Lady Stark. Sansa le rivolse un sorriso, prima di posarle le labbra sulla guancia, in un bacio dolce e intimo, che sapeva di loro e della complicità che le univa.
"Dove eravate, piccola mia?"
"Io ero con Jayne, madre. Robb invece era giù in cortile, si... si stavano allenando."
Fù il rumore secco di legno che sbatteva sul pavimento, a catturare nuovamente l'attenzione di Catelyn, e a farle momentaneamente dimenticare la frase pronunciata dalla figlia.
"Cos'è stato?"

"Sciocco!" si insultò a bassa voce, mentre cercava di allontanarsi più veloce possibile, comunque attento a non fare ulteriore rumore.
"Chi c'è lì fuori?" sentì la voce del padre chiedere ad alta voce. "Chi c'è, ho det... Jon sei tu?"
E Jon Snow, colto in fragrante, non poté fare altro che ritornare sui propri passi.
Si sentiva stupido, e sentiva le guance bruciare per essere stato beccato in un modo così ridicolo. Ma quello sarebbe stato niente, e già avvertiva l'ansia prendere possesso del suo corpo.
Non doveva trovarsi lì, non gli era permesso. Non gli era mai stato detto apertamente di stare alla larga da quella parte del castello, ma lui era un bastardo, e certe cose doveva saperle senza che gli venissero dette.
"Padre" soffiò trovandosi a pochi passi dal genitore, guardando ovunque tranne che nella sua direzione.
"Jon, guardami. Cosa stavi facendo?" Ned guardò oltre le spalle del ragazzo e, per terra, giaceva la spada in legno con cui i figli si addestravano nei pomeriggi liberi.
Si era dimenticato di lasciarla giù, in armeria.
"Jon" la voce di Eddard non ammetteva repliche.
Il giovane sospirò, sconfitto.
"Volevo..." cominciò tentennante, per poi ritrovare la voce. "Volevo vedere mia sorella" confessò, fissando finalmente negli occhi il padre. "Non posso entrare... speravo di vederla da qui, ma mi sono fatto scoprire."
Eddard Stark, una gamba ancora dentro la stanza della moglie, il corpo proteso all'esterno verso il figlio, si sentiva come messo tra due fuochi.
Lanciò più occhiate, tra il figlio e la moglie, prima di esporre la sua sentenza.
"Entra, Jon."
E per la prima volta da quando era nato, Jon Snow mise piede nelle stanze di Lady Catelyn.
Le mura in pietra era tali e quali a quelle delle stanze sue e di Robb, la porta in legno, le imposte della finestra e i mobili erano di poco differenti da quelli presenti nelle altre stanze del castello.
Eppure, per quanto fosse familiare, sentiva sulla pelle che l'aria che girava in quel posto era gelida e piena di rimprovero, si sentiva respinto perfino dalle mattonelle su cui stava camminando.
Avrebbe preferito trovarsi altrove, magari nel cortile, a prenderle da Robb. Avrebbe anche voluto fare ricamo, dormire nelle stalle o fare lotta con Hodor, certo di uscirne con qualche osso rotto, ma non avrebbe voluto in nessun modo trovarsi lì.
Tutte le volte che gli occhi di Lady Catelyn incrociavano i suoi, sentiva un brivido gelato percorrergli la schiena.
Non era mai stato ben voluto da lei, e nel profondo poteva anche provare a capirla.
Ma lui non aveva colpe, e da parte sua, la stessa Lady Stark non aveva mai provato a capirlo.
Il cuore perse un battito quando, anche quella volta, gli occhi di Lady Catelyn si posarono sui suoi. Insieme a lei, c'era Sansa, come se si fossero coalizzate per farlo sentire fuori luogo.
Era un bastardo, dopo tutto.
Si rese conto a sua volta di non riuscire a staccare gli occhi da loro, come se fosse solo in attesa di un gesto sgarbato o di uno sguardo di sufficienza, per trovare la motivazione perfetta per andarsene di lì a gambe levate.
Prese un respiro profondo, rendendosi conto solo allora che si era dimenticato anche di respirare.
"Jon, hai visto?" gli chiese Robb, eccitato e completamente estraneo ai sentimenti che stavano sconvolgendo il fratellastro nell'animo. "Non smette mai di piangere. Te l'avevo detto!"
Robb teneva in braccio un piccolo accumulo di coperte, lenzuola, e fasce che celavano un corpo urlante e scalciante.
Eddard riprese in braccio la figlia, dando così il cambio al primogenito.
Jon lo stava osservando attentamente, incapace di proferire parola.
"Dimmi Jon," chiese Lord Eddard "ti andrebbe di prendere in braccio tua sorella?"
Jon ingoiò un boccone amaro nel sentire il no! urlato con isteria da Lady Catelyn, e con le gambe che ormai stavano cedendo sotto lo stress a cui si era sottoposto entrando in quel posto infernale, disse la cosa piu logica che gli venne in mente. "Potrei farle male."
Eddard rise. "E perché mai? Non hai delle tenaglie al posto delle mani."
"Potrebbe scivolarmi dalle braccia" tentò ancora.
"Ci sono io qui, accanto a voi."
"Comincerebbe a piangere" disse disperatamente il giovane.
Eddard lo guardò fisso in volto, deciso a capire lo strano atteggiamento del figlio. "Jon, mi spieghi cosa c'è che non va?"
Jon, pur provando a dissimulare i propri dubbi e incertezze, non poté fare a meno di guardare velocemente verso il letto, lì dove una Catelyn Stark lo stava squadrando tra lo stupefatto e il disgusto.
Si era tradito con quella breve occhiata, e a suo padre non era certo sfuggita. "Jon, guarda me."
E Jon fu ben lieto di rivolgere la sua attenzione al padre, conscio che non avrebbe retto ancora molto.
"Smettila di inventare scuse. Faresti del male a tua sorella? La lasceresti cadere?"
Jon si morse le labbra, avvertendo come la bocca gli fosse diventata arida e secca. Si bagnò piu volte le labbra, tentando di darsi un contegno, prima di rispondere.
"Mai, padre. Non farei mai del male a mia sorella."
Eddard sorrise, forse il primo sorriso sincero della giornata. "E allora smettila di fare il bambino. Qua ne abbiamo già una che ricopre il ruolo più che alla perfezione."
"Voglio... voglio prendere in braccio mia sorella" disse con esitazione, combattendo ancora una volta con la voglia masochistica di girarsi a guardare le reazioni delle donne Stark. "Però devo sedermi. Mi sentirei più tranquillo, padre."
Eddard annuì, continuando a cullare inutilmente la nuova arrivata in famiglia.
"Jon, vieni qui!" si offrì Robb, battendo una mano sul ruvido tessuto di una sedia antica quanto la Vecchia Nan. "Io mi tolgo, non ho bisogno di stare seduto!" concluse con un sorriso, alzandosi.
"Già, prendi il suo posto" concordò Lord Stark.
Un piede dopo l'altro, Jon raggiunse la sedia, le mani sudaticcie.
La sedia era scomoda, dura, e lo schienale sembrava respingerlo con tutte le proprie forze. Ma più di tutto, più delle urla della piccola, a raggiungerlo erano le occhiate ostili delle donne Stark.
Cercò da qualche parte del suo essere tutta la sua buona volontà per ignorarle, ma fu solo quando il Lord suo padre gli mise tra le braccia quel fagotto urlante, che dimenticò completamente anche di trovarsi nella stanza della fredda Lady Catelyn.
Il letto che occupava gran parte della stanza divenne un puntino lontano dai suoi occhi, Lady Catelyn, Robb e Sansa, il freddo clima del Nord, e il sole che filtravano dalla finestra divennero solo un ricordo sfocato nella memoria del giovane Snow.
Tra le braccia, avvolta da fasce e pelliccie calde, ora teneva sua sorella.
La faccia e le mani erano l'unica cosa che si intravedeva.
Stava piangendo con quanto più fiato avesse in gola, forse voleva il latte della mamma.
Jon, pur sentendosi a disagio, prese a muovere lentamente le braccia, in un tentativo goffo di cullare la piccola.
Come previsto, le urla aumentarono di volume.
"No, non piangere!" sussurrò con disperazione, sentendo quasi giunta l'ora di dover ridare la sorella alla propria madre.
Jon la appoggiò sulle proprie gambe, tenendola vicina a sé con un braccio, mentre con la mano libera cercava di tranquillizzarla a suon di carezze e massaggi leggeri.
Jon Snow passò delicatamente la sua mano di bastardo sulla testa ancora tenera della piccola, avvertendo sotto le dita la morbidezza della pelle, dei capelli sottili e bagnati di sudore.
"Shh, sorellina, non piangere" pregò ancora una volta, sentendo quasi miracolosamente quelle urla isteriche diminuire. Non demordendo, tornò a smuoverle dalla fronte alcune ciocche di capelli, passò di nuovo le dita giovani sulla faccia della piccola, asciugandole delicatamente le lacrime che continuavamo incessanti a scendere dagli occhi.
"... sorellina."
Jon cercò quasi con fatica lo sguardo del padre, le parole ferme sulla punta della lingua. Continuava a piangere.
"Hai fame, vero?" le chiese, sentendosi in imbarazzo. Non gli piaceva essere così esposto, avrebbe dato chissà cosa per poter rimanere da solo in quella stanza.
In un gesto quasi di protezione, non avrebbe mai saputo dire se verso sé stesso o verso la piccola, decise di prenderla e appoggiarsela sul petto.
Sapeva con certezza assoluta che non andava fatto, che lei era troppo piccola per appoggiarla così, che non sarebbe stata capace di afferrarsi in caso di una caduta, ma lui lo fece.
La testa ancora piccola della sorella ciondolò quasi tetramente per un secondo, prima di trovare il proprio posto tra il collo e il petto caldo di Jon.
E fu lì, con la testolina piena del battito del cuore del fratellastro, che finalmente Arya Stark trovò la pace.
Le urla si erano placate del tutto, al contrario delle mani che non stavano ferme, perennemente alla ricerca di qualcosa da afferrare o su cui sbattere con debolezza.
Dalle piccole labbra, che fino ad allora avevano dato spettacolo ad un concerto di urla, ora uscivano delicati sospiri, intervallati da suoni indefiniti.
Jon le stava ancora massaggiando la schiena, guardandole rapito i lineamenti ora rilassati e non più tesi come prima, quando, come risvegliato con arroganza da un bel sogno, si ritrovò con le mani vuote.
Lady Catelyn Stark, in piedi accanto a lui, gli aveva tolto dalle mani la piccola.
Le urla tornarono a riempire quella stanza.
"Devo allattarla!" esordì, celando malamente il fastidio che la stava divorando. "Andate via."
Robb fu il primo a rendersi effettivamente conto della frase della lady sua madre.
Ma tra di loro, era Jon quello più veloce, letteralmente e metaforicamente. Era il primo a capire, anche quelle cose che venivano esternate con i soli sottintesi. Un bastardo doveva capirle subito, certe cose.
Non gli interessava più sapere cosa pensava o diceva Lady Stark, né tanto meno ci teneva ad assistere ad una discussione che lo vedeva come protagonista. Neanche il tempo di vedere quella scena, era già schizzato fuori da quella stanza, così come aveva sentito l'impellente bisogno di fare da quando vi aveva messo piede.
"Hei, Jon aspettami!" gli corse dietro Robb.
Jon sorrise, senza essere visto. "Chi arriva ultimo alle Cripte, è un fifone!"
Lanciò la sfida, così come era successo tante altre volte tra di loro. C'era un rapporto particolare a legarli, e mai avrebbe potuto chiedere un fratello migliore.
Ma c'era una cosa, al momento, che lo faceva sentire alle stelle, qualcosa che il rapporto con Robb non gli avrebbe mai dato.
Arya Stark, sua sorella.
Sì, sua sorella, e figlia legittima di Lord Eddard Stark e Lady Catelyn Stark.
Un bastardo deve notare subito le cose.
Robb e Sansa portavano i capelli ramati dei Tully, la nobile famiglia della loro madre, mentre Jon aveva notato che i capelli della piccola Arya Stark erano scuri, marroni, come i capelli del lord loro padre, come i suoi.
"Chi arriva ultimo, d'ora in poi verrà chiamato come Il giullare perdente!" riprese tra le risate, voltandosi indietro per incontrare il sorriso divertito del fratello che gli stava alle costole.
Nulla avrebbe potuto renderlo più felice, nulla, dello scoprire di condividere qualcosa con uno dei suoi legittimi fratellastri, sentendosi, almeno intimamente, meno bastardo, meno diverso da loro.



# Jon ha 6 anni quando nasce Arya Stark, spero di aver reso giustizia al suo personaggio, nonostante l'età delicata.
Il rapporto più bello, puro e sincero in Game of Thrones, per me, rimane quello che lega Jon e Arya. Sono fratelli, si cercano e si pensano nonostante le avversità che entrambi hanno dovuto affrontare nel tempo.
Spero vi piaccia questo loro primo approccio, e spero di non aver reso troppo OOC Catelyn e gli altri personaggi in generale.
Scusate il titolo banale, ma ho problemi seri con l'invenzione dei titoli ^^"



   
 
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